Laura & Stockholm

Last days...


Mi son lasciata vivere e ho vissuto prima di avere ancora la voglia di tornare a scrivere su questo blog... E' sempre così: lascio che prima le esperienze sedimentino in me e poi, una volta che le ho elaborate, riprendo in mano la penna.Mi dispiace aver lasciato passare momenti ed emozioni senza fissarli da qualche parte, ma son certa che sono ancora lì, ben accatastati nel mio cuore, pronti ad essere riacciuffati e rivissuti con una nuova consapevolezza.Meno 16 giorni. 16 giorni e toccherò il suolo veneto, dopo 5 mesi di vita svedese.Come faccio a spiegare cosa provo? L'instabilità di sapere che ora devo preparami a tornare lì da dove son partita, piena di sogni e speranze e paure. Si torna alla vita reale, quella che implica responsabilità, e non più tutta questa indipendenza.In questi ultimi mesi ho scoperto ancor di più Stoccolma, ho cercato di esplorarla. Sempre assieme con Roos, la mia più cara amica qui. Si può diventare così amiche dopo appena pochi mesi, venendo da culture diverse (lei è di Amsterdam) e parlando una lingua che non ci appartiene dalla nascita? Ora posso addirittura prevedere cosa sta pensando, o dicendo. Il nostro legame è uno dei doni più belli di questa esperienza, e purtroppo so che non sarà più la stessa cosa una volta tornata a casa. Con lei ho condiviso ogni giornata, ogni pensiero, ogni più sciocca cosa che capitava. Abbiamo anche litigato. E abbiamo riso, abbiamo fatto da mangiare assieme, abbiamo visitato Riga assieme, abbiamo goduto del sole - quelle volte che si degna di farsi vedere - assieme. E prima abbiamo condiviso il gelo, la neve, i corsi all'università e la graduale ambientazione a Stoccolma. In sostanza, se penso alla mia esperienza qui non posso pensarla separata da lei.Mi mancheranno anche i miei vicini di corridoio. Specialmente Tina e i suoi sorrisi, JB e i discorsi filosofici o sull'amore, Patrick e la sua aria burbera e i suoi "Ciao bella!". Proprio ora si stava creando una intimità di famiglia, un feeling speciale. L'altra sera abbiamo cenato assieme, stavolta ha cucinato Tina qualcosa di tipicamente tedesco. Poi abbiamo passeggiato verso la spiaggia. Il clima era mite, l'acqua del mare calma e velata di una luce rosa. Qualche chiassoso francese ubriaco urlava in lontananza. Poi siam tornati a casa, un the, e due chiacchiere sul divano. Gijs stava bevendo la sua ennesima birra: stavolta gliel'ho detto, "Devi pensare alla tua salute, non ti fa bene bere così tanto". Gli ho sorriso: "Non voglio fare la parte della mamma ma mi preoccupo per te" (con quella pancia che ti ritrovi, avrei voluto aggiungere). Queste sono le serate che amo.Recentemente ho intervistato un professore per un articolo che vorrei scrivere su Gente Veneta, il giornale per cui collaboro da due anni. Ho tentato un confronto tra università italiana e università svedese, e sono emerse delle cose davvero interessanti; due tra tutte: i professori vengono considerati alla stregua del resto del personale universitario, che non guadagna tanto meno di loro (la cucina che in ogni dipartimento viene condivisa tra il personale viene pulita a turno ogni settimana, e professori compresi se ne occupano... Me li vedo io loro altezze i professori di Ca' Foscari...!). Questo per me è già sintomo di una struttuta meno formale, e più votata alla democrazia. Seconda cosa: un tempo in Svezia il voto a un esame si divideva in "non passato", "passato", "passato con lode". Tutto qui. Ora son stati costretti a differenziare un po' di più, ma comunque l'apprendimento nell'università svedese non ha come obiettivo la votazione finale, non è questo ciò che più conta. E chi copia durante un esame? Espulso.Ci vorrebbe un po' di Svezia in Italia, giusto per mettere a posto due o tre cose. Ma che poi ritorni da dove è venuta, perchè io amo il mio Paese caotico e ciaciarone così com'è :)