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La Exodus

Post n°147 pubblicato il 28 Giugno 2011 da odette.teresa1958

La città della Spezia è conosciuta come “porta di Sion”. Alla fine della seconda guerra mondiale il Golfo della Spezia divenne infatti la base di partenza degli scampati ai lager nazisti, uomini, donne e bambini con le facce smunte e piene di paura. I loro occhi avevano conosciuto la persecuzione nazista, lo sterminio, la Shoá, l’inferno dei lager, un’esperienza che non fu a lungo raccontabile. E ora guardavano al mare con la speranza di lasciarsi alle spalle l’Europa degli orrori e di raggiungere la “Terra promessa”. Dall’estate del 1945 alla primavera del 1948 oltre 23.000 ebrei riuscirono a lasciare clandestinamente l’Italia diretti in Palestina. La potenza mandataria della Palestina, la Gran Bretagna, aveva infatti emesso il Libro Bianco del 17 maggio 1939 per regolamentare l’afflusso controllato in Palestina di soli 75.000 ebrei in cinque anni. Una misura che fu messa in crisi dalla drammatica situazione europea e contrastata con ogni mezzo dal Mossad le Aliyà Bet (Istituto per l’emigrazione illegale) sorto nel 1938.

A partire dal maggio 1945 una notevole corrente di ebrei cominciò ad affollare la Penisola e il Mossad le Aliya Bet inviò un responsabile in Italia con base a Milano, Yehura Arazi. Altri membri del Mossad furono inviati in Italia tra i soldati della brigata ebraica al seguito degli alleati. La prima nave di profughi, il Dallin (già Sirius) partì da Monopoli il 21 agosto 1945 con soli 35 immigrati a bordo. La questione dell’immigrazione ebraica scoppiò come caso internazionale nel maggio 1946: l’epicentro della crisi divenne il porto della Spezia dove erano in allestimento due imbarcazione, la Fede di Savona e il motoveliero Fenice, pronte a trasbordare 1.014 profughi. Oltre a Yehuda Arazi, detto dottor Paz, l’operazione La Spezia fu preparata da Ada Sereni e Raffaele Cantoni, responsabile della comunità ebraica italiana. Ma soprattutto quell’operazione godette dell’aiuto di tutta la città della Spezia, già stremata dalla guerra e distrutta dai bombardamenti. Proprio il sostegno della gente, la resistenza dei profughi, l’intervento dei giornalisti di tutto il mondo e la visita a bordo di Harold Lasky, presidente dell’esecutivo del Partito laburista britannico, costrinsero le autorità londinesi – le cui navi bloccavano l’uscita dal porto della Spezia - a togliere il blocco alle due imbarcazioni che salvarono dal Molo Pirelli a Pagliari alle ore 10 dell’8 maggio 1946. «Nella storia dell’immigrazione ebraica dalle coste europee – ha scritto Mario Toscano nel libro La Porta di Sion – la vicenda della Spezia segnò una svolta sotto il profilo politico e sotto quello qualitativo». La riuscita dell’operazione portò alla costituzione nell’estate del 1946 della base operativa del Mossad le Aliyà Bet a Bocca di Magra. L’accoglienza della comunità e la solidarietà delle autorità spezzine convinsero gli organizzatori del Mossad a puntare sulla Spezia con operazioni di maggior peso. Così nella notte tra il 7 e l’8 maggio 1947 la nave Trade Winds/Tikva, allestita in Portogallo, imbarcò 1.414 profughi a Porto Venere. Nelle stesse ore era giunta nelle acque Golfo della Spezia, proveniente da Marsiglia, la nave President Warfield, un goffo e pesante battello adatto a portare i turisti giù per il Potomac, da Baltimora a Norfolk, in Virginia. La nave venne ristrutturata nel cantiere dell’Olivo a Porto Venere per la più grande impresa biblica dell’emigrazione ebraica: trasportare 4.515 profughi stivati su quattro piano di cuccette dall’altra parte del Mediterraneo. L’imbarcazione divenne un simbolo, prese il nome di Exodus, raggiunse le coste della Palestina, venne attaccata dagli Inglesi e avviò la nascita dello stato di Israele con tutte le conseguenze che sappiamo. A narrarci le peripezie dei profughi dello sterminio ebreo ci ha pensato nel 1958 Leon Uris con il celebre romanzo Exodus, tema ripreso nel libro Il comandante dell’Exodus di Yoram Kaniuk, incentrato sulla figura di Yossi Harel, classe 1919, il marittimo che cercò di portare a Haifa ottomila occhi che avevano visto l’inconcepibile, tanti bambini e orfani, volti dal sorriso indecifrabile. A Exodus è dedicato anche un bellissimo film del 1960 di Otto Preminger interpretato da Paul Newman, Peter Lanfoird e Eva Marie Saint. La Exodus mosse da Porto Venere ai primi di luglio del ’47, sostò a Port-de-Bouc, caricò a Sète, fu assalita e speronata dai cacciatorpedinieri britannici davanti a Kfar Vitkin. Ci furono dei morti a bordo, gente che era sopravvissuta ai lager e che finì i suoi giorni a due passi dalla speranza, nelle acque tra Netanya e Haifa. E sapete cosa fecero gli Inglesi? Rimandarono i profughi ad Amburgo, al campo di Poppendorf, un ex lager trasformato in campo di prigionia per gli ebrei! Il nome Exodus da allora significò il desiderio di giustizia per l’immigrazione ebraica. Ma solo con la fine del mandato britannico i profughi sarebbero potuti tornare in Palestina. La Fede, il Fenice e la Exodus si mossero tutte dal Golfo della Spezia, una dicitura che non compare nelle carte geografiche israeliana. La Spezia in Israele è infatti indicata col nome di «Schàar Zion», Porta di Sion. Nel nome di Exodus la città della Spezia porta nel Mediterranei l’idea della pace e della convivenza e opera tramite il Comitato Euro Mediterraneo Cultura dei Mari, presieduto dal Sindaco della Spezia, per il dialogo tra i popoli. Ogni anno La Spezia ospita in Premio Exodus dedicato all’interculturalità.

«... Il 4 aprile 1946 alla Spezia si sparse la voce che una colonna di fascisti era in procinto di imbarcarsi per la Spagna. La gente corse al molo Pirelli di Pagliari per bloccare quell’esodo increscioso. Le fabbriche scesero subito in sciopero e si formò un corteo di protesta. Ma quando tutti arrivammo al molo Pirelli ci accorgemmo che non si trattava di fascisti in fuga, bensì di ebrei scampati ai campi di concentramento nazisti e ospitati nel centro di raccolta di Magenta. La massa degli spezzini ebbe una metamorfosi. La città stremata e distrutta dalla guerra adottò quei 1.014 profughi ebrei che cercavano di raggiungere la Terra dei Padri. Quello che si determinò alla Spezia fu il più grande esodo mai tentato verso la Palestina, dove vigeva il “Libro Bianco” che limitava l’immigrazione ebraica e gli acquisti di terre. La Jewish Agency aveva acquistato due imbarcazioni, la “Fede” di Savona e il motoveliero “Fenice”, incaricando il cantiere Bargiacchi di adattarle al trasporto di passeggeri. Una terza nave, la “President Warfield”, fu allestita al cantiere dell’Olivo di Porto Venere e assunse il nome di “Exodus”. Gli inglesi, venuti a conoscenza del tentativo di espatrio, bloccarono il porto della Spezia. Gli ebrei scampati allo sterminio sfilarono in testa alla manifestazione cittadina del 25 aprile aprile 1946. La visita alla Spezia di Sir Harold Lasky, allora segretario del Partito Laburista britannico, riuscì a sbloccare la partenza delle prime due navi, che salparono l’8 maggio dal molo Pagliari e riuscirono fortunatamente a raggiungere le coste della Palestina. Diversa sorte ebbe la nave Exodus, che fu assalita dagli inglesi senza riuscire a toccare le coste palestinesi, diventando il simbolo di ogni migrazione...»

 

 







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