Creato da la_corsara_mora il 06/01/2008
il gran rifiuto e le ecoBALLE
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Se proviamo a fare un riassunto delle principali linee tematiche che riguardano il problema dei rifiuti, possiamo mettere perlomeno in luce due punti. Il primo: tutti sanno quello che bisogna sapere, potete chiedere al filosofo, al giornalista, all’esperto, al vostro barbiere e vi forniranno la medesima analisi, segno che le cause del problema sono note e chiunque di noi potrebbe mettere a punto una brillante inchiesta, stile Pulitzer. Seconda punto: nonostante quanto detto, sono 14 anni che ci si crogiola nella fase dell’emergenza che tutti, non solo i linguisti, definiscono oramai un ossimoro. Ma se conosciamo ogni aspetto della questione, cosa dunque ci impedisce di affrontare una volta per sempre il problema? Come Amleto che può tutto tranne adempiere al suo compito, così noi possiamo parlarne quanto ci pare senza trovare soluzioni, se non qualche palliativo. L’impressione è che per decenni molti napoletani (e molti campani) hanno assunto di fronte a questo problema un atteggiamento patologico e non fisiologico. Siamo stati più pronti e solleciti a commentare il danno fatto che interessati a capire come (naturalmente) ci si comporta con la gestione dei rifiuti. Sembra quasi che a nessuno interessi dove vada a finire il sacchetto e soprattutto cosa fare per evitare il disastro partendo da noi (ovvero dalla raccolta differenziata). Questo disinteresse cronico ha fatto sì che invece della lungimiranza abbia prevalso la minuzia, per cui il rifiuto si mette in discarica come si faceva una volta con le nostre deiezioni. Quando poi la discarica è colma, se ne fa un’altra. Questo è stato l’atteggiamento di noi tutti
Così ogni volta che abbiamo votato, abbiamo espresso la classe politica che più ci somigliava, una classe politica che come noi preferiva alla lungimiranza la minuzia, ovvero, nello specifico, non è stata capace di gestire e condurre in maniera moderna ed efficace il ciclo dei rifiuti. Ora però l’aria ammorbata e il territorio irreversibilmente inquinato ci costringono (si spera) a prevedere anche noi l’uso di un termovalorizzatore. Ma, ed è questo il punto nuovo, ci sono molte persone che, circondate dai rifiuti, si oppongono alla costruzione del termovalorizzatore di Acerra, ultimo anello di un ciclo che qui (e non altrove: si pensi a Venezia, a Brescia o a Vienna) pare difficilissimo da portare a termine, e per responsabilità di tanti. Perché ci si oppone? Per i motivi più disparati. Quelli ideologici, anzitutto: il problema non si risolve così, perché il vero punto è il capitalismo avanzato che ci costringe a consumare in eccesso, bisogna dunque fare prima la rivoluzione e poi… Oppure per il principio di Lavoisier: in natura nulla si crea, nulla si distrugge. Questo per sostenere che il rifiuto non si distrugge ma crea altro materiale inquinante. Solo che il postulato è espresso male, nulla si distrugge perché tutto si trasforma, e appunto la scommessa è proprio ridurre l’emissione delle sostanze inquinanti. Sostanze che ora, visti i percolati e i fumi tossici, sono fuori controllo. Insomma, molte persone non sanno cos’è e come funziona un impianto per lo smaltimento rifiuti. In sostanza ne hanno paura. Non è giusto colpevolizzarli, s’intende. Per questo però si potrebbe tentare una operazione di lungimiranza politica: informare la popolazione dei grandi vantaggi e dei minimi rischi che un termovalorizzatore comporta. Mettere a punto, invece della solita inchiesta, una scuola, dei corsi, una capillare rete informativa all’insegna del dialogo, insomma tutto ciò che serve ed è utile per coinvolgere noi tutti nella gestione dei rifiuti, e non costringerci a commentare il fatto compiuto. Una «catena» costruttiva che, in Campania, si doveva realizzare da anni e che invece non è stata mai messa in piedi efficacemente. Allora servirebbe un doppio sguardo: io politico, io tecnico, io operatore culturale, faccio di tutto per chiedere l’attenzione delle persone su questo aspetto del problema; e io cittadino mi informo sulla questione, cercando anche di studiare meglio gli aspetti tecnici. Se invece di imbambolarci davanti a un termovalorizzatore e di impaurirci davanti alla chimica, chiediamo da competenti di più a noi stessi, sollecitiamo i tecnici a fare altrettanto. Certo è una pratica il cui svolgimento durerebbe molti anni, ma conviene farla anche ora, soprattutto per le generazioni future, affinché i nostri figli siamo più preparati e più saggi di noi. La saggezza in questo consiste, sapere che ogni nuova acquisizione culturale comporta una piccola perdita e dei rischi da gestire. Questo vale sempre e da noi, purtroppo, vale soprattutto per la questione rifiuti. il mattino | |
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