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Scrittrici dimenticate:M.Teresa Di Lascia

Post n°1926 pubblicato il 17 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Mariateresa è nata a Rocchetta Sant’Antonio, in provincia di Foggia, nel 1954, da Ida Ricciutelli, un’ostetrica originaria di Fiuminata, in provincia di Macerata, e da Leonardo di Lascia. Seconda di tre fratelli, ha sofferto molto della relazione instabile dei genitori, che non si sono mai sposati.
La sua intelligenza e il suo anticonformismo erano malvisti in paese; la Di Lascia ha chiuso presto un conflittuale rapporto con Rocchetta fatto di amore e odio.
Ha frequentato per tre anni la facoltà di medicina a Napoli, spinta dalla sua vocazione di aiutare gli altri. Proprio a Napoli è avvenuto il suo primo contatto con il partito Radicale, durante la campagna per la legalizzazione dell’aborto.
Dal 1975 in poi la sua vita è stata anche quella del partito, di cui è stata anche vicesegretaria nel 1982, al fianco di Marco Pannella. Quella della Di Lascia era una politica concreta, fatta di battaglie sociali, di scioperi della fame e di manifestazioni eclatanti.
Nel 1986, ha incontrato a Rebibbia, durante una delle sue visite da parlamentare in carcere, Sergio D’Elia, ex leader di Prima Linea, condannato a venticinque anni per terrorismo, dodici dei quali effettivamente scontati. L’anno dopo D’Elia, ad un congresso del partito Radicale, ha ufficialmente voltato le spalle al suo passato e al terrorismo. Nel 1991, allo scadere del periodo di detenzione, è cominciata la loro vita insieme. Due anni dopo, da un’idea della Di Lascia, è nata l’associazione “Nessuno tocchi Caino”, che porta avanti la battaglia per l’abolizione della pena di morte.
Il 26 maggio 1994 Sergio D’Elia e Mariateresa Di Lascia si sono sposati a Roma. Il male, che di lì a pochi mesi l’avrebbe uccisa, la stava consumando. Quando è stata fatta la diagnosi, era già stata aggredita da metastasi alle ossa.
Mariateresa Di Lascia è morta il 10 settembre 1994. Riposa oggi nel cimitero di Fiuminata. Sulla sua lapide c’è scritto: “Grazie di tutto”, in nome di tutti quelli che Mariateresa ha tentato di aiutare.
Nella sua vita c’era un segreto, che pochi conoscevano. La parte migliore di sé la Di Lascia la spendeva nella scrittura. Durante la sua attività politica non si contano gli articoli che scrisse con il suo linguaggio poetico e visionario.
“Lo scrivere mi cresce dentro come una necessità”, si legge in un suo appunto.
Nel 1988 aveva scritto La coda della lucertola, un breve romanzo che la stessa autrice considerava un esercizio di stile e che non ha mai giudicato degno di pubblicazione.
È la storia, rubata ad alcuni amici, della folle passione di Matteo per Catterina, una ragazza del Nord, che prima rifiuta l’amore del ragazzo, privandolo di quel sentimento come si fa da bambini con la coda di una lucertola. Quando Matteo riesce a vincere la gelosia e l’ossessione che lo tenevano legato alla ragazza, guarisce dalla sofferenza e il suo amore declina in disamore. Finirà per allacciare un’altra relazione.
Il romanzo è costruito sui sentimenti dei personaggi e sui loro ricordi. Già in questa prima prova si nota l’interesse dell’autrice per i percorsi della memoria.
Successivamente, ha composto quattro racconti, due dei quali, Compleanno e Veglia, sono stati pubblicati mentre due, La casa nuova e Emilio (un amore divino), sono inediti.
Compleanno è un micro racconto in forma epistolare in cui Ninna, la protagonista, parla con il marito Alberto. Ninna ha compiuto cinquantatré anni, venti dei quali trascorsi accanto ad un marito assente e ad una madre, invece, troppo presente. Ha accumulato frustrazioni, umiliazioni, rimpianti, come quello per la mancanza di un figlio, e tradimenti. Oggi ha scoperto di essere gravemente malata. La malattia compie la parabola della sua vita scialba e colpisce al seno, simbolo della femminilità per eccellenza. Di fronte a questa crisi, Ninna chiama l’altro ad essere giudice e testimone della sua vita, con un’ultima raccomandazione: “Abbi cura di te”.
Veglia, pubblicato sulla rivista “Nessuno tocchi Caino”, in un contesto di generale condanna di qualsiasi tipo di violenza, parte da un punto di vista del tutto inedito. Per la prima volta la tragedia è indagata attraverso gli occhi non delle vittime, ma di chi è vicino ad un colpevole. È la storia di una madre senza nome, vedova, con due figli. Il minore, Salvatore, un giorno si macchia del delitto più orrendo, l’assassinio di un bimbo di due anni. La domanda chiave che la madre fa è: “Madonna del dolore, posso pregarti per il mio figlio assassino?”.
La casa nuova è la storia di Filomena, una donna semplice del Sud, che ha votato la sua vita alle figlie. Il suo mondo è fatto di valori fondamentali quali la famiglia, i figli e la casa di proprietà. Quando finalmente, dopo una vita di sacrifici, riesce ad avere un alloggio di proprietà, i pensieri e i dolori a lungo repressi prendono il sopravvento, portandola alla follia. Tutto il racconto è un viaggio nella sua mente e nel suo passato.
Emilio (un amore divino) è una storia piena di spiritualità. La Di Lascia si interessava di medicina alternativa, ha anche organizzato un congresso sulla medicina omeopatica. La protagonista di questo racconto è una donna di sessant’anni che gestisce proprio un centro di medicina alternativa, che cerca di curare i mali del corpo e dell’anima con l’amore. Al centro un giorno arriva Emilio, un medico di trentacinque anni con il “corpo irrigidito dal dolore e dalla paura”. Tra i due si realizza un tipo di amore che è una sorta di cupio dissolvi, dove l’io perde i propri confini per creare un noi. Emilio però si serve di Elsa per recuperare la propria autostima, per concentrarsi poi di nuovo solo su se stesso. Diventerà una sorta di predicatore, egoista e pieno di sé. L’ammonimento dell’autrice è contro la superbia, il nemico peggiore dell’amore.
Dal 1988 al 1992 ha scritto il romanzo della sua vita, Passaggio in ombra, pubblicato dalla Feltrinelli nel gennaio 1995, quando la sua autrice era già morta da quattro mesi. Il 6 luglio 1995 ha vinto il premio Strega.
Il romanzo prende avvio dalla fine, quando tutti sono morti o se ne sono andati. La protagonista, Chiara, è rimasta sola nell’attesa di un attacco dell’asma che la tormenta. Tutta la storia è come raccontata da un coro di voci defunte alla medianica relatrice. Chiara ripercorre le tappe del suo fallimento e tenta di riafferrare il senso della sua esistenza. L’ombra che incombeva sulla sua adolescenza si è impadronita di tutta la sua vita. Il romanzo, che pure è perfettamente omogeneo, può essere diviso in due parti. C’è il romanzo dell’ombra, delle riflessioni filosofiche, i cui temi principali sono la malattia, la follia, la morte, la perdita d’identità, il silenzio, la favola.
Ma c’è anche il racconto delle vicende della famiglia D’Auria, specie della linea femminile, troppo spesso umiliata e offesa degli uomini. C’è l’amore ossessione delle madri verso i figli, l’amore mai alla pari tra un padre ed una madre e l’amore osteggiato tra due cugini. Non manca la critica sociale, la condanna della giustizia ingiusta, il rifiuto dei conformismi, in un mondo rurale immobile da secoli e nemico di ogni cambiamento.
Il linguaggio della Di Lascia si fa a volte visivo e raffinato a volte umile, arrivando persino ad innalzare il dialetto a lingua letteraria. La sua scrittura può essere accostata a quella di altre grandi scrittrici del ‘900, da Anna Maria Ortese a Lalla Romano, a Natalia Ginzburg a Elsa Morante. Soprattutto quest'ultima può essere indicata come modello per la Di Lascia, che ha letto Menzogna e sortilegio almeno tre volte.
Il romanzo che avrebbe voluto scrivere ha avuto appena il tempo di cominciarlo. Il suo capolavoro sarebbe stato Le relazioni sentimentali, di cui è stata pubblicata la prima parte. Si pare con una citazione da La pesanteur et la grâce di Simone Weil. La Di Lascia deve aver sentito una profonda affinità con la scrittrice francese, militante di estrema sinistra, in prima linea contro le ingiustizie sociali.
Stavolta è una madre a scrivere una lettera alla propria “figlia negata”, le parla di sé e cerca di stabilire un contatto. Di nuovo parla seguendo il filo dei ricordi, ritrovando la propria adolescenza e la sua amicizia con le sorelle Tartaglia, Gemma, Gilda e Gabriella. La storia è ambientata a Napoli, la città che, insieme a Roma, la Di Lascia ha sentito più sua. Il punto di vista è, al solito, assolutamente femminile.
Impossibile prevedere gli esiti del romanzo di una scrittrice che era solita lavorare molto sui suoi scritti.
In conclusione si può affermare che ogni opera di Mariateresa Di Lascia porta il segno di una femminilità molto sentita, ogni testo indaga una sofferenza in atto, cerca di cogliere il centro del dolore. Possiamo dire, con Alberto Asor Rosa, che “a quel nodo di dolore profondo e nascosto la Di Lascia è giunta perché ha guardato il mondo con i suoi occhi dolci e disperati di donna”.

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