Il labirinto
blog diarioMessaggi del 28/06/2011
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"S.Tobia balla" è il titolo del primo festival di ballo del nostro paesino,voluto e realizzato dalla nostra sindachessa!
Il meccaninismo è semplice: ogni coppia di ballerini propone un ballo diverso,ci sono le eliminatorie e le ultima 4 coppie rimaste di sputano la finalissima. Detta finalissima c'è stata sette giorni fa.
Vi partecipavano Dio ci scampi e lamoglie Carolina (valzer);Gelsomina Capperoni e il nuovo medico condotto,Romeo Zompafossi (charleston); la Candida e Caino Trogoloni (tango); Astorre e Bradamante Trogoloni (boogie woogie).
In pieno caschè, Caino si è beccato il colpo della strega e la coppia è stata eliminata.
La Candida ha reagito assai sportivamente, prendendo a morsi in testa il suo cavaliere e poi tentando il suicidio prendendo a capocciate l'unico lampione di S.Tobia.
Dio ci scampi, preso dall'emozione, ha cominciato a girare sempre più vorticosamente, trasformando lui e consorte in due trottole umane che travolgevano ogni cosa. Imboccate le scale, hanno poi fatto un colossale rotolone, terminato nella fontana.
Lì hanno cominiciato a darsele di santa ragione e Cuccurullo ha dovuto portarli in guardina.
Ai Trogoloni non è certo andata meglio. Lanciata per aria dall'Astorre, la Bradamante ha provocato il crollo del lampadario, finito in testa all'incolpevole (per una volta) Ireneo.
Il pio sacerdote non ha punto gradito e i Trogoloni si sono dovuti dare alla fuga.
Alla Marianna non è rimasto da fare che premiare la Capperoni e lo Zompafossi, unica coppia rimasta.
Come ho detto, è passata una settimana.
La Candida è in preda a una violentissima emicrania. Non nominatele Caino o morde.
Berengario e la Carolina comunicano solo tramite il figlio Ercolino.
I Trogoloni si trovano in un monastero di clausura sulla Maiella.
Attendato di fronte all'edificio sta Ireneo, armato di schioppo, accompagnato da Belva e dal di lui fratello, Satanasso II.
I nostri vincitori si sono innamorati e si sposeranno a breve.
E con questa nota lieta passo e chiudo
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quel peccator, forbendola a' capelli
del capo ch'elli avea di retro guasto.
Poi cominciò: «Tu vuo' ch'io rinovelli
disperato dolor che 'l cor mi preme
già pur pensando, pria ch'io ne favelli.
Ma se le mie parole esser dien seme
che frutti infamia al traditor ch'i' rodo,
parlar e lagrimar vedrai insieme.
Io non so chi tu se' né per che modo
venuto se' qua giù; ma fiorentino
mi sembri veramente quand' io t'odo.
Tu dei saper ch'i' fui conte Ugolino,
e questi è l'arcivescovo Ruggieri:
or ti dirò perché i son tal vicino.
Che per l'effetto de' suo' mai pensieri,
fidandomi di lui, io fossi preso
e poscia morto, dir non è mestieri;
però quel che non puoi avere inteso,
cioè come la morte mia fu cruda,
udirai, e saprai s'e' m'ha offeso.
Breve pertugio dentro da la Muda,
la qual per me ha 'l titol de la fame,
e che conviene ancor ch'altrui si chiuda,
m'avea mostrato per lo suo forame
più lune già, quand' io feci 'l mal sonno
che del futuro mi squarciò 'l velame.
Questi pareva a me maestro e donno,
cacciando il lupo e ' lupicini al monte
per che i Pisan veder Lucca non ponno.
Con cagne magre, studïose e conte
Gualandi con Sismondi e con Lanfranchi
s'avea messi dinanzi da la fronte.
In picciol corso mi parieno stanchi
lo padre e ' figli, e con l'agute scane
mi parea lor veder fender li fianchi.
Quando fui desto innanzi la dimane,
pianger senti' fra 'l sonno i miei figliuoli
ch'eran con meco, e dimandar del pane.
Ben se' crudel, se tu già non ti duoli
pensando ciò che 'l mio cor s'annunziava;
e se non piangi, di che pianger suoli?
Già eran desti, e l'ora s'appressava
che 'l cibo ne solëa essere addotto,
e per suo sogno ciascun dubitava;
e io senti' chiavar l'uscio di sotto
a l'orribile torre; ond' io guardai
nel viso a' mie' figliuoi sanza far motto.
Io non piangëa, sì dentro impetrai:
piangevan elli; e Anselmuccio mio
disse: ``Tu guardi sì, padre! che hai?".
Perciò non lagrimai né rispuos' io
tutto quel giorno né la notte appresso,
infin che l'altro sol nel mondo uscìo.
Come un poco di raggio si fu messo
nel doloroso carcere, e io scorsi
per quattro visi il mio aspetto stesso,
ambo le man per lo dolor mi morsi;
ed ei, pensando ch'io 'l fessi per voglia
di manicar, di sùbito levorsi
e disser: ``Padre, assai ci fia men doglia
se tu mangi di noi: tu ne vestisti
queste misere carni, e tu le spoglia".
Queta'mi allor per non farli più tristi;
lo dì e l'altro stemmo tutti muti;
ahi dura terra, perché non t'apristi?
Poscia che fummo al quarto dì venuti,
Gaddo mi si gittò disteso a' piedi,
dicendo: ``Padre mio, ché non m'aiuti?".
Quivi morì; e come tu mi vedi,
vid' io cascar li tre ad uno ad uno
tra 'l quinto dì e 'l sesto; ond' io mi diedi,
già cieco, a brancolar sovra ciascuno,
e due dì li chiamai, poi che fur morti.
Poscia, più che 'l dolor, poté 'l digiuno».
Quand' ebbe detto ciò, con li occhi torti
riprese 'l teschio misero co' denti,
che furo a l'osso, come d'un can, forti.
Ahi Pisa, vituperio de le genti
del bel paese là dove 'l sì suona,
poi che i vicini a te punir son lenti,
muovasi la Capraia e la Gorgona,
e faccian siepe ad Arno in su la foce,
sì ch'elli annieghi in te ogne persona!
Che se 'l conte Ugolino aveva voce
d'aver tradita te de le castella,
non dovei tu i figliuoi porre a tal croce.
Innocenti facea l'età novella,
novella Tebe, Uguiccione e 'l Brigata
e li altri due che 'l canto suso appella.
Noi passammo oltre, là 've la gelata
ruvidamente un'altra gente fascia,
non volta in giù, ma tutta riversata.
Lo pianto stesso lì pianger non lascia,
e 'l duol che truova in su li occhi rintoppo,
si volge in entro a far crescer l'ambascia;
ché le lagrime prime fanno groppo,
e sì come visiere di cristallo,
rïempion sotto 'l ciglio tutto il coppo.
E avvegna che, sì come d'un callo,
per la freddura ciascun sentimento
cessato avesse del mio viso stallo,
già mi parea sentire alquanto vento;
per ch'io: «Maestro mio, questo chi move?
non è qua giù ogne vapore spento?».
Ond' elli a me: «Avaccio sarai dove
di ciò ti farà l'occhio la risposta,
veggendo la cagion che 'l fiato piove».
E un de' tristi de la fredda crosta
gridò a noi: «O anime crudeli
tanto che data v'è l'ultima posta,
levatemi dal viso i duri veli,
sì ch'ïo sfoghi 'l duol che 'l cor m'impregna,
un poco, pria che 'l pianto si raggeli».
Per ch'io a lui: «Se vuo' ch'i' ti sovvegna,
dimmi chi se', e s'io non ti disbrigo,
al fondo de la ghiaccia ir mi convegna».
Rispuose adunque: «I' son frate Alberigo;
i' son quel da le frutta del mal orto,
che qui riprendo dattero per figo».
«Oh», diss' io lui, «or se' tu ancor morto?».
Ed elli a me: «Come 'l mio corpo stea
nel mondo sù, nulla scïenza porto.
Cotal vantaggio ha questa Tolomea,
che spesse volte l'anima ci cade
innanzi ch'Atropòs mossa le dea.
E perché tu più volentier mi rade
le 'nvetrïate lagrime dal volto,
sappie che, tosto che l'anima trade
come fec' ïo, il corpo suo l'è tolto
da un demonio, che poscia il governa
mentre che 'l tempo suo tutto sia vòlto.
Ella ruina in sì fatta cisterna;
e forse pare ancor lo corpo suso
de l'ombra che di qua dietro mi verna.
Tu 'l dei saper, se tu vien pur mo giuso:
elli è ser Branca Doria, e son più anni
poscia passati ch'el fu sì racchiuso».
«Io credo», diss' io lui, «che tu m'inganni;
ché Branca Doria non morì unquanche,
e mangia e bee e dorme e veste panni».
«Nel fosso sù», diss' el, «de' Malebranche,
là dove bolle la tenace pece,
non era ancora giunto Michel Zanche,
che questi lasciò il diavolo in sua vece
nel corpo suo, ed un suo prossimano
che 'l tradimento insieme con lui fece.
Ma distendi oggimai in qua la mano;
aprimi li occhi». E io non gliel' apersi;
e cortesia fu lui esser villano.
Ahi Genovesi, uomini diversi
d'ogne costume e pien d'ogne magagna,
perché non siete voi del mondo spersi?
Ché col peggiore spirto di Romagna
trovai di voi un tal, che per sua opra
in anima in Cocito già si bagna,
e in corpo par vivo ancor di sopra
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La città della Spezia è conosciuta come “porta di Sion”. Alla fine della seconda guerra mondiale il Golfo della Spezia divenne infatti la base di partenza degli scampati ai lager nazisti, uomini, donne e bambini con le facce smunte e piene di paura. I loro occhi avevano conosciuto la persecuzione nazista, lo sterminio, la Shoá, l’inferno dei lager, un’esperienza che non fu a lungo raccontabile. E ora guardavano al mare con la speranza di lasciarsi alle spalle l’Europa degli orrori e di raggiungere la “Terra promessa”. Dall’estate del 1945 alla primavera del 1948 oltre 23.000 ebrei riuscirono a lasciare clandestinamente l’Italia diretti in Palestina. La potenza mandataria della Palestina, la Gran Bretagna, aveva infatti emesso il Libro Bianco del 17 maggio 1939 per regolamentare l’afflusso controllato in Palestina di soli 75.000 ebrei in cinque anni. Una misura che fu messa in crisi dalla drammatica situazione europea e contrastata con ogni mezzo dal Mossad le Aliyà Bet (Istituto per l’emigrazione illegale) sorto nel 1938.
A partire dal maggio 1945 una notevole corrente di ebrei cominciò ad affollare la Penisola e il Mossad le Aliya Bet inviò un responsabile in Italia con base a Milano, Yehura Arazi. Altri membri del Mossad furono inviati in Italia tra i soldati della brigata ebraica al seguito degli alleati. La prima nave di profughi, il Dallin (già Sirius) partì da Monopoli il 21 agosto 1945 con soli 35 immigrati a bordo. La questione dell’immigrazione ebraica scoppiò come caso internazionale nel maggio 1946: l’epicentro della crisi divenne il porto della Spezia dove erano in allestimento due imbarcazione, la Fede di Savona e il motoveliero Fenice, pronte a trasbordare 1.014 profughi. Oltre a Yehuda Arazi, detto dottor Paz, l’operazione La Spezia fu preparata da Ada Sereni e Raffaele Cantoni, responsabile della comunità ebraica italiana. Ma soprattutto quell’operazione godette dell’aiuto di tutta la città della Spezia, già stremata dalla guerra e distrutta dai bombardamenti. Proprio il sostegno della gente, la resistenza dei profughi, l’intervento dei giornalisti di tutto il mondo e la visita a bordo di Harold Lasky, presidente dell’esecutivo del Partito laburista britannico, costrinsero le autorità londinesi – le cui navi bloccavano l’uscita dal porto della Spezia - a togliere il blocco alle due imbarcazioni che salvarono dal Molo Pirelli a Pagliari alle ore 10 dell’8 maggio 1946. «Nella storia dell’immigrazione ebraica dalle coste europee – ha scritto Mario Toscano nel libro La Porta di Sion – la vicenda della Spezia segnò una svolta sotto il profilo politico e sotto quello qualitativo». La riuscita dell’operazione portò alla costituzione nell’estate del 1946 della base operativa del Mossad le Aliyà Bet a Bocca di Magra. L’accoglienza della comunità e la solidarietà delle autorità spezzine convinsero gli organizzatori del Mossad a puntare sulla Spezia con operazioni di maggior peso. Così nella notte tra il 7 e l’8 maggio 1947 la nave Trade Winds/Tikva, allestita in Portogallo, imbarcò 1.414 profughi a Porto Venere. Nelle stesse ore era giunta nelle acque Golfo della Spezia, proveniente da Marsiglia, la nave President Warfield, un goffo e pesante battello adatto a portare i turisti giù per il Potomac, da Baltimora a Norfolk, in Virginia. La nave venne ristrutturata nel cantiere dell’Olivo a Porto Venere per la più grande impresa biblica dell’emigrazione ebraica: trasportare 4.515 profughi stivati su quattro piano di cuccette dall’altra parte del Mediterraneo. L’imbarcazione divenne un simbolo, prese il nome di Exodus, raggiunse le coste della Palestina, venne attaccata dagli Inglesi e avviò la nascita dello stato di Israele con tutte le conseguenze che sappiamo. A narrarci le peripezie dei profughi dello sterminio ebreo ci ha pensato nel 1958 Leon Uris con il celebre romanzo Exodus, tema ripreso nel libro Il comandante dell’Exodus di Yoram Kaniuk, incentrato sulla figura di Yossi Harel, classe 1919, il marittimo che cercò di portare a Haifa ottomila occhi che avevano visto l’inconcepibile, tanti bambini e orfani, volti dal sorriso indecifrabile. A Exodus è dedicato anche un bellissimo film del 1960 di Otto Preminger interpretato da Paul Newman, Peter Lanfoird e Eva Marie Saint. La Exodus mosse da Porto Venere ai primi di luglio del ’47, sostò a Port-de-Bouc, caricò a Sète, fu assalita e speronata dai cacciatorpedinieri britannici davanti a Kfar Vitkin. Ci furono dei morti a bordo, gente che era sopravvissuta ai lager e che finì i suoi giorni a due passi dalla speranza, nelle acque tra Netanya e Haifa. E sapete cosa fecero gli Inglesi? Rimandarono i profughi ad Amburgo, al campo di Poppendorf, un ex lager trasformato in campo di prigionia per gli ebrei! Il nome Exodus da allora significò il desiderio di giustizia per l’immigrazione ebraica. Ma solo con la fine del mandato britannico i profughi sarebbero potuti tornare in Palestina. La Fede, il Fenice e la Exodus si mossero tutte dal Golfo della Spezia, una dicitura che non compare nelle carte geografiche israeliana. La Spezia in Israele è infatti indicata col nome di «Schàar Zion», Porta di Sion. Nel nome di Exodus la città della Spezia porta nel Mediterranei l’idea della pace e della convivenza e opera tramite il Comitato Euro Mediterraneo Cultura dei Mari, presieduto dal Sindaco della Spezia, per il dialogo tra i popoli. Ogni anno La Spezia ospita in Premio Exodus dedicato all’interculturalità.
«... Il 4 aprile 1946 alla Spezia si sparse la voce che una colonna di fascisti era in procinto di imbarcarsi per la Spagna. La gente corse al molo Pirelli di Pagliari per bloccare quell’esodo increscioso. Le fabbriche scesero subito in sciopero e si formò un corteo di protesta. Ma quando tutti arrivammo al molo Pirelli ci accorgemmo che non si trattava di fascisti in fuga, bensì di ebrei scampati ai campi di concentramento nazisti e ospitati nel centro di raccolta di Magenta. La massa degli spezzini ebbe una metamorfosi. La città stremata e distrutta dalla guerra adottò quei 1.014 profughi ebrei che cercavano di raggiungere la Terra dei Padri. Quello che si determinò alla Spezia fu il più grande esodo mai tentato verso la Palestina, dove vigeva il “Libro Bianco” che limitava l’immigrazione ebraica e gli acquisti di terre. La Jewish Agency aveva acquistato due imbarcazioni, la “Fede” di Savona e il motoveliero “Fenice”, incaricando il cantiere Bargiacchi di adattarle al trasporto di passeggeri. Una terza nave, la “President Warfield”, fu allestita al cantiere dell’Olivo di Porto Venere e assunse il nome di “Exodus”. Gli inglesi, venuti a conoscenza del tentativo di espatrio, bloccarono il porto della Spezia. Gli ebrei scampati allo sterminio sfilarono in testa alla manifestazione cittadina del 25 aprile aprile 1946. La visita alla Spezia di Sir Harold Lasky, allora segretario del Partito Laburista britannico, riuscì a sbloccare la partenza delle prime due navi, che salparono l’8 maggio dal molo Pagliari e riuscirono fortunatamente a raggiungere le coste della Palestina. Diversa sorte ebbe la nave Exodus, che fu assalita dagli inglesi senza riuscire a toccare le coste palestinesi, diventando il simbolo di ogni migrazione...»
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La guerra è appena finita e Israele è anocra un protettorato inglese.Gli ebrei superstiti dai campi di concentramento cercano a tutti i costi di tornare nella Terra Promessa,sfidando il blocco inglese.
Questa è la storia romanzata della più famosa nave che partì per Israele,della gente che c'era sopra,della creazione dello stato d'Israele e della guerra di indipendenza del 1948.
Il libro è pieno di personaggi indimenticabili:Kitty Fremont,l'infermiera americana che in Israele ritrova la sua ragione di esistere e l'amore; il generale inglese Sutherland,che deve combattere fra il dovere e il sentimento (la madre era ebrea) e finisce per scegliere quest'ultimo;Arì Ben Canaan,il coraggioso comandante del Palmach ben deciso a dare una patria al suo popolo:Karen,la giovane ebrea danese che per amore della sua patria perderà la vita:Dov Landau,superstite del Ghetto di Varsavia amareggiato e ribelle,che nell'amore per Karen ritroverà se stesso...
E' un libro avvincente,storicamente documentatissimo,che racconta una pagina poco conosciuta della nostra storia
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Inviato da: RicamiAmo
il 01/08/2014 alle 18:11
Inviato da: Dolce.pa44
il 26/07/2014 alle 18:22
Inviato da: do_re_mi0
il 23/04/2014 alle 18:01
Inviato da: odio_via_col_vento
il 14/04/2014 alle 20:57
Inviato da: Krielle
il 23/03/2014 alle 04:38