Il labirinto

Scrittori dimenticati:Julien Green


E' morto a 97 anni lo scrittore franco - americano, uno dei massimi narratori cattolici del secolo. Membro dell'Accademia di Francia, si dimise nel 1992 Julien Green, il profeta inattuale Julien Green e' morto giovedi' scorso nella sua abitazione parigina. Aveva 97 anni. La notizia e' stata diffusa dai familiari soltanto ieri.Sembrava immortale e in effetti aveva trovato un modo di vivere di straordinario equilibrio, per questo Julien Green e' potuto arrivare alla piu' grande eta' senza mai rinunciare a niente (era nato a Parigi, da genitori americani, nel 1900). Si sarebbe detto che piu' andava avanti con gli anni piu' aumentava la sua capacita' di essere allo stesso tempo essenziale e completo. Il fascino che aveva esercitato su di lui la letteratura francese dai primi secoli fino alle opere dei suoi contemporanei lo indusse a diventare cittadino francese a pieno titolo e gli permise di salire la scala degli onori fino al seggio dell'Accademia francese. Spirito aperto e portato all'interpretazione, si puo' dire abbia dedicato tutte le sue forze a capire le ragioni dell'amore e quelle della fede cristiana. Da anni teneva un diario diventato famoso come quelli di Andre' Gide e il suo continuo scandaglio sui confini della fede era simile a quello di Frannois Mauriac. D'altra parte Green apparteneva a diverse civilta', da quelle della profonda America, a quella inglese, alla francese, ma anche alla nostra e a quella tedesca. Grazie alle pagine del diario siamo in grado di ripercorrere il suo itinerario spirituale e intellettuale e di ammirare quel suo sapiente dosaggio di storia, psicologia, teologia e arte. Si sarebbe detto che col passare degli anni la sua forza di osservazione raggiungesse spazi dell'anima fino ad allora rimasti oscuri. Grande amico dell'Italia, gli erano state offerte diverse possibilita' di venirsi a stabilire nel nostro Paese, soprattutto da parte di una citta' romagnola, Forli', dove amava soggiornare e contava molti amici, ma nonostante il disagio che spesso mostrava verso la Francia e le sue istituzioni rimase sempre nella sua bella casa parigina fra libri preziosi e opere d'arte. Pubblico' i suoi primi romanzi negli anni Venti, fra i quali spicca Adrienne Mesurat del 1927 che gli fece guadagnare consensi e partecipazione da quel gruppo di intellettuali che Maritain era riuscito a raccogliere intorno alla Chiesa cattolica. Aveva partecipato alla Prima guerra mondiale nella Croce Rossa mentre dopo il '40 preferi' fare ritorno a quella sua America sontuosa e semplice. Da questi ritorni alle origini uscirono i suoi romanzi maggiori per impegno, ricchezza di notizie e di interpretazione. Nell'ora del suo ultimo addio sono sicuro che i lettori migliori, quelli che cercano nella letteratura qualche cosa di piu' di un divertimento, abbiano rivolto un sincero ringraziamento e anche una parola di grande ammirazione per chi nella confusione della vita era riuscito a mantenere ben saldi alcuni principi. Spesso sembrava che sfiorando gli abissi e gli incanti del cuore umano, alla fine prevalessero in Julien Green le doti di un poeta che aveva saputo giovarsi delle esperienze dei maggiori studiosi dell'anima cristiana, in modo da non cadere mai nel baratro del pessimismo e del rifiuto della vita. Chi lo ha visto vivere nell'ultima parte della sua esistenza, puo' dire di aver conosciuto una sorta di monumento dell'intelligenza e della passione. Cosi' come sapeva alternare e dosare le ore di lavoro, quelle della meditazione e quelle dei viaggi. Puo' ben dire di aver avuto il privilegio di conoscere uno spirito veramente vivo e un narratore di altri mondi. In conclusione la morte di Green non e' soltanto una perdita per la letteratura francese ma nello stesso tempo un'offesa inflittaci crudelmente dalle leggi della natura. Carlo Bo ----------------------------------------------------------------- Quel pomeriggio disse: voglio il Paradiso EPARIGI ra impallidito, sembrava che stesse scivolando dalla poltrona su cui era seduto. Il grande Julien Green, il personaggio che con sdegno nel 1992 aveva voltato le spalle all'Academie de France definendo gli Immortali come uno sciame di maleducati, aveva avuto un malore pochi minuti dopo che lo avevo intervistato. Era il mese di giugno. Eric, suo figlio, s'era precipitato a chiamare un medico. Fino a poco prima, nell'appartamento della rue Vaneau, avevamo parlato della giovinezza del suo pensiero, della sua nitidezza. Da tempo il suo nome figurava nella Pleiade e proprio Eric aveva curato l'Album, una raccolta di foto. Vestito di blu, con quella sua infinita dolcezza, mi aveva ripetuto d'essere un americano che scriveva in francese. E aggiunse: "Non amo piu' la Francia come una volta". Gli avevano persino rifiutato una sepoltura in terra francese. "Pensi, io che sono un discepolo di San Francesco", aveva mormorato quel pomeriggio. Alcuni anni fa aveva scelto la chiesa di Andresy, nelle Yvelines. La chiesa dove Enrico IV fece abiura. I fedeli insorsero: "Non lo vogliamo - dissero - perche' e' uno scrittore scandaloso". E lui, quel pomeriggio, disse ancora: "C'e' gia' una tomba con il mio nome a Klagenfurt, nel Sud dell'Austria cattolica. La chiesa e' dedicata a Sant'Egidio, compagno di San Francesco". Ed e' la' che e' stato sepolto a fine settimana. Mi ricordo che Eric gli passava dolcemente la mano tra i capelli d'argento. Julien aveva parlato dell'angelo custode che gli stava sempre accanto."Sento il passato che mi guarda", disse. E ricordava la giovinezza, quando voleva essere avvolto dal benessere e, invece, guerre e conflitti incombevano sulla sua aspirazione. "Nella mia vita - commento' - c'e' stata sempre una dualita': mi sentivo felice e intorno a me gli avvenimenti erano tragici". Una volta avevamo camminato insieme per le strade di Parigi e lui rideva come un bambino davanti alle panetterie: gli ricordavano l'infanzia e la madre adorata. "Non ho perso mai la speranza - disse ancora quel giorno di giugno -, neanche durante l'orrore del nazismo. E non l'ho persa nemmeno oggi, anche se non ho visto il promesso mondo migliore". Aveva parlato di letteratura, aveva detto che con Lawrence e Kafka aveva condiviso il dramma dell'esistenza, che erano tutti e tre fratelli nell'assurdita' della condizione umana. Avevo avuto il coraggio di chiedergli prima del malore: le fa paura la morte? Aveva risposto: "No, pero', voglio il paradiso. Lo voglio subito. Ho paura di dover aspettare"