Creato da: sebregon il 12/01/2008
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cp2471967
cp2471967 il 10/10/14 alle 17:11 via WEB
Saluti
 

 
sebregon
sebregon il 08/10/14 alle 00:27 via WEB
..
 

 
sebregon
sebregon il 03/12/11 alle 23:10 via WEB
Perché Cristo vede la necessità di redarguire i seguaci dicendogli:- Non chiunque mi dice Signore, Signore….? Chiaro( per me)! Dio ci vuole dire che quello che noi chiamiamo cristianesimo, quello che noi leggiamo e che chiamiamo Evangelo, non è una religione. Con le religioni è l’uomo che crea Dio e non viceversa. Nelle religioni è l’uomo che elabora una spiegazione del proprio destino dettando norme e comportamenti “che attraverso miti, riti e simboli attualizza l'esperienza del sacro” allontanando dalla società e da se il terrore del nulla. Cristo distrugge il sacro. Nel nuovo testamento, Dio non fa conoscere il suo disegno o il suo desiderio attraverso un messaggio, fatto giungere attraverso i profeti o il sacro scrittore come aveva fatto nel vecchio testamento; non da un progetto da realizzare, formule da seguire: il messaggio divino si fa carne. L’uomo non ha più bisogno di saggi interpreti. Gli occhi possono vedere. Non è più l’intelletto e la sapienza di pochi a indicare la via, è il fatto che visibile accade davanti a noi ad illuminare il cammino verso il Regno. L’uomo può entrare in contatto con la divinità non con il rito ma attraverso il fratello. Fare la volontà del Padre non è altro che seguire l’esperienza del Figlio la cui vita è stato un atto di amore per i fratelli. E cosa dobbiamo fare per i fratelli? L’unico parametro è l’amore il resto sta racchiuso nella saggia risposta …date a Cesare quello ch’è di Cesare. Cristo ci esorta all’amore ma le soluzioni saranno solo frutto dell’agire e della sapienza umana. Purtroppo, causa il peso che hanno esercitato molti uomini di chiesa (più che di Dio), il cristianesimo si è portato dietro riti pagani ai quali ha attribuito un valore sacrale di messaggio e realizzazione evangelica. Quella che chiamiamo”religione cristiana” non è un processo intimistico che porta all’illuminazione è un atto politico, ben inserito nella storia e che non può tradursi in soliloqui con la divinità Se il secondo comandamento, che è simile al primo: amerai il prossimo tuo come te stesso- è il comandamento che esprime la volontà del Padre, non è deviante continuare ad allettare il sentimento religioso continuandoci a dire “…… meditando su quello che abbiamo letto, Mt 7, 21.24-27, ci si prospetta un piano d’ascolto che può rendere vero e fruttuoso il nostro rapporto con Dio.”? No, fratelli, fruttuoso è il rapporto con il fratello. Non credo che l’interpretazione sopra richiamata sia la prospettiva giusta. Laicizziamo la lettura del vangelo! La vita di Cristo è una storia vera da imitare e da ripetere, una prassi che ci permette di riallacciare la fraternità con tutta la comunità umana ed attraverso di essa ritrovare il Regno. Se vogliamo entrare nel regno dei cieli dobbiamo praticare la condivisione vera e non la tendenza solidaristica. Entrare nelle vicende altrui come se fossero nostre. Una espressione laica mi sembra possa sintetizzare meglio di qualsiasi altro ragionamento l’atteggiamento che Cristo con questa lettura ci suggersce: - ogni vero uomo deve sentire sulla propria guancia lo schiaffo dato a qualunque altro uomo. Giacomo
 

 
sebregon
sebregon il 22/11/10 alle 15:05 via WEB
Cara Ale il brano termina con Gesù che davanti a tutti va verso Gerusalemme cioè va dove sa che lo uccideranno. Il legame con il versetto precedente sta nella morte e nel sangue. A Gerusalemme egli sarà ucciso e dunque dobbiamo interpretare questo vangelo sulla scia di un un suo amore che è più forte della morte. Gesù dunque si fa uccidere e non uccide e allora da questa prospettiva come interpretare quella frase? Occorre anzitutto vedere Gesù non come il portatore di un amore che ha solo nell’orizzonte di questo mondo la sua interpretazione. Qui si parla di regno di Dio e cioè di un regno dove non può esistere la morte né il male. Questo regno non arriva subito in questo mondo perché gli uomini non potrebbero accoglierlo tanto ne sono lontani. E’ per questo che Dio offre a tutti l’opportunità di entrarvi attraverso una partecipazione personale e convinta. Durante la nostra vita allora abbiamo l’occasione di capire molto del Regno e cioè di come starvi. Il servo che sotterra la mina vi sta nel modo peggiore. Oltre vi sono i nemici e cioè coloro che avversano il regno perchè sono omicidi: questi nel regno di Dio non possono entrarvi. L’ordine di ucciderli è vero ci scandalizza ma vuole farci intendere che in quel regno finale ( e cioè quello che vivremo in Dio dopo la morte) vi è posto solo per l’amore. Nella parabola quindi ci viene prospettata la verità sull’uomo. Gesù ci dice prima come sono le cose in modo che possiamo scegliere. Chi per amore si mette in gioco avrà sia in questa terra che nell’altra la partecipazione al regno di Dio. Chi invece è omicida troverà la morte perché l’ha scelta come modalità stabile di relazionarsi con il prossimo che gli dà fastidio. Tuttavia si sbaglierebbe se facessimo di Dio un ragioniere che alla fine fa i suoi conti perché Gesù in croce al ladrone pentito ha aperto il regno di Dio ed allora come intendere qui la parabola della monete d’oro? Ecco un’occasione per pensarci insieme. Gabriele Patmos
 

 
francesconapoli_fn
francesconapoli_fn il 08/10/10 alle 19:59 via WEB
Un bellissimo post. Ciao.
 

 
tattoosupplies888
tattoosupplies888 il 08/09/10 alle 09:45 via WEB
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tattoosupplies888 il 08/09/10 alle 08:07 via WEB
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sebregon
sebregon il 06/11/09 alle 18:13 via WEB
Il Signore Gesù vuole scuotere i suoi utilizzando una parabola paradossale. Deve aver avuto in mente molti di noi quando invece d’essere operativi, propositivi, scaltri in ciò che vogliamo ci arrendiamo di fronte al muro delle difficoltà che ci si pongono davanti. Con l’esempio del servo truffatore egli ci mostra come in un film di che cosa può fare un uomo quando è davvero motivato. Cosa non riesce a pensare e così pure ad ottenere. Siamo anche noi così motivati nel far conoscere il nostro Signore Gesù fonte di vera vita per noi ma anche per i fratelli o ci contentiamo di una saturazione della nostra affettività personale senza capire che occorre essere scaltri per avere fratelli e sorelle con cui amarlo?
 

 
sebregon
sebregon il 22/12/08 alle 00:33 via WEB
Parole grosse, Ildegarda, quelle ultime dette su Maria e sul Magistero. Noto molta ribellione nelle tue parole. Io non sono d'accordo sull'idea che la Chiesa ha esaltato Maria per emarginare la donna e subordinarla al potere clericale come tu dici. Questo risentimento che sento in te forse è causato dalla poca visibilità nella chiesa della presenza della donna e su questo non ti do torto. Le cause sono tutte da cercare ma non come le esemplifichi tu e soprattutto non infierendo su Maria col pretesto di volerne la sua umanizzazione perfettamente allineata alla nostra. Che sia stata umana come noi non si discute ma che in virtù del posto che doveva avere nell'economia della salvezza le siano state grazie particolari questo tu non puoi escludere a priori che sia stato possibile perchè se lo fai è come se volessi dire a Dio cosa gli è permesso di fare o meno. Se lo vuoi sapere io credo che Maria sia stata tentata come tutti ma a differenza di Adamo ed Eva, anch'essi creati immacolati, ha saputo scegliere ancora Dio. Ecco perchè per me l'Immacolata concezione è la prova provata della giustizia di Dio perchè se Maria avesse anch'essa peccato allora Dio risulterebbe lingiusto per eccellenza in quanto avrebbe messo sin dall'inizio noi tutti in una situazione di rovina dal momento che non avremmo potuto non peccare. Con la vittoria di Maria sul tentatore invece abbiamo la certezza che anche Adamo ed Eva avrebbero potuto dire di no ma scelsero diversamente e non perchè la loro via verso il male era segnata, ma perchè vollero liberamente seguire un'altra strada. Maria. la fedele e l'Immacolata lo fu in modo permanente ed assoluto. In questo modo la vita di Maria si inscrive nella storia dell'umanità in modo altro da come fai tu mettendola in contrasto con le altre donne secondo disegni prestabiliti dal potere clericale. Gabriele Patmos
 
 
 

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