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Scrittrici dimenticate:Gianna Manzini

Post n°1574 pubblicato il 08 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Nasce a Pistoia il 24 marzo 1896, da una agiata famiglia della borghesia locale, i genitori dopo alcuni anni decidono di separarsi a causa di contrasti tra le idee anarchiche del padre e il perbenismo conservatore della madre. La separazione dei genitori lascia nell'animo sensibile della bambina un segno indelebile, che viene ancora più acuito quando dopo alcuni anni, già giovane donna, nel suo animo s'instaurano sensi di colpa e il rimorso per non essere stata vicina al padre quando, per avere partecipato ad alcune cospirazioni al regime fascista instaurato da poco, e consigliato da Mussolini in persona di ritirarsi in volontario esilio in un piccolo paese di montagna, dopo alcuni anni di confino nell’Appennino Pistoiese Cutigliano, muore nel 1925 in seguito ad una premeditata aggressione fascista.

Dopo la separazione dei genitori, all'inizio dell'autunno del 1914 si sposta con la mamma a Firenze, per completare gli studi, città di cui rimane colpita ed entusiasta. Si iscrive e frequenta con grande profitto i corsi di Letteratura all'università di Firenze partecipando al vivace dibattito culturale nato tra la fine della Prima guerra mondiale e l'insorgere del Fascismo. Mentre sta preparando la tesi di laurea, sulle opere ascetiche di Pietro l'Aretino,conosce Bruno Fallaci, responsabile della terza pagina del quotidiano la Nazione: è il classico colpo di fulmine, in breve tempo, nei giorni di Natale del 1920, si sposano. Il quotidiano nella edizione serale nell'estate dello stesso anno aveva già pubblicato un racconto, il primo di una lunga serie nei quali si notano in modo sempre più evidente la qualità e le ragioni della sua prosa.

Nel 1928 pubblica il suo primo romanzo Tempo innamorato accolto come una ventata di novità dalla critica, recensito da Emilio Cecchi, si merita anche l'attenzione di André Gide e Valery Larbaud. Incomincia a collaborare alla rivista letteraria Solaria, e in questo ambiente colto e attento alle nuove proposte conosce Arturo Loria, Alessandro Bonsanti, Prezzolini, De Robertis e il giovane Montale che a proposito del primo libro della Manzini scrive "ha fatto già molto e molto ancora può fare per il romanzo italiano".

Nel 1930 è l'unica donna scelta da Enrico Falqui e da Elio Vittorini per l'antologia Scrittori Nuovi, ma con il successo e l'apertura verso la narrativa europea arriva la crisi coniugale, nel 1933 si separa definitivamente dal marito, lascia la tanto amata Firenze, da un taglio al suo passato e insieme ad Enrico Falqui si trasferisce a Roma. La città in un primo momento le si dimostra ostile, la sua relazione amorosa è tempestosa, ma trova con il tempo un equilibrio sentimentale e il luogo dove mettere definitivamente le radici.

Nell'immediato dopoguerra proprio con Falqui fonda la rivista Prosa: l'avventura editoriale durerà poco, la rivista svolgeva un ruolo di primo piano nel dibattito spinoso sulla narrativa, ospitando gli scritti di Virginia Woolf, Thomas Mann, Jean-Paul Sartre e Paul Valéry.
In concomitanza con il suo impegno letterario incomincia per la Manzini a Roma anche una frivola e lunga attività di cronista di moda, prima sul quotidiano Giornale d'Italia, poi su il settimanale Oggi. Più tardi sulla rivista La Fiera Letteraria tiene una rubrica fissa che firma con gli pseudonimi di Pamela e Vanessa, scrive articoli scanzonati, pensieri estrosi, distrazioni che concede ad un impegno sempre stato tirannico e assoluto.
Dopo la stesura tormentata e lunga del racconto Lettera all'Editore nel 1945 che segna il punto più alto dei suo lirismo estetico, alcuni anni più tardi, nel 1953, conosce il giovane Pasolini il quale la sottrae ad una narrativa alquanto provinciale; prepara un nuovo romanzo La Sparviera che nel 1956 si aggiudica il prestigioso Premio Viareggio. La vicenda nel romanzo si dipana senza soffermarsi troppo in intrusioni memoriali, così compiaciute nei racconti degli anni quaranta: è la storia della malattia polmonare che aveva contratto da bambina e che la perseguiterà fino alla morte. Gli spettri dell'infanzia tornano nell'ultimo romanzo Ritratto in piedi (1971), con il quale vince il Premio Campiello e una notorietà tardiva, e l'ultimo volume di racconti Sulla soglia che viene pubblicato nel 1973. Muore a Roma, sola, pochi mesi dopo la scomparsa del suo convivente e grande amore Enrico Falqui il 31 agosto 1974.

La tematica [modifica]

La prosa della Manzini, come la definiva già al suo esordio il critico Emilio Cecchi "complicata e un po' abbagliante" ha sempre cercato di costruire il racconto secondo angolature e piani diversi, per il continuo spostamento la narrazione assume delle volte un ritmo affannoso, preziosismi lessicali, metaforici e lo stile diventa spesso acrobazia. Il critico Giacomo Debenedetti scrisse "certamente la Manzini è riuscita e riesce a pronunciare parole che, fino all'attimo precedente, avevamo creduto impronunciabili [.....]in tal modo [...] ci può descrivere un visibile che anche noi dovremmo vedere, ma da soli non vedremo mai".
Nei suoi due ultimi libri oltre che la notorietà e la fama sono per la scrittrice un ritorno doloroso alle origini; il ricordo del padre amatissimo, i sensi di colpa , ripresi dopo un oblio di ben sessantanni, necessari per sviscerare tutto il suo vissuto, la dolorosa vicenda di un padre ricco che lascia tutto anche la famiglia per correre dietro ad un ideale e ad un destino tragico, e una madre ricca borghese conservatrice e reazionaria, è uno scontro di scelte diverse e inconciliabili.

La Manzini si rivela un'intellettuale raffinata, autrice di frammenti lirici e sperimentatrice di forme aperte del testo. Il suo è un percorso originale e innovativo, che si pone al di là delle tendenze letterarie, spesso precorrendo i tempi con tecniche nuove e personalissime.

La sua opera, è stata subito apprezzata dalla critica e da grandi intellettuali, sebbene sia rimasta per troppo tempo confinata all'interno di un pubblico ristretto. Oggi sembra che possa finalmente essere illuminata da una nuova rilettura delle sue opere anche grazie allo straordinario apporto del suo archivio personale, capace di aprire nuove prospettive di ricerca sui suoi testi.

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