Il labirinto

La statura dell'anima


Il XXesimo secolo era iniziato da poco, con tutte le sue speranze, con tutti i castelli in aria che ogni nuova cosa costruisce…….. ………tanti anni fa, appunto in quel periodo, in un villaggio che cominciava a togliersi di dosso gli abiti vecchi e fuori moda per indossare nuovi modelli, da poco in voga, le persone sentivano che la vita stava cambiando e cercavano di stare al suo passo. Molti pensavano addirittura, che sarebbe stato bello eliminare tutte le tradizioni……..aria nuova e totalmente. E invece purtroppo, pensavano queste persone, c’erano cose che non sarebbero mai scomparse: il progresso regalava nuove macchine, nuove idee, ma in quella nuova canzone c’era sempre qualche nota stonata che non spariva mai. A Nuova Era, quello era il nome del paese, la gente “giusta” era tanta. “Peccato”, quella stessa gente pensava, “che non siano tutti come noi”. C’erano quei due personaggi, per esempio, Adelmo e Ortega, che non erano in sintonia con la vita, secondo loro. Il primo, sette anni, aveva il corpo di un uomo, un gigante bambino. Si vociferava che avesse una malattia che faceva crescere il suo corpo ad una velocità impressionante rispetto alla velocità con cui cresceva la sua mente, che si sviluppava ovviamente in modo normale. Povera creatura, quale orrore gli era capitato! Ortega invece era un nano, un uomo nel corpo di un bambino. Arrivava dalla Spagna, dove molti avrebbero voluto fosse rimasto. Certo che la natura faceva proprio brutti scherzi e a tutti dispiaceva per quei due esseri, pero’, pensavano, se ne stiano lontano dalla gente “normale”, era meglio anche per loro in fondo, no? Le persone così andavano a letto la sera e la loro coscienza partiva con essi per un sonno profondo. Un giorno, i due “diversi” pensarono che vivere lontano da quegli sguardi di curiosità vestita da pena, sarebbe stato più salutare e la comunità, beh inutile nasconderlo, gioì quando i due si trasferirono nel cuore della foresta in una casa che nessuno vide mai, una casa che qualcuno pensò non esistesse neanche e quel qualcuno cominciò a spargere la voce che i due fossero stati inghiottiti dal bosco e scomparsi nel nulla. Nacque così una leggenda, che venne raccontata ai bambini, sul mistero del bosco e dei due mostri che vi vivevano. Nessuno osò più avventurarsi nella foresta, tranne qualche cacciatore temerario che voleva dimostrare più a se stesso che agli altri, di essere impavido. Nell’ormai mitico giorno in cui i due lasciarono Nuova Era, nacque Elisa. Nove anni dopo quel giorno, la bambina viveva in quel villaggio ed era infelice. Il disagio che albergava nel suo cuore era causato dal rapporto che Elisa aveva con la vita e con gli altri. Si sentiva indubbiamente una bambina, ma nella sua mente dimorava qualcosa di più profondo di quello che normalmente c’è nella testa di un bambino della sua età. Quei pensieri arrivavano più con l’età adulta di solito, e spesso lei si sentiva a disagio e diversa, giocando con gli altri bambini, a causa di queste riflessioni. Il problema si sdoppiò nel momento in cui la ragazzina si accorse di avere anche una grande paura all’idea di diventare grande: gli adulti erano spesso così lontani dall’innocenza e dall’immaginazione, cose a cui Elisa anelava tanto. Non voleva diventare quel “grosso involucro” che erano i suoi genitori, preoccupati solo di essere sempre aggiornati nelle mode, preoccupati solo di essere sicuri che gli altri li vedessero come persone valide quando, se fossero andati a fare una perlustrazione all’interno di se stessi, avrebbero scoperto che il valore lì, forse non c’era mai stato. Una notte fece quell’atto di incoscienza che, prima o poi e in misura diversa da un caso all’altro, tutti i bambini fanno. Si incamminò nel bosco, con la luna come unica luce sul suo cammino, perché pensava: il bosco nasconde sempre qualche segreto, nell’oscurità, nel silenzio della notte e gli uomini, spesso troppo indaffarati durante il giorno ad apparire al mondo, non trovano il tempo o la voglia di provare a cercarlo. Nel cuore del bosco, neanche la luna riuscì più a rischiarare il sentiero. Elisa accese allora la lanterna che aveva con sé e che fino a quel momento non le era servita, quando vide, nascosta nella radura, una casetta illuminata. Rimase a osservarla a bocca aperta, ripensando alla leggenda che il nonno le raccontava sempre la sera prima di addormentarsi. Si sentiva Biancaneve che, entrando nella foresta trovava la casa dei sette nani anche perché se la leggenda non era tale, ma era tutto vero, lì dentro viveva davvero un nano. Si accostò alla casa e guardò dentro, dal vetro della finestra: vide un piccolo essere e un uomo anziano, apparentemente normale, che mangiavano seduti ad un tavolo. Nel silenzio del bosco però, la sua lanterna che urtò contro le travi di legno che ricoprivano l’esterno della casa, forse fece un po’ troppo rumore. I due abitanti della casa corsero verso la porta di ingresso mentre Elisa, con il cuore che le usciva dalla gola, corse verso il buio del bosco ma inciampò e cadde rovinosamente. “Bambina cosa fai qui?” Ortega il nano, ebbe paura ad avvicinarsi troppo a lei, per non spaventarla ulteriormente. Adelmo sembrò non pensarci e prese in braccio Elisa che era troppo terrorizzata anche per dibattersi……. “Se io ti dicessi che ho solo sedici anni, cosa penseresti?” La frase sortì l’effetto desiderato: Elisa, anche se solo per un istante, accantonò la paura che venne sostituita dalla sorpresa e dalla curiosità e questa nuova scoperta la lasciò a bocca aperta. Era effettivamente convinta di essere in braccio ad un uomo di settant’anni, fino a quel momento. “Adelmo mettila giù, sa camminare da sola mi sembra” tuonò Ortega, “come ti chiami bambina?” “E-ELI-Elisa…” “Oh, bene…pensavamo fossi muta. Dai, non puoi stare nel bosco tutta la notte vieni dentro”. La bambina entrò, non aveva molta scelta e poi non vedeva motivo di aver paura, il suo istinto se ne stava calmo ad assistere alla scena. Fecero amicizia e Elisa mangiò, quella scampagnata notturna le aveva messo appetito. “Così voi due siete i personaggi della fiaba che mi è stata tanto raccontata e quindi mangiate animali vivi e chiunque si avventuri nella foresta, fate riti satanici e………” “Ehi……frena, frena” Adelmo scoppiò a ridere “Ortega, però ti vedo bene vestito con una tunica nera a sacrificare alla luna piena e nel cuore della notte, gli animali che abbiamo avanzato e non abbiamo mangiato vivi. ” Ortega si unì alla risata e anche Elisa si fece contagiare. “Ma dicci di te, cosa spinge una bambina a incamminarsi nel bosco nel cuore della notte?” Ortega cercò di placare le risate mentre le faceva la domanda. “Non sto bene dove vivo, sebbene io abbia tutto quello che potrei desiderare: una mamma, un papà, amici, giocattoli, tutti mi vogliono bene e quindi cosa voglio?” Nonostante la bambina si fosse posta una domanda, Ortega e Adelmo capirono che era una di quelle domande che una persona rivolge a se stessa e tacquero, perché la risposta sarebbe arrivata dalla stessa Elisa. “Vedete, nella mia mente c’è spazio per i giochi da bambino questo sì, ma la mia fantasia mi ha portato oltre e non riesco più a tornare indietro. Mi rendo conto di fare pensieri più da adulto che da bambino e ho paura che un giorno, quando diventerò veramente un adulto, perderò la mia innocenza e forse con quella perderò quella dolce immaginazione che mi fa amare la vita. I miei genitori sono troppo impegnati ad apparire per pensare che il loro corpo dovrà prima o poi scomparire e non riflettono neanche un secondo su dove andrà la loro anima. Non voglio diventare come loro, vorrei morire!!” Elisa scoppiò a piangere.“ Coraggio!” Ortega si alzò per abbracciarla. “Se ti vedesse qualcuno adesso, penserebbe che ti stiamo per sacrificare sull’altare del demonio!” Una risata fece capolino tra i singhiozzi di Elisa. “Visto sono riuscito a farti ridere! Vedi Elisa, poche persone possono capirti quanto me. Come vedi ho le dimensioni di un bambino ma ho quarantaquattro anni e vedo la vita come un uomo, ma non posso dimenticare neanche per un istante di non avere il corpo di un uomo e quindi di non poterlo essere veramente. Nella mia mente mi sono obbligato a lasciare verde la terra dell’infanzia, come luogo dove rifugiarmi ogni tanto quando la mia condizione si fa troppo, diciamo “pesante”. Il bambino dentro di me vive ogni giorno ma sono costretto ad affrontare la vita da uomo e ti assicuro che non è poi così difficile far convivere le due cose, se si trova qualcuno che ti capisce!” Guardò Adelmo. “Già la stranezza ci ha unito e noi su di essa abbiamo costruito la nostra vita. Vedi io ho sedici anni ma il mio corpo ne ha settanta. Il bambino che vive dentro di me, ha iniziato una gara di corsa con il mio corpo ma è rimasto senza fiato chilometri indietro a guardarlo andare velocissimo verso il traguardo. Elisa, ti assicuro che il bambino che sei sopravviverà dentro di te e non solo guarderà la tua vita ma ti aiuterà a costruirla. Vedi, io potrò vivere tutto questo ancora per poco tempo, ma tu di tempo ne hai tanto per tingere d’oro il tuo futuro. Ricordati queste parole ogni volta che chiamerai quel bambino che vive dentro di te e lui sembrerà non risponderti”. Quei due uomini avevano costruito insieme a lei una certezza nel suo cuore e lei, da quella notte entrò nella leggenda che tutti a Nuova Era raccontavano: visse con i suoi due nuovi e unici veri amici gli anni a venire e nessuno, nemmeno i suoi genitori, ebbe il coraggio di avventurarsi nel bosco per cercarla. Un’altra persona era stata inghiottita dal bosco, questo mostro!!. La foresta rimase avvolta nell’oscurità e nel silenzio per tutte le notti che vennero, ma se qualcun altro avesse trovato il coraggio di avventurarsi nel buio, avrebbe scoperto una luce e nella luce i sorrisi e la gioia, che in fondo si nascondono nel profondo del cuore di ognuno di noi.