Il labirinto

Ruggero Pascoli


Povera cavallina storna... Anche nel suo nitrire e nell' omicidio del padre di Giovanni Pascoli, Ruggero, spuntano le costanti della storia italiana: i servizi segreti, i rapporti riservati, il terrorismo. Intrecciati, con il solito risultato di tenebre. Lo racconta il prorettore dell' università di Bologna, lo storico Angelo Varni. Ha scartabellato in archivi dimenticati, recuperato documenti. Risultato? "La fotografia di una Romagna dove ci si uccideva a tutto spiano, la tensione sociale era fortissima contro il nuovo ordine sabaudo e l' autorità regia sapeva reagire solo con la repressione. Così il prefetto di Forlì attribuì l' assassinio di Ruggero Pascoli a terroristi definiti mazziniani, ne fece arrestare un paio, usò il delitto per scatenare la caccia agli agitatori. Ma in realtà non mosse nessuna indagine. Tutto poi finì in niente, gli arrestati furono più tardi liberati senza clamori. Ma a tutti il meccanismo fece comodo. Alle società segrete perchè comunque dimostrarono la loro forza, al potere per colpire i dissidenti e compattare la gente impaurita". La cavallina storna finisce così fra i buchi neri della storia d' Italia? "Di mandanti ed esecutori si continua a non sapere nulla". Ruggero Pascoli, fattore della tenuta dei principi Torlonia, fu ucciso a fucilate il 10 agosto 1867 mentre rientrava a casa in calesse. Varni, 53 anni, allievo e assistente di Giovanni Spadolini, ha scoperto nell' Archivio di Stato di Forlì un rapporto "riservato" con cui il Prefetto il 16 agosto 1867 mandava a Roma le sue considerazioni. "Al momento è partito da me l' onorevole signor conte Achille Rasponi il quale mi ha confermato le gravi apprensioni in cui si sta a Savignano e descritto il timore che hanno tutti i proprietari di grano di essere trucidati come lo sventurato Pascoli". Il fattore ucciso perchè "servo dei padroni"? "Ho appreso pure - continua il regio Prefetto - i gravi e fondati sospetti, e i non pochi indizi, che si hanno sugli autori dell' assassinio. Pare che esso non sia stato l' effetto di odii privati, o di inimicizia personale, ma sibbene la esecuzione di un accordo preso nelle Società Segrete di Cesena, che minacciano della stessa sorte altri 27 proprietari e che colgono a pretesto la esportazione del grano per ricominciare quella serie di assassinii, che desolarono codesto circondario sino all' anno scorso". Di prove contro gli "autori" non se ne cita nessuna. In compenso il Prefetto dà il via alla linea repressiva: "Bisogna agire con tutta energia ed assennatezza. Credere che gli assassini di Cesena sarebbero in un subito e miracolosamente divenuti galantuomi è follia, ed è anche maggiore quella di credere sciolte le loro congreghe. Nati ed educati al delitto sono trascinati a percorrere la sanguinaria via sino a che la giustizia non li segreghi dalla Società. Conviene adunque trovare tutti i mezzi per smagliare e sciogliere questa Società del misfatto". Si cita pure un manifesto del "partito che una volta comandava", a sostegno della tesi del complotto. Il 27 agosto 1867, dalla sottoprefettura di Cesena, partiva un trionfante telegramma dove si annunciava l' arresto, da parte dei carabinieri di Savignano sul Rubicone, di Raffaele Dellamotta e di Michele Sacchini, entrambi di San Mauro ed agenti di casa Torlonia. "Imputati assassinio di Pascoli Ruggero". Bettino Ricasoli, ministro dell' Interno, mandava subito un plauso pomposo. Tutto già visto. Pardon che si sarebbe visto anche 100 anni dopo. Compreso il rilascio dei presunti killer. -