Lapiazzarossa

Consumate, consumate (lo ha detto un pirla)


Censis: una famiglia su tre a rischio tracollo   Una famiglia su due teme la bancarotta per la crisi finanziaria che si sta abbattendo sull’Italia e sul mondo.Due italiani su tre ormai attendono i saldi, o vanno a caccia di promozioni e offerte, prodotti senza marchio, discount. Oltre il 41 percento delle famiglie che ha un mutuo ha problemi a pagare la rata mentre i consumi restano al palo, cresce l’indebitamento e aumentano i morosi, quelli che non ce la fanno a pagare l’affitto soprattutto nelle grandi città.
Il 42esimo rapporto del Censis presentato venerdì a Roma al Cnel fotografa un Paese impaurito, non solo impoverito ma semiparalizzato dal timore che la situazione economica sia in peggioramento. Sono quasi 12 milioni, il 48,8% del totale, le famiglie che «denunciano un concreto rischio di default». E il 41,7% degli italiani pensa che complessivamente usciremo male dalla crisi perché non abbiamo alle spalle un sistema paese solido. Il 33,9% dichiara che intende risparmiare di più per fronteggiare la crisi mentre il 25,2% sceglie il taglio radicale dei consumi. Non si rinuncia al cellulare, a un mezzo per gli spostamenti che sia l'automobile o la moto, a una vacanza l'anno di almeno una settimana. Si cerca di non eliminare il dentista e le attività extrascolastiche per i figli, dallo sport ai corsi di musica o inglese. Ma si taglia su tutto il resto, dai capi d’abbigliamento agli hobby, dal ristorante al parrucchiere. Alla presentazione del presidente del Censis Giuseppe De Rita il 2008 viene definito «l’anno della paura». O meglio sarebbe dire, delle paure. Si parla di una «mucillaggine priva di qualsiasi spinta all'integrazione», di una società che vive una «regressione antropologica» sempre maggiore, dominata da piccole e grandi paure: dagli immigrati, alle rapine, dagli ubriachi al volante e al precariato passando per quella enorme, una sorta di «panico generalizzato», indotta da una crisi finanziaria internazionale che non risparmia niente e nessuno. Ben il 71,7% degli italiani pensa che il terremoto dei mercati finanziari potrà avere ripercussioni dirette sulla propria vita, solo il 28,3% è convinto che ne uscirà indenne. Le famiglie a rischio Tra le famiglie che denunciano un concreto rischio di default ci sono 2,8 milioni di famiglie, l'11,8% del totale, che hanno investimenti in prodotti rischiosi come azioni o quote di fondi comuni e di queste 1,7 milioni, il 7,1% delle famiglie italiane, vi ha collocato più della metà dei risparmi; quasi 2 milioni di famiglie, l'8,2% del totale, impegnate nel pagamento del mutuo della casa in cui vivono e di queste 250mila (l'1,1%) dichiarano di non riuscire a rispettare le scadenze di pagamento o che hanno avuto difficoltà nel pagare le rate. Poi ci sono quelli del credito al consumo; 3,1 milioni, il 12,8% del totale, si sono indebitati per l'acquisto di beni di consumo e di queste 971mila, il 4% del totale, hanno un debito superiore al 30% del reddito annuo familiare mentre 3,873 milioni di famiglie, il 16% del totale non possiede risparmi da impiegare eventualmente per fronteggiare spese impreviste e rincari. Il lavoro a rischio Una delle paure più diffuse riguarda la precarietà lavorativa. Più di un italiano su tre «considera la propria occupazione a rischio» e questo timore cresce tra i lavoratori flessibili, gli operai e i più giovani. L'idea di perdere il lavoro preoccupa il 38,8% degli occupati, percentuale che sale al 64,7% tra i lavoratori flessibili, al 54,1% tra gli operati e al 44,3% tra chi ha meno di 30 anni. In generale, ciò che preoccupa di più (il 71,1% degli italiani) è il rischio di dover rinunciare in futuro al tenore di vita raggiunto. Il 62,2% teme di doversi trovare nelle condizioni di non poter far fronte alle esigenze di cura personali o di un famigliare. Più della metà (60,5%) indica al terzo posto tra i possibili effetti del credit crunch la perdita dei propri risparmi. Segue il timore di non riuscire a pagare il mutuo per la casa (il 44,5% di chi ha contratto un mutuo) o le rate per gli acquisti fatti con il credito al consumo (43% di chi ha fatto acquisti rateali). Infine il 32,6% di italiani teme di dover essere costretto a indebitarsi nel breve periodo. Certo, ce la possiamo ancora fare ma non in questo stato di prostrazione. De Rita avverte che il Paese deve avere una «reazione vitale» di fronte a una crisi che investe tutti i sistemi socio economici del mondo altrimenti rischia «che davvero la lunga durata diventi luogo del rattrappimento e della rinuncia a un ulteriore sviluppo». «Occorrerebbe agire con strumenti idonei, a partire da una dilazione delle scadenze di pagamento senza innalzare in modo spropositato i tassi di interesse sulle tasse residue, fenomeno già ampiamente verificatosi nell'arco degli ultimi due anni». E poi bisogna migliorare la scuola, dove il fenomeno del bullismo insieme alla diffusione dell’alcol tra gli adolescenti, si stanno espandendo. La nostra scuola sta perdendo colpi come agente educativo in genere. I livelli di competenza degli studenti italiani, dopo il biennio delle scuole superiori, risultano «inadeguati» se confrontati a quelli degli altri Paesi Ocse. Nonostante ciò, i primi risultati dell'indagine del Censis, condotta su un panel di 441 dirigenti scolastici di scuole secondarie di II grado, sembrano indicare «la presenza nel corpo scolastico di elementi di vitalità e di proposte costruttive e concrete per migliorare le performance della scuola». Riguardo poi agli scarsi rendimenti scolastici e alla dispersione particolarmente incidente nei primi anni delle superiori, «si registra la tendenza ad individuare nella scuola secondaria di I grado -ovvero la scuola media- l'anello debole della catena educativa». I dati positivi non sono molti, ma pure qualcosina c’è da segnalare. Gli italiani più maturi nel consumo di farmaci, ad esempio. Sanno meglio delle generazioni precedenti come e quando usarli in una diffusa propensione all'«autogestione misurata», sanno abbastanza bene quando non servono o quando chiedere consulto a un esperto. Le donne acquisiscono ruolo e istruzione. Nel 1950, le ragazze in età scolastica iscritte alla scuola superiore erano solo 7 su 100, mentre oggi risalgono al 92%. Nel 1951 le donne attive nel mercato del lavoro, tra i 15 ed i 64 anni, erano 21 su 100, mentre, nel 2007, erano il 51 %. Sono aumentate soprattutto nelle professioni intellettuali, dove le percentuali di donne occupate sono cresciute negli ultimi tre anni: medici (35,7%) specialisti in scienze della vita (55%), dirigenti di organizzazioni nazionali e sovranazionali (40,5%), magistrati (26,3%), pubblici amministratori (47,2%), addetti ai servizi di ricerca e sviluppo (44,5%), alle attività immobiliari e ai servizi alle imprese (44,1%). Ma restano fuori dalle posizioni di vertice sia in politica che nel governo economico, nelle aree a forte connotazione tecnologica. Tra i legislatori, i dirigenti e gli imprenditori le donne sono un quarto rispetto ai colleghi uomini, mentre occupano più della metà delle posizioni esecutive. Giovani, tutti computer e cellulare Se il sistema Paese arretra nella penetrazione di Internet – dal 43 percento al 42 percento delle famiglie è collegata alla Rete ed è l’unico paese in Europa a segnare un calo nella diffusione – c’è però una fascia, quella dei giovani, dove invece c’è stato un vero e proprio boom dell’accesso alle nuove tecnologie. I ragazzi italiani tra 14 e 29 anni sono quasi quotidianamente collegati al web. C’è stato un salto tra il 2003 e il 2007 dell'utenza complessiva (uno o due contatti la settimana) in questa fascia d’età, che è passata dal 61% all'83%, e l'uso abituale (almeno tre volte la settimana) dal 39,8% al 73,8%. Il cellulare è usato praticamente da tutti i giovani (il 97,2%), il 74,1% legge almeno un libro l'anno (esclusi ovviamente i testi scolastici) e il 62,1% più di tre libri. Il 77,7% dei giovani legge un quotidiano (a pagamento o free press) una o due volte la settimana (il 59,9% nel 2003), mentre il 57,8% legge almeno tre giornali la settimana. La flessione che si registra nell'uso della televisione tradizionale rispetto al 2003 (dal 94,9% all'87,9%) è ampiamente compensata dall'incremento conosciuto in questi anni dalla tv satellitare (dal 25,2% al 36,9% dei giovani). Cambia il rapporto con il fine-vita. Un altro dato positivo: le attività legate a donazione di organi e trapianti in Italia rappresentano «un caso di eccellenza a livello internazionale», anche se è ancora lacunosa la «cultura della donazione». E qui spicca il dato che vede, secondo il Censis, il 49,9% degli italiani favorevoli «all'interruzione delle cure dei malati terminali». La fabbrica della paura I media hanno funzionato come «fabbrica della paura», denuncia De Rita. Il 25,6% dei cittadini dichiara infatti che la paura deriva dal fatto che giornali e televisioni non parlano d'altro. Interrogati su quali sono i soggetti responsabili dell'aumento dell'insicurezza, il 20,4% afferma che il circuito informativo-mediatico cavalca le paure, attraverso la presentazione selettiva delle notizie, per catturare l'audience. Prima, però, secondo il Censis, vengono i politici, ritenuti tra coloro che più fomentano le paure per distogliere l'attenzione dai problemi reali, favorire il consenso, legittimare il proprio ruolo (la pensa così il 29,6%). In particolare, quasi un romano su due (47,8%) imputa ai media la responsabilità di creare allarme sociale, più di un quarto (28,6%) alla politica, mentre i gruppi terroristici vengono indicati solo dal 7%. Trasgressione normalizzata Di positivo c’è ancora che il numero dei fumatori è diminuito: dal 25,8% della popolazione nel 1993 al 23% nel 2006. Gli italiani che aspirano più di 20 sigarette in un giorno sono passati dal 10,8% al 7,5% dei fumatori. Calano anche i consumi di alcol, anche se aumenta quello consumato fuori pasto e si riduce quello a tavola. La droga interessa meno fenomeni di devianza pesante ma si diffonde invece in versione “normalizzata”. Calano le overdose, la quantità di eroina sequestrata. Al contempo aumenta l'uso di droghe compatibili. La cocaina sequestrata (oltre 2mila chili in più in 6 anni) e le persone segnalate per l'uso di questa droga passano da 8.221 del 2001 a 13.078 del 2007, così come aumentano i ritrovamenti di droghe sintetiche. Sotto l'effetto di stupefacenti si guida sempre di più: tra il 2004 e il 2008 le contravvenzioni sanzionate tra il venerdì e la domenica con questa motivazioni sono il 46,8% del totale. Guidare a velocità folle, assumere cocaina o droghe sintetiche e cose simili per emozioni estreme sono comportamenti trasgressivi ritualizzati e incasellati in una sorta di apparente normalità, scrivono gli analisti del Censis. Donne e immigrati, fattori di salvezza «Quella che stiamo vivendo è una crisi non banale – dice il presidente De Rita -, non è una delle tante, e se ne può uscire con una grande metamorfosi, che probabilmente è già in atto, anche se non ce ne siamo accorti». I fattori che possono dare luogo a questa metamorfosi - ben diversa dalla prima, quella avvenuta in Italia nel dopoguerra - sono innanzitutto gli immigrati, «quattro milioni di persone che stanno cambiando la chimica della popolazione». Guai, avverte il presidente del Censis, a reagire a questa presenza cercando di tornare al carattere tradizionale, storico, identitario: «Questo ci farebbe tornare indietro». L'altro fattore è il «crescente potere femminile», che si manifesta in tutti gli ambiti, dalla famiglia, alle imprese e al sociale. Ancora: rispetto alla prima metamorfosi, oggi c'è «un senso del temperamento del consumo che è diverso dallo stringere la cinghia dei nostri nonni». E infine, ma non ultimo, il «meccanismo dei territori: viviamo sempre di più in megacities, nuovi poli urbani che vedono la presenza di milioni di pendolari». Oggi, ha aggiunto De Rita, «il processo che stiamo vivendo, per usare una formula inglese, non è di adaptation, ma di exaptation, cioè i caratteri tramutanti vengono da fuori» e la nuova metamorfosi si vedrà alla distanza, perché i processi saranno più lenti. «Occorre capire - conclude De Rita - se il Paese avrà l'orgoglio di recuperare la sua progettualità. Non c'è sicuramente oggi l'energia che ci fu nel dopoguerra e in altri momenti difficili, ma forse c'è una maggiore cultura ed eleganza».