Il labirinto
blog diarioMessaggi del 23/08/2011
C'era una volta un povero calzolaio che aveva due figlioli: il maggiore si chiamava Elmerico ed era maligno e prepotente; l'altro si chiamava Gianni e aveva un carattere mite. Il padre, chissà perché, aveva scambiato la prepotenza di Elmerico per coraggio, e la sua malignità per furberia, mentre la mitezza di Gianni gli sembrava soltanto stupidità. Perciò stimava moltissimo il maggiore, mentre si vergognava un po' del secondo.
Un giorno in cui era andato all'osteria udì parlare alcuni clienti. "Vi assicuro che è così" diceva uno. "La figlia del re è stata rapita da uno stregone che la tiene prigioniera in un castello pieno di tesori. Chi riuscirà a superare tre prove imposte dallo stregone, sposerà la principessa e diventerà padrone di tutte quelle ricchezze." ' Ecco un'impresa fatta apposta per il mio Elmerico ', pensò subito il calzolaio. ' Coraggioso e intelligente com'è, supererà le tre prove e libererà la principessa; la sposerà e diventerà re. Corro subito a dirglielo '. E infatti, ritornò a casa in gran fretta e narrò tutto al figliolo. Elmerico, naturalmente, decise di partire subito, e il calzolaio, per dargli un equipaggiamento degno di lui, vendette persino le suppellettili di casa, e riuscì a comprargli un bel cavallo e anche un'armatura.
Al mattino successivo il giovane balzò in sella e salutò tutti: "Non appena avrò sposato la principessa manderò una carrozza d'oro tirata da sei cavalli a prendere voi e quello sciocco di Gianni." Spronò il cavallo e partì di gran corsa. Galoppa, galoppa, Elmerico giunse ben presto a una foresta selvaggia che circondava il castello dello stregone. Il viaggio, fino a quel momento, era stato facile e il giovanotto, convinto che fosse merito suo, cresceva via via in baldanza e in prepotenza. Scacciò col frustino gli uccelli che cantavano sugli alberi; fece passare il cavallo proprio sopra un formicaio fatto a cupola, schiacciando le formiche; vide un alveare appeso a un ramo e con un colpo di spada lo fece volare in pezzi; e infine, passando vicino a un lago dove nuotavano dodici anatroccoli, li chiamò offrendo loro del cibo e quando furono vicini, ne uccise undici mentre il dodicesimo riuscì a salvarsi a stento. Finalmente giunse davanti al castello, ma il portone era chiuso. Elmerico allora scese da cavallo e incominciò a sferrare gran calci alla porta. A un tratto una finestrella si socchiuse e una vecchina si affacciò: "Che cosa vuoi?" chiese. "Sono venuto a liberare la principessa. Ho fretta!" "Io no" commentò la vecchietta. "Torna domattina alle nove." La finestra si richiuse e, sebbene pieno di rabbia, Elmerico dovette rassegnarsi e passò la notte nel bosco. La vecchietta lo aspettava e aveva in mano un cestello pieno di miglio. Gettò a manate il miglio in mezzo all'erba folta poi disse: "Raccogli tutti questi granellini; fra un'ora tornerò e il lavoro dovrà essere terminato." Rientrò nel castello ed Elmerico borbottò: "Roba da pazzi! Quella vecchia scherza. Non incomincio nemmeno." Andò a fare una passeggiata e dopo un'ora ritornò. La vecchina lo aspettava: "Così non va bene" disse severamente. "Vediamo la seconda prova." Tolse di tasca dodici chiavette d'oro e le gettò in uno stagno. "Và a ripescarle" disse. "Fra un'ora tornerò. Elmerico, rimasto solo, si mise a ridere. "Dovrei ripescare le chiavette?" commentò. "E perché, allora, quella vecchia le ha buttate? È un lavoro inutile." Andò a fare una passeggiata e dopo un'ora ritornò. La vecchia lo aspettava. "Così non va bene, non va bene" ripeté con la faccia scura. Lo prese per mano ed entrarono nel castello. Salito un lungo scalone, si trovarono in una sala alla cui estremità c'erano tre figure uguali, tutte coperte di veli. "Una di quelle è la principessa" disse la vecchia. "Scegli, ma pensaci bene prima di dire qual è. Tornerò tra un'ora." "Scelgo quella di destra!" gridò il giovane sicuro di sé. Allora le tre figure gettarono i veli: quella di mezzo era la bellissima principessa; le altre, due orribili draghi. Il drago di destra afferrò Elmerico e lo gettò dalla finestra: non appena toccò terra egli diventò un sasso.
Intanto a casa i genitori aspettavano sempre la carrozza, ma non la vedevano comparire. Un giorno Gianni disse: "Babbo, lascia che provi anch'io." "Povero scioccherello!" rispose il padre scrollando la testa. "Se Elmerico, che è tanto intelligente, non è riuscito, come potrai riuscire tu?" Ma Gianni insistette tanto che finalmente ottenne il permesso. Tuttavia il padre, che aveva già speso tanto per il figlio maggiore, non possedeva più un soldo, e il ragazzo dovette partire a piedi e senza armi. Cammina, cammina, giunse nella foresta che circondava il castello. Di animo mite com'era, ringraziò gli uccelli per i loro dolci gorgheggi, evitò con cura il formicaio e anzi aiutò le formiche a ricostruire il nido distrutto; collocò un bel mazzo di fiori accanto all'alveare, e visti altri dodici anatroccoli che nuotavano nello stagno, sbriciolò nell'acqua gli avanzi della sua colazione. Finalmente giunse davanti al castello e bussò al portone con garbo. Quando la finestrella si aprì, si tolse il berretto e salutò: "Buona signora, scusate il disturbo. Vorrei provare a superare le tre prove" "Bene, figliolo: ti aspetto domattina alle nove." L'indomani quando Gianni ritornò, la vecchina gettò il miglio fra l'erba e disse: "Raccoglilo entro un'ora." Poi se n'andò. Gianni incominciò, ma era un'impresa disperata: dopo tre quarti d'ora stava per abbandonar l'opera, quand'ecco apparire fra l'erba una fila interminabile di formiche. Ciascuna portava un granello di miglio e in un attimo il cestino fu pieno. "Bene, bene" disse la vecchietta quando tornò. Gettò le dodici chiavi d'oro nello stagno e aggiunse: "Ripescale entro un'ora." Gianni stava domandandosi come avrebbe fatto, quando vide giungere i dodici anatroccoli che portavano una chiave d'oro nel becco. A uno a uno s'accostarono alla riva e gliela porsero. Così anche questa prova fu superata e finalmente la vecchia lo introdusse nella sala dov'erano le tre figure velate. "Una di esse è la principessa. Scegli bene" raccomandò. Gianni studiò a lungo le tre figure, ma erano proprio identiche! Come fare? In quel momento dalla finestra entrarono alcune api che incominciarono a ronzare intorno alla figura centrale. "Scelgo quella di mezzo" gridò il giovane. I veli caddero e quella di mezzo era proprio la principessa che portava una corona di fiori sulla testa; perciò le api si erano avvicinate a lei, fuggendo dai due draghi che puzzavano di pesce e di zolfo.
Gianni era così riuscito a rompere l'incantesimo e grazie a lui i sassi sotto le finestre ridiventarono giovanotti: fra essi c'era Elmerico. La principessa ringraziò il suo salvatore e spedì subito un servo ad avvertire il re. Alle nozze, che furono celebrate con grandi feste, parteciparono anche i genitori dei due giovani, giunti in una carrozza d'oro. Ma la carrozza era stata mandata da Gianni non da Elmerico!
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C'era una volta un povero contadino che non aveva terra, ma aveva soltanto una piccola casetta e un'unica figlia. La figlia disse: "Dovremmo pregare il re di darci un pezzetto di terra". Il re era venuto a sapere della loro povertà e donò loro qualche zolla erbosa; la fanciulla e il padre le zapparono per seminarci un po' di frumento e qualche altra granaglia. Quando ebbero zappato quasi tutto il campo, trovarono nella terra un mortaio d'oro puro. "Senti" disse il padre alla fanciulla "dato che il nostro re è stato così indulgente e ci ha regalato il campo dobbiamo dargli il mortaio." Ma la figlia non era d'accordo e disse: "Babbo, se abbiamo il mortaio e non il pestello, ci toccherà cercare anche il pestello; perciò è meglio tacere". Ma egli non volle ascoltarla, prese il mortaio, lo portò al re e disse che lo avevano trovato nella landa. Il re prese il mortaio e domandò se non avesse trovato altro. "No" rispose il contadino. Ma il re disse che doveva procurargli anche il pestello. Il contadino rispose che non lo avevano trovato, ma fu come se avesse parlato al vento. Fu gettato in prigione e avrebbe dovuto restarci finché non avesse reso il pestello. I servi dovevano portargli ogni giorno pane e acqua, quel che si mangia in prigione; e lo sentivano sempre gridare: "Ah, se avessi ascoltato mia figlia! Ah, se avessi ascoltato mia figlia!". Allora i servi andarono dal re e gli dissero che il prigioniero diceva sempre: "Ah, se avessi ascoltato mia figlia!" e non voleva né mangiare né bere. Allora il re ordinò ai servi di portargli il prigioniero e gli domandò perché continuasse a gridare: "Ah, se avessi ascoltato mia figlia!". "Cos'ha mai detto vostra figlia?" "Sì, ha detto di non portare il mortaio, altrimenti avrei dovuto procurare anche il pestello." "Se avete una figlia così saggia, fatela dunque venire." Ella dovette così presentarsi al re, che le domandò se fosse davvero tanto saggia, e disse che voleva proporle un indovinello: se l'avesse indovinato, l'avrebbe sposata. Ella rispose di sì, avrebbe provato a indovinare. Allora il re disse: "Vieni da me né vestita né nuda, né a cavallo né in carrozza, né sulla strada né fuori dalla strada: e se riuscirai a fare tutto questo ti sposerò". Ella se ne andò e si spogliò nuda come Dio l'aveva fatta, così non era vestita; prese poi una gran rete da pesca, vi si mise dentro e se l'avvolse attorno, così non era nuda; si fece prestare un asino, alla coda del quale legò la rete, ed esso doveva trascinarla, così non era né a cavallo né in carrozza; e l'asino dovette trascinarla sulla carreggiata in modo che toccasse terra soltanto con il dito grosso, così non era né sulla strada né fuori dalla strada.
Quando giunse dal re, questi le disse che aveva risolto l'indovinello. Liberò suo padre dalla prigione, la prese in moglie e le affidò tutto il patrimonio reale. Erano già trascorsi alcuni anni e, un giorno che il re passava la rivista, avvenne che davanti al castello si fermassero, con i loro carri, dei contadini che aveva venduto la legna: alcuni avevano dei buoi, altri dei cavalli. C'era un contadino che aveva tre cavalli e uno di questi partorì un puledrino, che corse via e andò a cacciarsi fra due buoi attaccati a un altro carro. Quando i contadini s'incontrarono, incominciarono a litigare, ad azzuffarsi e a vociare, poiché il padrone dei buoi voleva tenersi il puledro e diceva che l'avevano fatto i buoi, mentre l'altro diceva che l'avevano fatto i cavalli ed era suo.
La lite finì davanti al re, ed egli sentenziò che il puledro doveva rimanere dove si trovava; così toccò al padrone dei buoi, al quale tuttavia non apparteneva. L'altro se ne andò piangendo e lamentandosi per il suo puledro. Ma egli aveva sentito dire che la regina era tanto clemente, poiché anch'ella proveniva da una povera famiglia di contadini; perciò si recò da lei e la pregò di aiutarlo ad avere il suo puledro. Ella disse: "Sì, se mi promettete di non tradirmi, vi aiuterò. Domattina presto, quando il re è alla rivista, mettetevi in mezzo alla strada, dove egli deve passare, prendete una gran rete da pesca e fate finta di pescare; continuate a pescare e versate la rete, proprio come se fosse piena".E gli disse anche quel che doveva rispondere, se il re l'avesse interrogato. Così, il giorno dopo, il contadino era là che pescava all'asciutto. Quando il re passò lì davanti e lo vide, mandò subito il suo portaordini a chiedere che intenzioni avesse quel pazzo. Egli rispose: "Pesco". Ma l'altro gli domandò come potesse pescare visto che non c'era acqua. Disse il contadino: "Se due buoi possono fare un puledro, anch'io posso pescare all'asciutto". Il portaordini andò a riferire la risposta al re; allora questi fece chiamare il contadino e gli disse che quella non era farina del suo sacco; di chi era quella risposta? Doveva confessarlo subito. Ma il contadino non voleva parlare e continuava a dire: "Dio guardi!" e che ci aveva pensato lui. Allora lo misero su un fascio di paglia e lo picchiarono e lo tormentarono finché egli confessò di averla avuta dalla regina. Quando tornò a casa, il re disse alla moglie: "Perché sei così falsa con me? Non ti voglio più per moglie: ormai è finita, tornatene nella tua casetta di contadini, da dove sei venuta!". Tuttavia le permise di portare con sé la cosa più cara e più preziosa che avesse: questo era il suo congedo. Ella disse: "Sì, caro marito, se è ciò che vuoi, lo farò". E gli saltò al collo, lo baciò e disse che voleva prender commiato. Allora si fece portare un potente sonnifero per il brindisi d'addio: il re bevve un bel sorso, mentre lei lo toccò appena. Egli cadde subito in un sonno profondo e, quando la regina vide che dormiva, chiamò un servo, prese un bel lenzuolo di lino bianco e ve lo avvolse dentro; i servi dovettero trasportarlo in una carrozza che era davanti alla porta, poi ella lo condusse nella sua casetta. Lo mise nel suo lettino, ed egli continuò a dormire giorno e notte e, quando si svegliò, si guardò attorno e disse: "Ah, mio Dio, dove sono?". Chiamò i suoi servi, ma non ce n'era neanche uno. Finalmente la moglie si avvicinò al letto e disse: "Mio caro signore, mi avete ordinato di portare via dal castello ciò che mi era più caro e più prezioso, sicché ho deciso di prendere voi!". Il re disse: "Cara moglie, tu sei mia e io sono tuo". La condusse nuovamente al castello e volle che si ricelebrassero le nozze. E certo vivranno ancora oggi.
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Raperonzolo divenne la più bella bambina del mondo, ma non appena compì dodici anni, la maga la rinchiuse in una torre alta alta che non aveva scala n‚ porta, ma solo una minuscola finestrella in alto. Quando la maga voleva salirvi, da sotto chiamava:
“Oh Raperonzolo, sciogli i tuoi capelliRaperonzolo aveva infatti capelli lunghi e bellissimi, sottili come oro filato. Quando la maga chiamava, ella scioglieva le sue trecce, annodava i capelli in alto, al contrafforte della finestra, in modo che essi ricadessero per una lunghezza di venti braccia, e la maga ci si arrampicava.
che per salir mi servirò di quelli.”
Un giorno un giovane principe venne a trovarsi nel bosco ove era la torre, vide la bella Raperonzolo alla finestra e la udì cantare con voce così dolce che tosto se ne innamorò. Egli si disperava poiché‚ la torre non aveva porta e nessuna scala era alta a sufficienza. Tuttavia ogni giorno si recava nel bosco, finché‚ vide giungere la maga che così parlò:
“Oh Raperonzolo, sciogli i tuoi capelliCosì egli capì grazie a quale scala si poteva penetrare nella torre. Si era bene impresso nella mente le parole che occorreva pronunciare, e il giorno seguente, all’imbrunire, andò alla torre e gridò:
che per salir mi servirò di quelli!”
“Oh Raperonzolo, sciogli i tuoi capelliEd ecco, ella sciolse i capelli e non appena questi toccarono terra egli vi si aggrappò saldamente e fu sollevato in alto.
che per salir mi servirò di quelli!”
Raperonzolo da principio si spaventò, ma ben presto il giovane principe le piacque e insieme decisero che egli sarebbe venuto tutti i giorni a trovarla. Così vissero felici e contenti a lungo, volendosi bene come marito e moglie. La maga non si accorse di nulla fino a quando, un giorno, Raperonzolo prese a dirle: “Ditemi, signora Gothel, come mai siete tanto più pesante da sollevare del giovane principe?” - “Ah, bimba sciagurata!” replicò la maga, “cosa mi tocca sentire!” Ella comprese di essere stata ingannata e andò su tutte le furie. Afferrò allora le belle trecce di Raperonzolo, le avvolse due o tre volte intorno alla mano sinistra, prese le forbici con la destra e “zic zac”, le tagliò. Indi portò Raperonzolo in un deserto ove ella fu costretta a vivere miseramente e, dopo un certo periodo di tempo, diede alla luce due gemelli, un maschio e una femmina.
La stessa sera del giorno in cui aveva scacciato Raperonzolo, la maga legò le trecce recise al contrafforte della finestra e quando il principe giunse e disse:
“Oh Raperonzolo, sciogli i tuoi capelliella lasciò cadere a terra i capelli. Come fu sorpreso il principe quando trovò la maga al posto dell’amata Raperonzolo! “Sai una cosa?” disse la maga furibonda “per te, ribaldo, Raperonzolo è perduta per sempre!” Il principe, disperato, si gettò giù dalla torre: ebbe salva la vita, ma perse la vista da entrambi gli occhi. Triste errò per i boschi nutrendosi solo di erbe e radici e non facendo altro che piangere. Alcuni anni più tardi, capitò nello stesso deserto in cui Raperonzolo viveva fra gli stenti con i suoi bambini. La sua voce gli parve nota, e nello stesso istante anch’ella lo riconobbe e gli saltò al collo. Due lacrime di lei gli inumidirono gli occhi; essi si illuminarono nuovamente, ed egli pot‚ vederci come prima.
che per salir mi servirò di quelli!”
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Ma nessuno voleva essere il primo e dovette offrirsi Fernando fedele, sempre per consiglio di Fernando infedele: la regina gli tagliò la testa e gliela rimise a posto, e il taglio guarì subito, sicché‚ sembrava che avesse un filo rosso intorno al collo. Allora il re le disse: -Bimba mia, dove l'hai imparato?-. -Sì- rispose la regina -conosco l'arte: devo provare anche con te?- -Oh sì- disse il marito. Ma lei gli tagliò la testa e non gliela rimise a posto, fingendo di non riuscirci e che la testa non volesse attaccarsi bene. Così il re fu sotterrato e la regina sposò Fernando fedele. Ma questi cavalcava sempre sul suo cavallo bianco, e una volta il cavallo gli disse di andare in un'altra prateria che gli indicò, e di farne tre volte il giro al galoppo.
Quando l'ebbe fatto, il cavallo si drizzò sulle zampe di dietro e si trasformò in un principe.
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7.00-Il vicino di casa del Trogoloni,Gianlamberto Perticoni,da tempo immemorabile rompeva l'anima al nostro col problema dei pidocchi che gli infestavano le rose.Oggi,con fare cospiratorio,Bernabò gli ha detto che l'unica soluzione al suo problema c'era,arcistrasicura e perpetua:bastava comprare un sacco di terra all'ombra del campanile di Giotto,e il gioco era fatto.Chiunque avrebbe capito che era una balla spaziale,ma al Perticoni manca non solo un venrdì ma anche gli altri 6 giorni della settimana.
Appena possibile è andato nel più grande negozio specializzato della città e ha fatto la sua richiesta.Il commesso prima ha crecato di farlo ragionare,poi ha chiamato gli infermieri della clinica Luminaris,che sta di fronte.
8.30-Nottetempo Bernabò ha tappezzato Sanfrediano di manifesti che annunciavano la prematura dipartita,per indigestione di cozze, di Eufemio Scappottati,noto calciante del Calcio In Costume ed acerrimo rivale del Trogoloni a biliardo,A casa del disgraziato sono cominciati ad arrivare telegrammi,corone e tlefonate.Quando l'Eufemio,che fa la guardia notturna a Brozzi,è tornato a casa,non vi dico che è successo-
9.30- Nello stabile di fronte al Trogoloni abita l'anziana contessa Cleofe Detumistufibus,im lite perenne con l'altrettanto anziano trippaio Pericle Spidocchiati.
Bernabò ha inviato alla Cleofe una missiva hard firmata dal trippaio e a quest'ultimo ha inviato una missiva carica d'insulti,poi si è messo al balcone a godersi lo spettacolo.
Il Pericle ha tuffato la contessa nel pentolone dove bolliva il lampredotto,e per sedare la rissa ci sono voluti 25 agenti di polizia (6 finiti al pronto soccorso con traumi vari)
10.30-Bernabò ha fatto credere all'aspirante attore Niccolò Cocciatosta,suo vicino di pianerottolo,che il celebre regista tedesco Ludwig Asinonen voleva lui per il suo prossimo film.
Lo aspettava nella sua villa a Fiesole per la firma del contratto.
Il Cocciatosta è andato a Fiesole e le guardie del corpo di Asinonen lo hanno scaraventato in piscina.
11,30-Spacciandosi per il segretario del sultano del Brunei,Bernabò ha prenotato l'intero ristorante "Chef chef cocu" (tradotto in fiorentino, Dal cuoco becco) per la serata,salvo poi,tre ore dopo, ritelefonare ricordando al proprietario che giorno era.
15.00-Per concludere in bellezza,il Trogoloni,spacciandosi per il commendator Porchettoni,ha chiamato alla sua villa di Settignano carabinieri,polizia,pompieri e 118.
Il traffico è rimasto bloccato tre ore;gli automobilisti imbufaliti hanno circondato la villa tipo presa della Bastiglia.
Il Porchettoni è stato denunciato per procurato allarme.
A 3 giorni dai fatti la situazione è qeusta.
Il Perticoni ha passato due giorni in clinica prima che venissero provate la sua buonafede e sanità mentale.
Lo Scappottati si è iscritto a un corso di tortura cinese e sembra sia il migliore di tutti.
La Cleofe sposerà il Pericle,testimoni i 25 agenti di polizia.
Non solo,ma ha pure detto che abbandonerà il jet set fiorentino e diventerà trippaia.
Il Cocciatosta andrà a predicare la buona novella agli orsi marsicani.
Il proprietario del ristorante e il Porchettoni sono ricoverati nella clinica Luminaris.
E bernabò? In crociera sul Mediterraneo alla facciaccia nostra,intento a meditare chissà quali altri crimini nefandi
E su questa nota nautica passo e chiudo
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uoi baci fanno buio, sulla mia bocca.
Io non ti sono più cara.
E come giungesti!
Azzurro di paradiso;
Alla tua più dolce fonte
Il mio cuore faceva il giocoliere.
Ora lo voglio truccare
Come le puttane il rosa
Appassito dei fianchi di rosso.
I nostri occhi sono socchiusi,
Come un cielo morente
La luna è invecchiata.
La notte non si sveglia più.
Tu non ti ricordi di me.
Dove me ne andrò con questo cuore?
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E' la biografia di Alessandro Pavolini,uno dei fedelissimi di Mussolini,finito anche a lui a Piazzale Loreto.
Dai primi inizi a Firenze all'amicizia poi rinnegata con Ciano,dalla lenta ascesa all'amore per la diva di regime Doris Duranti,Petacco ci narra la parabola di quest'uomo in un libro imperdibile
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Inviato da: RicamiAmo
il 01/08/2014 alle 18:11
Inviato da: Dolce.pa44
il 26/07/2014 alle 18:22
Inviato da: do_re_mi0
il 23/04/2014 alle 18:01
Inviato da: odio_via_col_vento
il 14/04/2014 alle 20:57
Inviato da: Krielle
il 23/03/2014 alle 04:38