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Messaggi del 02/06/2014

 

TUTTO QUELLO CHE E' DI GESU' E' DEL PADRE E VICEVERSA E CE LO VUOLE DARE: CHE FARE?

Post n°808 pubblicato il 02 Giugno 2014 da sebregon

3 GIUGNO
VII SETTIMANA DI PASQUA - MARTEDÌ
Ss. CARLO LWANGA E COMPAGNI MARTIRI (m) 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 



 Gv 17, 1-11


 
In quel tempo, Gesù, alzàti gli occhi al cielo, disse:«Padre, è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te. Tu gli hai dato potere su ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato.Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, compiendo l’opera che mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te con quella gloria che io avevo presso di te prima che il mondo fosse.Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me, ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro. Essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che tu mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie sono tue, e le tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te». 

 
 

La vita di Gesù non è quella di un uomo che pur avendo tante relazioni crede che il suo compito nella vita sia quello di realizzare se stesso. Una realizzazione fatta mettendo in campo da singolo uomo tutte le  potenzialità per arrivare a dei risultati tangibili nell’ordine delle cose che valgono in questo mondo.

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Tutte le cose di Gesù sono, per sua confessione del Padre e nello stesso tempo quelle del Padre sono sue.  Ciò significa che il pensato e l’agito in Gesù hanno come contesto di riferimento una relazione profonda con il Padre e dunque pure essendo vissuti nel mondo hanno uno scenario intenzionale che non è del mondo.

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Quanto questo sia per noi difficile lo sappiamo bene tanto che quando per grazia di Dio riviviamo dei momenti simili a quelli di Gesù (ma sempre alla lontana naturalmente) ecco che ci pare di toccare il cielo, ma sono momenti. Gesù tuttavia insistendo nel presentarci il contesto del suo divino amore è come se ci spronasse a non scoraggiarci nel credere che anche per noi è possibile vivere questa modalità di rapporto permettendo così allo  Spirito Santo di darci i suoi doni.

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Gesù ci insegna ad essere dei passatori di amore: come egli riceve tutto dal Padre così egli prende tutto ciò che ha ricevuto e lo passa a noi. Non tiene niente per sé perché egli dandosi tutto riprende se stesso perché si è donato interamente. E’ una legge per noi difficile da capire ma forse uno sforzo possiamo farlo riflettendo come ogni volta che abbiamo agito un vero atto d’amore (e cioè senza un secondo fine ma solo perché,buono, vero e bello il dono che abbiamo fatto di noi stessi al nostro prossimo) ne abbiamo avuto un ritorno inimmaginabile in ricchezza interiore ed in aperture di mondi mai sospettati prima.

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Tutto ciò che Gesù ha fatto e donato è la sua gloria eterna che rimane per noi  come una fonte viva di amore e di alto significato umano a cui noi potremo sempre attingere. La sua vita è  una fonte talmente densa che egli desiderava andare via da questo mondo per lasciarci il suo Spirito che ce ne facesse gustare la grandezza e la profondità.

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Noi dunque siamo i destinatari di questa ricchezza ma nello stesso tempo siamo coloro che sono chiamati a svuotarsene perché se non la passiamo ne diventiamo i possessori e dunque tradiamo lo spirito con cui Gesù ci ha dato la sua vita e tutti i tesori che essa contiene.

 

La nostra vita e la Parola

 

Spirito Santo, aiutaci a non mettere dighe dentro di noi per conservare ciò che riceviamo dal Padre e da Gesù e fa che con generosità ridiamo tutto ciò che riceviamo proprio come un laghetto che permette all’acqua una piccola sosta nello stesso momento che fluisce verso altrove.

 

Michele Sebregondio

 
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