DAVANTI ALLA PAROLA

FRANCESCO CAMMINA DAVANTI A NOI INDICANDOCI IL MISTERO DI DIO MENTRE ABBRACCIA TUTTO L'UNIVERSO


4 OTTOBRE SAN FRANCESCO D'ASSISI 
      Mt 11,25-30  In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».   Ascoltare oggi questo vangelo nel giorno di San Francesco fa collidere e rigermogliare dentro di me esperienze vissute e ancora da vivere. Il mio incontro con lo Spirito di Francesco è fatto di incontri.Il cielo e la terra. Mi interessa non tanto che cosa sono, ma che relazione c’è tra di loro. Io certo ancora non ho capito molto.Il francescanesimo in carne ed ossa che ho incontrato nella mia giovinezza si chiama Lorenzo Cantù, un laico che scriveva: “Nel discernimento un aiuto prezioso è saper ascoltare il mistero che c’è in ognuno, consapevoli che la vocazione chiede di essere testimonianza nello stile della gratuità, di contagio della fede gioiosa, di una persona dalla vita normale, specialmente attraverso il dialogo amichevole e fraterno.”  . 
. Vedere nell’altro il cielo e la terra. Sono parole che si possono ben adattare al Francesco di oggi che vive a Roma. E su questa strada io riconosco una carità derivata dal Cristo in molte forme di aiuto e di terapia, anche quando non si parla il linguaggio cristiano. Un esempio di fracescanesimo terapeutico che ho incontrato è quello di uno psichiatra-etologo che conduce la sua terapia volta a  curare i suoi pazienti dalle diverse dipendenze, attraverso una riduzione di spazio fisico e relazionale, che vista dall’esterno, potrebbe sembrare violenza. Ma invece sedere in una stanza semibuia, tutti in un cerchio fitto e denso senza alcun anello mancante, (la sicurezza di stare nel branco che ti limita e ti protegge) dà sicurezza, e permette ai partecipanti di contattare e riconoscere le emozioni più profonde e di provare ad esprimerle in un luogo che da sicurezza. . 
 .Ecco in queste esperienze si guardano e si contrappongono la ricerca dell’irraggiungibile e la nostra umanità e la nostra fragilità. È un rito di incubazione e liberazione per assumersi il Suo giogo sulle spalle e trovare ristoro e riposo per la nostra vita.Per unire il cielo e la terra abbiamo bisogno di un rito.  . 
. I luoghi e gli ambiti in cui questo rito può compiersi sono molti e diversi. E quando avviene, che qualunque sia il potente tumulto delle nostre immagini e delle nostre rappresentazioni, noi possiamo tornare ad amare, amare noi stessi, amarci l’un l’altro, allora si compie il rito che ci riposiziona, che ci libera e siamo nel cuore della risurrezione. Livio Cailotto