Il labirinto

Alcide


Era grande e grosso,con due mani immense. Ti veniva da pensare che se si arrabbiava poteva spezzarti,ma non si arrabbiava mai. A dispetto della mole,del vocione,era l'uomo più dolce e tenero del mondo e io lo adoravo. Si chiamava Alcide. Da piccolina gli uomini grandi e grossi mi facevano paura. Ne sapeva qualcosa il fratello di mia madre,che si struggeva dalla voglia di prendermi in braccio e veniva sempre respinto dalle mie urla.Pover'uomo,quanto ci ha sofferto! Con Alcide,invece, non è mai stato così. Mi ricordo ancora bene la cucina di casa sua,dove lui "ragazzo invecchiato" come dicevano al paese di mia madre,viveva con la madre Irma,fedele lettrice di "Grand Hotel" (conservava le copie religiosamente,tutte impilate in un angolo e mi permetteva di sfogliarle a patto che lo facessi seduta sulle sue ginocchia). Era una stanze grande,con un gran tavolone destinato ad ospitare tanti figli (in realtà lei e suo marito ne ebbero uno solo) e un gran camino. Mio padre e io eravamo spesso da loro. Fra papà,inglese di Londra, e Alcide,contadino pistoiese,era nata un'amicizia particolare. Avevano in comune la passione per la pesca e il carattere taciturno. In agosto,quando entrambi avevano le ferie,si ritrovavano. Partivano la mattina presto,armati di rudimentali canne da pesca e bigattini (quei vermetti che servono da esca e che fanno tanto schifo),con i panini che la irma preparava per tutti e due. Spesso li accompagnavo io. Ricordo ancora quelle mattine sull' Agna. Loro sedevano su due massi vicini,non si guardavano e non parlavano. Io invece giocavo poco lontano, ben attenta a non disturbarli. In mezzo a loro mi sentivo grande e protetta. A volte (spesso!) nn prendevano pesci,ma a loro non importava nulla. Quello che volevano era starsene lì,insieme. Ho un ricordo nel cuore,me lo porto dentro da anni. Una sera,mentre mio padre e Alcide parlavano,io zitta zitta mi arrampicai sulle sue ginocchia. Avevo una gran paura che mi mandasse via,non lo fece. Mi fece accomodare con la massima delicatezza,facendomi appoggiare la testa al suo petto e continuando a parlare. Ogni tanto mi accarezzava i capelli,e le seu grandi mani erano delicatissime. Alla fine,cullata dalle voci,mi addormentai. La mattina dopo mi ritrovai nel mio letto,in casa della nonna. Seppi poi che lui mi aveva riportata a casa tendomi in braccio,facedo pianissimo per non svegliarmi. Adesso Alcide non c'è più da anni,ma la sua dolcezza mi è rimasta dentro.