Quella degli ultimi quarant'anni del XVIII secolo in Russia è stata una storia turbolenta e violenta. Sono gli anni del regno della zarina Caterina II, donna di nerbo, di grande e raffinata cultura che subentrò al rozzo marito, Pietro III, spentosi in carcere dopo l'insediamento di Caterina al potere. Furono nondimeno gli anni di una ribellione che i cosacchi avevano architettato ai danni dello stato centrale. Agli ordini di Emeljan Ivanovic Pugacev, rivolsero le armi contro la zarina aprendosi la strada verso Mosca e San Pietroburgo. Ora, su questo avvenimento storico che influenzò anche la letteratura russa (Puskin si riferì ad esso nel romanzo «La figlia del capitano») esce un volume dal titolo «La rivolta degli orfani» (Donzelli, pp. 250, euro 25) opera di Marco Natalizi, docente di Storia dell'Europa orientale all'università di Siena. Natalizi, sulla scorta di preziosi documenti d'archivio, ricostruisce la vera dinamica dell'insurrezione sgrondandola da tutte le leggende e le favole che, negli anni, sarebbero state costruite attorno ad essa. In primo luogo quella basata sulla rassomiglianza dello stesso Pugacev con il deposto Pietro III, niente affatto morto in carcere, ma evaso al punto da organizzare una sorta di golpe contro la moglie-zarina. In realtà Pugacev altri non fu se non un disertore dell'esercito russo che aveva combattuto nella Guerra dei sette anni e che aveva sobillato il malcontento latente fra i cosacchi, al punto di mettersi a capo di questo manipolo per cercare di dare una speranza a chi si sentiva orfano di un potere paterno, ritornato ad abbandonare i propri sudditi in balia del ceto nobiliare. A ciò andava ad aggiungersi una sorta di insicurezza evidenziata dall'esecutivo di Caterina. Fu sostanzialmente questa la motivazione comune che spinse molti cosacchi a seguire Pugacev. L'avanzata, in primo luogo sottovalutata, cominciò a mettere paura dopo che i ribelli conquistarono ampie porzioni di terra conquistando la roccaforte di Kazan. Solo allora Caterina decise di fronteggiare il problema e l'esercito della zarina riuscì a mettere in fuga le truppe di Pugacev, che si ritirò sulla riva sinistra del Volga. Qui tuttavia il capo dei ribelli fu tradito da alcuni cosacchi che riuscirono a consegnarlo ai generali di Caterina, i quali lo inviarono a Mosca dove fu condannato e giustiziato il 10 gennaio 1775 per squartamento.
Pugacev
Quella degli ultimi quarant'anni del XVIII secolo in Russia è stata una storia turbolenta e violenta. Sono gli anni del regno della zarina Caterina II, donna di nerbo, di grande e raffinata cultura che subentrò al rozzo marito, Pietro III, spentosi in carcere dopo l'insediamento di Caterina al potere. Furono nondimeno gli anni di una ribellione che i cosacchi avevano architettato ai danni dello stato centrale. Agli ordini di Emeljan Ivanovic Pugacev, rivolsero le armi contro la zarina aprendosi la strada verso Mosca e San Pietroburgo. Ora, su questo avvenimento storico che influenzò anche la letteratura russa (Puskin si riferì ad esso nel romanzo «La figlia del capitano») esce un volume dal titolo «La rivolta degli orfani» (Donzelli, pp. 250, euro 25) opera di Marco Natalizi, docente di Storia dell'Europa orientale all'università di Siena. Natalizi, sulla scorta di preziosi documenti d'archivio, ricostruisce la vera dinamica dell'insurrezione sgrondandola da tutte le leggende e le favole che, negli anni, sarebbero state costruite attorno ad essa. In primo luogo quella basata sulla rassomiglianza dello stesso Pugacev con il deposto Pietro III, niente affatto morto in carcere, ma evaso al punto da organizzare una sorta di golpe contro la moglie-zarina. In realtà Pugacev altri non fu se non un disertore dell'esercito russo che aveva combattuto nella Guerra dei sette anni e che aveva sobillato il malcontento latente fra i cosacchi, al punto di mettersi a capo di questo manipolo per cercare di dare una speranza a chi si sentiva orfano di un potere paterno, ritornato ad abbandonare i propri sudditi in balia del ceto nobiliare. A ciò andava ad aggiungersi una sorta di insicurezza evidenziata dall'esecutivo di Caterina. Fu sostanzialmente questa la motivazione comune che spinse molti cosacchi a seguire Pugacev. L'avanzata, in primo luogo sottovalutata, cominciò a mettere paura dopo che i ribelli conquistarono ampie porzioni di terra conquistando la roccaforte di Kazan. Solo allora Caterina decise di fronteggiare il problema e l'esercito della zarina riuscì a mettere in fuga le truppe di Pugacev, che si ritirò sulla riva sinistra del Volga. Qui tuttavia il capo dei ribelli fu tradito da alcuni cosacchi che riuscirono a consegnarlo ai generali di Caterina, i quali lo inviarono a Mosca dove fu condannato e giustiziato il 10 gennaio 1775 per squartamento.