Creato da ambroseb il 12/10/2007

Il Lampione

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Che differenza c'è tra politici e magistrati?

Post n°23 pubblicato il 29 Novembre 2007 da ambroseb
 

Ho sempre avuto un certa reticenza a parlare e scrivere di Beppe Grillo. Per la stima che ho sempre nutrito per il comico, per la fondatezza di alcune battaglie da lui condotte, con toni esilaranti, nel passato. Ma da quando il comico genovese è assurto al ruolo di guida spirituale della nazione nutro qualche perplessità a commentarne il pensiero.
Oggi Grillo nel suo Blog, che resta uno dei più letti d’Europa, commenta semplicisticamente l’apertura del procedimento disciplinare nei confronti di Clementina Forleo. Il 25 novembre, sempre dalle pagine del suo diario on line, ha sbeffeggiato, non so con quanto buon gusto, il Presidente della Repubblica Giorgio Napoletano. Riprendiamone alcuni stralci: “Fa sonni profondi. Se nomini D’Alema/Unipol, Berlusconi/Mondadori o Mastella/Why Not ha un leggero trasalimento. Piccolo, piccolo. Impercettibile. Prende i sali e poi si riprende. Ai nomi di De Magistris e della Forleo però monita subito, senza tentennamenti”. Ed ancora: “Non serve un presidente da ospizio di garanzia dello status quo partitico”… “Il presidente va eletto dagli italiani, non dai nostri dipendenti”. A parte il fatto che sbeffeggiare una delle poche istituzioni sane del nostro disastroso paese non mi sembra il modo migliore per dare un contributo al suo miglioramento.
Volevo porre qualche domanda a Beppe Grillo. Ma se i parlamentari sono nostri dipendenti, i magistrati che sono? Gli “onorevoli” in Italia ne combinano una più di Bertoldo e ciò e sotto gli occhi di tutti. Ma si da anche il caso che alcuni di loro siano anche stati puniti per gli errori commessi. Alcuni con condanne; altri, prima dell’ignobile porcellum, con la bocciatura da parte degli elettori. Ma quanti magistrati hanno pagato per i loro errori? Possibile che non si possano muovere critiche all’intoccabile casta delle toghe, ne tanto meno punirle quando qualcuna sbaglia? Ma passiamo in rassegna alcuni casi di errori giudiziari eclatanti.

 

CLEMENTINA FORLEO

Leggo su la repubblica del 27 novembre che il Procuratore generale della Cassazione Mario Delli Priscoli ha promosso, nei confronti di Clementina Forleo (giudice per le indagini preliminari di Milano), l'azione disciplinare innanzi al Consiglio Superiore della Magistratura. Il procuratore ha mosso contestazioni molto pesanti in merito all’operato della Forleo sulle inchieste riguardanti le scalate bancarie. Nel avanzare tale richiesta il Pg parala di provvedimento "abnorme, eccessivo, non richiesto" contro D'Alema e Fassino per le intercettazioni sul caso Unipol; di "negligenza grave e inescusabile" commessa nell'aver richiesto alla Camera l'autorizzazione per parlamentari che non erano iscritti nel registro degli indagati; di comportamento che lede i doveri di "correttezza ed equilibrio" dovuti da un magistrato in ben due liti, prima con la polizia, poi coi carabinieri (fatto riguardante le vicende personali del gip). È sicuramente il capitolo sulle intercettazioni quello più duro nei confronti della Forleo. Delli Priscoli scrive che il gip, nel chiedere l'autorizzazione all'uso delle telefonate tra gli indagati Consorte e Ricucci e i parlamentari non indagati (i ds D'Alema, Fassino, Latorre, i forzisti Cicu e Comincioli), "ha violato gli obblighi di imparzialità, correttezza ed equilibrio". Secondo l'alto magistrato quello della Forleo è stato "un abnorme, non richiesto e ultroneo giudizio anticipato, espresso in termini perentori, fortemente connotati da accenti suggestivi e stigmatizzatori". Non solo. Si è trattato di una valutazione "non dovuta" perché la Forleo, mentre scriveva l'atto, "non esercitava la funzione di giudizio o di accusa". E per di più, soprattutto nel caso di Fassino e D'Alema, che il pg definisce "estranei al procedimento penale in quanto nessuna iniziativa era stata adottata dal pm", la Forleo li definisce "pronti e disponibili a fornire i loro supporti istituzionali in totale spregio delle regole dello Stato di diritto". Per quanto attiene allo scontro con alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine, il giudice milanese ha richiesto ad alcuni ufficiali che venissero dati al suo avvocato alcuni atti dell'inchiesta sulla morte, avvenuta in un incidente stradale, dei suoi genitori. Erano "copie di cui né lei, né il suo difensore avevano diritto perché erano comunque atti coperti dal segreto investigativo". Lei reagisce con una battuta: "È la cronaca di un evento annunciato". E continua affermando che: “Il collega Imposimato, l'8 settembre, mi aveva convocato in un ristorante di Roma e mi aveva preannunciato pressioni su Delli Priscoli. O Imposimato aveva ragione o è un mago”.

Terrorismo internazionale. Il giudice Forleo ha spesso fatto parlare di se. Nel gennaio 2005 ha assolto tre estremisti islamici che l'Onu (non gli Usa, si badi bene) considerano pericolosi terroristi internazionali e reclutatori di kamikaze per l'Iraq. Nelle motivazioni della scandalosa ordinanza, il giudice Forleo riconosce che gli imputati "avevano come precipuo scopo il finanziamento, e più in generale il sostegno di strutture di addestramento paramilitare site in zone mediorientali, presumibilmente stanziate nel nord dell'Iraq". E anche che, a tal scopo "erano organizzati sia la raccolta e l'invio di somme di denaro, sia l'arruolamento di volontari, tutti stranieri e tutti di matrice islamico-fondamentalista". Ma "non risulta invece provato - aggiunge il giudice - che tali strutture paramilitari prevedessero la concreta programmazione di obiettivi trascendenti attività di guerriglia da innescare in detti (cioè in Iraq, ndr) o in altri prevedibili contesti bellici, e dunque incasellabili nell'ambito delle attività di tipo terroristico". Non solo. Il giudice Forleo ricorda alcune norme internazionali, nelle quali, in sostanza, si dice che in guerriglia le attività violente sono lecite, purchè non siano dirette a seminare terrore indiscriminato verso i civili.

Caso Tortora. Il giudice Forleo il 19 dicembre 1994 assolse dall'accusa di calunnia aggravata ai danni di Enzo Tortora, già morto da sei anni, il famigerato pentito Gianni Melluso. Il pentito che alcuni magistrati napoletani protessero fino all'inverosimile nonostante avesse avuto il programma di protezione più volte interrotto a causa della reiterazione di reati da delinquente comune, come la rapina a mano armata. Il capolavoro della Forleo, che assolse Melluso, si concretizza nell’affermare che esisteva una differenza tra la verità storica accertata dell'innocenza di Tortora e la verità processuale putativa del Melluso che in quell'ignobile intervista pubblicata da "Gente" riapriva sei anni dopo la morte di Enzo quel terribile capitolo di calunnie e di insulti. Capolavoro poi completato dall'allora sostituto procuratore generale della repubblica a Milano Elena Paciotti che due mesi dopo, il 24 febbraio del 1995, espresse parere negativo sull'istanza di riapertura del procedimento con queste parole: "l'assoluzione di Enzo Tortora con formula piena non è conseguenza della ritenuta falsità delle dichiarazioni di Giovanni Melluso e di altri chiamanti in correità, ma della ritenuta inidoneità delle stesse a costituire valida prova di accusa... Di qui la congruità rispetto al caso in esame del richiamo alla ovvia impossibilità di porre un'equazione tra assoluzione del chiamato in correità e la penale responsabilità per calunnia del chiamante".

 

ANCORA TORTORA

Enzo Tortora venne arrestato il 17 giugno 1983 con l’infamante accusa di associazione per delinquere di stampo camorristico finalizzata al traffico di stupefacenti.

Il sostituto procuratore della Repubblica che sosteneva l’accusa nei confronti di Enzo Tortora si chiama Felice Di Persia. La sentenza del primo troncone del processo alla Nuova Camorra Organizzata, depositata il 14 gennaio 1986 - Tribunale di Napoli, 10a sezione penale, ha condannato il celebre presentatore a 10 anni di carcere. Quel collegio era così composto: Luigi Sansone, Presidente; Gherardo Fiore, Giudice estensore; Orazio Dente Gattola, Giudice. Il 15 settembre 1986 Enzo Tortora viene assolto con formula piena dalla corte d’Appello di Napoli e i giudici smontarono le accuse rivolte dai comorristi, per i quali iniziò un processo per calunnia. Tortora sarà assolto definitivamente dalla Corte di Cassazione il 17 marzo 1988. Morì il 18 maggio 1988 stroncato da un cancro. Alla fine avrà scontato sette mesi di carcere.

Che fine hanno fatto questi magistrati?

Essi non pagarono mai per il male provocato, ma anzi fecero persino carriera in seno alla loro casta di intoccabili.

Il PM che sostenne l’accusa dott. Felice Di Persia fu persino  eletto al Consiglio Superiore della Magistratura, e divenne successivamente Procuratore Capo di Nocera Inferiore.

Il Presidente del colleggio, il dott. Luigi Sansone, divenne magistrato di cassazione.

L’estensore della sentenza il giudice Gherardo Fiore, celebre per aver scritto “Il Tortora ha infatti dimostrato di essere un individuo estremamente pericoloso, riuscendo a nascondere per anni in maniera egregia le sue losche attività ed il suo vero volto, quello di un cinico mercante di morte”, ha tranquillamente continuato la sua carriera di giudice in Corte d’Appello.

Il giudice a latere Orazio Dente Gattola è divenuto presidente di sezione del Tribunale di Torre Annunziata e un giurista di fama, celebre anche per aver scritto un saggio sul processo a Tommaso Moro, concludendolo con le celeberrime parole del politico inglese divenuto santo: “Dammi la grazia, Signore di non dare più ascolto alle voci del mondo egli si congedò dai suoi giudici augurando loro di trovarsi tutti insieme a far festa in Paradiso”.

Strano destino quello che accomuna tutti quei magistrati che hanno fatto oltraggi a Tortora o alla sua memoria: Vengono immediatamente protetti e coccolati e assurgono ai più alti livelli della categoria.

 
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