Il labirinto

L'isola dei nasi neri


Nei miei viaggi intorno al globo, una volta capitai nell’isola di Neronia, dove, per legge, tutti i cittadini dovevano avere il naso nero. Ma nero: color del carbone, dell’inchiostro, dei pull-over antracite che usano adesso, della divisa degli arbitri nelle partite di calcio. Sulle prime, girando per le strade di Neronia, capitale dell’isola di Neronia, pensai che fosse Carnevale: la gente aveva facce normali, di colore normale, chi con la pelle bianca, che un po’ più abbronzata dal sole, chi rosea; ma in mezzo alla faccia tutti quanti portavano un naso che pareva uscito da una scatola di lucido per le scarpe. Entrai in un’osteria e all’oste, che aveva naturalmente un naso più nero delle sue bottiglie, domandai allegramente: - Non avete per caso un po’ di tintura verde? - Signore, - mi disse, - se siete del paese, fareste bene a non scherzare; se siete forestiero accettate un mio consiglio: tingetevi subito il naso di nero oppure ripigliate la strada dalla quale siete venuto e allontanatevi senza guardarvi indietro. - Sono un forestiero, - risposi. – Ma non me ne andrò. Anzi, questa faccenda dei nasi neri mi interessa moltissimo, e se non me la spiegherete, mi metterò sulla porta della vostra osteria per attirare l’attenzione delle guardie. - Per carità, - esclamò l’oste, congiungendo le mani, - non fate una cosa simile, o mi toccherà di chiudere bottega. Dovete sapere che nell’isola di Neronia esiste una legge antichissima, la quale stabilisce che tutte le persone debbono avere il naso nero. - E che cosa succede se uno, la mattina, non si ricorda di farsi il naso nero? - Il meno che gli possa capitare è di essere arrestato e condannato a cento frustate sul naso. Naturalmente perde anche il posto di lavoro ed è ridotto a chiedere l’elemosina. Se poi è trovato una seconda volta senza naso nero, viene rinchiuso in prigione per il resto della vita, e ci rimane anche dopo morto, perché nella prigione c’è anche il cimitero. - E voi tollerate tutto questo? -I o faccio l’oste, caro signore: io bado agli affari miei. Ogni sera faccio i conti: tanto le spese, tanto il guadagno. Che cosa m’importa del colore del mio naso? Lascia l’oste al suo destino e ai suoi conti e me ne andai a spasso per l’isola, col mio naso color naso. La gente, dopo un primo rapido sguardo pieno di terrore, fingeva di non vedermi, oppure fingeva di esser in un altro posto, o addirittura fingeva che io non esistessi, e guardava attraverso il mio corpo come se fosse trasparente. A mezzogiorno in punto una guardia mi arrestò. - Cittadino, - mi disse severamente, - siete in contravvenzione. Seguitemi. Una piccola folla si era raccolta attorno a noi. Proprio in quel momento cominciò a piovere. In pochi istanti la pioggia fece colare la tintura dai nasi, che, non essendo mai stati esposti al sole, apparvero bianchi come usciti dal bucato. - Anche voi siete in contravvenzione, - dissi io alla guardia. –Il vostro naso è più bianco del mio. - E’ vero, - disse un ragazzetto anche vendeva i giornali. –Anche la guardia ha il naso bianco. Tutti abbiamo il naso bianco. - Per l’amore del cielo, - cominciò a pregare la guardia, - io ho famiglia, ho cinque figli da mantenere. Non fatemi perdere il posto. Seguitemi. - Seguite me, invece, - gridai alla folla. - Andiamo davanti al palazzo del Re a mostrare i nostri nasi bianchi. - Andiamo, - gridò il ragazzetto, gridarono altri con lui, gridò tutta la folla. - Basta coi nasi neri! - gridò qualcuno. Fu così che cominciò la rivoluzione di Neronia: in poche ore le strade furono gremite di gente col naso bianco, il Re e i suoi ministri scapparono, l’oste giurò che sempre, quando andava in cantina a mettere il vino nei fiaschi, si era tolto la tintura dal naso, le guardie affittarono i bambini dei vicini per mostrare che avevano tanti figli da mantenere. E io, ancora adesso, ho un dubbio: sarà stato merito della pioggia improvvisa, o sarà stato merito di quell’unico cittadino, forestiero, per giunta, che ebbe il coraggio di mostrare il suo naso bianco anche prima, quando splendeva il sole?