Lande Lontane

Fatalità...


Io l'abbraccio, lei mi abbraccia.«Buona notte.» si discosta, mi sorride e chiude la porta.«Ci sentiamo domani.» la saluto a mezza voce per nons vegliare il condominio, mentre ancora intravedo la sua figura nello spiraglio. Un cenno della mano e via.Premo il pulsante della luce e mi avvio lungo il corridoio. I miei passi rimbombano solitari sul pavimento decorato da un motivo regolare, rimbombano solitari sulle pareti bianche e ruvide, scivolano per le scale conducendo quel rumore morbido ovunque.Uno, due, tre, quattro scalini, poi il piè d'oca e altri dodici scalini e mi trovo nell'atrio.Non c'è nessuno. Naturale, sono le due di notte.Apro la porta dell'atrio. La maniglia scatta con un rumore secco. M'infilo fuori.Prima la borsa del notebook, poi io e la mia tracolla piena delle cose più inutili. Ed è così che mi sento, una volta uscita, dopo aver sentito il rumore della porta dietro di me: inutile.Scrollo il capo e faccio qualche passo avanti, nell'aria fresca. Fresca, ma talmente umida che quando scendo i quattro scalini del portico scorgo una leggera foschia addensarsi attorno alle lampadine dei lampioni. E' così che vedo la magia. Come una nebbiolina, un alone confuso.Rimugino qualche attimo, poi mi avvio verso l'auto. Solo un dubbio: il cellulare. Dove l'avrò messo?Scuotendo i capo mi fermo di nuovo sul ciglio del vicolo, appoggio la borsa del notebook e comincio a tastare le tasche dei pantaloni, finchè in una di quelle laterali individuo la familiare sagoma rettangolare. Ho tutto.Riprendo la borsa e m'incammino per la strada, con i sassi che scricchiolano ad ogni passo sotto le suole delle scarpe da ginnastica. Adocchio la macchina e sospiro, una sorta di sollievo che mi fa rilassare le spalle. Non ho paura, non ho paura... o forse si?Lì non c'è nessuno, là nemmeno, però... ehi, com'è buio quel vicolo. Non è mai stato così buio... o forse si?Controllo le ombre e nel mentre mi avvicino all'auto, con una mano frugo nella sacca e le dita trovano, alla cieca, le chiavi. Bene, si sono fatte trovare subito. Sfilo le chiavi dalla borsa e apro la macchina. C'è un lampeggiare di luci arancioni, poi tutto torna come prima. Un cane abbaia lontano, un auto frena e poi accelera di nuovo sulla strada principale. Tutto normale, mi dico, ma i miei occhi corrono di nuovo a controllare nelle ombre.Apro lo sportello e getto sul sedile del passeggero le borse e salgo in auto rapidamente. Avvio il motore, accendo i fari, metto la retro. Ops, la cintura!Allaccio anche quella, tolgo il freno a mano e poi con delicatezza sollevo il piede dalla frizione. Metodica e più tranquilla mi dedico alla manovra di partenza.L'auto si muove in retromarcia, uscendo dal parcheggio. Vado cauta, i vetri sono appannati e l'aria del riscaldamento ha cominciato ad aprire un varco nell'alone di umidità.Parto, svolto nel vicolo buio, i fari fendono l'oscurità rivelando le cancellate di quattro placide villette, due per lato. Nessun movimento, nessuna luce.Oltrepasso le villette, metto la freccia e mi fermo allo stop per cautela. Nessuno. Ovvio, a quest'ora di notte!E una sorta di serpeggiante inquietudine mi accarezza la spina dorsale, come dita scheletriche che, osso contro osso, conteggino le vertebre della mia schiena in una gelida e lieve carezza.Così parto per la via principale.Il paese è silenzioso, le luci arancioni sono leggermente soffuse a causa del live velo di foschia, dando un alone di mistero a cose che, quotidianamente risulterebbero banali.Un gatto, fermo sul ciglio della strada, sembra attendere il mio arrivo per decidere di attraversare la strada. Me l'aspettavo, lo fa sempre.Proseguo per le vie, che si susseguono monotamente conosciute, finchè non svolto nel vicolo di casa mia.Un'occhiata allo specchietto e poi svolto. Senza freccia. Un piccolo strappo ad una regola che mi fa sorridere per la sua infantilità.Oltrepasso la prima cancellata ma già rallento, poi accosto bene l'auto al muricciolo e pian piano mi fermo dietro l'auto di papà.Le finestre sono buie, la via silenziosa, non fosse per un leggere e freddo vento che soffia da Est.Un sorriso di puro sollievo mi solca il viso. Ormai sono a casa.Così spengo l'auto, le luci e tiro il freno a mano.Canticchiando tra me e me scendo, trascinandomi appresso le borse. Sistemo la cinghia sulla spalla, soppeso la borsa del notebook e con un piede do una spinta allo sportello, per chiuderlo. Premere il tasto del telecomando fa accendere di nuovo le luci arancioni delle frecce.Sospiro di sollievo, ormai sono davanti a casa. M'incammino, Qualche passo poi... uno scalpiccio di passi affrettati sulla ghiaia del vialetto. Mi giro di sorpresa. Un lampo di luce si solleva nell'aria e prima che possa capire cosa fosse... non respiro più.Non respiro più.Un tonfo e mille stelle mi esplodono nella testa, ballando davanti ai miei occhi la loro ultima danza.Un suono, un gorgoglio e poi......Ero quasi a casa...