Tanto tempo fa in una regione ricca di foreste selvagge e di piane coltivate viveva un mugnaio brutale e rozzo, che aveva un asino dalle orecchie lunghe lunghe, con grosse labbra pendule, che se ragliava faceva risuonare la sua voce per tutta la piana. Il mugnaio gli dava così poco da mangiare che l'asino non ce la faceva a sopportare il duro lavoro, e lo bastonava così tanto che al povero animale era rimasta solo la pelle sulle ossa ammaccate. Una volta l'asino, arrabbiato per le botte che prendeva ogni giorno e per la scarsità del cibo, se ne andò dalla casa del mugnaio e col basto ancora sul dorso si allontanò per un buon tratto. Dopo aver camminato tanto, ormai stanco morto, arrivò ai piedi di un bel monte, dall'aspetto ospitale, non selvaggio. E vedendolo così verdeggiante e bello, decise fra sé di salire sul monte per abitare lì tutto il resto della sua vita. Mentre pensava queste cose, l'asino guardava intorno se qualcuno lo vedeva, e siccome non c'era nessuno che gli potesse dare fastidio, coraggiosamente salì sul monte, e con grande piacere si mise a pascolare, ringraziando il Cielo di averlo liberato dalle mani di quell'orribile tiranno e di avergli fatto trovare del cibo così buono per continuare la sua povera vita. Mentre il buon asino abitava sul monte e si nutriva di piccole tenere erbe portando ancora il basto sul dorso, ecco un feroce leone uscire da un'oscura caverna: avendo visto l'asino lo guardò con molta attenzione, e rimase meravigliato per l'arroganza e il coraggio che aveva avuto salendo sul monte senza dirglielo e senza chiedergli il permesso. E siccome il leone fino ad allora non aveva mai visto animali di quella specie, ebbe paura di avanzare oltre. L'asino quando vide il leone si sentì accapponare la pelle e gli si rizzarono tutti i peli, per lo spavento smise di mangiare e non osava fare una mossa. Il leone, facendosi coraggio, andò un po' avanti e gli disse: "Che fai qua tu, caro compare? Chi ti ha dato il permesso di salire quassù? E chi sei tu?". Allora l'asino si diede un tono gagliardo e gli rispose: "E tu chi sei per domandarmi chi sono io?". Stupito da questa risposta il leone disse: "Io sono il re di tutti gli animali". "E come ti chiami di nome?", gli chiese l'asino. Lui rispose: "Leone è il mio nome, ma il tuo nome qual è?". Allora l'asino tutto fiero disse: "E io mi chiamo Brancaleone!". "Questo," si disse il leone, "dev'essere proprio più forte di me", e rivolto all'asino: "Brancaleone, il tuo nome e il tuo parlare mi dimostrano chiaramente che tu sei più possente e più gagliardo di me; ma voglio che facciamo qualche prova". Allora l'asino si sentì molto più ardito e girando il suo deretano verso il leone disse:
"Vedi questo basto e la balestra che ho sotto la coda? se io te la facessi sentire ci rimarresti secco". E così dicendo tirò un paio di calci in aria e sparò una scarica di peti che fecero quasi svenire il leone. Sentendo il gran rimbombo dei calci e il rumore tonante che veniva fuori dalla balestra, il leone si era spaventato moltissimo, e siccome ormai era quasi sera, disse: "Fratello mio, io non voglio che litighiamo, né che ci ammazziamo, perché non c'è cosa peggiore della morte, voglio che andiamo a riposarci, e quando sarà venuto il nuovo giorno ci ritroveremo e faremo una gara di tre grandi prove; chi tra noi due sarà vincitore, diventerà padrone di questo monte", e così rimasero d'accordo. La mattina dopo si incontrarono e il leone, che voleva vedere qualche bella prodezza, disse: "Brancaleone, mi piaci moltissimo, e non sarò contento finché non ti vedrò compiere qualche meravigliosa impresa". Camminando insieme arrivarono a un fossato largo e profondo, e il leone disse: "Ora è giunto il tempo che vediamo chi di noi due è più bravo a saltare questo fosso". Il leone, gagliardo com'era, si avvicinò al fosso e con un balzo fu dall'altra parte; l'asino quando fu sulla sponda si fece animo e saltò, ma saltando cadde in mezzo al fosso, e finì a cavalcioni di un tronco rimanendo lì sospeso, e un po' pendeva da una parte, un po' dall'altra, rischiando di rompersi l'osso del collo. Vedendolo il leone gli chiese: "Che fai caro compare?" L'asino, che era trascinato via dalla corrente a gran velocità, non rispondeva. Allora il leone, temendo che l'asino morisse, scese nel fosso e gli prestò aiuto. L'asino, appena fu fuori da quel pericolo, si diede un tono fiero e rivoltandosi contro il leone gliene disse di tutti i colori. Il leone rimase di sasso, e tutto meravigliato gli chiese perché lo offendeva così, dopo che gli aveva salvato la vita. L'asino, accendendosi di sdegno, rispose con fare superbo: "Ah! Disgraziato ignorante, tu mi chiedi perché ti offendo? Sappi che mi hai privato del piacere più soave che io abbia mai goduto nella mia vita. Tu pensavi che morissi, e invece io mi divertivo ed ero felice". "E qual era il tuo divertimento?", chiese il leone. "Io," rispose l'asino, "mi ero messo su quel tronco, e pendevo un po' da una parte e un po' dall'altra, perché volevo ad ogni costo scoprire che cosa mi pesava di più, se il capo o la coda". Disse il leone: "Ti prometto sul mio onore che non ti darò più fastidio in nessun caso, e mi rendo conto fin da questo momento che sarai tu il padrone del monte". Andarono via da quel posto e arrivarono a un fiume largo e vorticoso, e il leone disse: "Voglio, Brancaleone mio, che ciascuno di noi dimostri quanto vale guadando questo fiume". "Mi sta bene," disse Brancaleone, "ma voglio che cominci tu". Il leone, che sapeva nuotare benissimo, con grande agilità attraversò il fiume, e dall'altra sponda gridò: "Compare, che fai? attraversa anche tu il fiume". L'asino, capendo che non poteva tirarsi indietro, si buttò nell'acqua e nuotò tanto che ce la fece ad arrivare in mezzo al fiume, ma catturato dai gorghi un momento finiva a testa in giù, poi si trovava rigirato, poi andava tutto sott'acqua, tanto che il leone non lo vedeva quasi più. Ricordandosi che l'asino lo aveva maltrattato, se da una parte avrebbe voluto aiutarlo, dall'altra aveva paura che se lo salvava Brancaleone si sarebbe arrabbiato tanto da ucciderlo. Era molto incerto, ma a un certo punto decise, qualunque cosa potesse capitare, di aiutarlo, e si tuffò, gli andò vicino, e dopo averlo afferrato per la coda lo tirò e lo fece uscire dall'acqua. Quando si vide al sicuro sulla riva del fiume e capì che ormai non annegava più, l'asino si rannuvolò tutto, e fremente d'ira urlò: "Ah, infame! Ah, ribaldo! non so chi mi tenga dallo scoccare la mia balestra e farti sentire quello che non vorresti provare! Tu sei la mia disgrazia e mi privi di tutte le gioie. Quando mai potrà capitarmi di divertirmi come poco fa?". Il leone, che aveva più paura di prima, disse: "Io, caro compare, avevo paura che tu annegassi nel fiume, e perciò sono venuto e ti ho aiutato, pensando di farti un piacere, non certo un dispiacere". "Non dire più nulla," ribattè l'asino, "voglio che tu mi dica solo una cosa: quale beneficio, quale vantaggio hai ricavato dall'attraversamento del fiume?". "Nulla", rispose il leone. E l'asino voltandosi disse: "Guarda bene se godevo mentre ero nel fiume", e scrollandosi l'acqua gli fece vedere i pesciolini e gli altri animaletti che gli uscivano dalle orecchie, e con voce addolorata disse: "Vedi che errore hai fatto? Se io andavo in fondo al fiume prendevo con mio immenso piacere dei pesci che ti avrebbero riempito di meraviglia. Ma fa in modo di non darmi più fastidio d'ora in avanti, perché sennò da amici come siamo diventeremmo nemici, e sarebbe peggio per te. E anche se tu mi vedessi morto, voglio che tu non ci pensi, perché quello che a te sembrerà morte, per me sarà piacere e vita". Ormai il sole stava tramontando, e il leone propose al suo compare che tutti e due andassero a riposare, per ritrovarsi la mattina dopo. Appena fu giorno, l'asino e il leone si incontrarono, e decisero di andare a caccia uno da una parte e uno dall'altra, per poi ritrovarsi in un posto a una certa ora: il monte sarebbe stato del cacciatore più bravo. Il leone cominciò a inseguire le sue prede, e ne prendeva tante, mentre l'asino, trovando la porta di una casa aperta, entrò dentro e vedendo nell'aia un immenso mucchio di sorgo si mise lì e ne mangiò tanto e tanto che il suo pancione rischiava di scoppiare. Poi, tornato al luogo dell'appuntamento, si stese a dormire, ed essendo così pieno spesso alzava la coda e scoccava la balestra, che si apriva e si chiudeva come la bocca di un grosso pesce. Volando da quelle parti una cornacchia lo vide, e siccome era sdraiato in terra e non si muoveva sembrava morto, e così guardando il sorgo mal digerito sotto la coda dell'asino accanto al deretano tutto imbrattato, la cornacchia si posò e cominciò a mangiare il sorgo, e beccando andò tanto avanti che per beccare gli mise la testa dentro il corpo. L'asino, sentendosi beccare strinse il didietro, la cornacchia rimase col capo dentro e soffocò. Giunse il leone con tutte le sue prede e disse all'asino: "Hai visto che animali ho preso, caro compare?" L'asino gli domandò: "E come hai fatto a prenderli?". Il leone raccontava in che modo li aveva cacciati, ma l'asino lo interruppe dicendo: "Ah, pazzo e sciocco che sei! Hai durato una fatica immane andando per boschi, foreste e montagne, mentre io me ne sono stato qua comodamente disteso e con il mio deretano ho catturato tante cornacchie e tanti altri animali che ho nella pancia, che come vedi è bella piena. Mi è rimasta mezza fuori solo questa cornacchia, che ho riservato a te, e ti prego di accettarla per farmi contento". Allora il leone ebbe ancora più paura, e dopo aver preso la cornacchia per far piacere al compare se ne andò. Mentre correva via piuttosto impaurito, si imbatté nel lupo che andava molto di fretta.
Il leone gli disse: "Compare lupo, dove vai solo solo, così di fretta?" Il lupo rispose: "Ho da fare una faccenda della massima importanza". Il leone voleva trattenerlo, ma il lupo temeva il leone e faceva di tutto per andarsene. Il leone, sicuro che andando da quella parte il lupo rischiava la vita, gli consigliava di non andarci: "Perché," gli disse, "poco più avanti c'è Brancaleone, un animale ferocissimo, che ha sotto la coda una balestra con la quale spara dei colpi esplosivi, e chi ne è colpito è spacciato. Ha poi sul dorso una cosa bigia di pelle durissima che lo copre quasi tutto, compie grandi prodezze, e spaventa chiunque gli si avvicina". Ma il lupo, avendo capito bene dalla descrizione del leone di quale animale stava parlando, disse: "Compare, non aver paura, perché quello si chiama asino, è l'animale più vigliacco che sia stato creato, e non sa compiere altre imprese che portare la soma e prendere le bastonate. Io da solo ai miei tempi ne avrò divorato un centinaio. Andiamo compare, senza timore, e vedrai bene che è come dico io". "Compare," replicò il leone, "io non voglio venire, e se ci vuoi andare, vacci da solo". Il lupo continuava a dirgli che non c'era proprio da aver paura, e il leone, vedendo che il lupo non cambiava idea, disse: "Siccome tu vuoi che venga con te e dici che non c'è pericolo, voglio che ci leghiamo perbene per la coda, così se attaccherà resteremo insieme e ci aiuteremo a scappare". Così si annodarono strette le code e andarono a trovarlo. L'asino, che si era alzato in piedi e stava brucando l'erba, vide il leone e il lupo di lontano, s'impaurì e fece per scappare, ma il leone, indicando Brancaleone al lupo, disse: "Guarda che si muove, ora ci attacca, non aspettiamo o ci farà fuori!".
Il lupo, che aveva visto e riconosciuto l'asino, disse: "Fermati compare, non dubitare che quello è l'asino!" Ma il leone impaurito scappò a gambe levate, e correva tra alberi e cespugli spinosi, saltando ora una macchia, ora un'altra, e mentre balzava una lunga spina gli cavò un occhio. Credendo di essere stato colpito dall'arma che Brancaleone portava sotto la coda, senza smettere di correre disse al lupo: "Compare, non te l'avevo detto io che bisognava scappare? Mi ha cavato un occhio con la sua balestra!". Correndo sempre più forte tirava il lupo e lo strascicava su cespugli spinosi, per fossi scoscesi, attraverso fitti boschi e altri luoghi accidentati e impervi, finché il lupo tutto ammaccato e lacerato morì. Quando si sentì in un posto sicuro il leone si fermò e disse: "Compare, ora sciogliamoci le code", ma il lupo non rispondeva nulla. Allora il leone voltandosi vide che era morto e rimase di sasso, poi disse: "Compare, non te l'avevo detto io che ti avrebbe ucciso? Tu hai perso la vita, e io l'occhio sinistro, ma meglio aver perso una parte che il tutto". Si sciolse la coda, lasciò lì il lupo morto e andò ad abitare per sempre nelle caverne e nelle foreste, mentre l'asino rimase signore e proprietario del monte ospitale, dove visse per tanto tempo allegramente. di
Gianfrancesco Straparola