Il labirinto

La figlia del Re


C'era una volta un Re e una Regina, che avevano una figlia unica, e le volevano più bene che alla pupilla de' loro occhi. Mandò il Re di Francia per domandarla in sposa. Il Re e la Regina, che non sapeano staccarsi dalla figliuola, risposero: - È ancora bambina. Un anno dopo, mandò il Re di Spagna. Quelli si scusarono allo stesso modo: - È ancora bambina. Ma i due regnanti se l'ebbero a male. Si misero d'accordo e chiamarono un Mago: - Devi farci un incanto per la figlia del Re, il peggiore incanto che ci sia. - Fra un mese l'avrete. Passato il mese, il Mago si presentò: - Ecco qui. Regalatele questo anello; quando lo avrà portato in dito per ventiquattr'ore, ne vedrete l'effetto. Regalarglielo non potevano, perché s'eran già guastati coi parenti di lei. Come fare? - Ci penserò io. Il Re di Spagna si travestì da gioielliere, e aperse una bottega dirimpetto al palazzo reale. La Regina volea comprar delle gioie e lo mandò a chiamare. Quello andò, e in uno scatolino a parte ci avea l'anello. Dopo che la Regina ebbe comprato parecchie cose, domandò alla figliuola: - O tu, non vuoi nulla? - Non c'è niente di bello - rispose la Reginotta. - Ci ho qui un anello raro; le piacerà. E il finto gioielliere mostrò l'anello incantato. - Oh, che bellezza! Oh, che bellezza! Quanto lo fate? - Reginotta, non ha prezzo, ma prenderò quel che vorrete. Gli diedero una gran somma e quello andò via. La Reginotta s'era messo in dito l'anello e lo ammirava ogni momento: - Oh, che bellezza! Oh, che bellezza! Ma dopo ventiquattr'ore (era di sera): - Ahi! Ahi! Ahi! Accorsero il Re, la Regina, le dame di corte, coi lumi in mano. - Scostatevi! Scostatevi! Son diventata di stoppa. Infatti la povera Reginotta avea le carni tutte di stoppa. Il Re e la Regina erano proprio inconsolabili. Radunarono il Consiglio della Corona. - Che cosa poteva farsi? - Maestà, fate un bando: Chi guarisce la Reginotta sarà genero del Re. E i banditori partirono per tutto il regno, con tamburi e trombette. - Chi guarisce la Reginotta sarà genero del Re!
In una città c'era un giovinotto, figlio d'un ciabattino. Un giorno, vedendo che in casa sua si moriva di fame, disse a suo padre: - Babbo, datemi la santa benedizione: vo' andare a cercar fortuna pel mondo. - Il cielo ti benedica, figliuolo mio! E il giovinotto si mise in viaggio. Uscito pei campi, in una viottola incontrò una frotta di ragazzi che, urlando, tiravan sassate a un rospo per ammazzarlo. - Che male vi ha fatto? È anch'esso creatura di Dio: lasciatelo stare. Vedendo che quei ragazzacci non smettevano, saltò in mezzo ad essi, diè uno scapaccione a questo, un pugno a quello, e li sbandò: il rospo ebbe agio di ficcarsi in un buco. Cammina, cammina, il giovinotto incontrò i banditori che, a suon di tamburi e di trombette, andavan gridando: - Chi guarisce la Reginotta, sarà genero del Re. - Che male ha la Reginotta? - È diventata di stoppa. Salutò e continuò per la sua strada, finché non gli annottò in una pianura. Guardava attorno per vedere di trovar un posto dove riposarsi: si volta, e scorge al suo fianco una bella signora. Trasalì. - Non aver paura: sono una Fata, e son venuta per ringraziarti. - Ringraziarmi di che? - Tu m'hai salvato la vita. Il mio destino è questo: di giorno son rospo, di notte son Fata. Ai tuoi comandi! - Buona Fata, c'è la Reginotta ch'è diventata di stoppa, e chi la guarisce sarà genero del Re. Insegnatemi il rimedio: mi basterà. - Prendi in mano questa spada e vai avanti, vai avanti. Arriverai in un bosco tutto pieno di serpenti e di animali feroci. Non lasciarti impaurire: vai sempre avanti, fino al palazzo del Mago. Quando sarai giunto lì, picchia tre volte al portone... Insomma gli disse minutamente come dovea fare: - Se avrai bisogno di me, vieni a trovarmi. Il giovinotto la ringraziò, e si mise in cammino. Cammina. cammina, si trovò dentro il bosco, fra gli animali feroci. Era uno spavento! Urlavano, digrignavano i denti, spalancavano le bocche; ma quello sempre avanti, senza curarsene. Finalmente giunse al palazzo del Mago, e picchiò tre volte al portone. - Temerario, temerario! Che cosa vieni a fare fin qui? - Se tu sei Mago davvero, devi batterti con me. Il Mago s'infuriò e venne fuori armato fino ai denti: ma, come gli vide in mano quella spada, urlò: - Povero me! E si buttò ginocchioni: - Salvami almeno la vita! - Sciogli l'incanto della Reginotta, e avrai salva la vita. Il Mago trasse di tasca un anello, e gli disse: - Prendi; va' a metterglielo nel dito mignolo della mano sinistra e l'incanto sarà disfatto. Il giovanotto, tutto contento, si presenta al Re: - Maestà, è vero che chi guarisce la Reginotta sarà genero del Re? - Vero, verissimo. - Allora son pronto a guarirla. Chiamaron la Reginotta, e tutti quelli della corte gli s'affollarono attorno; ma le avea appena messo in dito l'anello, che la Reginotta divampò, tutta una fiamma!
Fu un urlo. Nella confusione, il giovanotto poté scappare, e non si fermò finché non giunse dove gli era apparsa la Fata: - Fata, dove sei? - Ai tuoi comandi. Le narrò la disgrazia. - Ti sei lasciato canzonare! Tieni questo pugnale e ritorna dal Mago: vedrai che questa volta non si farà beffa di te. E gli disse minutamente come dovea regolarsi. Il giovinotto andò subito, e picchiò tre volte al portone. - Temerario, temerario! Che cosa vieni a fare fin qui? - Se tu sei Mago davvero, devi batterti con me. Il Mago s'infuriò e venne fuori, armato fino ai denti. Ma come gli vide in mano quel pugnale, si buttò ginocchioni: - Salvami almeno la vita! - Mago scellerato, ti sei fatto beffa di me! Ora starai lì incatenato, finché l'incanto non sia rotto. Lo legò bene, piantò il pugnale in terra, e vi attaccò la catena. Il Mago non poteva muoversi. - Sei più potente, lo veggo! Torna dalla Reginotta, cavale di dito l'anello del gioielliere e l'incanto sarà disfatto. Il giovinotto non avea viso di presentarsi al Re; ma saputo che la Reginotta se l'era cavata con poche scottature, perché tutti quei della corte aveano spento le fiamme, si fece coraggio e si presentò: - Maestà, perdonate; la colpa non fu mia; fu del Mago traditore. Ora è un'altra cosa. Caviamo di dito alla Reginotta quell'anello del gioielliere, e l'incanto sarà disfatto. Così fu. La Reginotta diventò nuovamente di carne, ma pareva un tronco: non avea lingua, né occhi, né orecchi; era rovinata dalle fiamme. E se lui non la guariva intieramente, non potea diventar genero del Re. Partì e andò in quella pianura dove gli era apparsa la Fata: - Fata, dove sei? - Ai tuoi comandi. Le narrò la disgrazia. - Ti sei lasciato canzonare! E gli disse, minutamente, come dovea regolarsi.
Il giovanotto tornò dal Mago: - Mago scellerato, ti sei fatto beffa di me! Lingua per lingua, occhio per occhio! - Per carità, lasciami stare! Vai dalle mie sorelle, che stanno un po' più in là. Devi fare così e così. Cammina, cammina, arriva in una campagna dove c'era un palazzo simile a quello del Mago. Picchiò al portone. - Chi sei? Chi cerchi? - Cerco Cornino d'oro. - Capisco: ti manda mio fratello. Che cosa vuole da me? - Vuole un pezzettino di panno rosso; gli si è bucato il mantello. - Che seccatura! Prendi qua. E gli buttò dalla finestra un pezzettino di panno rosso, tagliato a foggia di lingua. Andò avanti, e arrivò a piè d'una montagna dove, a mezza costa, c'era un palazzo simile a quello del Mago. Picchiò al portone. - Chi sei? Chi cerchi? - Cerco Manina d'oro. - Capisco: ti manda mio fratello. Che cosa vuole da me? - Vuole due grani di lenti per la minestra. - Che seccatura! Prendi qua. E gli buttò dalla finestra due grani di lenti, involtati in un pezzettino di carta. Andò avanti, e arrivò in una valle, dove c'era un altro palazzo simile a quello del Mago. Picchiò al portone. - Chi sei? Chi cerchi? - Cerco Piedino d'oro. - Capisco: ti manda mio fratello! Che cosa vuole da me? - Vuole due lumachine per mangiarsele a cena. - Che seccatura! Prendi qua. E gli buttò dalla finestra le lumachine richieste. Il giovanotto tornò dal Mago: - Ho portato ogni cosa. Il Mago gli disse come doveva fare, e il giovanotto stava per andarsene: - Mi lasci qui incatenato? - Lo meriteresti, ma ti sciolgo. Se mi hai ingannato, guai a te! Il giovane si presentò al palazzo reale e si fece condurre dalla Reginotta. Le aperse la bocca, vi mise dentro quel pezzettino di panno rosso, e la Reginotta ebbe la lingua. Ma le prime parole che disse furon contro di lui: - Miserabile ciabattino! Via di qua! Via di qua! Il povero giovane rimase confuso: - Questa è opera del Mago! Senza curarsene, prese i due semi di lenti, con un po' di saliva glieli applicò sulle pupille spente, e la Reginotta ebbe la vista. Ma appena lo guardò, si coprì gli occhi colle mani: - Dio, com'è brutto! Com'è brutto! Il povero giovane rimase: - Questa è opera del Mago! Ma, senza curarsene, prese i gusci delle lumachine che aveva già vuotati, e con un po' di saliva glieli applicò bellamente dov'era il posto degli orecchi: la Reginotta ebbe gli orecchi. Il giovane si rivolse al Re e disse: - Maestà, son vostro genero. Come intese quella voce, la Reginotta cominciò a urlare: - Mi ha detto: Strega! Mi ha detto: Strega! Il povero giovane, a questa nuova uscita, sbalordì: - È opera del Mago! - E tornò dalla Fata. - Fata, dove sei? - Ai tuoi comandi. Le narrò la sua disgrazia. La Fata sorrise e gli domandò: - Le hai tu tolto di dito l'altro anello del Mago? - Mi pare di no. - Vai a vedere; sarà questo. Come la Reginotta ebbe tolto di dito quell'altro anello, tornò gentile e tranquilla. Allora il Re le disse: - Questi è il tuo sposo. La Reginotta e il giovanotto si abbracciarono alla presenza di tutti, e pochi giorni dopo furono celebrate le nozze. E furono marito e moglie; E a lui il frutto e a noi le foglie. di Luigi Capuana ti è piaciuta?