Language Is A Virus

Post N° 176


I suoi denti d’oroSe qualcuno me lo chiedesseE’ questa la prima cosa che mi verrebbe in mente di luiIl sorriso grottesco Che illuminava chi gli stava di fronte di una luce oscenaE poi l’odore di terra esplorata con unghie ipertrofiche Mi raccontava di come appena sveglioIl fiato già corto per via di quel cuore di maialeChe sosteneva battergli forte nel pettoAppuntava in versi tutto ciò che aveva sognato Su un libricino che portava sempre con séE che lui andava dicendo Avrebbe fatto resuscitare i mortiRicordo il giorno che me ne andai   Sotto il piccolo ombrello nero dal manico d’osso In una pioggia battenteIniziò a leggermi con voce poderosa quei versiNella stazione quasi deserta le sue parole Rimbombavano come nelle volte di una cattedraleE lui continuava a leggere imperterritoAnche quando mentre il treno partivaAgitavo la mano per salutarloMezzo busto fuori dal finestrinoE lo vedevo ormai distante Gli occhi grandi spalancati sul mondo