Messaggi del 31/05/2011

La scatola dei biscotti

Post n°11 pubblicato il 31 Maggio 2011 da odette.teresa1958

Una ragazza stava aspettando il suo volo in una sala d'attesa di un grande aeroporto. Siccome avrebbe dovuto aspettare per molto tempo, decise di comprare un libro per ammazzare il tempo.
Comprò anche un pacchetto di biscotti. Si sedette nella sala VIP per stare più tranquilla.
Accanto a lei c'era la sedia con i biscotti e dall'altro lato un signore che stava leggendo il giornale.
Quando lei cominciò a prendere il primo biscotto, anche l'uomo ne prese uno, lei si sentì indignata ma non disse nulla e continuò a leggere il suo libro.
Tra sé pensò: "Ma tu guarda, se solo avessi un po' più di coraggio gli avrei già dato un pugno..."
Così ogni volta che lei prendeva un biscotto, l'uomo accanto a lei, senza fare un minimo cenno ne prendeva uno anche lui.
Continuarono fino a che non rimase solo un biscotto e la donna pensò: "Ah, adesso voglio proprio vedere cosa mi dice quando saranno finiti tutti!!"
L'uomo prese l'ultimo biscotto e lo divise a metà! "Ah!, questo è troppo" pensò e cominciò a sbuffare indignata, si prese le sue cose, il libro, la sua borsa e si incamminò verso l'uscita della sala d'attesa.
Quando si sentì un po' meglio e la rabbia fu passata, si sedette in una sedia lungo il corridoio per non attirare troppo l'attenzione ed evitare altri dispiaceri.
Chiuse il libro e aprì la borsa per infilarlo dentro quando, nell'aprire la borsa, vide che il pacchetto di biscotti era ancora tutto intero nel suo interno.
Sentì tanta vergogna e capì solo allora che il pacchetto di biscotti uguale al suo era di quel uomo seduto accanto a lei che però aveva diviso i suoi biscotti con lei senza sentirsi indignato, nervoso o superiore, al contrario di lei che aveva sbuffato e addirittura si sentiva ferita nell'orgoglio.

LA MORALE :
Quante volte nella nostra vita mangeremo o avremo mangiato i biscotti di un altro senza saperlo?
Prima di arrivare ad una conclusione affrettata e prima di pensare male delle persone, GUARDA attentamente le cose: molto spesso non sono come sembrano!!!!

 
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Segnalata da Miriam

Post n°10 pubblicato il 31 Maggio 2011 da odette.teresa1958

C'era una volta

in un paese lontano

una bellissima principessa, indipendente e sicura di se'.



Un giorno, mentre stava seduta sulle sponde di un laghetto incontaminato,

in un prato verde vicino al suo castello,

una rana le salto' in grembo e disse:



"Elegante Signora, io ero un bel principe finchè una strega cattiva non mi fece un incantesimo.

Un bacio da te ed io tornero' ad essere il bel principe che sono.

E poi, dolcezza, ci potremo sposare,

e metter su casa nel tuo castello insieme a mia madre.

Dove tu potrai cucinare per me, lavare i miei vestiti,

portare nel grembo i miei figli ed essermene per sempre grata."



Quella sera, mentre la principessa cenava beatamente

con cosce di rana fritte in padella,

sorseggiando un prosecco ghiacciato a puntino

e in sottofondo Milonga Sentimental,



ridacchiava e pensava tra sè:

" Col cazzo!"
 

Tornare in alto Andare in basso

 
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Il mendicante e il diamante (Stephen King)

Post n°9 pubblicato il 31 Maggio 2011 da odette.teresa1958

Un giorno l’arcangelo Uriel si presentò a Dio con un’aria sconsolata.
«Che cosa ti affligge?» chiese Dio.
«Ho visto una cosa molto triste», rispose Uriel e si puntò il dito fra i piedi. «Laggiù.»
«Sulla terra?», domandò Dio con un sorriso. «Oh, non manca certo la tristezza laggiù! Be’, diamo un’occhiata».
Si chinarono insieme. In lontananza sotto di loro videro un uomo vestito di stracci che percorreva lentamente una strada di campagna nei sobborghi di Chandrapur. Era molto magro, quell’uomo, e aveva gambe e braccia coperte di piaghe. Spesso i cani lo rincorrevano abbaiando, ma lui non si girava mai per colpirli con il suo bastone nemmeno quando gli serravano le zanne a pochi centimetri dai calcagni, e arrancava per la sua via, trascinando un po’ la gamba destra. A un certo punto da una grande casa uscì uno sciame di bei bambini ben nutriti e con sorrisi cattivi sulle labbra, e scagliarono sassi allo straccione quando questi tese loro la tazza vuota delle elemosine.
«Vattene via, obbrobrio!», gridò un bimbo. «Vattene via nei campi e muori!»
Al che l’arcangelo Uriel scoppiò in lacrime
«Su, su», lo esortò Dio con una pacca sulla spalla. «Credevo fossi fatto di tempra più solida.»
«Si, senza dubbio», rispose Uriel, asciugandosi gli occhi. «E’ solo che quell’uomo laggiù mi sembra riassuma in sé tutto quello che è andato storto a tutti i figli e le figlie della terra.»
«Certamente», ribatté Dio. «Quello è Ramu e quello è il suo lavoro. Quando morirà il suo posto verrà preso da un altro. E’ un lavoro onorevole.»
«Forse», disse Uriel, coprendosi gli occhi, con un brivido, «ma non sopporto di vederglielo fare. Mi riempie il cuore di tenebra.»
«Le tenebre qui non sono permesse», replicò Dio, «pertanto dovrò prendere provvedimenti per modificare la situazione che porta oscurità nel tuo cuore. Guarda qui, mio buon arcangelo.»
Uriel guardò e vide che Dio aveva in mano un diamante grosso come un uovo di pavone.
«Un diamante di queste dimensioni e di questa qualità darà da mangiare a Ramu per il resto dei suoi giorni e manterrà i suoi discendenti fino alla settima generazione», spiegò Dio. «E’ in verità il più bel diamante del mondo. Ora…vediamo…». Si sporse su mani e ginocchia, sospese con due dita il diamante tra due nuvole rarefatte e lo lasciò cadere. Poi Dio e Uriel ne osservarono attentamente la traiettoria e lo videro fermarsi al centro della strada che stava percorrendo Ramu.
Il diamante era così grosso e pesante che senza dubbio Ramu lo avrebbe sentito colpire il suolo se fosse stato più giovane ma l’udito gli era venuto gravemente meno in quegli ultimi anni, insieme con i polmoni, la schiena e i reni. Solo la vista gli restava acuta come era quando aveva venti anni e uno.
Mentre superava a fatica un dislivello della strada, inconsapevole dell’enorme diamante che scintillava e lampeggiava sull’altro versante del dosso nella luce del sole appannata dalla foschia, Ramu fece un respiro profondo…poi si fermò e si curvò sul bastone, quando il sospiro si trasformò in una tosse convulsa. S’appoggiò al bastone con entrambe le mani, mentre cercava di superare la crisi, e nel momento in cui la tosse cominciava ad allentarsi, il bastone, che era vecchio e sesso q e quasi consunto quanto Ramu stesso, si spezzò con uno schiocco, precipitando Ramu nella polvere.
Riverso al suolo, rimirò il cielo, domandandosi perché Dio fosse così crudele. « Sono sopravvissuto a tutti coloro che ho amato di più», pensò, «ma non a coloro che odio. Sono diventato così vecchio e brutto che i cani mi abbaiano e i bambini mi lanciano pietre. In questi ultimi tre mesi non ho mangiato che avanzi e sono dieci o più anni che non consumo un pasto decente con la famiglia e gli amici. Sono un vagabondo sulla faccia della terra senza una casa che possa chiamare mia; questa notte dormirò sotto un albero o una siepe senza tetto a difendermi dalla pioggia. Sono coperto di piaghe, mi fa male la schiena, e quando mi fermo a far acqua vedo sangue dove sangue non dovrebbe esserci. Il mio cuore è vuoto come la mia scodella per le elemosine.».
Lentamente si alzò in piedi, ignaro che, a meno di venti metri, la vista del più grosso diamante era negata ai suoi occhi ancora sani da una piccola cunetta di terra arida, e alzò lo sguardo al celeste appannato del cielo. «Dio, io sono sfortunato», disse. «Io non Ti odio, ma temo che Tu non sia amico mio né amico di nessun uomo.».
Detto questo si sentì un po’ meglio e riprese il suo lento cammino, dopo aver raccolto il pezzo più lungo del suo bastone rotto. E, mentre camminava, cominciò a rimproverare se stesso per l’autocommiserazione e per la preghiera ingrata.
«Perché ho alcune cose per cui essere grato», rifletté. «La giornata è straordinariamente bella, tanto per cominciare, e anche se sono per molti versi gravemente acciaccato, la vista mi rimane forte e sana. Pensa come sarebbe terribile se fossi cieco!».
Per dimostrarlo a se stesso, Ramu chiuse strettamente gli cocchi e proseguì con il pezzo di bastone proteso davanti a sé, come fanno i ciechi. Il buio era terribile e soffocante, denso da far perdere l’orientamento. Presto non fu più i grado di dire se stesse procedendo come prima, o se avesse deviato dall’una o dall’altra parte della strada, con il rischio forse di cadere ben presto nel fossato. Lo spaventò il pensiero di quel che sarebbe potuto esser delle sue povere, fragili ossa in seguito ad una simile caduta, ma tenne gli occhi fermamente chiusi e continuò ad arrancare.
«Questa è la giusta medicina per guarirti della tua ingratitudine, vecchiaccio!», si disse. «Passerai il resto del giorno a ricordare a te stesso che sarai anche un mendicante, ma almeno non sei un mendicante cieco e avrai da star felice di questo!».
Ramu non finì nel fossato né dall’una né dall’altra parte della strada, ma cominciò effettivamente a piegare verso destra mentre raggiungeva il culmine del dosso e cominciava a scendere dall’altra parte e fu così che oltrepassò l’enorme diamante che scintillava nella polvere e il suo piede lo mancò di meno di cinque centimetri.
Trenta metri più avanti Ramu riaprì gli occhi. Furono inondati dalla luce forte del sole d’estate, una luce che sembrò inondargli anche la mente. Guardò con gioia il cielo celeste e appannato, i campi gialli e appannati, il nastro d’argento della strada sulla quale camminava. Salutò il passaggio di un uccello da un albero ad un altro con una risata e anche se mai pensò di voltarsi e perciò mai vice il diamante enorme pochi passi alle sue spalle, in quel momento dimenticò le piaghe e il mal di schiena.
«Grazie, Dio, per avermi dato la vista!», esclamò. «Grazie almeno di quello, mio Dio! Forse vedrò qualcosa sulla strada, una vecchia bottiglia che vale soldi in un bazar, o persino una moneta, ma anche se così non fosse, sazierò i miei occhi. Grazie, Dio per avermi dato la vista! Grazie, Dio, per Dio!».
Così soddisfatto, riprese il cammino, lasciandosi dietro il diamante.
Allora Dio allungò la mano e lo raccolse, riponendolo dietro la montagna africana da cui lo aveva preso. Come per un ripensamento (se si può dire che Dio abbia ripensamenti), spezzò un ramo di carpinella dal veldt e lo lasciò cadere sulla strada di Chandrapur, come prima aveva lasciato cadere il diamante. «La differenza è», disse Dio ad Uriel, «che il nostro amico Ramu troverà il ramo, che gli servirà da bastone per il resto dei suoi giorni».
Uriel guardò Dio (per quanto da vicino possa persino un arcangelo guardare quel volto ardente) con un espressione perplessa. «Mi hai impartito una lezione, Signore?»
«Non so», rispose sereno Dio. «O si?»


 

 
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IL VIAGGIO (Alekos Panagulis)

Post n°8 pubblicato il 31 Maggio 2011 da odette.teresa1958

Viaggio per inesplorate acque su una nave
che, come milioni di altre simili, peregrina
per oceani e mari
su rotte regolari
E altre ancora
(molte, davvero molte anche queste)
gettano l’ancora nei porti.

Per anni ho caricato questa nave
Con tutto quello che mi davano
e che prendevo con enorme gioia
E poi
(lo ricordo come fosse oggi)
la dipingevo a tinte sgargianti
e stavo attento
che non si macchiasse in nessun punto
La volevo bella per il mio viaggio
E dopo avere atteso tanto –proprio tanto
Giunse alla fine il momento di salpare
E salpai…

(Nave io e capitano
ed equipaggio per trovarti
fammi a pezzi
ma non farmi sanguinare il corpo)

Quando mi trovai in mare aperto
onde immense mi travolsero
e mi straziarono per rivelarmi
amare verità che ignoravo
Verità che dovevo imparare
Nell’abbraccio dell’oceano
con un lungo furente fragore
la solitudine
divenne per me faro del pensiero
indicando strade nuove

Il tempo passava e io
iniziavo a tracciare la rotta
ma non come mi avevano insegnato al porto
(anche se la mia nave mi sembrava diversa allora)
Così il mio viaggio
ora lo vedevo diverso
senza più pensare a porti e commerci
Il carico mi appariva ormai superfluo
Ma continuavo a viaggiare
conoscendo il valore della nave
conoscendo il valore della merce

E continuo ancora il viaggio
che scricchiolino incessantemente le giunzioni
sperando che non si spezzino
perché sono legni marci da anni
(secoli dovrei dire)
verniciati di recente ma senza
una forza nuova che li tenga uniti
la rotta sempre contro il tempo
nella stiva solo zavorra
Zavorra che mi dissero
merce preziosa, come quella
che di solito si compra nei porti
Ma se dicessi che mi hanno ingannato
non sarei onesto
osservo la bussola
senza sosta
con accanto la mappa
su cui studio la rotta
lontano dai porti che segnalano il passaggio
Quando poi succede che splendano
(che istanti difficili!)
all’orizzonte i porti della terra
l’equipaggio guarda le luci
(luci sirene
che promettono molto
che anche il cuore e la carne pretendono)
sempre aspettando che dica
al timoniere di far virare la nave
E attraccare almeno un poco
Mentre l’ora trascorre e io
osservo silenzioso la carta
tutt’intorno cresce il tumulto
Proposte subdole
vestite con idee
idee vendute che vogliono sempre
A dornare l’inazione con le parolee minacce
che vogliono passare per consigli
e promesse
che tentano la bestia e la risvegliano…
Quelle sono ore difficili
Perché da ognuna di loro
Dipende l’intero viaggio
E continuo ancora il viaggio
Desideri radicati nell’anima
sono diventati bussola per la mia nave
la mia mappa
altrettanto misteriosa
Ci sono ore in cui credo
che sia stata fatta
per chi non voglia approdare in nessun porto
e altre ore in cui confido
che il viaggio avvenga perché
su questa carta bisogna trovare
qualche cosa che manca
Così vado alla ricerca
guardando la mappa la bussola il cielo
in cielo, rintracciare segnali
nuove prove che dimostrino
che la bussola non sbaglia nel segnare
Non stupirti, questo non significa
che io abbia dei dubbi sulla mia bussola
E’ solo un’abitudine- una vecchia abitudine
che per secoli accompagnava l’anima
questa compagna
preziosa per i tempi bui
quando c’erano soltanto i semi nell’anima
degli amori che ora sono fioriti

E vado alla ricerca
Guardando la mappa la bussola il cielo
Le onde immense sembra che cerchino
di fare il gioco di chi vuole
che attracchi da qualche parte per un po’
E’ ognuna
di quelle onde un Golgota
e pensa
che la tempesta imperversa ininterrotta
Ma mentre aumenta
temo sempre più
che la spaventosa furia del mare
mi conduca ad avvistare
porti là sulla costa

porti che la mia mappa non indica
Sono ostacoli e momenti difficili
l’abbiamo detto
l’equipaggio comincerà a ribollire
quando quei porti appariranno sulla costa
E continuo il viaggio
alla ricerca ancora
pur sapendo di essere
nell’infinito del tempo un istante
nell’abisso dello spazio un puntino

E continuo il viaggio
anche se sono tenebra
e tutto atorno a me è tenebra
e la tempesta lo rende più spaventoso

E continuo il viaggio
e mi basta
che io tenebra
abbia amato la luce

 
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Libri dimenticati:Celebri e dannati

Post n°7 pubblicato il 31 Maggio 2011 da odette.teresa1958

oma,Cinecittà.
Lui è il figlio di un diplomatico,coltissimo,non bello ma conteso dalle donne.Ha lo sguardo magnetico, l'aria da spaccone, si diverte a scandalizzare il prossimo e non fa mistero di essere un cocainomane.Il suo nome è Osvaldo,Osvaldo Valenti.
Lei è una bella donna di umili origini,una donna che nasconde la timidezza profonda dietro una maschera di aggressività.Per il suo brutto carattere la chiamano "Ammazzacristiani",in realtà si chiama Luisa,Luisa Ferida.
Apparentemente i due non hanno nulla in comune,ma fra lo ro nascerà un amore fortissimo,violento,distruttivo.Per Luisa Osvaldo diverrà l'uomo della sua vita,quello per cui annullerà se stessa,prima diventando cocainomane come lui,poi seguendolo fino alla fine nella morte per mano dei partigiani.
Questo libro di Romano Bracalini,breve e intenso come le vite di Osvaldo e Luisa,ci trasporta nel mondo del cinema dei telefoni bianchi,negli ultimi,frenetici anni della dittatura fascista, nel periodo della guerra con tutte le sue atrocità.
Mentrei l mondo intorno a loro sta crollando,Osvaldo e Luisa,votati alla distruzione,vivono il loro rapporto fra gelosie,droga,tragedie personali (la morte di Kim,il loro figlio vissuto poche ore, i ripetuti aborti di Luisa),senza rendersi conto di dove questo li porterà.
E' un libro dallo stile incisivo,che si legge in un fiato,consigliato a chi ama il cinema e vuol saperne di più su due personaggi che la Storia ha ingiustamente condannato.

 
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Frase del giorno

Post n°6 pubblicato il 31 Maggio 2011 da odette.teresa1958

Tutti buoni i miei popolani ma il cavolo nell'orto un ce l'ho più! (Mia nonna)

 
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