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Teresa Guiccioli

Post n°1366 pubblicato il 10 Dicembre 2011 da odette.teresa1958

È impossibile stabilire con esattezza la sua data di nascita: al tempo dei processi di separazione dal marito risultò utile attribuirle solo 16 anni al momento del matrimonio, sicché i Gamba resero irreperibile il suo atto di battesimo. Tuttavia, basandosi sui dati concernenti i fratelli è possibile collocare la sua data di nascita tra gli ultimi mesi del 1799 e i primi del 1800.

La famiglia, stabilitasi a Ravenna verso la metà del sec. XV, aveva espresso alcuni personaggi distintisi per cariche e cultura. Sia il nonno, Paolo (1744-1827), sia il padre (1770-1846) erano stati coinvolti nei moti giacobini, ricoprendo poi alte cariche napoleoniche e, in seguito, obbligati a lasciare Ravenna per lunghi periodi. Dei due fratelli maschi, Pietro (1800-27), acceso carbonaro, fu intimo di lord Byron e lo segui in Grecia dove mori, mentre Ippolito divenne un importante uomo politico. Ebbe anche cinque sorelle: Faustina, Vittoria, Olimpia, Giulia e Laura.

La prima educazione le fu impartita nel collegio di S. Chiara a Faenza con criteri nuovissimi, che offrivano alle allieve una «educazione forte» simile a quella dei maschi: non è un caso che dalla stessa classe siano uscite due fra le donne più trasgressive del secolo, lei stessa e Marianna Bacinetti di Ravenna, traduttrice di G.W. Schelling e discussa amica del re Luigi I di Baviera. Lasciato il collegio nel 1817, la sua istruzione fu completata sotto la guida del filologo Paolo Costa, che probabilmente contribuì a spingerla verso atteggiamenti di sensiblerie romantica e di ammirazione per i letterati.

Sposata il 7 marzo 1818 al conte Alessandro Guiccioli - ricco libertino ultrasessantenne, due volte vedovo e padre di numerosi figli - trascorse con il marito l’inverno 1818-19 a Venezia, dove Byron, poeta già di gran fama, si trovava da qualche mese, presso palazzo Mocenigo da lui preso in affitto. Egli le fu presentato nel non troppo formale salotto della contessa Marina Querini Benzone: fu un vero colpo di fulmine per entrambi.

Quando il conte Guiccioli lasciò Venezia con la moglie il 7 giugno 1819 per visitare i suoi beni a Isola d’Ariano e poi proseguire per Ravenna, gli amanti si scambiarono lettere ardenti; durante il primo giorno di viaggio ella svenne tre volte e a Ravenna, caduta malata, supplicò il poeta di raggiungerla. Sebbene riluttante, questi lasciò Venezia e giunse a Ravenna il 16 giugno; la trovò gravemente provata, ne fu molto impressionato e fece giungere da

Venezia l’allora famoso medico F. Aglietti. Lei si riprendeva lentamente: Byron arrivò a proporle di fuggire con lui, mentre ella fantasticava su un suicidio simulato alla maniera di Giulietta. Quando col marito partìper Bologna, dove il conte possedeva molti beni (fra cui il palazzo Savioli), Byron - che, sebbene imbarazzato, era entrato in familiarità con il Guiccioli - acconsenti a seguirli prendendo alloggio all’albergo del Pellegrino. Quando il conte dovette poi rientrare d’urgenza a Ravenna e lasciare la moglie non completamente ristabilita a Bologna, affidò a Byron l’incarico di ricondurla a Ravenna.

Invece mossero verso Venezia e presero stanza nella villa Foscarini a La Mira, ove iniziarono una breve convivenza costretti a vita ritiratissima dalla disapprovazione della pur tollerante società veneziana. Verso la fine di ottobre 1819 il Guiccioli si presentò di persona a Venezia. Dopo una vivace spiegazione fra coniugi (il conte era un temperamento violento, e vi era stata persino qualche diceria che avesse ucciso la sua ricchissima prima moglie, Placidia Zinanni),Teresasi piegò a tornare sotto il tetto coniugale. Byron passò un periodo di grande agitazione, programmando lunghi viaggi: stava per partire per !’Inghilterra quando fu fermato da una malattia della figlia naturale Allegra (che aveva allora 5 anni), da lui posta per educazione in un collegio di monache a Bagnacavallo (presso Ravenna), nonché da un attacco di malaria. Fu raggiunto da molte lettere della Guiccioli che lo supplicava di raggiungerla: egli, dopo aver affidato alla sorte la decisione, a Natale era già a Ravenna. Qui fu ospitato nel lussuoso appartamento al pian terreno del palazzo Guiccioli che aveva preso in affitto e vi condusse la sua consueta vita stravagante. Si legò allora di grande amicizia con Pietro, fratello di Teresa, noto per la sua appassionata adesione alle idee liberali; fu lui, insieme con la contessa, ad avvicinarlo alla causa e alla cultura italiane, fino a spingerlo a iscriversi alla carboneria, cui fornì notevoli aiuti in denaro e armi. Insomma divenne inviso al governo, pur essendo intoccabile grazie alla sua qualità di lord inglese.

La Guiccioli nonostante il parere contrario dell’amante, venne ai ferri corti col marito, il quale il 12 luglio 1820 ottenne un rescritto papale che autorizzava la separazione per colpa di lei, con l’obbligo per la contessa di risiedere in convento o sotto il tetto paterno. Ella dapprima si ritirò nella villa Gamba di Filetto, presso Ravenna, dove Byron «rode to see her only once or twice a month». Nel gennaio 1821 però ella era di nuovo a Ravenna, che abbandonò poi definitivamente per sfuggire alle minacce del marito, raggiungendo il padre a Firenze dove - insieme con suo figlio Ippolito, gravemente coinvolti nei moti del 1821 si erano dovuti trasferire.Byron, nella speranza di riuscire a farla tornare, rimase a Ravenna, dove fu raggiunto da P.B. Shelley. Infine, pressato da lei, decise di partire per Pisa, ove frattanto i Gamba si erano trasferiti, prendendo alloggio a palazzo Lanfranchi, di cui gli stessi Gamba occupavano un’altra ala.

Qui . visse con il poeta quasi more uxorio, in grande in intimità con Percy e Mary Shelley, fino al marzo 1822 quando, a causa di una rissa di strada in cui un domestico del Byron pugnalò un ussaro coinvolgendo anche Pietro Gamba, l’intera comitiva preferì allontanarsi, trascorrendo i mesi estivi nella villa Dupuy a Montenero, presso Livorno; lì però, in un’altra baruffa fra servitori, Pietro Gamba fu ferito, e il governo toscano, che ne aveva abbastanza di questi turbolenti forestieri, li obbligò a partire.

Ripararono dunque nella villa Saluzzo ad Albaro, presso Genova: in quel periodo B furono colpiti dalla morte della piccola Allegra il 20 aprile 1822 e, poco dopo, da quella tragica dello Shelley (8 luglio). Nel frattempo il rapporto fra i due aveva cominciato a dare segni di logoramento: il poeta, per il quale quell’amore costituiva il più durevole che la sua incostante affettività gli avesse consentito, aveva incominciato a vagheggiare l’impresa di Grecia, suggestionato dal comitato che si formò a Londra nel 1823. Non ci mise molto a completare dispendiosi preparativi, dei quali Teresa fu informata il più tardi possibile: ella reagì con disperazione e chiese inutilmente di far parte della spedizione.

Byron salpò la mattina del 15 luglio 1823: la notte precedente gli addii erano stati strazianti, e fu l’ultima volta che lo vide, anche se ebbe continue notizie, sia da lui sia, soprattutto, dal fratello Pietro, che fu uno dei componenti del gruppo (riportò lui in Inghilterra le ceneri del Byron).Egli mori il 19 aprile, ed ella ne ebbe notizia a Bologna, dove si trovava con uno dei figliastri che vi si era stabilito per motivi di studio.

Poco prima, sempre nel 1824, aveva ottenuto l’annullamento della sua separazione per colpa e, nel luglio 1826, dopo un breve disastroso esperimento di riconciliazione col marito, ebbe la meglio in un nuovo processo di separazione per incompatibilità, ottenendo una lauta pensione che le permise una vita agiata e la possibilità di viaggiare.

Nel 1826 era a Roma, dove durante il capodanno 1827 incontrò a un ballo in casa Torlonia Alphonse de Lamartine, con cui ebbe una relazione, come poi con alcuni altri, tutti giovanissimi, quali Henry Edward Fox, lord Holland a Napoli e lord Fitzharris Games Howard Harris, successivamente terzo conte di Malmesbury), che portò con sé a Filetto. Nel 1832 decise d’intraprendere il lungamente desiderato pellegrinaggio in Inghilterra, e in primavera visitò la tomba di Byron a Hucknell Torkard. Nel 1840 il conte Guiccioli mori a Venezia, ed ella ebbe con i figliastri una controversia giudiziaria, che si concluse con ulteriori vantaggi economici.

Da tempo aveva conosciuto Hilaire-Octave Rouillé marchese di Boissy, ricchissimo ed eccentrico pari di Francia e senatore, il quale s’innamorò di lei, le fece visita a Filetto, la segui a Firenze e a Roma, e finalmente la sposò il 15 dic. 1847 nella cappella del Lussemburgo a Parigi. La coppia si installò nel grandioso palazzo al n. 95 di rue St.-Lazare, dove la Guiccioli tenne uno dei salotti letterari più frequentati della città. Ella occupò cosi un posto di rilievo nella società parigina sia per il suo spirito, sia per la curiosità suscitata dal suo passato. Adorava la vita mondana, e fino al 1870 soleva comparire ogni sera in qualche salotto, sempre accompagnata da un servo carico di coperte, mantelli, pellicce e cappucci: aveva forse appreso dal Byron l’arte delle stravaganze esibizionistiche. Arrivava a interrompere bruscamente le conversazioni per chiedere musica, e pare che organizzasse sedute spiritiche per evocare l’antico amante.

Rimasta nuovamente vedova nel 1866, si ritirò in una villa acquistata per lei dal Boissy a Settimello di Calenzano presso Firenze, dove mori il 27 marzo 1873.

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