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Post n°892 pubblicato il 05 Marzo 2015 da sebregon
II SETTIMANA DI QUARESIMA – GIOVEDÌ Lc 16, 19-31
La conclusione di questo racconto di Gesù è tragica perché mette il dito sul triste fardello che tanti di noi portano sulle spalle. Nel senso che ci siamo via via costruiti una tale cecità di visione e di giudizio che potrebbero anche succederci le cose più eclatanti al fine di migliorare la nostra vita ma poi con il tempo dimenticarle e tornare alla cecità di prima.
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. L’abbiamo notato con evidenza con la resurrezione di Lazzaro che avvenne quasi a ridosso della passione di Gesù: quanti di coloro che avevano visto Gesù risorgere Lazzaro poi erano in piazza davanti a Pilato ad esigere che Gesù fosse liberato? Pare nessuno, eppure avevano visto risorgere un uomo che era morto da 4 giorni e puzzava.
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Allora se ci capita così possiamo mai salvarci? Dobbiamo dunque arrenderci a questa nostra sorte piuttosto fastidiosa che non ci lascia alcuna speranza di un vero cambiamento. Ed è per questo che è venuto qui sulla terra il nostro Signore Gesù perché dove noi nulla possiamo Egli può tutto. Dove noi cadremmo ad ogni istante, perché portiamo avanti questa nostra cresta di ‘homo saputellus’, ecco che Lui ci introduce in un regno diverso da quello del pretendere di sapere come vanno le cose.
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Ci ha detto che la cosa più importante non è sapere ma amare Dio ed amare l’uomo, servire Dio e servire l’uomo. Semplice, no? Eppure anche qui quanta fatica ci sembra di dover fare e questo perché anche nel ‘fare il bene’ abbiamo sempre quella manina che pretende di fare tutto da soli senza che si ascolti il Signore ed il nostro prossimo. L’ascolto vero è quello che spazza via le nere nubi del nostro voler performare il mondo secondo i nostri desideri.
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.Non che non li dobbiamo avere, ma un conto è averli un altro volerli per forza realizzare quando il contesto ci sta chiedendo altro da quello che vogliamo proporre e fare. Il ricco che non si accorge di Lazzaro è colui che ha realizzato così bene il suo desiderio d’avere tutto che quel tutto accerchiandolo lo mura tanto da non fargli vedere i bisogni del povero che era alla sua porta. Quando uno è centrato su se stesso non vede nulla né il povero, né un angelo e neppure un morto che lo va a visitare.
La nostra vita e la Parola
Spirito Santo, noi confidiamo negli stimoli salutari che puoi donarci perché lasciati a noi stessi rischieremmo d’essere come il ricco epulone che non si accorge di niente e va verso la rovina.
Michele Sebregondio
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