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Post n°330 pubblicato il 08 Ottobre 2010 da sebregon
XXVII SETTIMANA DEL T.O. ANNO PARI - VENERDÌ
Gal 3, 7-14
Paolo mette a fuoco un problema che sembra riguardare solo Israele ed il nuovo filone emergente e cioè quello cristiano. In verità è della sorte di ogni uomo che parla sia di quel tempo che del nostro dove coesistono assieme a quelli che professano una religione altri che verso questa sfera sono contrari o indifferenti. Tutti però per vivere hanno bisogno di credere in qualcosa o che valga la pena lavorare per stare meglio o che sia bene combattere per realizzare qui in terra forme di giustizia o soltanto sfamare la propria famiglia. Paolo alla fine ci dice che se si pensa di fare tutte queste cose obbedendo a delle modalità fissate solo dalla tradizione ma senza metterci dentro il cuore allora è come se si entrasse in una strada maledetta. Infatti ci può andare bene seguire la tradizione che è fatta di regole, ma anche di soddisfazione quando si riesce ad osservarle, ma nello stesso tempo quando essa ha esaurito il suo ruolo, che è quello d’essere d’avvio ad una decisione libera, se non la superiamo diventa un capestro che ci uccide. ( Un esempio: “Una donna pakistana è morta e la figlia è stata gravemente ferita al termine di un lite familiare con il marito e l'altro figlio della coppia, avvenuto intorno alle 16,30 di domenica 3 ootobre 2010 nella loro abitazione a Novi, in provincia di Modena. Pare che a scatenare la tragedia sia stata la ribellione della giovane, 20 anni, a un matrimonio combinato.”). Sul piano meno cruento se non si ha il coraggio di credere oltre ciò che è scontato non si può entrare nella strada della benedizione che prima o poi, se seguita con slancio, ci porta sulla via di Dio.
Gabriele Patmos
Lc 11, 15-26 È una pagina che mi lascia sempre perplessa. Il riferimento ai demoni mi dà quasi un po' fastidio, lo sento come un linguaggio estraneo all'uomo di oggi, un retaggio medievale. Per me - forse perché faccio un lavoro nel quale sono tutti i giorni a contatto con i "demoni psicologici" delle persone che cercano aiuto - i demoni non hanno una realtà fisica, tale da poterli scacciare, ma sono, appunto, fissazioni e passioni della nostra personalità, simbolo delle nostre nevrosi e /o psicosi.È solo in questo senso che riesco a interpretare le parole di Gesù, immaginandolo come un counselor o uno psicoterapeuta ante litteram. E sempre in questo senso leggo anche le sue ultime parole, che si riferiscono alla possibilità che il disagio o il malessere psicologico si ripresenti, anche dopo una apparente guarigione. Nella mia visione del mondo però le nostre nevrosi non sono una "colpa" per la quale saremo giudicati nel giudizio finale, o che ci manderà all'inferno, ma il nostro "inferno" quotidiano, di cui assumerci la responsabilità per la parte che ci compete e sul quale ci dovremmo impegnare a lavorare, in un percorso di ricerca personale e spirituale.Ed è in questo senso che intendo la frase "Chi non è con me, è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde": chi non si assume la responsabilità di lavorare su di sé rimane nella nevrosi, nel malessere, nel disagio, causando sofferenza a sé e agli altri. E perpetua nevrosi nei propri figli, causando ulteriore sofferenza. Alessandra Callegari
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