Il Lampione

Paul Klee, come si osserva un quadro


“Paul Klee è forse il più intellettuale, il più distante, il più letterario ed anche il più amato dei pittori di questo secolo”. Spesso Modigliani, Van Gogh, Massimo Campigli (o molti altri che piacciono per quello che sta dentro i loro dipinti) sono stati artisti alquanto amati. Ma Klee è stato oggetto di studio di molti letterati, filosofi, musicisti. Lo può apprezzare (e non trovare semplicistico-banale) chi ha una cultura sofisticata. Altro discorso meriterebbe la notorietà acquisita grazie a quel veicolo che sono le copertine dei libri. Di Klee, aldilà della forza evocativa delle immagini, salta subito all’occhio il suo pensiero; nel suo diario egli parla prevalentemente di pittura. Tuttavia non si può non considerarlo filosofo più di quanto egli non osi considerarsi pittore, tanto che i suoi dipinti vengono osservati come si legge un testo filosofico. Ed in questo egli è il suo miglior esegeta sostenendo che: “un quadro si può anche guardare come un sogno, quel sogno che, con Freud, diventa materia su cui discutere, di cui dare un’interpretazione”.
I dipinti di Klee (nella foto Il Paesaggio con uccelli gialli (1923), sono estremamente legati all’affermarsi della psicoanalisi e appartengono a quella grande area di cultura mitteleuropea tanto incentrata sul concetto dell’essenza interiore piuttosto che sulla bellezza esteriore. Temi trattati ne sono la tragedia, l’angoscia, la sofferenza, tutti argomenti che sono un punto di riferimento nella filosofia di Kierkegaard. Nella sua grande erudizione Klee, dunque, è un pittore coltissimo. Un artista che mentre dipinge, scrive, annota, con la stessa profondità di uomini del calibro di Musil o Kafka. Al punto che, osservando (o leggendo) i suoi acquerelli, essi si possono gustare come fossero diari, oggi blog. Egli si pone in una forma di dialettica schizofrenica con gli autori antichi. Questi ultimi concettualizzarono ex ante il disegno; egli ha il pregio di adoperare determinate invenzioni che rivalutano quello che sarebbe normalmente ai margini della grande pittura. Il particolare di Klee è, talvolta, più importante della opera compiuta. Nel Paesaggio bisogna andare oltre quello che noi riusciamo a vedere: convivono paesaggi nordici e l’esigenza di viaggiare verso il sud. A Tunisi Klee, nordico nel suo essere, trova un mondo ideale per il proprio desiderio di felicità visiva. Vi si possono osservare una notte tropicale, con piante che potrebbero essere alberi di montagna ed uccelli gialli. Viene completamente eliminato lo spazio prospettico; sta tutto in primo piano.
Eliminata la profondità, non c’è un cielo che stia lontano ed una terra che si osservi vicino a noi. Tutto è sullo stesso piano: nuvole, cielo, terra, elementi bianchi difficilmente riconoscibili. Su tutto gli uccelli, inseriti come a scandire il dipinto con effusioni di colori, con uno che ne segna un richiamo di immagine ribaltata, annullando lo spazio fisico in una anelito di anarchia di gravitazione universale. Tutto nel sogno può stare in qualunque punto perché in esso c’è la libertà del nostro inconscio ed anche quello che nella realtà è solo agognato. Già la realtà onirica della quale Klee scriveva: “Quaggiù non sono assolutamente vulnerabile, mi sento a mio agio tra i morti, come tra i non nati; sono più prossimo alla creazione di quanto non lo siano i più, ma sono lontano dall’essere sufficientemente vicino a loro”. Un sogno slegato dalla realtà.
“Il privilegio degli artisti è quello è quello di essere veramente liberi, giacchè la libertà è anche, purtroppo, un privilegio: è non avere un tempo perduto in occupazioni che sono diversi dalla tua passione, bensì avere un tempo aggiunto; chi lavora, per avere denaro, vende tempo, ha un tempo, ha un tempo che, mentre dipinge, se non lo fa essere lo fa quanto meno sognare d’essere distante dalla realtà quotidiana ed infelice”.