Messaggi del 19/07/2011

Cataclisma a S.Tobia

Post n°253 pubblicato il 19 Luglio 2011 da odette.teresa1958

Rassicuratevi,lettori miei,nessun terremoto o tsunami ha colpito S.Tobia.Il cataclisma di cui sopra ha un nome e un cognome:Titino Cacciabruchi.
Come ricorderete,Antelao e Filomena cacciabruchi hanno comprato casa a S.Tobia e vi si sono stabiliti col pestifero nipote (pare,ma son voci,che i genitori della creatura,stanchi di 7 anni di guai,abbiano cambiato identità e si siano stabiliti alle Isole Cayman,lasciando il pargolo ai nonni)
Che ha fatto l'angelico Titino? Presto detto,basta che leggiate e lo saprete!
LUNEDI'- Titino ha adocchiato Cesarone al pascolo e ha deciso di giocare alla corrida.
Per stimolare il toro che non collaborava,gli ha tirato una forconata nel posteriore.Pazzo di dolore,Cesarone è scappato e si è fiondato in paese.
Manco a farlo apposta,il primo che ha visto è stato ireneo.
Ora,dovete sapere che il toro è daltonico.,nel senso che scambia il nero per il rosso.
La tonaca del Cornacchioni lo ha fatto ancor più imbufalire.
Il Cornacchioni si è rifugiato nel cimitero e il toro è rimasto impigliato nel cancello per le corna,per poi essere catturato.
MARTEDI'- Titino ha catturato Belva e lo ha legato al palo della tortura (giocava agli indiani,ndr)col dichiarato intento di bruciarlo vivo.
Ireneo,accorso in aiuto del cagnazzo, è stato preso a pappagallate (la Filomena ha un pappagallo parlante)
Ritenendo il Cornacchioni responsabile delle sue disgrazie,lo ha riempito di beccate in testa,prima di volare sdegnato su un fico.
MERCOLEDI'- Giocando col Piccolo Chimico,Titino ha distrutto la casa dei vicini (i Capricorni).
La nuova vetrata della chiesa non esiste più.
GIOVEDI'- Titino,impossessatosi della macchina dell'Antelao, ha fatto un giretto al mercato,seminando il panico.
La folle corsa si è conclusa nella fontana.
VENERDI'- Titino ha saccheggiato il ciliegio dell'Orapronobis.
Il dottore voleva raggiungerlo sull'albero per dargli il fatto suo,ma Titino lo ha bombardato di ciliegie e lo ha fatto finire nel pozzo.
SABATO-Titino ha fregato la bicicletta di Malachia e si è fiondato nell'aia dei Martellacci.
La cesira è finita su un'arnia e le api l'hanno aggredita.
DOMENICA-La Marianna,per tutelare i paesani,ha espulso i Cacciabruchi.
Cuccurullo e i suoi in assetto antisommossa,li hanno schiaffati sul primo treno in partenza
I paesani hanno festeggiato fino all'alba
Sono passati dieci giorni.
Cesarone sta facendo lo sciopero della fame.
Belva è in una clinica veterinaria.
I Capricorni hanno citato i Cacciabruchi a "Forum".
L'Orapronobis è diventato allergico alle ciliegie,la Cesira alle api.
Ireneo,in previsione di un ritorno di Titino,ha fatto provvista di dinamite e bombe a mano.
I Cacciabruchi e il loro pestifero nipote sono al momento (e si spera per sempre) irreperibili
Il qui scrivente vi saluta ,passa e chiude



 
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Il piano infinito (Allende)

Post n°252 pubblicato il 19 Luglio 2011 da odette.teresa1958

Adesso che ho superato già
tanti dolori e posso
leggere il mio destino come
una mappa piena di errori,
quando non sento nessuna compassione
di me stesso e posso
passare in rassegna
la mia esistenza senza sentimentalismi,
perché ho trovato una relativa pace,
lamento solo la
perdita dell'innocenza.
Mi manca l'idealismo della gioventù,
del tempo in cui esisteva ancora per me
una chiara linea divisoria
tra il bene e il male
e credevo che fosse possibile agire
sempre in accordo con
principi amovibili.

 
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Pietro Koch

Post n°251 pubblicato il 19 Luglio 2011 da odette.teresa1958

Milano. Mancano pochi giorni a Natale; ma siamo nel 1944. Non c'è nulla dell'attesa gioiosa, la città è martoriata dai bombardamenti, controllata da tedeschi sempre più rabbiosi e da un numero imprecisato di polizie. Regnano fame, freddo e paura, i problemi quotidiani della popolazione sono ormai quelli della pura sopravvivenza. In questa cupa atmosfera, un regalo di Natale, tanto inatteso quanto sperato, viene fatto ai milanesi da quel governo fantasma che risiede a Salò. All'Hotel Plaza arriva nientemeno che il dottor Renzo Montagna, capo della polizia, quella ufficiale; è accompagnato da cinque uomini, entra nell'atrio, si dirige al bar dell'albergo (incredibilmente, in una città in cui mancava tutto, era possibile trovare tutti i generi di lusso) dove un giovane molto elegante sta sorseggiando un liquore. Montagna fa un cenno ai suoi uomini e in un batter d'occhio il giovane è ammanettato e disarmato; in tasca aveva una pistola tedesca, regalo del suo amico, il capitano SS Saewecke. L'arrestato non batte ciglio, e si limita a far notare che deve ritirare al guardaroba dell'albergo il cappotto e il cappello. Contemporaneamente in via Paolo Uccello una compagnia di militi della Legione Autonoma Ettore Muti, al comando del questore Bettini, fa irruzione nella villa contrassegnata dai civici 17-19, arresta una trentina tra uomini e donne che si trovano nei locali, libera alcuni prigionieri, molti dei quali portano i segni evidenti di torture e sequestra danaro, gioielli, orologi e altri oggetti di valore. I milanesi tirano un sospiro di sollievo: tra i tanti problemi, almeno uno è risolto. La Banda Koch ha cessato la sua turpe attività, c'è qualcosa in meno di cui aver paura. Ma nessuno si illude che Pietro Koch, il giovane elegante arrestato all'Hotel Plaza paghi per i suoi crimini, almeno per ora. In fondo, il dottor Montagna ha arrestato un collega. Infatti Koch dirigeva il Reparto Speciale di Polizia, era considerato un uomo di Buffarini Guidi, il ministro degli interni repubblichino, era in rapporti di amicizia con le SS dell'Albergo Regina. Ma quel Reparto Speciale, ribattezzato dalla voce popolare Banda, a ben significare la sua attinenza col crimine, si era macchiato di tali e tante scelleratezze da suscitare un intervento diretto del Cardinale Schuster presso Mussolini; e il Duce, riluttante perché lui stesso si era servito in passato del Reparto Speciale, non aveva più potuto far finta di non saper nulla.
I tedeschi lasciavano fare; che gli italiani si sbrigassero pure tra loro le loro beghe, mentre il generale SS Karl Wolff, conscio del crollo imminente, aveva già avviato trattative segrete con gli Alleati in Svizzera. Del resto, fin dalla nascita dell'effimera Repubblica fascista di Salò, la linea di condotta dei tedeschi era sempre stata chiara. Ai vassalli italiani non spettava alcuna iniziativa in campo militare, perché la guerra è una cosa seria, ma veniva lasciata libertà di azione nella costituzione di vari corpi armati, utili comunque per tenere a freno con l'arma del terrore una popolazione sempre più insofferente. Con questo atteggiamento germanico, e con l'assenza di un'autorità italiana realmente identificabile come tale, la Repubblica Sociale vide la nascita di un numero incredibile di organismi armati, in un guazzabuglio in cui la funzione militare e quella di polizia si confondevano. Esisteva, al comando del Maresciallo Graziani, l'esercito repubblicano, ma ogni sua attività necessitava del placet del comando tedesco in Italia, mentre l'addestramento per le uniche divisioni destinate al combattimento veniva fatto in Germania. Esistevano poi, come dicevamo, altri corpi, molti dei quali nati da iniziative private di personaggi che pescando nel torbido dello sfacelo cercavano di costruirsi la propria fetta di potere e di arricchimento personale. Emblematico in questo senso era il caso del caporale Franco Colombo che, nel clima di rinascita dello squadrismo che contrassegnò l'ultimo fascismo, creò la Squadra d'azione Ettore Muti, che diverrà poi Legione Autonoma, di cui il caporale Colombo si autonominerà colonnello. Milano, teatro degli avvenimenti che descrivevamo in apertura, aveva il non invidiabile primato del maggior numero di corpi armati. Per meglio renderci conto della situazione, facciamo un veloce elenco delle diverse polizie che operavano nel capoluogo lombardo. Oltre alla Questura e alla Guardia Nazionale Repubblicana, GNR (che aveva assorbito anche l'Arma dei Carabinieri), svolgevano, di fatto se non di diritto, attività di polizia anche la già citata Legione Autonoma Ettore Muti, la Brigata Nera Aldo Resega, l'ISPA (Ispettorato Speciale Polizia Antipartigiani, formato da personale della Pubblica Sicurezza), il CIP (Centro Informativo Politico, una sorta di polizia finanziaria alle dipendenze dirette del comando SS), nonché un reparto di SS italiane e l'ufficio politico della Decima Mas.
Infine, ultima solo per metterla meglio in luce, operava il Reparto Speciale di polizia, al quale il suo capo, Pietro Koch, aveva il vezzo di aggiungere il suo nome, preceduto abitualmente dal titolo di dottor (anche se Koch non aveva mai terminato gli studi universitari). Il Reparto Speciale, ovverosia la Banda Koch, merita un discorso a parte perché fu, seppur totalmente in negativo, un caso assolutamente a sé. Premettiamo una considerazione: la guerra, e soprattutto la guerra civile, col suo inevitabile corollario di tradimenti, delazioni, crudeltà, vendette, è una cosa sporca, e non è possibile fare in modo pulito le cose sporche. La guerra civile nel periodo repubblichino scavò tra gli italiani degli abissi che non si sono ancora, a distanza di quasi sessant'anni, completamente colmati. Ma chi vi prese parte lo fece spesso anche per motivi rispettabilissimi, perché da ambo le parti in lotta non mancavano i legittimi motivi di disgusto verso la parte avversa. Chi è più deprecabile: un Re che fugge tra le braccia di quelli che erano prima i nemici, o un Duce che torna tra le braccia di quelli che prima erano, seppur non amati, gli alleati?
In questo quadro, sciagurato ma che purtroppo fa parte di una storia che potremmo definire normale, l'attività della Banda Koch si distinse per un'anormalità che divenne esasperante, anche in un periodo in cui sembrava che l'uomo avesse già espresso il peggio di sé stesso. Anzitutto, chi era Pietro Koch? Era uno dei tanti tenenti di complemento. Di buona famiglia, tedesco per parte di padre, era nato nel 1918, aveva frequentato il liceo Gioberti a Roma e si era poi iscritto alla facoltà di Giurisprudenza. Il primo richiamo alle armi, nel 1939, aveva fatto sospendere gli studi a questo giovanotto, che fino a quel momento non aveva manifestato nessuna particolare dote ma neanche particolari difetti. Gli piaceva fare un po' il gagà, come usava allora, era un bel ragazzo, godeva di un certo favore col gentil sesso. Posto in congedo provvisorio come tanti altri ufficiali di complemento nel periodo della non belligeranza italiana, anziché riprendere gli studi, cerca di mettersi nel commercio delle automobili, ma non conclude nulla. Ma nella breve attività commerciale incontra un personaggio, che diventerà la sua ombra, con il quale stringe una grande amicizia: l'avvocato folignese
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Un incontro fra Mussolini e le sue "forze militari".
Pensava così di galvanizzare gli uomini
Augusto Trinca Armati. Ricco, tossicomane, psicopatico, l'avvocato Trinca, chiacchierato per le sue abitudini troppo libertine, manterrà corrispondenza con Koch anche quando questi verrà nuovamente richiamato alle armi ed assegnato al secondo reggimento granatieri. Per tre anni il futuro capo del Reparto Speciale fa la guerra, con molta fortuna perché il suo reparto avrà solo sporadici contatti col nemico. Koch non è che un tenente come tutti gi altri, non guadagna in divisa né infamia né lode. Poi arriva l'otto settembre, la svolta per la vita di tanti italiani. Nel clima di confusione che regna nella capitale, Koch fa la sua scelta: starà coi fascisti, e infatti è uno dei primi ad iscriversi al neonato Partito Fascista Repubblicano. Parlavamo prima, e lo ribadiamo, che la scelta di una parte o dell'altra poteva essere rispettabilissima. Il generale Mario Caracciolo di Feroleto, comandante della 5° armata nell'Italia centrale, aveva invece scelto la parte avversa, sentendosi, come molti altri ufficiali, legato dal giuramento al Re. Aveva dovuto però nascondersi per sfuggire alla caccia che i tedeschi facevano ai militari italiani e aveva trovato rifugio nel convento di San Sebastiano. Nessuna autorità italiana si sentiva di violare un luogo sacro, e gli stessi tedeschi preferivano non sporcarsi le mani. Ma il generale Caracciolo era una preda ambita. Koch, che ancora vestiva la divisa dell'esercito, era venuto a sapere del rifugio dell'alto ufficiale. Forse sperava solo in una ricompensa, o forse aveva capito che quella era la sua grande occasione. Sta di fatto che si recò a denunciare il generale al capo della polizia, Tamburini. Questi propose al giovane tenente di eseguire lui stesso l'arresto, sempre che se la sentisse di violare un luogo sacro.
Koch si limitò a sorridere e a chiedere a Tamburini di mettergli a disposizione un plotone; al resto ci avrebbe pensato lui. E ci pensò, arrestando il generale Caracciolo col più chiasso possibile. Non era certo un convento a impressionarlo: Koch aveva trovato la sua vocazione, lo sbirro, visto sotto la peggior angolatura possibile. Tamburini restò colpito dalla decisione mostrata dal giovanotto; era un elemento troppo utile per lasciarselo sfuggire, uno di quei classici personaggi adatti a fare le cose più sporche, perché privi di scrupoli. A maggior ragione, personaggi di tale fatta non vanno mai inquadrati in organismi ufficiali. E il Reparto Speciale nacque così a Roma, su incarico del capo della polizia Tamburini, accettato senza esitazioni dal tenente Koch. Liberato da incombenze militari, Pietro Koch inizia gli arruolamenti, con l'aiuto del fedele avvocato Trinca; è ansioso di mettersi in luce, c'è in ballo anche l'aumento della sua dotazione mensile, che arriverà in seguito fino a due milioni (di allora... ). La sua specialità è la caccia ai membri del partito d'azione e ai comunisti. I frutti non mancano, perché il sistema di indagine è efficace: una volta catturato un avversario politico, lo si tortura finché questi non fornisce altri nominativi. Una prassi normale è anche il sequestro dei beni dell'arrestato, che, se sopravvive, viene poi passato alle autorità ufficiali quando ha detto (e dato) il più possibile. Un arrestato illustre fornirà testimonianze agghiaccianti dei metodi del Reparto Speciale. E' il regista cinematografico Luchino Visconti, che viene rilasciato dopo pochi giorni di arresto perché l'attrice Maria Denis intercede per lui presso Koch, che ci tiene a mostrarsi galante nei confronti della bella amica. Ma è anche l'occasione per Koch per mostrare il suo potere: un suo comando può decidere della vita o della morte di un uomo, nessuno interferisce con la sua attività. In questo periodo nasce anche l'amicizia con l'attore Osvaldo Valenti e con la sua amante, l'attrice Luisa Ferida. Valenti, squinternato e cocainomane, è ufficiale della Decima Mas, ma partecipa anche all'attività della Banda, più che altro perché tra le altre lucrose attività, oltre alla rapina, gli uomini di Koch si sono specializzati anche nel traffico di droga.
L'avanzata degli Alleati spinge a nord anche la banda Koch; dopo un breve periodo a Firenze, il Reparto Speciale prende definitivamente sede a Milano, in quella villa di via Paolo Uccello num. 17-19, che verrà ben presto ribattezzata Villa Triste. Alle dipendenze di Pietro Koch lavorano ormai 116 persone, di cui 16 donne, compresa la sua amante, Dusirella Marchi, detta Desi. L'avvocato Trinca Armati dirige un fantomatico "ufficio legale", vicecapo della banda è un italo argentino, Armando Tela. Uno degli autisti di Koch è Raul Falcioni, già dei GAP. Non manca l'assistente spirituale, assicurata da Don Epaminonda Ildefonso Troja, al secolo Elio Desi, dell'Ordine dei Benedettini. A Milano la Banda celebra i suoi maggiori (e peggiori) fasti. Continuando con efficacia la caccia ai partigiani, Pietro Koch viene apprezzato dai tedeschi e stringe amicizia in particolare con il capitano SS Saewecke. Per i comandi germanici quel giovanotto fa comunque un lavoro utile, e si mostra molto più efficace di altri organi di polizia. Soprattutto, non ha scrupoli morali di alcun tipo, e questo è molto apprezzato. Ma sembra che ormai lo strapotere abbia preso la mano a Pietro Koch. La sua natura malata, quella che probabilmente lo aveva già anni prima oscuramente attirato verso l'avvocato Trinca, viene sempre più a galla.
La tortura a Villa Triste diventa quasi fine a sé stessa; certo, è un sistema per far parlare gli arrestati, ma l'insistenza con cui viene effettuata, la fantasia perversa degli aguzzini, dimostrano quello che dicevamo in apertura, ossia che il Reparto Speciale si distingueva da tutte le altre polizie. Ma si distingueva proprio perché anche la crudeltà della guerra può conoscere dei limiti, ma l'immaginazione di un sadico li supera di continuo. Nel processo che si concluse con la condanna a morte di Koch vi furono numerose agghiaccianti testimonianze, né ci pare il caso di entrare nel dettaglio. Cerchiamo di fare gli storici, e non di dare ai nostri amici lettori emozioni violente e malsane. Basti ricordare che a Villa Triste si usava spesso negli interrogatori far stendere l'arrestato su una specie di letto da fachiro, far bere petrolio, usare scariche elettrice sui genitali, riempire di sale la bocca di chi invocava da bere. Inoltre queste torture venivano abitualmente eseguite da più persone, che si davano di continuo il cambio, chi aiutandosi con cognac, chi con cocaina, a sopportare la loro stessa scellerataggine. Pietro Koch di norma assisteva impassibile, poi, quando la vittima era allo stremo, aggiungeva la beffa alla crudeltà, spiegando con voce suadente che era meglio che parlasse, se no lui forse non sarebbe riuscito a frenare più i suoi uomini, giustamente adirati per la reticenza dell'interrogato. E se l'infelice resisteva, a un cenno di Koch i torturatori ricominciavano, fino a riportare l'arrestato in una cella col soffitto all'altezza di un metro e venti. Dicevamo che lo strapotere ormai aveva preso la mano a Koch. Infatti l'orgia di crudeltà aveva sempre meno senso, tanto più considerando che ormai gli Alleati erano al Po. La guerra era persa, questo lo sapevano tutti, e mentre molti iniziavano a pensare a come salvare la pelle, Pietro Koch si compiaceva di girare per Milano in elegante cappotto di cammello, scarpe lucidissime, con un perenne effluvio di profumo che lo seguiva.
Gli sguardi dei passanti che si abbassavano davanti a lui non erano che una conferma del suo potere, e probabilmente ormai Koch non viveva che per questo, come i ballerini che fino all'ultimo vogliono danzare sulla nave che sta affondando. Solo in chiave psichiatrica si può infatti spiegare la condotta di quest'uomo; se i suoi sgherri, piccoli anonimi mostri, potevano sperare di farla franca, lui, il "dottor" Pietro Koch, era ormai prigioniero della sciagurata notorietà che si era voluto costruire. Come dicevamo in apertura, furono gli stessi fascisti a porre fine all'attività della Banda, con la Legione Muti che si trovò, una volta tanto, nell'insolita veste di riparatrice di torti. Peraltro una quarantina di membri del disciolto Reparto Speciale non restarono disoccupati: vennero inquadrati in quel CIP (Centro informativo politico) che citavamo nell'elenco delle numerose polizie di Salò. Tanta indulgenza aveva una ragione: lo stesso Mussolini aveva utilizzato i servigi della Banda Koch, alla quale aveva commissionato due indagini su due personaggi centrifughi che lo preoccupavano per l'eccessivo potere personale, Farinacci e Junio Valerio Borghese. Le polizie parallele erano una vecchia passione del Duce, che del resto aveva incaricato l'ufficio informazioni della Guardia Nazionale Repubblicana di tenere comunque d'occhio il tenente Pietro Koch. Koch viene internato a Maderno, e successivamente rinchiuso a San Vittore. Ma ha ancora degli amici, e pochi giorni prima del 25 aprile viene liberato dalle autorità fasciste che non si sentono di lasciarlo in mano ai partigiani. Coi capelli tinti di biondo e con documenti falsi che fanno di lui il commerciante Ariosto Broccoletti, potrebbe cavarsela, cercare la fuga all'estero, verso quelle ospitali terre spagnole o sudamericane che offrirono asilo a tanti fascisti e nazisti. Ma c'è in lui qualcosa di oscuro che lo attira addirittura a ridiscendere l'Italia, recandosi a Firenze. Non può certo sperare di passare inosservato in eterno, lui che tanto aveva cercato la notorietà. Nel capoluogo toscano Koch ha notizia che la sua ultima fiamma, Tamara Cerri, è stata arrestata, e allora non ha esitazioni: come se volesse concludere con un bel gesto la sua sciagurata avventura umana, va in Questura e si consegna alla polizia. "Se avete arrestato Tamara Cerri perché vi dica dov'è Koch, potete liberarla. Koch sono io, arrestatemi". Il 5 giugno 1945 Pietro Koch, dopo un breve processo davanti all'Alta Corte di giustizia, venne fucilato a Roma, a Forte Bravetta. In cella aveva chiesto l'assistenza di un prete, che gli fu concessa. Calmo, impeccabilmente pettinato, prima di sedersi davanti al plotone formato da venti Guardie di Pubblica Sicurezza si preoccupò di assestare con la mano la piega dei pantaloni. La scarica di fucileria gli staccò la volta cranica, che volò nell'erba. Tutta la scena venne filmata: regista d'eccezione, Luchino Visconti

 
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Libri dimenticati:Un grande avvenire

Post n°250 pubblicato il 19 Luglio 2011 da odette.teresa1958

Luglio 1948.
Fulvio,ex milite della RSI appena liberato,cerca di scoprire chi ha ucciso il fratello Lucio,fascista convinto,e scopre che LUcio è stato torturato da Pietro Koch,suo compagno di idee,e dalla sua squadraccia.
La cosa lo sconvolge e inizia così una ricerca della verità che lo porterà a rivelazioni sconvolgenti.
E' un libro molto breve ma denso,da leggere in un fiato.

 
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Frase del giorno

Post n°249 pubblicato il 19 Luglio 2011 da odette.teresa1958

Agire è facile,pensare difficile,agire secondo quanto si è pensato scomodo

 
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