Il labirinto

Brandon Teena

was a cold morning on December 31 in Humboldt, Nebraska, the heart of the Midwest.  While many households were rising to prepare to bring in 1994, one sat ominously silent.  Anna Mae Lambert drove up the driveway of the rented farmhouse just outside town to visit her daughter and grandson.  In moments, she was calling the police.

The Humboldt Rescue Squad took the call around 10:20 a.m.  They were prepared for a long day, knowing that some people start their festivities early, and those who drink sometimes let loose demons.  The Richardson County Sheriff's Department told them there'd been some deaths at the old farmhouse that had once belonged to Frank Rist.  They thought one was a baby.  Could they check it out?

The rescue crew quickly assembled, picked up a doctor and drove out to the farm, followed closely by Deputy Ray Harrod.  No one knew quite what to expect.

Potentially, this was a crime scene, so Harrod entered to secure it.  The first thing he saw was a young African- American man with a prosthetic leg slumped against the couch.  A coffee table lay over his lap.  Going closer, Harrod saw that the man was dead.  There was an entrance wound in his jaw and an exit wound on the right side of his head.  Yet there were no other signs of struggle in the room and nothing about the corpse revealed what had happened.  It could have been a suicide, but there was no gun.  Had someone taken it?

A search of the rest of the house was in order.  Harrod moved toward the dining room.  Oddly enough, a woman sat at the table feeding a baby.  It was she who had made the call to police, she explained.  She understood not to disturb a crime scene.  She was the grandmother to this child and mother to one of the victims. 

Victims?  That meant there was more than one body here.

Anna Mae Lambert directed him to a bedroom.

Harrod ventured within, aware right away that the floor was flooded.  Lying on a leaking waterbed were two people in their early twenties, a blond woman and a baby-faced young man with brown hair.  They both appeared to have been shot execution style.  Looking around for a weapon, the deputy found none.  He had no idea who they were.

Teena Brandon

When Richardson County Sheriff Charles Laux eventually entered to have a look, he recognized one of the women on the bed as Teena Brandon, 21, who'd reported that John Lotter and Tom Nissen had raped her a week earlier, after a Christmas party.

Brandon lay on her back on the lower part of the bed, her legs dangling over the edge and her hands bloody.  She was fully clothed, but her sweatshirt showed a large area of blood that had soaked through from her abdomen.  Her white socks were pink from watered-down blood soaked up from the floor.  Lifting her sweatshirt, officers saw a jagged wound, apparently made by a knife.  Further up, a small bullet hole was evident under her chin, surrounded by gunpowder residue.  That meant she'd been shot at close range.  A fracture on her skull indicated that she'd been hit with a blunt object.  Of the three bodies, hers was the most ravaged, so it was possible that she had been the primary target.

Lisa Lambert, 24, was partly under the covers, but there was a bullet wound to her right eye.  Blood also ran out of her mouth and another wound was found in her stomach.  It appeared that's she'd been sitting up in bed when shot.

The evidence collection unit of the Nebraska State Patrol was called in.  They came out from Lincoln, but had to get an accident reconstruction expert to look at the tire tracks near the front porch, because it was too messed up to get a cast.  They then went in to search for weapons and dust the place for fingerprints.  A lone footprint and a red spot near the front door were photographed.  They assumed that if a gun were located, recovered bullets from the bodies would help them identify it.

Checking the victim on the couch, they saw another bullet entry point in his neck.  From a wallet found in a bedroom, he was identified as Phillip DeVine, age 19, and it appeared that he'd been sleeping there.

Six shell casings were found in the flooded bedroom, along with a spent bullet and a live cartridge.  A cigarette lighter was collected as potential evidence, as were the contents of an ashtray.  Along with swabs from two blood spots, these were bagged and sent to the criminalistics lab in Lincoln.  Then the bodies were removed to the hospital morgue for autopsy.  Arrest warrants for sexual assault were issued for John Lotter and Marvin Thomas Nissen, and when apprehended, they would be questioned in the matter of these murders.  They were under heavy suspicion.

It didn't take long to find out that three people had needlessly died because two young men had been unable to deal with someone who was different.

Festa patronale a S.Tobia

Grande festa due giorni fa a S.Tobia,lettori miei!Dopo 300anni,grazie agli sforzi congiunti di sindaco e prete,si è tornati a festeggiare la festa del patrono!
E secondo voi le cose sono andate lisce? Ma manco per niente!
Si è capito subito che aria tirava fin dalla messa,quando Bernabò Trogolini ha messo nel calice di Ireneo,al posto del vino,aceto corretto col succo di peperoncino.Per poco il pretone non è andato a fuoco.
La sua forte tempra gli ha però permesso di riprendersi e guidare la processione.
Il programma prevedeva che la statua del patrono,portata a spalle dall'Anarchico,Teobaldo,Dio ci scampi e Astorre Trogoloni,facesse due volte il giro del paese.
Disgrazia ha voluto che Berengario sia stato vittima di un attacco di singhiozzo nervoso,La statua prima ha cominciato a sobbalzare e oscillare,facendo cadere Astorre addosso all'Anarchico.
La statua è finita in terra,rompendosi in mille pezzi.
Vista l'isteria collettiva che aveva colpito tutti,Ireneo ha dovuto sospendere la cerimonia.
La sera si è svolta la parte laica della festa:una gran tavolata in piazza e per finire uno spettacolo pirotecnico.
Manco a dirlo,il mascarpone del tiramisù era avariato:mezzo paese,dottor Macelloni compreso,è finito all'ospedale di Pistoia.
Il sindaco,a questo punto,avrebbe anche rinunciato ai fuo chi d'artificio,ma il Cornacchiioni è stato inflessibile.
Addetto ai fuochi era il droghiere Clodoveo,notorio pasticcione.
Rislutato:sul paese si è abbattuta una pioggia di fuoco.Pareva che fosse di nuovo scoppiata la guerra.Il pagliaio dei Martellacci è bruciato e sono crollati il tetto di casa Capricorni e il campanile, da poco restaurato.
Col favore della confusione,l'artefice di cotanto sconquasso si è dileguato.
Sono passati due giorni
S.Tobia pare un paese bosniaco.
Ireneo e lo Sgozzaloca fanno il conto dei danni.Nell tempo libero,il primo pulisce il fucile e l'altro si alllena con la mazza ferrata appartenuta al suo famoso e ferocissimo antenato,il capitano di ventura Spaccamontone Sgozzaloca,detto Il Massacratore.
Pare, ma nn è certo,che Clodoveo,per sfuggire alle loro amorevoli attenzioni,abbia chiesto asilo politico al Dalai Lama.
E su questa nota religiosa,il qui scrivente passa e chiude.

Emily Dicknson

Se io potrò impedire ad un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano -
Se allevierò il dolore di una vita o allevierò una pena -
O aiuterò un pettirosso caduto a rientrare nel nido
Non avrò vissuto invano.

Cora Slocomb

Del personaggio parla nel suo libro- La signora di Sin-Sing/No alla pena di morte, Giunti editore, 2002- la pronipote Idanna Pucci, nata a Brazzà, poco lontano da Udine, cresciuta a Firenze, laureata in Lettere comparate alla Columbia University di New York e studiosa di mitologia balinese. Il personaggio eccezionale riscoperto dal libro è la bisnonna, l’americana Cora Slocomb, moglie del friulano Detalmo di Brazzà, fratello dei famosi esploratori.

Idanna Pucci ha raccolto documenti, appunti, diari in vecchi cassettoni, ha sollecitato e ascoltato racconti dalla madre e da ciò è nata una storia nella quale, sullo sfondo di paesaggi geografici e sociali diversi, che vanno dal Friuli all’America, s’intrecciano figure, miserie, dolori, destini, storie di mobilitazioni civili che mantengono i lettori legati alla pagina, come ormai raramente capita.

Vale la pena, allora, ricordare tre giudizi apparsi su giornali americani. Da condividere. “La narrazione non lascia niente al caso e riesce a provocare suspense ed emozione…” ( New York Times ); “Un libro splendido e importante sulla giustizia nell’epoca cosiddetta dorata di New York…apre la via a uno studio più approfondito su questo periodo, caratterizzato da una giustizia ferrea a sfavore degli immigrati e delle classi più povere, che nulla comprendevano delle leggi e invariabilmente perdevano…” ( New York Law Journal ); “ Le questioni sociali più scottanti emergono in tutta la loro pienezza…le storie di queste donne troppo a lungo neglette sono riportate alla luce con passione e credibilità” ( Philadelphia Inquirer ).

Cora Slocomb Brazzà “era l’incarnazione dell’ideale di bellezza dell’epoca tardovittoriana: la sua pelle era bianca e liscia come l’avorio, le spalle perfettamente rotonde, il seno opulento e la vita sottile…”. Ed era una donna anticonformista, libera, attenta al mondo femminile e ai suoi problemi.

Anticonformista quanto Detalmo di Brazzà, il marito, appassionato di ingegneria civile, scienziato-inventore. Entrambi convinti che “ la ricchezza rende felici soltanto perché offre l’opportunità di fare del bene al prossimo: quella dei poveri era una causa che condividevano con pari determinazione”.

Cora, poco tempo dopo essersi stabilita a Brazzà, introdusse in Friuli l’arte del merletto imparata adolescente in Louisiana dalla madre quacchera. A Brazzà fondò una cooperativa che divenne ben presto uno dei centri italiani più attivi e apprezzati del settore.

“La cooperativa forniva i mezzi di sostentamento alle donne senza distoglierle dai loro compiti domestici o dal lavoro contadino, e le occupava nei lunghi periodi invernali durante i quali non si poteva lavorare nei campi”. Le merlettaie di Brazzà divennero presto famose anche come “le merlettaie della regina”, grazie agli ordini regolari che venivano da casa Savoia, dalla regina Margherita. “A Chicago, all’Esposizione Internazionale del 1893, i merletti di Brazzà furono scelti come esempio magistrale dell’artigianato italiano”.

Un grande e proficuo lavoro d’emancipazione quello compiuto da Cora di Brazzà tra le donne del Friuli. Un mondo che stimava e amava. Con la stessa intensità, le stavano a cuore i problemi della pace e della non violenza. Tanto “da diventare presidente del Committee on Peace and Arbitration all’interno dell’American National Council of Women”. Inoltre, nell’85, venne eletta presidentessa dell’Associazione Italiana dell’Impresa Femminile.

Nell’aprile 1895 apprende dalla stampa americana, che puntualmente leggeva,una notizia: a New York, una povera immigrata italiana, Maria Barbella, di ventidue anni, drogata, sedotta e abbandonata, aveva tagliato la gola, per lo stato di vergogna in cui venne a trovarsi, al seduttore Domenico Cataldo. Era in corso un processo che lasciava trasparire venature razziste e pregiudizi contro l’emigrazione italiana.

Cora Slocomb di Brazzà decide allora, sostenuta dall’accondiscendente e sempre presente marito, di trasferirsi a New York. Per battersi a difesa di Maria, per salvarla dalla sedia elettrica, la recente invenzione americana di un dentista.

Là Cora, anche con l’aiuto di un’altra donna coraggiosa, Mrs Foster vedova di un generale, mobilita l’attenzione dei cittadini, della stampa, delle istituzioni giuridiche a favore di Maria Barbella, per la revisione delle accuse, e contro la pena di morte.

“Cora e Detalmo non potevano conciliare la reputazione dell’America come patria della scienza e dell’abolizionismo con quelle spiccate tendenze barbariche (…) Per Cora la pena di morte rappresentava un potente strumento di repressione dei gruppi di minoranza. In ogni epoca storica, l’opinione della classe dominante era che un assassino proveniva sempre da quel gruppo sociale che si stava conquistando un posto autonomo nella società”.

Alla fine la battaglia, almeno per Maria Barbella, fu vinta. La povera, giovane donna della Basilicata, una dei 247.000 italiani che sbarcarono in America nel 1892, fu libera e salva.

“Nel 1906 si concluse la vita pubblica di Cora. La contessa di Brazzà aveva quarantaquattro anni.

“Avvenne all’improvviso”, scrive Detalmo nelle sue memorie: “senza alcun sintomo premonitore; Cora cadde malata in un caldo pomeriggio di maggio. Stava facendo sosta a Bologna nel suo viaggio di ritorno a Brazzà dalla Calabria devastata dal terremoto, dove aveva organizzato i primi soccorsi”. Quando morì, il 24 agosto 1944, a ottantadue anni, ventiquattro anni dopo Detalmo, “ I suoi occhi color acquamarina erano rimasti quelli di un tempo.

Maria Barbella

Libri dimenticati: Il fuoco dell'anima (Pucci)

Frase del giorno

Una donna che non sia una stupida presto o tardi incontra un rottame umano e si prova a salvarlo.Qualche volta ci riesce.Ma una donna che non sia una stupida presto o tardi trova un uomo sano e lo riduce a rottame.Ci riesce sempre! (Pavese)