Thyssen, chiesto il rinvio a giudizio per sei dirigenti
Le sette vittime dell'incendioIl
rischio di un incendio c’era. E i dirigenti lo sapevano. Quello che è
successo il 7 dicembre scorso alla Thyssenkrupp di Torino, quindi, era
prevedibile. E per questo i pm Francesca Traverso e Laura Longo, che
hanno affiancato nelle indagini il procuratore aggiunto Raffaele
Guariniello, hanno chiesto il rinvio a giudizio per sei dirigenti della
multinazionale tedesca.D’altronde, che non si potesse
continuare a produrre – e a quei ritmi – in uno stabilimento in
dismissione era chiaro a tutti, per primi agli operai. Ma soprattutto
lo sapevano i dirigenti, che la manutenzione era stata abbandonata. Nel
febbraio del 2007, gli inquirenti hanno ricostruito che dopo un grave
incendio scoppiato in una filiale della Germania, la casa madre convocò
un meeting per parlare del problema, e per lo stabilimento di Torino
furono disposti finanziamenti che però non vennero utilizzati.Per
questo, come ha spiegato in Aula il procuratore aggiunto Guariniello,
ad essere chiamata in causa è anche l'azienda come persona giuridica,
perchè la tragedia non si è verificata per «colpa della scelta di un
singolo, ma di una politica aziendale». E nulla è successo per caso, ma
i reati sono stati commessi «nell' interesse e a vantaggio della
società».Insomma, il rischio c’era, a Torino si sapeva e in
Germania pure. Ma nessuno ha fatto niente, tanto da lì a poco tutta la
Thyssen si sarebbe trasferita a Terni. L'accusa più grave, omicidio
volontario con dolo eventuale, è mossa all'amministratore delegato
Harald Espenhahn. Per altri cinque dirigenti, invece, si parla di
omicidio colposo con colpa cosciente. In Aula, ad ascoltare la
requisitoria dei pm, c’erano anche i familiari di alcune delle vittime.
Se ne sono andati, però, perché non ce la facevano «ad ascoltare il
modo in cui sono morti i nostri cari».