Il labirinto
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ederigo Tozzi nasce a Siena nel 1882. La sua è una famiglia di agricoltori trasferita in città. Il padre gestisce una trattoria, “Il sasso all’arco dei Rossi”: è un uomo autoritario e violento. La madre, invece, è una trovatella, malata di epilessia. Prima di mettere al mondo Federigo aveva perso precocemente sei figli e lei stessa morì quando lo scrittore aveva soltanto dieci anni.
Ritirato dal ginnasio arcivescovile, venne iscritto all’Istituto di Belle Arti, dal quale, tuttavia, fu espulso per cattiva condotta. Passò, quindi, alle scuole tecniche, che questa volta concluse. In gioventù fu colpito da una malattia agli occhi che lo costrinse a stare al buio per diversi mesi. Con il padre ebbe un rapporto assai aspro: il genitore, non sopportava che Federigo perdesse tempo con la letteratura, piuttosto che aiutarlo nell’amministrazione della trattoria e dei campi. Lo stesso Federigo si formò un carattere aggressivo, che lo portò ad una vita instabile. Alla ricerca di un lavoro sicuro e dell’indipendenza economica, si recò a Roma con la moglie, la scrittrice, Emma Palagi. Nella capitale fece il giornalista per un certo periodo, poi lavorò in un Ministero. Venne in contatto con Luigi Pirandello e, soprattutto, con Giuseppe Antonio Borgese, il quale diverrà il curatore della pubblicazione delle sue opere. Da Roma si trasferì a Pontedera, dove fu assegnato avendo vinto un concorso nelle Ferrovie; da lì fu, infine, trasferito a Firenze. Morto il padre, ereditò i tre poderi che quegli aveva acquistato nella campagna di Siena. Decise così di lasciare il lavoro per dedicarsi all’amministrazione dell’azienda familiare. Non interruppe mai, tuttavia, i rapporti con la letteratura: collaborò con diverse riviste letterarie, fondandone egli stesso una, «La Torre», definita «organo della reazione spirituale italiana». Sentimentalmente instabile, anche le sue idee politiche mutarono radicalmente, dalle iniziali simpatie socialiste ad un cattolicesimo reazionario. Il suo primo romanzo fu Con gli occhi chiusi, uscito nel 1913. Durante la Grande Guerra fu volontario nella Croce Rossa. Muore a Roma nel 1920 all’età di 37 anni, a causa di una polmonite.
La sua grandezza di scrittore è dovuta ad una trilogia di romanzi sull’ “inettitudine”: Con gli occhi chiusi, Tre croci, Il podere. Ad eccezione delle prime due, tutte le sue opere, dalle poesie degli esordi ai romanzi della maturità furono pubblicati postumi, a cura di Giuseppe Antonio Borgese. Importante è anche la raccolta di prose, Bestie, scritta nel 1917, frutto della momentanea adesione dello scrittore alla poetica del “frammento”, diffusa in quel periodo dal gruppo artistico de «La Voce».
La presenza letteraria costante nell’opera di Tozzi è – come ha rilevato Borgese – quella di Verga. Tozzi, tuttavia, non condivide del grande scrittore siciliano l’impersonalità dell’opera d’arte. Egli, infatti, è profondamente coinvolto nelle vicende dei personaggi che racconta.
«Federigo Tozzi», ha scritto Giorgio Van Straten, «ha pagato caro il luogo comune di essere toscano.» «Uno dei primissimi edificatori della nuova giornata letteraria italiana», lo ha definito Borgese. E per Cecchi Con gli occhi chiusi è «senza minimo dubbio uno dei romanzi più significativi apparsi in Italia dal primo dopoguerra.»
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