Messaggi del 08/06/2011

Venti film da salvare

Post n°43 pubblicato il 08 Giugno 2011 da odette.teresa1958

Viale del tramonto
Grido di libertà
Urla del silenzio
Invictus
Il discorso del re
L'ultimo dei Mohicani
I Blues Brothers
Luci della ribalta
Le 4 giornate di Napoli
La vita è bella
Il leone d'inverno
Il ferroviere
La cena delle beffe
La corona di ferro
Roma città aperta
Sabrina
Philadelphia
Cinderella Man
Il buio oltre la siepe
Ombre rosse

 
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Venti libri da salvare

Post n°42 pubblicato il 08 Giugno 2011 da odette.teresa1958

L'ombra del vento (Zafon)
Il gioco dell'angelo (Zafon)
La storia di S.Michele (Munthe)
Bright flows the river (Caldwell)
E le stelle stanno a guardare (Cronin)
Le chiavi del regno (Cronin)
L'antologia di Spoon River (Masters)
Cime tempestose (Bronte)
Il tormento e l'estasi (Stone)
La fattoria degli animali (Orwell)
Sonetti dal portoghese (Barrett Browning)
Cronache di poveri amanti (Pratolini)
Metello (Pratolini)
Niente e così sia (Fallaci)
Un uomo (Fallaci)
Lettera a un bambino mai nato (Fallaci)
I Vicerè (De Roberto)
Torta al caramello in paradiso (Flagg)
Pomodori verdi fritti (Flagg)
Il miglio verde (King)

 
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Vermicino

Post n°41 pubblicato il 08 Giugno 2011 da odette.teresa1958

Avevo 23 anni e una bambina di un anno.
Tu irrompesti nelle nostre vite col tuo sorriso,con la tua storia,con la tua vocina che chiamava "Mamma".
Ci prendesti tutti.Per giorni vivemmo sospesi:ovunque si parlava di te,tutti chiedevano notizie,tutti pregavano e speravano.
Io mi ricordo Nando,quell'orso barbuto che chinato per terra per ore ti parlò e ti rassicurò come sapeva e poteva; mi ricordo tua mamma,sempre presente,mai un cedimento.Ci fu gente cattiva che un giorno che si allontanò per cambiare il vestito intriso di sudore le diede di madre snaturata.
Mi ricordo Angelo,piccolo e magro,che venne e senza che nessuno glielo chiedesse si offrì di andarti a prendere e provò,provò,finchè le forze non gli vennero meno e ancora adesso,solo e malato,si porta dentro il rimorso di non averti salvato come fosse colpa sua.
Prendesti tutti,Alfredino:anche quel vecchio,burbero ex capo partigiano,che aveva visto la morte in faccia,lasciò il Quirinale e venne da te,per star vicino alla tua mamma.
Non sono riusciti a salvarti.
Anni dopo,in America,una bimba di nome Jessica fu salvata,tu no.
Adesso avresti 36 anni.Mi piace pensarti grande,sposato,felice,con la tua cardiopatia sconfitta dai progressi della scienza.
Mi piace ricordarti ora,così,qua, e immaginarti che corri in un prato,il vento fra i capelli,LIBERO

 
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Caro Papà

Post n°40 pubblicato il 08 Giugno 2011 da odette.teresa1958

Papà,

da molto,troppo tempo queste parole mi ronzano in testa e non riesco a fermarle.Ci provo ora,usando il pc.

Da 25 anni sei uscito dalla mia vita e mi hai lasciato dentro tanto dolore e tanto rimorso.

Non  sono stata abbastanza forte di fronte alla malattia bastarda che ti ha colpito ancora giovane,togliendoti pian piano forze,lucidità e soprattutto dignità,trasformando l'uomo che eri in un essere che non potevo,non volevo riconoscere.Non ho saputo starti accanto,mi sono vigliaccamente eclissata,prima emotivamente,poi fisicamente.

Nono ho giustificazioni,papà.

Sai il mio più gran rimorso è quello di non esserti stata vicino mentre morivi.Mi dirai,ed è vero,che non potevo venire da te sfidando la grande nevicata dell'85,ma questo non mi consola,non mi assolve.

Sai,per anni non sono riuscita a parlare di te con nessuno.Non  solo per vergogna,ma anche per un dolore,uno strazio,che mi impedivano qualsiasi ricordo,qualsiasi accenno a te.Era quasi come se volessi cancellarti,e non me lo perdono.

Solo dopo tanti anni dalla tua morte,pian pianino,ho ricomiciato a farlo,a ricordarti senza dolore.

Mi manchi tanto,papà.

Non voglio ricordarti come l'uomo vinto dalla malattia,no,mai.

Voglio pensare al giovane padre che adorava la sua bambina,che la domenica la portava fuori per mattinate intere a visitare musei e tentava con parole semplici di spiegarle  le opere d'arte.

Voglio pensare al tuo buffo accento inglese che ti ha accompagnato fino alla morte.alle tue battaglie con parole italiane sconosciute di cui chiedevi a me il significato.

Voglio pensare al tuo volere che io crescessi libera di pensare,senza costrizioni tue o di nessun altro,alle nostre feroci discussioni sulla politica,alla tua accettazione che io,figlia,ti contestassi,non la pensassi come te e rivendicassi la mia libertà di pensiero.

Voglio ricordarti mentre pescavi nell'Agna con Alcide,concentratissimo,capace di astrarti da tutto per ore,per poi magari tornare a casa a mani vuote e imbufalito.

Voglio ricordarti seduto in poltrona,la pipa fra i denti,intento a leggere uno dei tuoi amati libri con la gatta sulle ginocchia.

Voglio ricordarti nei momenti di gioco,quando dimenticavi i tuoi oltre 40 anni e combinavi cose pazzesche,esaperando tua moglie oltre ogni dire.

Voglio ricordare come mi tenevi per mano,il dialogo muto che si stabiliva fra te e me.

Non sei stato un santo,no davvero! Quando ti arrabbiavi sul serio c'era da scappare,come faceva Cuccio che alle prime avvisaglie,con il buonsenso di tutti i felini,scompariva per ore.

Eri un uomo irruento,impulsivo,che sapeva ferire con una parola sola peggio che con una spada.

Eri anche un uomo intelligentissimo e fragile,tormentato,perennemente in lotta con dei demoni che venivano dal tuo passato e che io,figlia,non sono mai riuscita a comprendere e a scoprire.

Eri tante cose,ma soprattutto eri mio padre,e mi manchi,mi manchi,mi manchi da morire.

Perdonami se ti ho lasciato solo,perdonami se non ti ho capito,se in qualche modo ti ho deluso.

Ti voglio tanto bene.

Tua figlia

 

 
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Il Premio Letterario S.Tobia

Post n°39 pubblicato il 08 Giugno 2011 da odette.teresa1958

Sì,lettori,avete capito bene.anche noi abbiamo il nostro premio letterario!Il merito di questa splendida iniziativa è del sindaco Anatolio Sgozzaloca,ben deciso a dar lustro e fama a questo ameno paesino.Da tre mesi a questa parte il nostro,coadiuvato dal dottor Macelloni e dal barbiere Manunta,si è impeganto a leggere gli elaborati speditigli dai paesani e,dopo un'ardua selezione,alla finale di una settimana fa sono arrivati 5 capolavori: la monumentale "Storia e cronaca di S.tobia"del parroco Ireneo;un noir horror del becchino Geremia;un libro di ricette dell'Anarchico;l'autobiografia di Be'erino;un romanzo porono di autore anonimo dal titolo eloquente:"I bollenti sogni e bisogni di una casalinga maiala".
La sera della finale nel teatrino parrocchiale gremitissimo c'erano tutti,meno l'anonimo.
Tutti si chiedevano chi potesse essere e le ipotesi fioccavano:chi sosteneva che fosse il maestro Scacciacalli,chi l'ispettore di polizia Cuccurullo,chi Berengario Capricorni (si è poi capito che non poteva essere lui,dato che è semianalfabeta).
La tensione era palpabile:l'Anarchico si è ustionato la lingua,infilandosi in bocca il sigaro dalla parte sbagliata;Be'erino,non potendo bere,in cinque minuti si è fatto fuori 340 mentine;quanto aGeremia,è stato colto da singhiozzo isterico.
L'unico tranquillo era Ireneo,sicurissimo di vincere.
Alle dieci si è avuto il risultato:quinto Be'erino,quarto Geremia,terzo ireneo,secondo l'Anarchico,primo l'anonimo.
A questo punto lo Sgozzaloca ha pregato l'autore di rivelarsi e ritirare il premio,ed è cascato il proverbiale asino.
Dall'ultima fila,qualcuno ha detto con vocina tremula:-Ecco,sarei io che...-
All'udirla Ireneo ha strabuzzato gli occhi poi è caduto come corpo morto cade.E ne aveva ben donde:quella voce,infatti, apparteneva alla madre del pretone, Marianna!
All'inizio tutti hanno pensato a una mitomane,ma si sono dovuti ricredere quando la vecchina ha recitato a memoria interi capitoli del libro.
La Marianna ha dichiarato al qui scrivente che intendeva continuare a scrivere,alla faccia di quell'impiastro (questo l'ho detto io:la signora ha usato nei confronti del Cornacchioni parole ben più dure e irripetibili)del figlio prete.
La serata si è conclusa all'osteria Trombettoni,dove la Marianna ha offerto da bere a tutti ,addebitando la spesa a Ireneo.
E' passata una settimana.
La Marianna è diventata un caso letterario e viene invitata ovunque.il libro verrà presto tradotto all'estero e Tinto Brass ne farà un film.
L'infaticabile vecchietta ha iniziato il sequel del libro,dal titolo che è tutto un programma." La casalinga maiala si leva ancora le mutande"
Ireneo è nel reparto agitati della clinica Luminaris.Se sente la parola "mamma" dà in escandescenze e diventa violento.
Sgozzaloca sta lavorando alla prossima edizione del premio ed è felice come una pasqua.
Che dite,partecipo pure io?

 
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Lettera a una professoressa (Don Milani)

Post n°38 pubblicato il 08 Giugno 2011 da odette.teresa1958

<<Dopo l'istituzione della scuola media a Vicchio arrivarono a Barbiana anche i ragazzi di paese. Tutti bocciati naturalmente. 
Apparentemente il problema della timidezza per loro non esisteva. Ma erano contorti in altre cose. 
Per esempio consideravano il gioco e le vacanze un diritto, la scuola un sacrificio. Non avevano mai sentito dire che a scuola si va per imparare e che andarci è un privilegio.  Il maestro per loro era dall'altra parte della barricata e conveniva ingannarlo. 
Cercavano perfino di copiare. Gli ci volle del tempo per capire che non c'era registro. 
Anche sul sesso gli stessi sotterfugi. Credevano che bisognasse parlarne di nascosto. Se vedevano un galletto su una gallina si davano le gomitate come se avessero visto un adulterio.  Comunque sul principio era l'unica materia scolastica che li svegliasse. 
Avevamo un libro di anatomia. Si chiudevano a guardarlo in un cantuccio. 
Due pagine erano tutte consumate.  Più tardi scoprirono che son belline anche le altre. Poi si accorsero che è bella anche la storia. 
Qualcuno non s'è più fermato. Ora gli interessa tutto. Fa scuola ai più piccini, è diventato come noi. 
Qualcuno invece siete riusciti a ghiacciarlo un'altra volta.  Delle bambine di paese non ne venne neanche una. Forse era la difficoltà della strada. Forse la mentalità dei genitori.  Credono che una donna possa vivere anche con un cervello di gallina. I maschi non le chiedono di essere intelligente.  E' razzismo anche questo. Ma su questo punto non abbiamo nulla da rimproverarvi. Le bambine le stimate più voi che i loro genitori.  Sandro aveva 15 anni. Alto un metro e settanta, umiliato, adulto. I professori l'avevano giudicato un cretino. Volevano che ripetesse la prima per la terza volta.  Gianni aveva 14 anni. Svagato, allergico di natura. I professori l'avevano sentenziato un delinquente. E non avevano tutti i torti, ma non è un motivo per levarselo di torno.  Né l'uno né l'altro avevano intenzione di ripetere. Erano ridotti a desiderare l'officina. Sono venuti da noi solo perché noi ignoriamo le vostre bocciature e mettiamo ogni ragazzo nella classe giusta per la sua età.  Si mise Sandro in terza e Gianni in seconda. E' stata la prima soddisfazione scolastica della loro povera vita.  Sandro se ne ricorderà per sempre.  Gianni se ne ricorda un giorno sì e uno no.  La seconda soddisfazione fu di cambiare finalmente programma.  Voi li volevate tenere fermi alla ricerca della perfezione. Una perfezione che è assurda perché il ragazzo sente le stesse cose fino alla noia e intanto cresce. Le cose estano le stesse, ma cambia lui. Gli diventano puerili tra le mani.  Per esempio in prima gli avreste detto riletto per la seconda o terza volta la Piccola Fiammiferaia e la neve che fiocca fiocca fiocca. Invece in seconda ed in terza leggete roba scriba per adulti. 
Gianni non sapeva mettere l'acca al verbo avere. Ma del mondo dei grandi sapeva tante cose. Del lavoro, delle famiglie, della vita del paese.  Qualche sera andava col babbo alla sezione comunista o alle sedute del Consiglio Comunale. 
Voi coi greci e coi romani gli avete fatto odiare tutta la storia. Noi sull'ultima guerra si teneva quattro ore senza respirare.  A geografia gli avreste fatto l'Italia per la seconda volta. Avrebbe lasciato la scuola senza aver sentito rammentare tutto il resto del mondo.  Gli avreste fatto un danno grave. Anche solo per leggere il giornale. 
Sandro in poco tempo s'appassionò a tutto. La mattina seguiva il programma di terza. Intanto prendeva nota delle cose che non sapeva e la sera frugava nei libri di seconda e di prima. A giugno il “cretino”; si presentò alla licenza e vi toccò passarlo.  Gianni fu più difficile. Dalla vostra scuola era uscito analfabeta e con l'odio per i libri. 
Noi per lui si fecero acrobazie. Si riuscì a fargli amare non dico tutto, ma almeno qualche materia. Ci occorreva solo che lo riempiste di lodi e lo passaste in terza. Ci avremmo pensato noi a fargli amare anche il resto.  Ma agli esami una professoressa gli disse:- perché vai a scuola privata? Lo vedi che non ti sai esprimere?
Lo so anch'io che il Gianni non si sa esprimere.  Battiamoci il petto tutti quanti. Ma prima voi che l'avete buttato fuori di scuola l'anno prima. 
Bella cura la vostra.  Del resto bisognerebbe intendersi su cosa sia lingua corretta. Le lingue le creano i poveri e poi seguitano a rinnovarle  all'infinito. I ricchi le cristallizzano per poter sfottere chi non parla come loro. O per bocciarlo.  Voi dite che Pierino del dottore scrive bene. Per forza, parla come voi.  Appartiene alla ditta.  Invece la lingua che parla e scrive Gianni è quella del suo babbo. Quando Gianni era piccino chiamava la radio lalla.  E il babbo serio:- Non si dice lalla, si dice aradio.  Ora, se è possibile, è bene che Gianni impari a dire anche radio. La vostra lingua potrebbe fargli comodo. Ma intanto non potete cacciarlo dalla scuola.   "Tutti i cittadini sono uguali senza distinzione di lingua"; . L'ha detto la Costituzione pensando a lui.>>
(da Lorenzo Milani, Lettera ad una professoressa, LIBRERIA ed. fiorentine, Firenze, pp 16-19)
 

 


 
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Lettera ai cappellani militari (Don Milani)

Post n°37 pubblicato il 08 Giugno 2011 da odette.teresa1958

Da tempo avrei voluto invitare uno di voi a parlare ai miei ragazzi della vostra vita. Una vita che i ragazzi e io non capiamo.

Avremmo però voluto fare uno sforzo per capire e soprattutto domandarvi come avete affrontato alcuni problemi pratici della vita militare. Non ho fatto in tempo a organizzare questo incontro tra voi e la mia scuola.

Io l'avrei voluto privato, ma ora che avete rotto il silenzio voi, e su un giornale, non posso fare a meno di farvi quelle stesse domande pubblicamente.

PRIMO perché avete insultato dei cittadini che noi e molti altri ammiriamo. E nessuno, ch'io sappia, vi aveva chiamati in causa. A meno di pensare che il solo esempio di quella loro eroica coerenza cristiana bruci dentro di voi una qualche vostra incertezza interiore.

SECONDO perché avete usato, con estrema leggerezza e senza chiarirne la portata, vocaboli che sono più grandi di voi.

Nel rispondermi badate che l'opinione pubblica è oggi più matura che in altri tempi e non si contenterà né d'un vostro silenzio, né d'una risposta generica che sfugga alle singole domande. Paroloni sentimentali o volgari insulti agli obiettori o a me non sono argomenti. Se avete argomenti sarò ben lieto di darvene atto e di ricredermi se nella fretta di scrivere mi fossero sfuggite cose non giuste.

Non discuterò qui l'idea di Patria in sé. Non mi piacciono queste divisioni.

Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto.

Abbiamo dunque idee molto diverse. Posso rispettare le vostre se le giustificherete alla luce del Vangelo o della Costituzione. Ma rispettate anche voi le idee degli altri. Soprattutto se son uomini che per le loro idee pagano di persona.

Certo ammetterete che la parola Patria è stata usata male molte volte. Spesso essa non è che una scusa per credersi dispensati dal pensare, dallo studiare la storia, dallo scegliere, quando occorra, tra la Patria e valori ben più alti di lei.

Non voglio in questa lettera riferirmi al Vangelo. È troppo facile dimostrare che Gesù era contrario alla violenza e che per sé non accettò nemmeno la legittima difesa.

Mi riferirò piuttosto alla Costituzione.

Articolo 11 «L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli...».

Articolo 52 «La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino».

Misuriamo con questo metro le guerre cui è stato chiamato il popolo italiano in un secolo di storia.

Se vedremo che la storia del nostro esercito è tutta intessuta di offese alle Patrie degli altri dovrete chiarirci se in quei casi i soldati dovevano obbedire o obiettare quel che dettava la loro coscienza. E poi dovrete spiegarci chi difese più la Patria e l'onore della Patria: quelli che obiettarono o quelli che obbedendo resero odiosa la nostra Patria a tutto il mondo civile? Basta coi discorsi altisonanti e generici. Scendete nel pratico. Diteci esattamente cosa avete insegnato ai soldati. L'obbedienza a ogni costo? E se l'ordine era il bombardamento dei civili, un'azione di rappresaglia su un villaggio inerme, l'esecuzione sommaria dei partigiani, l'uso delle armi atomiche, batteriologiche, chimiche, la tortura, l'esecuzione d'ostaggi, i processi sommari per semplici sospetti, le decimazioni (scegliere a sorte qualche soldato della Patria e fucilarlo per incutere terrore negli altri soldati della Patria), una guerra di evidente aggressione, l'ordine d'un ufficiale ribelle al popolo sovrano, la repressione di manifestazioni popolari?

Eppure queste cose e molte altre sono il pane quotidiano di ogni guerra. Quando ve ne sono capitate davanti agli occhi o avete mentito o avete taciuto. O volete farci credere che avete volta volta detto la verità in faccia ai vostri «superiori» sfidando la prigione o la morte? se siete ancora vivi e graduati è segno che non avete mai obiettato a nulla. Del resto ce ne avete dato la prova mostrando nel vostro comunicato di non avere la più elementare nozione del concetto di obiezione di coscienza.

Non potete non pronunciarvi sulla storia di ieri se volete essere, come dovete essere, le guide morali dei nostri soldati. Oltre a tutto la Patria, cioè noi, vi paghiamo o vi abbiamo pagato anche per questo. E se manteniamo a caro prezzo (1000 miliardi l'anno) l'esercito, è solo perché difenda colla Patria gli alti valori che questo concetto contiene: la sovranità popolare, la libertà, la giustizia. E allora (esperienza della storia alla mano) urgeva più che educaste i nostri soldati all'obiezione che all'obbedienza.

L'obiezione in questi 100 anni di storia l'han conosciuta troppo poco. L'obbedienza, per disgrazia loro e del mondo, l'han conosciuta anche troppo.

Scorriamo insieme la storia. Volta volta ci direte da che parte era la Patria, da che parte bisognava sparare, quando occorreva obbedire e quando occorreva obiettare.

1860. Un esercito di napoletani, imbottiti dell'idea di Patria, tentò di buttare a mare un pugno di briganti che assaliva la sua Patria. Fra quei briganti c'erano diversi ufficiali napoletani disertori della loro Patria. Per l'appunto furono i briganti a vincere. Ora ognuno di loro ha in qualche piazza d'Italia un monumento come eroe della Patria.

A 100 anni di distanza la storia si ripete: l'Europa è alle porte.

La Costituzione è pronta a riceverla: «L'Italia consente alle limitazioni di sovranità necessarie...». I nostri figli rideranno del vostro concetto di Patria, così come tutti ridiamo della Patria Borbonica. I nostri nipoti rideranno dell'Europa. Le divise dei soldati e dei cappellani militari le vedranno solo nei musei.

La guerra seguente 1866 fu un'altra aggressione. Anzi c'era stato un accordo con il popolo più attaccabrighe e guerrafondaio del mondo per aggredire l'Austria insieme.

Furono aggressioni certo le guerre (1867-1870) contro i Romani i quali non amavano molto la loro secolare Patria, tant'è vero che non la difesero. Ma non amavano molto neanche la loro nuova Patria che li stava aggredendo, tant'è vero che non insorsero per facilitarle la vittoria. Il Gregorovius spiega nel suo diario: «L'insurrezione annunciata per oggi, è stata rinviata a causa della pioggia».

Nel 1898 il Re «Buono» onorò della Gran Croce Militare il generale Bava Beccaris per i suoi meriti in una guerra che è bene ricordare. L'avversario era una folla di mendicanti che aspettavano la minestra davanti a un convento a Milano. Il Generale li prese a colpi di cannone e di mortaio solo perché i ricchi (allora come oggi) esigevano il privilegio di non pagare tasse. Volevano sostituire la tassa sulla polenta con qualcosa di peggio per i poveri e di meglio per loro. Ebbero quel che volevano. I morti furono 80, i feriti innumerevoli. Fra i soldati non ci fu né un ferito né un obiettore. Finito il servizio militare tornarono a casa a mangiar polenta. Poca perché era rincarata.

Eppure gli ufficiali seguitarono a farli gridare «Savoia» anche quando li portarono a aggredire due volte (1896 e 1935) un popolo pacifico e lontano che certo non minacciava i confini della nostra Patria. Era l'unico popolo nero che non fosse ancora appestato dalla peste del colonialismo europeo.

Quando si battono bianchi e neri siete coi bianchi? Non vi basta di imporci la Patria Italia? Volete imporci anche la Patria Razza Bianca? Siete di quei preti che leggono la Nazione? Stateci attenti perché quel giornale considera la vita d'un bianco più che quella di 100 neri. Avete visto come ha messo in risalto l'uccisione di 60 bianchi nel Congo, dimenticando di descrivere la contemporanea immane strage di neri e di cercarne i mandanti qui in Europa?

Idem per la guerra di Libia.

Poi siamo al '14. L'Italia aggredì l'Austria con cui questa volta era alleata.

Battisti era un Patriota o un disertore? È un piccolo particolare che va chiarito se volete parlare di Patria. Avete detto ai vostri ragazzi che quella guerra si poteva evitare? Che Giolitti aveva la certezza di poter ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con 600.000 morti?

Che la stragrande maggioranza della Camera era con lui (450 su 508)? Era dunque la Patria che chiamava alle armi? E se anche chiamava, non chiamava forse a una «inutile strage»? (l'espressione non è d'un vile obiettore di coscienza ma d'un Papa canonizzato).

Era nel '22 che bisognava difendere la Patria aggredita. Ma l'esercito non la difese. Stette a aspettare gli ordini che non vennero. Se i suoi preti l'avessero educato a guidarsi con la Coscienza invece che con l'Obbedienza «cieca, pronta, assoluta» quanti mali sarebbero stati evitati alla Patria e al mondo (50.000.000 di morti). Così la Patria andò in mano a un pugno di criminali che violò ogni legge umana e divina e riempiendosi la bocca della parola Patria, condusse la Patria allo sfacelo. In quei tragici anni quei sacerdoti che non avevano in mente e sulla bocca che la parola sacra «Patria», quelli che di quella parola non avevano mai voluto approfondire il significato, quelli che parlavano come parlate voi, fecero un male immenso proprio alla Patria (e, sia detto incidentalmente, disonorarono anche la Chiesa).

Nel '36 50.000 soldati italiani si trovarono imbarcati verso una nuova infame aggressione: Avevano avuto la cartolina di precetto per andar «volontari» a aggredire l'infelice popolo spagnolo.

Erano corsi in aiuto d'un generale traditore della sua Patria, ribelle al suo legittimo governo e al popolo suo sovrano. Coll'aiuto italiano e al prezzo d'un milione e mezzo di morti riuscì a ottenere quello che volevano i ricchi: blocco dei salari e non dei prezzi, abolizione dello sciopero, del sindacato, dei partiti, d'ogni libertà civile e religiosa.

Ancor oggi, in sfida al resto del mondo, quel generale ribelle imprigiona, tortura, uccide (anzi garrota) chiunque sia reo d'aver difeso allora la Patria o di tentare di salvarla oggi. Senza l'obbedienza dei «volontari» italiani tutto questo non sarebbe successo.

Se in quei tristi giorni non ci fossero stati degli italiani anche dall'altra parte, non potremmo alzar gli occhi davanti a uno spagnolo. Per l'appunto questi ultimi erano italiani ribelli e esuli dalla loro Patria. Gente che aveva obiettato.

Avete detto ai vostri soldati cosa devono fare se gli capita un generale tipo Franco? Gli avete detto che agli ufficiali disobbedienti al popolo loro sovrano non si deve obbedire?

Poi dal '39 in là fu una frana: i soldati italiani aggredirono una dopo l'altra altre sei Patrie che non avevano certo attentato alla loro (Albania, Francia, Grecia, Egitto, Jugoslavia, Russia).

Era una guerra che aveva per l'Italia due fronti. L'uno contro il sistema democratico. L'altro contro il sistema socialista. Erano e sono per ora i due sistemi politici più nobili che l'umanità si sia data.

L'uno rappresenta il più alto tentativo dell'umanità di dare, anche su questa terra, libertà e dignità umana ai poveri.

L'altro il più alto tentativo dell'umanità di dare, anche su questa terra, giustizia e eguaglianza ai poveri.

Non vi affannate a rispondere accusando l'uno o l'altro sistema dei loro vistosi difetti e errori. Sappiamo che son cose umane. Dite piuttosto cosa c'era di qua dal fronte. Senza dubbio il peggior sistema politico che oppressori senza scrupoli abbiano mai potuto escogitare. Negazione d'ogni valore morale, di ogni libertà se non per i ricchi e per i malvagi. Negazione d'ogni giustizia e d'ogni religione. Propaganda dell'odio e sterminio d'innocenti. Fra gli altri lo sterminio degli ebrei (la Patria del Signore dispersa nel mondo e sofferente).

Che c'entrava la Patria con tutto questo? e che significato possono più avere le Patrie in guerra da che l'ultima guerra è stata un confronto di ideologie e non di patrie?

Ma in questi cento anni di storia italiana c'è stata anche una guerra «giusta» (se guerra giusta esiste). L'unica che non fosse offesa delle altrui Patrie, ma difesa della nostra: la guerra partigiana.

Da un lato c'erano dei civili, dall'altra dei militari. Da un lato soldati che avevano obbedito, dall'altra soldati che avevano obiettato.

Quali dei due contendenti erano, secondo voi, i «ribelli», quali i «regolari»?

È una nozione che urge chiarire quando si parla di Patria. Nel Congo p. es. quali sono i «ribelli»?

Poi per grazia di Dio la nostra Patria perse l'ingiusta guerra che aveva scatenato. Le Patrie aggredite dalla nostra Patria riuscirono a ricacciare i nostri soldati.

Certo dobbiamo rispettarli. Erano infelici contadini o operai trasformati in aggressori dall'obbedienza militare. Quell'obbedienza militare che voi cappellani esaltate senza nemmeno un «distinguo» che vi riallacci alla parola di San Pietro: «Si deve obbedire agli uomini o a Dio?». E intanto ingiuriate alcuni pochi coraggiosi che son finiti in carcere per fare come ha fatto San Pietro.

In molti paesi civili (in questo più civili del nostro) la legge li onora permettendo loro di servir la Patria in altra maniera. Chiedono di sacrificarsi per la Patria più degli altri, non meno. Non è colpa loro se in Italia non hanno altra scelta che di servirla oziando in prigione.

Del resto anche in Italia c'è una legge che riconosce un'obiezione di coscienza. È proprio quel Concordato che voi volevate celebrare. Il suo terzo articolo consacra la fondamentale obiezione di coscienza dei Vescovi e dei Preti.

In quanto agli altri obiettori, la Chiesa non si è ancora pronunziata né contro di loro né contro di voi. La sentenza umana che li ha condannati dice solo che hanno disobbedito alla legge degli uomini, non che son vili. Chi vi autorizza a rincarare la dose? E poi a chiamarli vili non vi viene in mente che non s'è mai sentito dire che la viltà sia patrimonio di pochi, l'eroismo patrimonio dei più?

Aspettate a insultarli. Domani forse scoprirete che sono dei profeti. Certo il luogo dei profeti è la prigione, ma non è bello star dalla parte di chi ce li tiene.

Se ci dite che avete scelto la missione di cappellani per assistere feriti e moribondi, possiamo rispettare la vostra idea. Perfino Gandhi da giovane l'ha fatto. Più maturo condannò duramente questo suo errore giovanile. Avete letto la sua vita?

Ma se ci dite che il rifiuto di difendere se stesso e i suoi secondo l'esempio e il comandamento del Signore è «estraneo al comandamento cristiano dell'amore» allora non sapete di che Spirito siete! che lingua parlate? come potremo intendervi se usate le parole senza pesarle? se non volete onorare la sofferenza degli obiettori, almeno tacete!

Auspichiamo dunque tutto il contrario di quel che voi auspicate: Auspichiamo che abbia termine finalmente ogni discriminazione e ogni divisione di Patria di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le divise che morendo si son sacrificati per i sacri ideali di Giustizia, Libertà, Verità.

Rispettiamo la sofferenza e la morte, ma davanti ai giovani che ci guardano non facciamo pericolose confusioni fra il bene e il male, fra la verità e l'errore, fra la morte di un aggressore e quella della sua vittima.

Se volete diciamo: preghiamo per quegli infelici che, avvelenati senza loro colpa da una propaganda d'odio, si son sacrificati per il solo malinteso ideale di Patria calpestando senza avvedersene ogni altro nobile ideale umano.

Lorenzo Milani sac


 
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Invictus (Henley)

Post n°36 pubblicato il 08 Giugno 2011 da odette.teresa1958

Out of the night that covers me,
Black as the pit from pole to pole,
I thank whatever gods may be
For my unconquerable soul.

In the fell clutch of circumstance
I have not winced nor cried aloud.
Under the bludgeonings of chance
My head is bloody, but unbowed.

Beyond this place of wrath and tears
Looms but the Horror of the shade,
And yet the menace of the years
Finds and shall find me unafraid.

It matters not how strait the gate,
How charged with punishments the scroll,
I am the master of my fate:
I am the captain of my soul.

 
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Libri dimenticati: Più grandi dell'amore

Post n°35 pubblicato il 08 Giugno 2011 da odette.teresa1958

In questo libro Dominique Lapierre e Larry Collins,autori di libri come "Stanotte la libertà" e "La città della gioia",trattano il tema dell'AIDS.
Non si deve pensare che si tratti di un trattato scientifico o un saggio,tutt'altro.
A figure di ricercatori quali Luc Montagnier e Robert Gallo,al resoconto della loro lotta contro l'HIV,si affiancano anche figure conosciutissime come quella di Madre Teresa,la prima ad aprire a New York una casa di accoglienza per i malati terminali,e figure molto meno note ma non per questo meno importanti.
Spiccano fra tutte quelle di Ananda,la giovane intoccabile di Calcutta che ha conosciuto miseria,malattia (lebbra, dalla quale è guarita),la prostituzione ed alla fine ha trovato rifugio nell'istituto di Madre Teresa,diventando una suora e dedicandosi poi ai malati terminali di AIDS;di suor Bandona,mentore di Ananda;Dell'infermiera Gloria Taylor,che cura con affetto anche i malati più difficili e li accompagna nel momento della morte, con amore e passione;di Lauren,la dragqueen che riesce a sconfiggere il male;di Philippe,il giovane frate libanese rimasto invalido in seguito ad un incidente,che nell'amicizia epistolare con Ananda riscopre il valore della fede.
Ma fra tutte campeggia quella di Josef Stein,il giovane gay ammalatosi di AIDS,amico fraterno di Philippe,primo ospite della "casa" newyorchese di Madre Teresa,che seguiremo durante l'evolversi della malattia.
E' un libro duro,un pugno nello stomaco,che non fa sconti,ma è anche un libro permeato di umanità estrema,toccante,commovente.
Da leggere!

 
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Frase del giorno

Post n°34 pubblicato il 08 Giugno 2011 da odette.teresa1958

L'acqua non si richiude su tutto (Ian Patocka)

 
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