LA TANA DEL COYOTE

SARAH WINNEMUCCA


Sarah WinnemuccaLa scrittura come “occasione di riscatto” Fu la prima donna nativa americana ad impadronirsi perfettamente della lingua dei “bianchi”. Nel 1883 pubblica la sua autobiografia, un testo prezioso per capire l’incontro/scontro tra una cultura prevaricatrice e una che lotta per la sopravvivenza 
Siamo nel 1883: la nazione americana è in piena ricostruzione circa vent’anni dopo la fine della Guerra Civile abolizionista, il gruppo estremista noto come Ku Klux Klan continua ad espandersi e la prima donna nativa americana pubblica un testo scritto di suo pugno, Life among the Piutes: Their Wrongs and Claims. Cresciuta in un imprecisato territorio localizzato tra la California e il Nevada, Sarah Winnemucca è la nipote di Chief Winnemucca, o Captain Truckee, leader della tribù nomade dei Piutes. Nei suoi primi anni di vita impara a conoscere l’uomo bianco e la sua lingua e presto diventa interprete e scout negli impervi territori di frontiera. La terra nativa è stata invasa da quelle che Sarah bambina definisce the owl faces, le facce gufo, che hanno pian piano spazzato via gli usi e costumi della sua gente.Nel primo capitolo di Life among the Piutes – autobiografia che nel corso della narrazione diventa auto-etno-grafia – la scrittrice racconta l’arrivo dei “fratelli bianchi” nel suo territorio e li descrive come “leoni ruggenti” che minacciano lentamente la cultura del suo popolo insinuandosi fisicamente e psicologicamente nella vita della tribù. Utilizzando una serie di immagini affascinanti, Winnemucca coglie il senso profondo dell’incontro/scontro culturale avvenuto sulla frontiera americana: una fra tutte, l’immagine legata al foglio di carta che suo nonno porta con sé all’indomani di un incontro con un gruppo di coloni. Un pezzo di carta, una lettera, che “parla” a suo nonno e che “viaggia col vento” fino a raggiungere le persone più lontane, come in una sorta d’incantesimo. La fascinazione esercitata sull’animo nativo dalla parola scritta è testimoniata nelle pagine dedicate a questo argomento nel testo di Winnemucca. La scrittrice, infatti, si sofferma a lungo sulla magia che si verifica ogni qual volta suo nonno “guarda” quel pezzo di carta e “parla” con esso: “Se possono fare una cosa del genere non possono che essere spiriti”, afferma ammaliata riferendosi ai bianchi e al sistema della scrittura. Ironia della sorte, saranno svariati stralci di “magica” carta a indirizzare il destino del suo popolo, per via dei numerosi trattati firmati dai capi indiani per la cessione della terra agli anglo-americani. Eppure, per quanto simbolo della colonizzazione, la scrittura diviene per Winnemucca e per tutti i primi scrittori nativi nel corso dell’Ottocento e del primo Novecento un’occasione di riscatto e di rivendicazione.Infatti, l’uso della lingua inglese permetterà loro di raggiungere un pubblico più vasto e di raccontare la storia dell’assoggettamento da un nuovo punto di vista. Ma non è solo questo. Le prime opere native in lingua inglese, la cui qualità estetica è stata a lungo discussa e difesa accanto al valore documentaristico, permettono al lettore più attento di cogliere le sfumature di una cultura che lotta per la sua sopravvivenza all’interno di un’altra prevaricatrice. In questo processo emerge l’ambivalente valore dell’atto di scrittura stesso per un popolo che per secoli ha tramandato la sua storia oralmente, attraverso l’arte dello storytelling: utilizzare la lingua del colonizzatore, imparata a costo di estinguere la propria cultura, per raccontare la verità o tacere. “We don’t have anything if we don’t have the stories” (Non possediamo nulla se non abbiamo le storie), afferma la scrittrice nativa contemporanea Leslie Marmon Silko e sembra proprio essere vero… Le storie rappresentano l’essenza di un popolo che attraverso di esse dà forma e senso alle esperienze della vita mondana e ultraterrena, ambiti che nella cultura nativa si fondono. È così che Sarah Winnemucca, il cui nome nativo è Thocmentony (shell flower), condensa lo spirito del suo tempo, fatto di storie native che si intrecciano a storie bianche e di narrazioni completamente nuove frutto della mescolanza dei due mondi. E se è vero che ogni essere umano racchiude in sé un intero universo, che dire allora di Sarah, nata tra i Piutes e cresciuta tra i bianchi?-Lorena Carbonara-fonte: web