Messaggi del 25/06/2011

Tina Modotti

Post n°134 pubblicato il 25 Giugno 2011 da odette.teresa1958

Assunta Adelaide Luigia Modotti Mondini meglio conosciuta come Tina Modotti (Udine, 17 agosto 1896 – Città del Messico, 5 gennaio 1942) è stata una fotografa e attrice italiana.
Indice

L'emigrazione in America

Nel giugno 1913 lasciò l'Italia e l'impiego nella Fabbrica Premiata Velluti, Damaschi e Seterie Domenico Raiser, per raggiungere il padre, emigrato a San Francisco, dove lavorò in una fabbrica tessile e si dedicò al teatro amatoriale, recitando anche D'Annunzio, Goldoni e Pirandello.

Nel 1918 si sposò con il pittore Roubaix "Robo" de l'Abrie Richey. I due si trasferirono a Los Angeles per inseguire la carriera nell'industria del cinema. L'esordio della Modotti è nel 1920, con il film The Tiger's Coat, per il quale venne acclamata anche per il suo "fascino esotico". Grazie al marito conobbe il fotografo Edward Weston e la sua assistente Margrethe Mather. Nel giro di un anno, la Modotti divenne la sua modella preferita e, nell'ottobre 1921, sua amante. Quello stesso anno il marito Robo rispose a questa relazione trasferendosi in Messico, seguito a breve dalla moglie che, però, giunse a Città del Messico quando egli era morto ormai da due giorni, a causa del vaiolo (9 febbraio 1922). Nel 1923, ritornò nella capitale messicana con Weston ed uno dei suoi quattro figli, lasciandosi indietro il resto della sua famiglia.
L'esperienza messicana

Modotti e Weston entrarono rapidamente in contatto con i circoli bohèmien della capitale, ed usarono questi nuovi legami per creare ed espandere il loro mercato dei ritratti. Inoltre Modotti incontrò diversi esponenti radicali comunisti, tra cui i tre funzionari del Partito Comunista Messicano con cui ebbe delle relazioni sentimentali: Xavier Guerrero, Julio Antonio Mella e Vittorio Vidali.

Il 1927 è l'anno dell'iscrizione al PCM e l'inizio della fase più intensa del suo attivismo politico. In quel periodo le sue fotografie vennero pubblicate su numerosi giornali di sinistra, tra cui l'organo ufficiale del PCM, El Machete.

Si pensa che Modotti sia stata introdotta alla fotografia quando era ancora in Italia, dove suo zio Pietro gestiva uno studio fotografico. Anni dopo, negli USA, suo padre aprì uno studio simile a San Francisco, accrescendo il suo interesse per questa forma d'arte. Comunque fu la sua relazione con Weston che le permise di praticare e migliorare le sue capacità, fino a divenire un'artista di fama internazionale. Il fotografo messicano Manuel Alvares Bravo suddivise la carriera della Modotti in due periodi: quello romantico e quello rivoluzionario. Il primo include il periodo trascorso con Weston come assistente in camera oscura, poi come contabile e infine come assistente creativo. Insieme aprirono uno studio di ritrattistica a Città del Messico e ricevettero l'incarico di viaggiare per il Messico per fare fotografie da pubblicare nel libro Idols Behind Altars, di Anita Brenner. In questo periodo venne scelta come "fotografa ufficiale" del movimento muralista messicano, immortalando i lavori di José Clemente Orozco e di Diego Rivera. Molte delle foto dedicate fiori sono state scattate in quel periodo.

Nel dicembre del 1929 una sua mostra venne pubblicizzata come "La prima mostra fotografica rivoluzionaria in Messico": fu l'apice della sua carriera di fotografa. All'incirca un anno dopo fu costretta a lasciare la macchina fotografica dopo l'espulsione dal Messico e, a parte poche eccezioni, non scattò più fotografie nei dodici anni che le rimanevano da vivere.
Il lavoro per il Comintern

Esiliata dalla sua patria adottiva, per un periodo la Modotti viaggiò in giro per l'Europa per poi stabilirsi a Mosca dove si unì alla polizia segreta sovietica, che la utilizzò per varie missioni in Francia ed Europa orientale (probabilmente a sostegno della Rivoluzione Mondiale che aveva in mente). Quando scoppiò la Guerra civile spagnola, nel 1936, lei e Vidali (sotto gli pseudonimi di Maria e Comandante Carlos) si unirono alle Brigate Internazionali, rimanendo nella penisola iberica fino al 1939. Lavorò con il celebre dottore canadese Norman Bethune (che inventò le unità mobili per le trasfusioni) durante la disastrosa ritirata da Malaga nel 1937. Nel 1939, dopo il collasso del movimento repubblicano, la Modotti lasciò la Spagna con Vidali per tornare in Messico sotto uno pseudonimo.

Tina Modotti morì a Città del Messico il 5 gennaio 1942, secondo alcuni in circostanze sospette. Dopo aver avuto la notizia della morte Rivera affermò che fosse stato Vidali ad aver organizzato l'omicidio. Tina poteva "sapere troppo" delle attività di Vidali in Spagna, incluse le voci riguardanti 400 esecuzioni. Più probabilmente quella notte Tina, dopo aver cenato con amici in casa dell'architetto Hannes Meyer, viene colpita da un infarto, e muore dentro un taxi che la sta riportando a casa. La sua tomba è nel grande Pantheòn de Dolores a Città del Messico. Il poeta Pablo Neruda, indignato dalle accuse fatte a Vittorio Vidali compose il suo epitaffio in cui è indicato anche lo sciacallaggio riferibile a queste infamie; di questo componimento una parte può essere trovata sulla lapide della Modotti, che include anche un suo ritratto in bassorilievo fatto dall'incisore Leopoldo Méndez:
« Tina Modotti hermana,

no duermes no, no duermes
talvez tu corazon
oye crecer la rosa
de ayer la ultima rosa
de ayer la nueva rosa
descansa dulcemente hermana.

Puro es tu dulce nombre
pura es tu fragil vida
de abeja sombra fuego
nieve silencio espuma
de acero linea polen
se construyo tu ferrea
tu delgada estructura »

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 

La rallegrata ( Pirandello)

Post n°133 pubblicato il 25 Giugno 2011 da odette.teresa1958

Appena il capostalla se n'andò, bestemmiando più del solito, Fofo si volse a Nero, suo compagno di mangiatoja, nuovo arrivato, e sospirò:
          - Ho capito! Gualdrappe, fiocchi e pennacchi. Cominci bene, caro mio! Oggi è di prima classe.
          Nero voltò la testa dall'altra parte. Non sbruffò, perché era un cavallo bene educato. Ma non voleva dar confidenza a quel Fofo.
          Veniva da una scuderia principesca, lui, dove uno si poteva specchiare nei muri: greppie di faggio a ogni posta, campanelle di ottone, battifianchi imbottiti di cuojo e colonnini col pomo lucente.
          Mah!
          Il giovane principe, tutto dedito ora a quelle carrozze strepitose, che fanno - pazienza, puzzo - ma anche fumo di dietro e scappano sole, non contento che già tre volte gli avessero fatto correre il rischio di rompersi il collo, subito appena colpita di paralisi la vecchia principessa (che di quelle diavole là, oh benedetta!, non aveva voluto mai saperne), s'era affrettato a disfarsi, tanto di lui, quanto di Corbino, gli ultimi rimasti nella scuderia, per il placido landò della madre.
          Povero Corbino, chi sa dov'era andato a finire, dopo tant'anni d'onorato servizio!
          Il buon Giuseppe, il vecchio cocchiere, aveva loro promesso che, andando a baciar la mano con gli altri vecchi servi fidati alla principessa, relegata ormai per sempre in una poltrona, avrebbe interceduto per essi.
          Ma che! Dal modo con cui il buon vecchio, ritornato poco dopo, li aveva accarezzati al collo e sui fianchi, subito l'uno e l'altro avevano capito che ogni speranza era perduta e la loro sorte decisa. Sarebbero stati venduti.
          E difatti...
          Nero non comprendeva ancora, dove fosse capitato. Male, proprio male, no. Certo, non era la scuderia della principessa. Ma una buona scuderia era anche questa. Più di venti cavalli, tutti mori e tutti anzianotti, ma di bella presenza, dignitosi e pieni di gravità. Oh, per gravità, forse ne avevano anche troppa!
          Che anch'essi comprendessero bene l'ufficio a cui erano addetti, Nero dubitava. Gli pareva che tutti quanti, anzi, stessero di continuo a pensarci, senza tuttavia venirne a capo. Quel dondolio lento di code prolisse, quel raspare di zoccoli, di tratto in tratto, certo erano di cavalli cogitabondi.
          Solo quel Fofo era sicuro, sicurissimo d'aver capito bene ogni cosa.
          Bestia volgare e presuntuosa!
          Brocco di reggimento, scartato dopo tre anni di servizio, perché - a suo dire - un tanghero di cavalleggero abruzzese lo aveva sgroppato, non faceva che parlare e parlare.
          Nero, col cuore ancor pieno di rimpianto per il suo vecchio amico, non poteva soffrirlo. Più di tutto lo urtava quel tratto confidenziale, e poi la continua maldicenza sui compagni di stalla.
          Dio, che lingua!
          Di venti, non se ne salvava uno! Questo era così, quello cosà.
          «La coda... guardami là, per piacere, se quella è una coda! se quello è un modo di muovere la coda! Che brio, eh?
          «Cavallo da medico, te lo dico io.
          «E là, là, guardami là quel bel truttrù calabrese, come crolla con grazia le orecchie di porco. E che bel ciuffo! e che bella barbozza! Brioso anche lui, non ti pare?
          «Ogni tanto si sogna di non esser castrone, e vuol fare all'amore con quella cavalla là, tre poste a destra, la vedi? con la testa di vecchia, bassa davanti e la pancia fin a terra.
          «Ma quella è una cavalla? Quella è una vacca, te lo dico io. E se sapessi come la va con passo di scuola! Pare che si scotti gli zoccoli, toccando terra. Eppure, certe saponate, amico mio! Già, perché è di bocca fresca. Deve ancor pareggiare i cantoni, figùrati!»
          Invano Nero dimostrava in tutti i modi a quel Fofo di non volergli dare ascolto. Fofo imperversava sempre più.
          Per fargli dispetto.
          «Sai dove siamo noi? Siamo in un ufficio di spedizione. Ce n'è di tante specie. Questo è detto delle pompe funebri.
          «Pompa funebre sai che vuol dire? Vuol dire tirare un carro nero di forma curiosa, alto, con quattro colonnini che reggono il cielo, tutto adorno di balze e paramenti e dorature. Insomma, un bel carrozzone di lusso. Ma roba sprecata, non credere! Tutta roba sprecata, perché dentro vedrai che non ci sale mai nessuno.
          «Solo il cocchiere, serio serio, in serpe.
          «E si va piano, sempre di passo. Ah, non c'è pericolo che tu sudi e ti strofinino al ritorno, né che il cocchiere ti dia mai una frustata o ti solleciti in qualche altro modo!
          «Piano - piano - piano.
          «Dove devi arrivare, arrivi sempre a tempo.
          «E quel carro lì - io l'ho capito bene - dev'essere per gli uomini oggetto di particolare venerazione.
          «Nessuno, come t'ho detto, ardisce montarci sopra; e tutti, appena lo vedono fermo davanti a una casa, restano a mirarlo con certi visi lunghi spauriti; e certi gli vengono attorno coi ceri accesi; e poi appena cominciamo a muoverci, tanti dietro, zitti zitti, lo accompagnano.
          «Spesso, anche, davanti a noi, c'è la banda. Una banda, caro mio, che ti suona una certa musica, da far cascare a terra le budella.
          «Tu, ascolta bene, tu hai il vizio di sbruffare e di muover troppo la testa. Ebbene, codesti vizii te li devi levare. Se sbruffi per nulla, figuriamoci che sarà quando ascolterai quella musica!
          «Il nostro è un servizio piano, non si nega; ma vuole compostezza e solennità. Niente sbruffi, niente beccheggio. È già troppo, che ti concedano di dondolar la coda, appena appena.
          «Perché il carro che noi tiriamo, torno a dirtelo, è molto rispettato. Vedrai che tutti, come ci vedono passare, si levano il cappello.
          «Sai come ho capito, che si debba trattare di spedizione? L'ho capito da questo.
          «Circa due anni fa, me ne stavo fermo, con uno de' nostri carri a padiglione, davanti alla gran cancellata che è la nostra mèta costante.
          «La vedrai, questa gran cancellata! Ci sono dietro tanti alberi neri, a punta, che se ne vanno dritti dritti in due file interminabili, lasciando di qua e di là certi bei prati verdi, con tanta buon'erba grassa, sprecata anche quella, perché guai se, passando, ci allunghi le labbra.
          «Basta. Me ne stavo lì fermo, allorché mi s'accostò un povero mio antico compagno di servizio al reggimento, ridotto assai male: a tirare, figurati, un traino ferrato, di quei lunghi, bassi e senza molle.
          «Dice:
          «- Mi vedi? Ah, Fofo, non ne posso proprio più!
          «- Che servizio? - gli domando io.
          «E lui:
          «- Trasporto casse, tutto il giorno, da un ufficio di spedizione alla dogana.
          «- Casse? - dico io. - Che casse?
          «- Pesanti! - fa lui. - Casse piene di roba da spedire.
          «Fu per me una rivelazione.
          «Perché devi sapere, che una certa cassa lunga lunga, la trasportiamo anche noi. La introducono pian piano (tutto, sempre, pian piano) entro il nostro carro, dalla parte di dietro; e mentre si fa quest'operazione, la gente attorno si scopre il capo e sta a mirare sbigottita. Chi sa perché! Ma certo, se traffichiamo di casse anche noi, deve trattarsi di spedizione, non ti pare?
          «Che diavolo contiene quella cassa? Pesa oh, non credere! Fortuna, che ne trasportiamo sempre una alla volta.
          «Roba da spedire, certo. Ma che roba, non lo so. Pare di gran conto, perché la spedizione avviene con molta pompa e molto accompagnamento.
          «A un certo punto, di solito (non sempre), ci fermiamo davanti a un fabbricato maestoso, che forse sarà l'ufficio di dogana per le spedizioni nostre. Dal portone si fanno avanti certi uomini parati con una sottana nera e la camicia di fuori (che saranno, suppongo, i doganieri); la cassa è tratta dal carro; tutti di nuovo si scoprono il capo; e quelli segnano sulla cassa il lasciapassare.
          «Dove vada tutta questa roba preziosa, che noi spediamo - questo, vedi - non sono riuscito ancora a capirlo. Ma ho un certo dubbio, che non lo capiscano bene neanche gli uomini; e mi consolo.
          «Veramente, la magnificenza delle casse e la solennità della pompa potrebbero far supporre, che qualche cosa gli uomini debbano sapere su queste loro spedizioni. Ma li vedo troppo incerti e sbigottiti. E dalla lunga consuetudine, che ormai ho con essi, ho ricavato questa esperienza: che tante cose fanno gli uomini, caro mio, senza punto sapere perché le facciano!»

          Come Fofo, quella mattina, alle bestemmie del capostalla s'era figurato: gualdrappe, fiocchi e pennacchi. Tir'a quattro. Era proprio di prima classe.
          «Hai visto? Te lo dicevo io?»
          Nero si trovò attaccato con Fofo al timone. E Fofo, naturalmente, seguitò a seccarlo con le sue eterne spiegazioni.
          Ma era seccato anche lui, quella mattina, della soperchieria del capostalla, che nei tiri a quattro lo attaccava sempre al timone e mai alla bilancia.
          «Che cane! Perché, tu intendi bene, questi due, qua davanti a noi, sono per comparsa. Che tirano? Non tirano un corno! Tiriamo noi. Si va tanto piano! Ora si fanno una bella passeggiatina per sgranchirsi le gambe, parati di gala. E guarda un po' che razza di bestie mi tocca di vedermi preferire! Le riconosci?»
          Erano quei due mori che Fofo aveva qualificati cavallo da medico e truttrù calabrese.
          «Codesto calabresaccio! Ce l'hai davanti tu, per fortuna! Sentirai, caro; t'accorgerai che di porco non ha soltanto le orecchie, e ringrazierai il capostalla, che lo protegge e gli dà doppia profenda. Ci vuol fortuna a questo mondo, non sbruffare. Cominci fin d'adesso? Quieto con la testa! Ih, se fai così, oggi caro mio, a furia di strappate di briglia, tu farai sangue dalla bocca, te lo dico io. Ci sono i discorsi, oggi. Vedrai che allegria! Un discorso, due discorsi, tre discorsi... M'è capitato il caso d'una prima classe anche con cinque discorsi! Roba da impazzire. Tre ore di fermo, con tutte queste galanterie addosso che ti levano il respiro: le gambe impastoiate, la coda imprigionata, le orecchie tra due fori. Allegro, con le mosche che ti mangiano sotto la coda! Che sono i discorsi? Mah! Ci capisco poco, dico la verità. Queste di prima classe, debbono essere spedizioni molto complicate. E forse, con quei discorsi, fanno la spiega. Una non basta, e ne fanno due; non bastano due, e ne fanno tre. Arrivano a farne fino a cinque, come t'ho detto: mi ci son trovato io, che mi veniva di sparar calci, caro mio, a dritta e a manca, e poi di mettermi a rotolar per terra come un matto. Forse oggi sarà lo stesso. Gran gala! Hai visto il cocchiere, come s'è parato anche lui? E ci sono anche i famigli, i torcieri. Di', tu sei sitoso?»
          «Non capisco.»
          «Via, pigli ombra facilmente? Perché vedrai che tra poco, i ceri accesi te li metteranno proprio sotto il naso... Piano, uh... piano! che ti piglia? Vedi? Una prima strappata... T'ha fatto male? Eh, ne avrai di molte tu oggi, te lo dico io. Ma che fai? sei matto? Non allungare il collo così! (Bravo, cocco, nuoti? giochi alla morra?). Sta' fermo... Ah sì? Pigliati quest'altre... Ohé, dico bada, fai strappar la bocca anche a me! Ma questo è matto! Dio, Dio, quest'è matto davvero! Ansa, rigna, annitrisce, fa ciambella, che cos'è? Guarda che rallegrata! È matto! è matto! fa la rallegrata, tirando un carro di prima classe!»
          Nero difatti pareva impazzito davvero: ansava, nitriva, scalpitava, fremeva tutto. In fretta in furia, giù dal carro dovettero precipitarsi i famigli a trattenerlo davanti al portone del palazzo, ove dovevano fermarsi, tra una gran calca di signori incamatiti, in abito lungo e cappello a staio.
          - Che avviene? - si gridava da ogni parte. - Uh, guarda, s'impenna un cavallo del carro mortuario!
          E tutta la gente, in gran confusione, si fece intorno al carro, curiosa, meravigliata scandalizzata. I famigli non riuscivano ancora a tener fermo Nero. Il cocchiere s'era levato in piedi e tirava furiosamente le briglie. Invano. Nero seguitava a zampare, a nitrire, friggeva, con la testa volta verso il portone del palazzo.
          Si quietò, solo quando sopravvenne da quel portone un vecchio servitore in livrea il quale, scostati i famigli, lo prese per la briglia, e subito, riconosciutolo, si diede a esclamare con le lagrime agli occhi:
          - Ma è Nero! è Nero! Ah, povero Nero, sicuro che fa così! Il cavallo della signora! il cavallo della povera principessa! Ha riconosciuto il palazzo, sente l'odore della sua scuderia! Povero Nero, povero Nero... buono, buono... sì, vedi? sono io, il tuo vecchio Giuseppe. Sta' buono, sì... Povero Nero, tocca a te di portartela, vedi? la tua padrona. Tocca a te, poverino, che ti ricordi ancora. Sarà contenta lei d'essere trasportata da te per l'ultima volta.
          Si voltò poi al cocchiere, che, imbestialito per la cattiva figura che la Casa di pompe faceva davanti a tutti quei signori, seguitava a tirar furiosamente le briglie, minacciando frustate, e gli gridò:
          - Basta! Smettila! Lo reggo qua io. È manso come una pecora. Mettiti a sedere. Lo guiderò io per tutto il tragitto. Andremo insieme, eh Nero? a lasciar la nostra buona signora. Pian piano, al solito, eh? E tu starai buono, per non farle male, povero vecchio Nero, che ti ricordi ancora. L'hanno già chiusa nella cassa; ora la portano giù.
          Fofo, che dall'altra parte del timone se ne stava a sentire, a questo punto domandò, stupito:
          «Dentro la cassa, la tua padrona?»
          Nero gli sparò un calcio di traverso.
          Ma Fofo era troppo assorto nella nuova rivelazione, per aversene a male.
          «Ah, dunque, noi,» seguitò a dir tra sé, «ah, dunque, noi... guarda, guarda... lo volevo dire io... Questo vecchio piange; tant'altri ho visto piangere, altre volte... e tanti visi sbigottiti... e quella musica languida. Capisco tutto, adesso, capisco tutto.. Per questo il nostro servizio è così piano! Solo quando gli uomini piangono, possiamo stare allegri e andar riposati nojaltri...»
          E gli venne la tentazione di fare una rallegrata anche lui.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 

Non è vero ma ci credo

Post n°132 pubblicato il 25 Giugno 2011 da odette.teresa1958

Decisamente in questo periodo la famiglia dell'Anarchico non riesce a star lontanta dagli onori della cronaca.
Tranquilli,il Carminuzzo è sempre a Ventotene.Stavolta mi devo occupare delle stranezze dell'Anarchico,dovute tutte alla sua patologica superstizione.
Credete che esageri?
Leggete un po'!
LUNEDI': Uscendo di casa,l'Anarchico si è imbattuto in un gatto nero.Colto da crisi isterica,ha impugnato lo schioppo ed è corso dietro al felino,che è scomparso dietro un cespuglio,L'Anarchico ha fatto fuoco...Ed ha impallinato Be'erino,intento ad un bisogno fisiologico!
Il gatto se l'è filata con un miagolio molto somigliante a una pernacchia
MARTEDI'- Davanti alla porta dell'osteria c'era una scala.Per non passarci sotto,l'Anarchico l'ha spostata.L'oste Alfredino,che era salito sul tetto a riparare una tegola,è finito nel pozzo.
MERCOLEDI'- Leone ha rotto uno specchio e per non essere ucciso dal padre si è dovuto nascondere nella concimaia di Teobaldo
GIOVEDI'- La Sargenta ha rovesciato prima l'olio e poi il sale.Urlando che lo voleva morto,l'Anarchico le è saltato addosso,col dichiarato intento di restare vedovo,Si è beccato una paiolata nei denti.
VENERDI'- Era il 17.L'Anarchico non si è mosso dal letto.
SABATO: Tragedia delle tragedie!
L'Anarchico doveva disputare la finalissima del torneo di briscola e le sue mutande portafortuna (boxer viola a draghetti gialli)erano scomparse.Dopo aver urlato come un ossesso (pratesi e fiorentini hanno sporto denuncia nei suoi confrotni per inquinamento acustico)e rivoltato la casa,si è accorto che le aveva addosso lui
Non si sa come è ancora vivo.
DOMENICA- Esasperata la Sargenta ha fatto esorcizzare il marito dal Cornacchioni,a furia calci nelle gengive e schaffoni.
Sono passati dieci giorni.
Be'erino sta ancora sdraiato a pancia ingiù.Vuole uccidere il cognato ,ma non sa se impalarlo o crocifiggerlo.
Alfredino sta preparando un forcone elettrificato.Se gli si chiede che vuol farne,ridacchia satanicamente.
L'Anarchico si trova nella clinica Luminaris ,isolamento (pare che la sua superstizione sia contagiosissima).
E mentre i suoi si godono la ritrovata (per quanto?) pace,io passo e chiudo





 

Tornare in alto

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 

Io so (Quoist)

Post n°131 pubblicato il 25 Giugno 2011 da odette.teresa1958

Io so
che se migliaia di uomini muoiono di fame, mentre nello stesso istante altri muoiono per mangiare troppo,
è perché non abbiamo saputo condividere il grano e impastare il pane per i nostri fratelli umani Io so
che se tanti giovani esplodono in violenze volendo prendere con la forza ciò di cui sono stati privati,
è perché sono nati per errore, da un abbraccio casuale, o voluti come bambole da genitori bambini, dopo l’automobile e il cagnolino Io so
che se degli uomini non vedono che segni neri e muti sulle pagine del libro,
è perché alcuni conservano il sapere per sé, come un dono riservato Io so
che se la terra è proprietà e profitto per qualcuno, mentre è solo cantiere di lavoro e di pena per la moltitudine,
è perché gli uomini hanno dimenticato che la terra è di tutti e non del più forte Io so
che se certi uomini, è vero, sono più ricchi d’intelligenza, di salute, di coraggio, che altri,
le loro ricchezze sono un debito verso chi ne è sprovvisto, ma so anche che questo debito cresce, senza essere rimborsato Io so
che se milioni di uomini vivono senza poter prendere, liberi e responsabili, il loro posto nella costruzione del mondo,
è perché qualcuno si crede nato per essere padrone e gli occorrono degli schiavi per poter rimanere padrone Io so
che se migliaia di prigionieri agonizzano nei campi di prigionia, o urlano sotto la tortura,
è perché alcuni si fanno proprietari di verità e uccidono lentamente i corpi perché muoia il pensiero Io so anche, e ne resto ammirato,
che dovunque si ergono uomini coraggiosi, e gettano il loro corpo insanguinato nelle lotte per la giustizia e per la pace,
ma so anche che da un corpo che combatte, senza un cuore che batte,
non può nascere una vittoria,
perché le lotte senza amore sono lotte vane
e il sangue che fanno scorrere chiama altro sangue

 

 

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 

Libri dimenitcati:Nanà (Zola)

Post n°130 pubblicato il 25 Giugno 2011 da odette.teresa1958

Nanà è una ragazza di umilissime origini,di poco talento,che riesce ad entrare nel cast di una commedia a Parigi e sfondare come desiderava.
Bellissima e corrotta,avida di lusso,e soprattutto desiderosa di rivalsa, ella irromperà come un turbine nelle vite di molti uomini,distruggendole:Il conte Muffat,dignitario alla corte di Napoleone III,per lei perderà cariche e dignità;Il giovane Georges,che l'ama di un amore puro e vorrebbe redimerla,si suiciderà,mentre il fratello per lei arriverà a rubare nelle casse del reggimento e affronterà degradazione e prigione...
Alla fine,però,il destino si rovlterà contro di lei e morirà sola,di vaiolo,in una stanza d'albergo,proprio mentre viene dichiarata guerra alla Prussia.
In questo romanzo Zola,usando quasi come allegoria Nanà,ci offre un quadro della Francia del Secondo Impero,impietoso e veritiero,lasciandoci pagine di grande intensità descrittiva.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 

Frase del giorno

Post n°129 pubblicato il 25 Giugno 2011 da odette.teresa1958

Hai creduto che ti bastasse chiudere una porta e sei rimasto a guardarla per tutta la vita

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
 

Archivio messaggi

 
 << Giugno 2011 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
    1 2 3 4 5
6 7 8 9 10 11 12
13 14 15 16 17 18 19
20 21 22 23 24 25 26
27 28 29 30      
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 4
 

Ultime visite al Blog

giovirocSOCRATE85comagiusdott.marino.parodisgnudidavidamoreeva0012lutorrelliDUCEtipregotornacrescenzopinadiamond770cdilas0RosaDiMaggioSpinosamaurinofitnessAppaliumador
 

Ultimi commenti

Ciao, serena serata
Inviato da: RicamiAmo
il 01/08/2014 alle 18:11
 
Ciao per passare le tue vacanze vi consigliamo Lampedusa...
Inviato da: Dolce.pa44
il 26/07/2014 alle 18:22
 
Buon pomeriggio.Tiziana
Inviato da: do_re_mi0
il 23/04/2014 alle 18:01
 
i gatti sono proprio così.:)
Inviato da: odio_via_col_vento
il 14/04/2014 alle 20:57
 
questi versi sono tanto struggenti quanto veritieri. Ciao e...
Inviato da: Krielle
il 23/03/2014 alle 04:38
 
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963