Il labirinto

Dell'infanticida Maria Farrar (Brecht) parte II


gni creatura ha bisogno dell'aiuto degli altri. Lasciate che lei seguiti a narrarvi come finì la sua creatura, (nessun particolare lei vuole celarvi) così di ogni essere si vede la natura. Appena giunta a letto un forte malessere l'aveva pervasa, e, da sola, senza sapere quello che succedesse a stento si trattenne dal gridare. E voi, di grazia, non vogliate sdegnarvi: ogni creatura ha bisogno dell'aiuto degli altri. Con le ultime forze, lei dice, seguitando, dato che la sua stanza era fredda da morire al gabinetto s'era trascinata, e lì (quando più non ricorda) partorì alla meglio così verso il mattino. Lei dice ch'era tutta sconvolta ormai e mezzo intirizzita e il suo bambino lo reggeva a stento, poiché nella latrina ci nevicava dentro. Anche voi, di grazia, non vogliate sdegnarvi: ogni creatura ha bisogno dell'aiuto degli altri. Fra la stanza e il gabinetto, prima, lei dice, non avvenne proprio nulla, il bambino scoppiò in pianto e questo l'urtò talmente, lei dice, che con i pugni l'aveva picchiato tanto alla cieca, di continuo, finché smise di piangere. E poi s'era tenuta sempre il morto vicino a sé, nel letto, per il resto della notte e al mattino nel lavatoio l'aveva nascosto. Anche voi, di grava, non vogliate sdegnarvi: ogni creatura ha bisogno dell'aiuto degli altri. Maria Farrar, nata in aprile, defunta nelle carceri di Meissen, ragazza madre, condannata, vuole mostrare a tutti quanto siamo fragili. Voi, che partorite comode in un letto e il vostro grembo gravido chiamate «benedetto», contro i deboli e i reietti non scagliate l'anatema. Fu grave il suo peccato, ma grande la sua pena. Di grazia, quindi, non vogliate sdegnarvi: ogni creatura ha bisogno dell'aiuto degli altri.