Creato da la_corsara_mora il 06/01/2008
il gran rifiuto e le ecoBALLE

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Post N° 4

Post n°4 pubblicato il 07 Gennaio 2008 da la_corsara_mora

                            http://www.repubblica.it/2007/12/sezioni/cronaca/rifiuti-campania/battaglia-discariche/ansa_11893992_38410.jpg  
Le nuove giornate di fuoco scatenate in Campania dall'eterna emergenza rifiuti sollecita una domanda: perché il rifiuto di inceneritori e discariche della popolazione campana è così radicale, «senza se e senza ma», infinitamente più duro che in altri posti, al punto da invocare la presenza dell'esercito? La risposta è semplice: da decenni la camorra seppellisce illegalmente, con profitti elevatissimi, nel territorio campano gran parte dei rifiuti tossici delle imprese del nord.
E in particolare di rifiuti tossici delle imprese lombarde e venete. Questa scomoda verità è da tempo nota, anche perché è tutta scritta in Gomorra, il bel libro di Saviano. Forse sarebbe il caso di mandare ai cancelli di quelle fabbriche esercito e polizia e non contro le popolazioni, in modo da far cessare questo traffico illegale che ha avvelenato gran parte della terre e delle acque della Campania, causando una diffusione di tumori e malattie di ogni tipo fra la popolazione che non ha pari in nessuna altra regione italiana.
Se non si parte da qui non si capisce nulla dell'emergenza rifiuti e della rabbia delle popolazioni. Soprattutto rende irricevibili i pelosissimi e continui richiami alla razionalità e l'invito di tanti a dire qualche sì, a cominciare dal presidente di Confindustria, che ha coperto le imprese responsabili di questi traffici mortali. Che cosa è stato fatto per stroncare questo traffico o per bonificare la terra intossicata ed avvelenata? Nulla, anzi dai cumuli ammassati lungo le strade non emana solo odore di marcio si sente forte la puzza dell' intreccio fra affari e politica su cui questa realtà ha potuto consolidarsi.
Grandi sono dunque le responsabilità dei decisori politici, soprattutto quelli di sinistra, che in questi anni sono stati latitanti. Forse più che di latitanza bisognerebbe parlare di colpa: di avere accettato la cultura della crescita infinita dei consumi e quindi dei rifiuti, così ben sintetizzata dalla pubblicità dei rasoi Gillette «la comodità dell'usa e getta» con cui ogni sera veniamo martellati ed educati al dogma dell'eterna crescita economica. Ma la colpa più grande è quella di aver pensato che il problema fosse possibile risolverlo con i commissari e con l'intervento straordinario, escludendo la popolazione e i suoi sindaci. Una scelta assurda e miope, imposta con innumerevoli decreti di proroga che hanno attraversato sempre uguali la prima e la seconda repubblica. Una decisione con cui di fatto si è tolta ogni possibilità all'unica politica che permette di gestire i rifiuti quella che chiede prima di pensare se seppellirli o incenerirli di organizzare le tre R: ridurne la quantità, raccoglierli in modo differenziato e riciclarli. Poi si penserà a ciò che resta.
Queste politiche non partono per ordine di un commissario né per decreto, ma solo se si organizzano le donne e gli uomini e li si convince offrendo loro partecipazione, conoscenza, una cultura critica del consumismo, nuovi stili di vita, tutte cose che solo un intervento ordinario e quotidiano, gestito da decisori, come i sindaci, vicini alla gente, può garantire.
E l'emergenza? Nessuno la nega, ma paradossalmente solo commissariando i commissari la si può affrontare. Soprattutto dando qualche segnale alla popolazione di un cambio di passo: far capire a chi ha fallito ed è responsabile di questo disastro che esiste la nobile arte delle dimissioni e soprattutto presentando piani di bonifica e di organizzazione delle tre R. Solo così anche misure straordinarie ed impiantistiche saranno capite e accettate e non imposte.

il manifesto

 
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Post N° 3

Post n°3 pubblicato il 06 Gennaio 2008 da la_corsara_mora

500

La penultima emergenza rifiuti in Campania è stata nel maggio scorso. Il giorno 11 Romano Prodi ha scritto in fretta e furia un decreto legge, poi convertito nella legge 87 del 5 luglio. Sono passati sette mesi e nel testo approvato dal parlamento è possibile leggere il seguito, quanto a dire il futuro di allora, il presente di oggi.
La preoccupazione maggiore era stabilire chi avrebbe pagato, ma non in ordine alle responsabilità, sociali e penali; in gretti termini di moneta. Insomma, a spese di chi si sarebbe risolta l'emergenza o almeno la sua fase più acuta? Per esempio nell'articolo 8 della legge compare il classico divieto di «nuovi o maggiori oneri a carico dello stato». Una zampata di Padoa Schioppa? Ma forse governo e parlamento avranno ritenuto di strappare così le discariche e i rifiuti alla camorra o almeno di toglierle il consenso legato a posti di lavoro.
Nel frattempo nella legge compare una visione splendente di un ambientalismo quasi degno dei verdi tedeschi: «Priorità delle azioni nella produzione, riutilizzo, riciclaggio del materiale, recupero di energia e smaltimento» E ancora: «Raccolta differenziata», «piena tracciabilità del ciclo dei rifiuti», «utilizzo delle migliori tecnologie disponibili», «elevato livello di tutela ambientale e sanitaria». Se non fosse per quel «recupero di energia» che indica termovalorizzatori ed ecoballe, la legge 87 sarebbe un magnifico libro dei sogni. Ma niente di fatto. Era una chiacchiera per far accettare a quattro disgraziati comuni discariche a cielo aperto.

 
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Post N° 2

Post n°2 pubblicato il 06 Gennaio 2008 da la_corsara_mora

            

                                    Entry for January 06, 2008

Viene l'Epifania e la «munnezza» se la porta via???

 
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Post N° 1

Post n°1 pubblicato il 06 Gennaio 2008 da la_corsara_mora

Se proviamo a fare un riassunto delle principali linee tematiche che riguardano il problema dei rifiuti, possiamo mettere perlomeno in luce due punti. Il primo: tutti sanno quello che bisogna sapere, potete chiedere al filosofo, al giornalista, all’esperto, al vostro barbiere e vi forniranno la medesima analisi, segno che le cause del problema sono note e chiunque di noi potrebbe mettere a punto una brillante inchiesta, stile Pulitzer. Seconda punto: nonostante quanto detto, sono 14 anni che ci si crogiola nella fase dell’emergenza che tutti, non solo i linguisti, definiscono oramai un ossimoro. Ma se conosciamo ogni aspetto della questione, cosa dunque ci impedisce di affrontare una volta per sempre il problema? Come Amleto che può tutto tranne adempiere al suo compito, così noi possiamo parlarne quanto ci pare senza trovare soluzioni, se non qualche palliativo. L’impressione è che per decenni molti napoletani (e molti campani) hanno assunto di fronte a questo problema un atteggiamento patologico e non fisiologico. Siamo stati più pronti e solleciti a commentare il danno fatto che interessati a capire come (naturalmente) ci si comporta con la gestione dei rifiuti. Sembra quasi che a nessuno interessi dove vada a finire il sacchetto e soprattutto cosa fare per evitare il disastro partendo da noi (ovvero dalla raccolta differenziata). Questo disinteresse cronico ha fatto sì che invece della lungimiranza abbia prevalso la minuzia, per cui il rifiuto si mette in discarica come si faceva una volta con le nostre deiezioni. Quando poi la discarica è colma, se ne fa un’altra. Questo è stato l’atteggiamento di noi tutti

Così ogni volta che abbiamo votato, abbiamo espresso la classe politica che più ci somigliava, una classe politica che come noi preferiva alla lungimiranza la minuzia, ovvero, nello specifico, non è stata capace di gestire e condurre in maniera moderna ed efficace il ciclo dei rifiuti. Ora però l’aria ammorbata e il territorio irreversibilmente inquinato ci costringono (si spera) a prevedere anche noi l’uso di un termovalorizzatore. Ma, ed è questo il punto nuovo, ci sono molte persone che, circondate dai rifiuti, si oppongono alla costruzione del termovalorizzatore di Acerra, ultimo anello di un ciclo che qui (e non altrove: si pensi a Venezia, a Brescia o a Vienna) pare difficilissimo da portare a termine, e per responsabilità di tanti. Perché ci si oppone? Per i motivi più disparati. Quelli ideologici, anzitutto: il problema non si risolve così, perché il vero punto è il capitalismo avanzato che ci costringe a consumare in eccesso, bisogna dunque fare prima la rivoluzione e poi… Oppure per il principio di Lavoisier: in natura nulla si crea, nulla si distrugge. Questo per sostenere che il rifiuto non si distrugge ma crea altro materiale inquinante. Solo che il postulato è espresso male, nulla si distrugge perché tutto si trasforma, e appunto la scommessa è proprio ridurre l’emissione delle sostanze inquinanti. Sostanze che ora, visti i percolati e i fumi tossici, sono fuori controllo. Insomma, molte persone non sanno cos’è e come funziona un impianto per lo smaltimento rifiuti. In sostanza ne hanno paura. Non è giusto colpevolizzarli, s’intende. Per questo però si potrebbe tentare una operazione di lungimiranza politica: informare la popolazione dei grandi vantaggi e dei minimi rischi che un termovalorizzatore comporta. Mettere a punto, invece della solita inchiesta, una scuola, dei corsi, una capillare rete informativa all’insegna del dialogo, insomma tutto ciò che serve ed è utile per coinvolgere noi tutti nella gestione dei rifiuti, e non costringerci a commentare il fatto compiuto. Una «catena» costruttiva che, in Campania, si doveva realizzare da anni e che invece non è stata mai messa in piedi efficacemente. Allora servirebbe un doppio sguardo: io politico, io tecnico, io operatore culturale, faccio di tutto per chiedere l’attenzione delle persone su questo aspetto del problema; e io cittadino mi informo sulla questione, cercando anche di studiare meglio gli aspetti tecnici. Se invece di imbambolarci davanti a un termovalorizzatore e di impaurirci davanti alla chimica, chiediamo da competenti di più a noi stessi, sollecitiamo i tecnici a fare altrettanto. Certo è una pratica il cui svolgimento durerebbe molti anni, ma conviene farla anche ora, soprattutto per le generazioni future, affinché i nostri figli siamo più preparati e più saggi di noi. La saggezza in questo consiste, sapere che ogni nuova acquisizione culturale comporta una piccola perdita e dei rischi da gestire. Questo vale sempre e da noi, purtroppo, vale soprattutto per la questione rifiuti.

il mattino


 
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