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Post n°1308 pubblicato il 11 Febbraio 2011 da frabennix51
Intervista a Mons. Giampaolo Crepaldi: «I politici cattolici pensino all'unità sui principi non negoziabili» 13-12-2010 - di Riccardo Cascioli
Riportiamo di seguito il testo di un intervista a S. E. Mons. Giampaolo Crepaldi, Vescovo di Trieste e Presidente del nostro Osservatorio, dal titolo “I politici cattolici pensino all'unità sui principi non negoziabili». L’articolo, a firma di Riccardo Cascioli, è stato pubblicato oggi, lunedì 13 dicembre 2010, nel sito di LA BUSSOLA QUOTIDIANA. Per i cattolici la politica non è mai solo politica. Essi vedono nel gioco politico, spesso così confuso e dalla vista corta, la presenza di significati assoluti. Nella politica si giocano anche valori eterni. Per questo essa è una cosa tremendamente seria, nonostante i toni da avanspettacolo che talvolta assume. Essa ha a che fare anche con la salvezza, perché l’organizzazione di questo mondo non è indipendente dalla vocazione integrale dell’uomo. Nelle ultime settimane più volte è stato sollevato il problema morale, riferito ai comportamenti di questo o quel politico. Ma dal punto di vista della Dottrina sociale, cosa vuol dire un atteggiamento morale in politica? Il problema del comportamento morale si pone a due livelli. Prima di tutto c’è il livello strategico della prospettiva culturale in cui l’uomo politico si colloca, del programma e della storia del suo partito. Il programma del partito prevede la negazione dei principi non negoziabili? E la cultura di riferimento? E la sua storia? Vuol dire che l’immoralità privata non ha conseguenze pubbliche?
Riguardo alla presenza cattolica, a un estremo si cerca di espellere il fatto religioso dalla politica, all’altro si ha a volte l’impressione che il fatto religioso sia ridotto all’intervento dei vescovi su questo o quel tema. Qual è invece il corretto rapporto tra fede e politica? Teniamo innanzitutto presente che è dovere dei vescovi intervenire anche sulle questioni politiche, quando queste abbiano una ripercussione sul bene delle anime, a protezione del creato, della trascendente dignità della persona e dei diritti della religione cristiana. L’intervento dei vescovi “su questo o quel tema” non va inteso come una forma di “gentilonismo”, una contrattazione diretta con il sistema politico per avere, in cambio dell’appoggio, assicurazioni su presunti “interessi cattolici”. Come non è ingerenza, così non è nemmeno trattativa politica. Sono interventi non a difesa di interessi cattolici ma per il bene di tutti. Anche quando i vescovi chiedono il rispetto per il ruolo pubblico della religione non lo fanno per difendere posizioni di rendita o corporative ma perché ritengono che anche la libertà della religione cristiana sia un bene per tutti. Si tratta di ribadire la necessità della luce cristiana per la costruzione della società degli uomini e di “purificare” la politica quando questa si discosti dal vero bene dell’uomo. La religione cristiana non può rinunciare a questa sua “pretesa”. Obbligarla a farlo significherebbe chiederle di rinunciare a se stessa e non sarebbe vera laicità. Vita, famiglia, libertà di educazione: questi sono i princìpi non negoziabili che devono unire tutti i politici che si dichiarano cattolici, presenti in diversi schieramenti. Ma passando al concreto, quali sono le priorità in Italia su cui ci si dovrebbe concentrare? Sul senso da attribuire ai principi non negoziabili ho già detto qualcosa rispondendo ad una precedente domanda. Per quanto riguarda l’Italia è mia convinzione che una grande rivoluzione sarebbe la creazione di un sistema scolastico veramente paritario, concedendo alle famiglie la reale possibilità di scegliere la scuola per i propri figli e ai soggetti della società civile di esprimere la propria vocazione educativa. Una simile riforma sprigionerebbe energie partecipative ed educative formidabili e romperebbe tutta una serie di corporazioni materiali e ideologiche che tengono ingessato questo Paese. Non è compito di un vescovo entrare in queste faccende di cabotaggio politico. Io mi limiterei a dire solo due cose. La prima è che mi sembra che non siamo davanti a nessun 4 luglio, 14 luglio o 25 luglio, anche se concordo che l’appuntamento è uno snodo politicamente importante, dato che ormai “galleggiamo” da molto tempo. La seconda è che ci troviamo ancora una volta davanti ad una possibile spaccatura dei cattolici in politica. Per questo mi auguro che i deputati e i senatori cattolici si facciano orientare dai principi che ho sopra esposto. |
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