Il Lampione

Sanità


A proposito dello stato d’emergenza nel territorio della Regione Calabria per far fronte alle condizioni di disagio del sistema sanitario regionale nonché all’inadeguatezza delle strutture, deliberato ieri dal Consiglio dei Ministri, mi è venuto in mente un caso su cui riflettevo qualche settimana fa e che ha una certa attinenza con l’accaduto. Il 16 novembre 2007 il governo ha approvato disegno di legge concernente: “Interventi per la qualità e la sicurezza del Servizio sanitario nazionale” (collegato alla manovra di finanza pubblica per il 2008). Esso riforma un po’ tutto il Servizio sanitario ma soprattutto i criteri di nomina dei Direttori generali delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere. Esaminiamone un po’ meglio i contenuti. NOMINA DEI DIRETTORI GENERALI Ogni qual volta si rende vacante un posto, le Regioni rendono nota, con congruo anticipo, anche utilizzando i propri siti internet, l’attivazione delle procedure per la copertura delle vacanze dei posti, da scegliersi tra soggetti in possesso di particolari requisiti, nonché di comprovate capacità tecnico-manageriali, documentate anche attraverso positive esperienze pregresse. Le candidature vengono valutate da una commissione composta da tre membri scelti dalla Regione, di cui uno tra dirigenti apicali della Regione stessa, uno tra i direttori generali di unità sanitarie locali o di aziende ospedaliere con esperienza almeno triennale, uno tra docenti universitari delle materie della direzione e organizzazione aziendale. La commissione individua una terna di aspiranti che presentano requisiti di competenza e di esperienza meglio rispondenti alle caratteristiche dell’incarico, tenendo conto delle strategie regionali in materia sanitaria e delle condizioni dell’unità sanitaria locali e delle aziende ospedaliere che presentano la vacanza. La Regione nomina il direttore generale tra la terna di aspiranti, individuando il candidato che presenta le caratteristiche più adeguate all’incarico. Come si può ben notare la nomina dei manager è rimasta sostanzialmente di carattere discrezionale da parte degli organi politici delle regioni. Ora, se appare condivisibile che ad elaborare e fissare le linee guida della politica sanitaria siano gli organi politici, regionali e nazionali, si poteva fare qualche sforzo in più per assicurarne una maggiore professionalità. Continuerà la spasmodica ricerca dei manager dell’appartenenza partitica che assicura loro il remunerativo e potente incarico. NOMINA DEI PRIMARI Se tutto si fermasse qui, salvaguardando i medici dalle lottizzazioni di turno, potremmo anche farcene una ragione. Ricordiamo che i primari e i cosiddetti primarietti vengono nominati dal direttore generale. Dato il delicatissimo ruolo svolto, spesso depositari delle vite dei pazienti, per essi il criterio della rigorosa professionalità dovrebbe assumere caratteristiche più stringenti. Ma anche in questo caso si apre “un mercato dove sovente la presunta affidabilità politica soverchia un curriculum eccellente”. Non sono rari i casi in cui medici capacissimi siano stati costretti a cercarsi il padrino politico di turno per ottenere l’incarico. La fondazione ItalianiEuropei, in tre diversi seminari, elaborò una proposta relativa ad un severissimo sistema concorsale per i primari che escludesse del tutto l’influenza dei direttori generali. Venivano previste giurie qualificate estratte a sorte su scala nazionale ed esiti certificati da classifiche inderogabili. Nell’elaborazione del disegno di legge in esame, il Ministro per la
Salute Livia Turco si scontrò con la resistenza delle “regioni rosse” che, dietro il paravento di una indubbia efficienza, volevano salvaguardare i poteri dei direttori generali. Il risultato è stato un pastrocchio bizantino. La giuria è di cinque membri (di cui uno di nomina del direttore generale) e gli altri quattro scelti (sempre sotto l’egida del direttore generale) fra una rosa di otto primari sorteggiati su scala regionale. Non vengono previsti criteri di valutazione stringenti e ben definiti ma solo vaghe e generiche proposizioni di competenza. La giuria elabora una rosa di tre candidati senza classifica, dopo di che è sempre il direttore generale a scegliere. Si è creato l’ennesimo compromesso in un paese che ormai vive di caste. Nel quale il particulare ha soppiantato del tutto l’intere pubblico. Quella medica in particolare ne rappresenta un caso eclatante. Essendo la sanità un settore molto redditizio e foriero di potere, si finisce per dimenticare che l’oggetto delle prestazioni sanitarie è, nella stragrande maggioranza dei casi, la vita delle persone. Se questi criteri finiranno per non intaccare l’efficienza di alcune strutture, si pensi a quelle emiliane, toscane ma anche lombarde e friulane, cosa succederà nelle regioni meridionali nelle quali il management sanitario, oltre che di stretta appartenenza alla politica più clientelare, ha dato prova sovente di collusione con la criminalità organizzata?