LARGU TE LU PALAZZU

Natale e... Natali


di Luigi PascaliAnche se l’effetto serra ci “costringe” a tenere ancora chiusi nell’armadio i cappotti e le sciarpe, è arrivato anche quest’anno il Natale.Poco meno di un mese e saranno già state archiviate le “festività per eccellenza” ma, chiamatemi un incorreggibile nostalgico, non riesco più a sentire l’odore, il sapore magico dell’aria delle feste di una volta, quando ragazzino cominciavo a gustare questo avvenimento atteso per un anno intero, già dalla vigilia dell’Immacolata.Fin da bambini, in casa, era consuetudine osservare un rigoroso “desciùnu” che, iniziato all’alba, senza “’ncammeràre” (non assumere alcuna forma di cibo), terminava all’ora di pranzo con un assalto alla puccia (rigorosamente “fatta a casa, allu furnu te petra” ) condita con tonno e “chiappari” .E poiché i piaceri del palato erano merce pressocché rara, la puccia ne era una degna rappresentante! A fare da corollario seguivano “pittule e spica-narda cu lu baccalà” .Il Natale si percepiva dappertutto, nonostante l’assenza di stelle, nastri dorati e luci intermittenti multicolori di cui la Cina oggi ci ha invaso. Si percepiva nei comportamenti della gente, disposta a levatacce, la mattina, per seguire in chiesa la “novena” prima di affrontare una giornata di lavoro. Si percepiva negli odori di olio fritto, cannella e miele, presente in tutte le case, nella preparazione dei “purceddhruzzi” che poi venivano scambiati: “Ssaggia li mei, iti comu m’anu enuti!” “St’annu l’aggiu bbampàti! L’olliu era troppu autu!... ca se aggiu tenute visite!” ... si percepiva nel via vai di donne con le sporte, nel rituale scambio di doni semplici, ma in sincerità (olliu, mièru, portacalli).Noi bambini attendevamo con trepidazione “Cu ‘ccunzàmu lu presepiu” che nulla aveva a che fare con alberi sintetici, moderne grotte di sughero, palline multicolori e statuette di plastica: trionfava “’na stanga te pignu” alla quale si appendevano portacalli, marange, ficalindie cu la pala e una sorta di pupazzetti di surrogato di cioccolato rivestiti di carta stagnola stampata, che si potevano acquistare alla putèa, insieme a delle piccole bottigliette piene te candellini.Il resto era un trionfo te ceppuni, carta te giurnale, tinta, e farina. I pupi erano poi rigorosamente te crita, mai tutti della stessa dimensione, e allora ci si ritrovava con enormi pecore che sembrava divorassero i poveri bue e asinello, in scala ridotta, per non parlare dei poveri pastori, che sembravano immortalati nel gesto di tirarsi i capelli per il terrore di quelle bestie enormi.Ora è un po’ diverso, abbiamo molte comodità in più, ma qualche emozione in meno. Sono comunque autentici gli auguri che faccio a tutti i miei concittadini: buone feste a tutti!