Messaggi del 14/10/2011

Il potere del maialino

Post n°998 pubblicato il 14 Ottobre 2011 da odette.teresa1958

L'uomo, come sua abitudine volse lo sguardo a cercare sua figlia, ma subito riportò l'attenzione sulla strada che stava percorrendo.
Virginia era in quell'età in cui una giovane, come pure un ragazzo, una creatura, insomma, sente maggiormente il fascino del sogno rispetto a quella della realtà.
Ed è ciò che succede in quest'età che forma le persone.
Per questo motivo non pretendeva troppo da lei: certo avrebbe voluto che si fermasse di più a chiacchierare, ma, forse, a Dio piacendo, ci sarebbe stato tempo in seguito, quando il tempo delle nuvole avrebbe lasciato un po' di spazio a quello della terra.
E poi, diciamoci la sacrosanta verità, il suo mestiere non era dei più allettanti.
Un maialino gli si fece incontro: era incredibile come quel bizzarro naso lo puntava, sembrava quasi interrogarlo.
- Tranquillo ... nemmeno oggi morirai di fame !
Il ruspante animaletto si diresse tutto contento verso gli altri, come avesse compresso non tanto il senso quanto le parole stesse, e volesse comunicare subito ciò che aveva udito agli altri.
Eh, sì, lui amava i suoi animali, ma andava detta tutta la verità:il suo non era il mestiere più bello del mondo, e francamente se non si teneva il tutto pulito, anche un appassionato avrebbe avuto delle serie difficoltà a vivere in quell'ambiente.
- Eh ... ma che cosa mi lamento a fare, faccio prima a spazzare via tutto, oh, una mano non mi disturberebbe, ma siamo solo noi, miei cari ... -
Il maialetto di prima lo guardò, sembrava che ancora una volta intuisse il significato esatto delle parole, poi scappò via, in direzione del fiume, della grande quercia.

Qui, ai piedi del grande albero trovò la figlia dell’allevatore, seduta, assorta con i propri pensieri.
In silenzio si poggiò accanto a lei.
- Che cosa c'è?Anche tu hai uno spirito e non ti basta più riempire il solo stomaco? -
Per tutta risposta l'animaletto, si rialzò, e trotterellò via.
- Come non detto -
La ragazza rimase un paio d'ore lì, contemplando la natura, poi si ricordò all’improvviso, che doveva fare qualcosa, o meglio che aveva qualcosa da fare, anche se non ricordava bene che cosa nella sua cameretta.
Quando vi arrivò, spalancò gli occhi.
Non credeva a ciò che stava vedendo.
- Brutto schifoso, maiale, merdoso, puzzinoso! -
E concluse: - Maiale! -
All'ingresso della stanza vi era il chiaro ed inequivocabile segno del passaggio dello stesso.
- Ma con tutta la campagna che c'è qui intorno, propri qui dovevi venire a farla ... schifoso! - E si mise alla ricerca di un secchio e del necessario per fare le pulizie.
Non riusciva a pensare ad altro, la disturbava troppo quella scena.
Quand'ebbe finito, chiuse la porta, sia della propria stanza che di casa, visto che uno degli animali allevati dal padre, aveva a quanto sembrava, dei problemi di orientamento .
Era così stanca, e disturbata dall'accaduto che non aveva più voglia di tornare vicino al fiume, si diresse quindi dove sapeva di trovare suo padre come sempre affaccendato.
Lo vide, ma gli sembrava più vecchio del solito.
Si rese conto che negli ultimi tempi non l'aveva cercato molto, lo vedeva sbadatamente in pochi e saltuari momenti della giornata.
E lui era lì, stanco dal tanto lavoro, ma anche dalla troppa solitudine, a pulire e ripulire ogni giorno, gli spazi dei suoi animali..
Se non fosse stato per quello che era accaduto nella sua stanza, forse non si sarebbe nemmeno accorta del tempo che stava passando, e di come lei si fosse estraniata troppo da coloro che gli volevano bene..
Sarebbe ritornata alla sua quercia con una consapevolezza in più..
La bellezza della natura colmava i vuoti della propria anima..
La sporcizia estemporanea della stessa l'avrebbe destata dai propri pensieri per far sì che si accorgesse anche degli altri.
- Papy ... -
- Oh, Virginia, che bello rivederti ! Ultimamente quasi non ti vedevo più ! -
Lei gli diede delle affettuose pacche sulle spalle.
- Neanche io ti stavo vedendo più, ma la colpa era mia.-
- E perché? No, tu sei nell'età giusta per distrarti, per non avere troppi assilli. -
- Forse, ma il tempo non mi manca, per le mie cose, e non me ne mancherà se decidessi di darti una mano qui! -
- Come qui? No , questo non è ambiente per te, troppo sporco. Se hai voglia di fare ovunque, ma non qui! -
- Guarda che oggi ho già dovuto pulire ... le cosucce di un certo maialetto! -
- Come? E perché? -
- Uno di quelli piccoli è venuto su nella mia cameretta ed ha lasciato un ricordino . -
- E come ha fatto, come ha fatto a salire le scale ... e la porta, l'avevo chiusa . Oh, forse ero così stanco che mi è sfuggito. -
- Forse è un bene che sia capitato, comunque voglio fare la mia parte, comunque ci sia riuscito il tuo maialino mi ha fatto capire che qualcosa non andava nel mio comportamento. -
- Oh questa! Ho sempre pensato che fossero utili all'umanità i maiali, ma non ho mai visto le cose in questi termini . Toh, eccolo qui il briccone, dev'essere lui, guardalo, sta sempre avanti ed indietro, tutto solo, con la sua curiosità, e con qualche birichinata, eh? Se fosse un essere umano, sarebbe uno scrittore! -
Le orecchiette dell'animale s’irrigidirono, poi con suoni allarmanti e molto simili ad un lamento, scappò velocemente via dai due, che se la ridevano da matti.
- A volte ho l'impressione che capisca quello che diciamo: hai visto com'è scappato via quando gli ho detto che se fosse stato un essere umano, per la sua continua curiosità e quel suo girovagare solo soletto con la stessa, sarebbe potuto essere uno scrittore? Deve aver capito che avrebbe tirato la cinghia! ah, guai a togliergli il cibo! -
- Dai, dopotutto, in realtà non mangiano per se stessi, ma per noi, no? -
- Lo stai che siamo filosofeggiando sui maiali ? -
- La filosofia è una scienza che analizza la vita dal punto di vista di ciò che seguiamo, del pensiero, ed io oggi ho capito che le persone che amano le cose pulite, non si fanno scoraggiare da chi ti sporca la tua stanza pulita, e questo me lo ha insegnato un ... maiale! -
Il padre sorrise.
- Fammi finire qui, si tratta di poco, poi mi do una pulitina e ti faccio vedere che i miei maiali non sono solo dei pasticcioni: tagliamo il prosciutto che sta in cantina, voglio farti dimenticare quello che ha fatto il giovane con la bontà di quello che fatto chi è venuto prima di lui ! -
_ Sì, ma da oggi m’impegno di più non mi va di lasciarti a fare tutto da solo! -
- Anch'io ho avuto bisogno di un periodo, quand'ero giovane, in cui non facevo niente, o meglio mi davo delle risposte, per questo non mi sono mai lamentato con te, so quanto sia importante, è un periodo fondamentale, guai se non ci fosse. -
- Sì, però ora ... -
-Sì, per questo voglio festeggiare! Dammi solo il tempo di finire, fra un paio d'ore, ci vediamo a casa, eh? -
- OK, allora, posso ancora stare un po' vicino alla quercia. D'ora in poi, non avrò più bisogno di starci tanto tempo . -
- OK! -
- Guarda laggiù! Sembra quasi che mi aspetti, il nostro scrittore. -
- Ah, eccolo lì, eh, te l'ho detto, e sempre avanti ed indietro, corre di qua, corre di là, curioso come pochi animali, speriamo solo non abbia fatto l'autografo dove di solito ti siedi tu . -
- Oh, cielo, comunque, mi siederò di meno da oggi.-
- Lo ritirerò io, comunque, stai tranquilla, a dopo. -
- Certo! -

Portandosi verso il suo posto preferito, non poteva fare a meno di constatare che se si fosse fermata al primo impatto, alla prima impressione, avrebbe visto solo il lato negativo della faccenda, e non avrebbe preso atto del fatto che non andava lasciata agli animali l'ultima parola, ma agli individui pensanti.
- Oh, eccoti qua ... certo io avrei preferito che tu mi avessi parlato per dirmi che stavo trascurando mio padre, ma va bene così: alla fine quel che conta è aver capito, no? -


- Meno male ! Io mica posso sempre correre avanti ed indietro, mangiando tutto quello che mi capita sotto gli occhi, e fare la cacca a destra e a sinistra, a seconda del momento ... non sono mica un autore, io, se permetti, sono una fantasia, e come tutte le fantasie so parlare agli esseri umani. Il problema è se loro vogliono ascoltare, se hanno voglia di pensare ... -


 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 

Il mago delle comete

Post n°997 pubblicato il 14 Ottobre 2011 da odette.teresa1958

Una volta un mago inventò una macchina per fare le comete. Somigliava un tantino alla macchina per tagliare il brodo, ma non era la stessa e serviva per fabbricare comete a volontà, grandi o piccole, con la coda semplice o doppia, con la luce gialla o rossa.
Il mago girava paesi e città, non mancava mai ad un mercato, si presentava anche alla Fiera di Milano e alla fiera dei cavalli a Verona, e dappertutto mostrava la sua macchina e spiegava com'era facile farla funzionare.
Le comete uscivano piccole, con un filo per tenerle, poi man mano che salivano in alto diventavano della grandezza voluta, ed anche le più grandi non erano più difficili da governare di un aquilone.
La gente si affollava intorno al mago, come si affolla sempre intorno a quelli che mostrano una macchina al mercato, per fare gli spaghetti più fini o per pelare le patate, ma non comprava mai neanche una cometina piccola così.
"Se era un palloncino, magari" diceva una buona donna. "Ma se gli compro una cometa il mio bambino chissà che guai combina."
E il mago: " Ma fatevi coraggio! I vostri bambini andranno sulle stelle, cominciate ad abituarli da piccoli."
"No, no grazie. Sulle stelle ci andrà qualcun'altro, mio figlio no di sicuro."
"Comete! Comete vere! Chi ne vuole?"
Ma non le voleva nessuno.
Il povero mago, a furia di saltar pasti, perché non rimediava una lira, era ridotto pelle ed ossa.
Una sera che aveva più fame del solito, trasformò la sua macchina per fare le comete in una caciottella toscana e se la mangiò.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 

Prudenza (Pirandello)

Post n°996 pubblicato il 14 Ottobre 2011 da odette.teresa1958

Avevo compito da circa un mese trentaquattro anni. Da un pezzo mi notavo nel volto, e precisamente alla coda degli occhi e su la fronte, certi lievi solchi che mi pareva non si potessero ancora chiamar propriamente rughe. Credevo almeno che il numero degli anni miei potesse tuttavia permettermi di non chiamarli tali. Momentanei increspamenti de la pelle, che - sotto l’azione del pensiero, del riso, dell’abituale atteggiarsi della fisonomia - erano divenuti stabili. Ma rughe, no.
Scorgevo inoltre da un pezzo nella barba e per entro alla folta e fluente capigliatura poetica (povera poesia, perduta coi capelli, come la forza di Sansone!) qualche... sì, peli bianchi, insomma... più d’uno. E m’assoggettavo ogni mattina, davanti allo specchio dell’armadio, a un supplizio in uso non ricordo bene presso quali popoli civili dell’antichità o dell’evo medio: al supplizio della depilazione.
Quante volte, ahimè, insieme con qualche pelo bianco della barba non mi strappai dagli occhi lagrime sincere di fitto acutissimo dolore!

Inferocivo contro me stesso.
Il pelo, profondamente radicato, mi sfuggiva dalle dita crudeli, resisteva allo strappo due o tre volte. Mi asciugavo le lagrime sul volto contratto dallo spasimo, e lì, daccapo, a tentare con maggior violenza per la quarta volta.
Ma più ne strappavo, e più me ne scoprivo di giorno in giorno. - Oh mia magnifica barba, un tempo orgoglio, ora tortura per me!
Ero ormai giunto al bivio. Quel supplizio giornaliero non era più a lungo sopportabile. Tra parer vecchio o parer brutto, a una determinazione dovevo pur venire alla fine, non volendo assolutamente ricorrere alla scappatoja, del resto inutile e sudicia, della tintura.
Debbo aggiungere che alla vanità si unì, in quei giorni, la prudenza, cioè la più cordialmente antipatica, la più tabaccosa, la più vigliacca tra le tante e tante virtù che vessano il genere umano. Già, a sentir certi moralisti, altro che virtù! è la moderatrice delle virtù, ordinatrice degli spiriti, maestra dei costumi. E le hanno dato tre occhi in testa: figuratevi come dev’essere carina! [Per dirne una. Non vi par bello il bambino, quando il padre gli accende innanzi agli occhi un fiammifero? Come agita le manine! freme tutto; con gli occhi che gli fervono dal desiderio d’afferrarlo... ma sopravviene cauta la Prudenza – pah! spegne il fiammifero... - ndA]

Di che cuore, se avesse un corpo, oggi le darei un calcio a quella virtù! Ma allora, pur troppo, fui così sciocco da darle ascolto. Incontratala sul mio cammino, mi ammogliai con lei e diventai subito il padre di me stesso: cominciai a darmi consigli e ammonimenti e a chiamarmi: Figlio mio.
Vivevo da circa tre anni in compagnia, oltre che delle nove muse, d’una donna, la quale non si stancava di ripetermi che le piacevo tanto tanto con quei capelli lunghi e con quel barbone. Gusti! [Ma ero bello davvero! – ndA] A me, lei, però non piaceva più da parecchio tempo, in nessuna maniera. E non sapevo come liberarmene.
Un benefattore mi aveva promesso un discreto collocamento, a patto però ch’io troncassi quella relazione, pretesto a tante ciarle, e mi tagliassi almeno i capelli, poiché la zazzera non conveniva punto - diceva - alla qualità dell’impiego procuratomi.
E allora io, reso già padre da quella virtù su lodata, e non sospettando neppur lontanamente che quel benefattore avesse meditato il disegno di darmi in isposa sua figlia, magnifico mostro in gonnella: - Cosimo, figlio mio, che fai? I versi hai visto? non son arte guadagnare. Hai già trentaquattro anni. Quella donna ti secca mortalmente e ti danneggia. L’impiego è buono: dignitoso e lucroso. Su, su, figlio mio! Via questi capellacci, e via anche il barbone, se proprio proprio non te la senti di portartelo a spasso tutto bianco: precocemente, come tu credi.
Fin dall’infanzia (potete bene immaginarlo) non ebbi mai amicizia coi barbieri. Credo anzi che questi mi dovessero tutti, e a ragione, odiare. Per la qual cosa, uscendo la mattina di quel memorabile 12 aprile, già deliberato al sacrifizio, mi parve di andarmi a rendere a discrezione d’un nemico. Che ne avrebbe egli fatto di me? Non sapevo assolutamente concepirmi sbarbato e coi capelli corti. E, via facendo, mi lisciavo, mi carezzavo l’ultima volta la mia bella barba moribonda.

Non so quanto gironzassi, sospeso nella scelta del boja. Non una Barbieria in città: tutti Saloni, tutti, anche il più umile e angusto bugigattolo! e per ogni presuntuoso Parrucchiere, anacronismo vestito e calzato, per lo meno cento Coiffeurs, cento Hair Cutting’s.

«Imbecilli! Depauperatori della nostra lingua!»

Mi fermavo un tantino, sì e no, innanzi a gli usci a vetri, a spiar trepidante attraverso le tendine.

«No: troppo lusso! troppi specchi! Questo è un salone per damerini... Altrove! altrove!»

Mi sentivo io stesso avvilito della suggezione che, non solo quei cani, ma anche i loro clienti m’incutevano sentivo che, con quella mia zazzera, io dovevo esser per loro oggetto di derisione. Stanco morto, alla fine, e al colmo dell’esasperazione scoperta (miracolo!) una modesta insegna di Barbiere in una piazzetta fuorimano, mi cacciai senz’altro, aggrondato, feroce, entro la botteguccia.
Il vecchio barbiere, il suo commesso e i due clienti allora sotto il ferro si voltarono tutt’e quattro a un tempo a guardare, come se fosse entrato un selvaggio. Dopo avermi ben bene osservato da capo a piedi, il vecchio mi disse:

- Abbia pazienza un momentino, signore. Ecco, s’accomodi.

E m’indicò un logoro divanuccio sotto uno specchio a muro graziosamente dalle mosche punteggiato d’una miriade di nerellini...
Notai la signorile disinvoltura, la familiarità con cui quegli scorticatori trattano i loro clienti.

 

«Anch’io sarò trattato così, tra breve», pensavo, commiserandomi amaramente. «Sì, ma intanto che dirò? Se dicessi che torno da un lungo viaggio?»

Di tratto in tratto il giovine mi volgeva un’occhiata glaciale, sforbiciando per aria, come per non far perdere l’appetito al suo strumento di tortura.
Venne finalmente la mia volta.

- Il signore vorrebbe accorciati un tantino i capelli?

Guardai fiso negli occhi quel giovine per fargli intender bene che non ero uomo da farmi canzonare da lui, e risposi pigiando su le parole:

- Li voglio tagliati, non accorciati. E voglio anche rasa la barba.

A quest’ordine perentorio, il giovine si turbò alquanto e, come per prender consiglio, rivolse uno sguardo al padrone il quale avendo felicemente allestita la sua vittima, si disponeva ad andar via fregandosi le mani. Certo a colui era passato per la mente il sospetto ch’io fossi un uomo di mal’affare, e che volessi dopo qualche marachella, alterare i miei connotati.

- Interamente rasa? - mi domandò perplesso.

- Ma si può forse radere a metà? - gli feci io stizzito.

- Ubbidisci ai comandi del signore, - tagliò corto il vecchio barbiere, ma più per ammansar me, che per redarguire il giovine. E se ne andò via.

Quegli allora, senza aggiungere altro, m’avvolse con poco garbo nell’accappatojo; versò dal bricco l’acqua tepida nel bacile; prese una forbice e... zàc! mi portò via mezza barba.

- Che fate: - gli gridai. - V’ho detto rasa! rasa!

- Sissignore, - mi rispose, guardandomi con una certa meraviglia mista di commiserazione. - Ma capirà! se prima non si taglia...

E seguitò a tagliare. Io non ebbi il coraggio di guardarmi nello specchio. Quegli prese a insaponarmi sbadatamente, stropicciandomi insieme col pennello tutte le dita su la faccia. Questa prima operazione, che mi parve troppo confidenziale, durò circa un quarto d’ora. Come se nel mentre il mal’animo gli fosse sbollito, posando il pennello, il giovine mi domandò:

- Non se l’era rasa da parecchi anni, è vero?

- Mai! - gli risposi. - Questa è la prima volta.

- E si vede, sa! Eh, bisognerà lasciarla rammorbidire un bel pezzo col sapone. Io intanto affilo il rasojo. Ne affilo anzi due.

Quando vidi posarmi il barbino su l’omero, chiusi gli occhi e sospirai. Ma poi fu più forte la curiosità. Dovevo sì o no far la nuova conoscenza di me stesso? E mi guardai nello specchio che mi stava davanti, con tutta l’anima sospesa.

- Ah Dio, - gemetti, quando già mezza faccia era rasa. - Dio, come son brutto... No no... perbacco! Troppo brutto... E come faccio?

Il giovine cercò di confortarmi, che a poco a poco ci avrei fatto l’occhio.

- Impossibile! No!

Ma, poiché non c’era più rimedio, richiusi gli occhi e non volli più saperne di me; mi abbandonai al destino.

- Ecco fatto! - annunziò quegli alla fine.

Il primo sacrifizio era dunque compiuto. Provai a sbirciarmi nello specchio: ci vidi un povero imbecille addogliato, che non volli riconoscere.

Veniamo ai capelli, - riprese il barbiere. - Come li vuole?

- Finitemi come che sia, - risposi. - Non me n’importa più nulla.

- Li facciamo «alla Guglielmo», come usano adesso?

- Fateli «alla Guglielmo», ma presto.

Quando la prima ciocca recisa mi cadde su l’accappatojo, volli guardarla e dirle addio, senza levar gli occhi allo specchio. Poveri capelli miei! addio, gioventù! addio, poesia!
Quel boja intanto credeva che io dormissi. Più d’una volta sospese l’esercizio della sua funzione per guardarsi... non so, il naso o la punta della lingua nello specchio. Lo lasciavo fare. A una pausa più lunga però mi riscossi per domandargli:

- Ebbene?

- Ecco, - mi rispose con aria confusa e un risolino nervoso tremante su le labbra, - ho dato... sì, ho dato... mi scusi, un.. come si chiama?... un colpetto di forbice un po’ arrischiato... e m’accorgo che «alla Guglielmo» non possono più venire. Vogliamo tagliarli a spazzola?

- Come che sia, vi ho detto. Purché facciate presto!

- Prestissimo, non dubiti. È una pettinatura più spiccia. Più spiccia e più seria.

Dalli e dalli! Quella dannata forbice non si dava requie un momento, e m’intronava gli orecchi. A compir l’opera, si rovesciò come un’ira di Dio, su la piazzetta, una compagnia di saltimbanchi con una crudelissima tromba stonata e una grancassa fragorosa. Il giovine non seppe contenersi più. Allungava il collo di qua e di là, si rizzava su la punta dei piedi. Indovinavo con gli occhi chiusi quei movimenti di curiosità; ma, nello stato d’abbattimento in cui ero caduto, non trovavo più la forza di richiamarlo al dovere.
A un certo punto sentii posar le forbici e, subito dopo, mi sentii rullar sul capo non so che cosa d’ispido, che mi fece saltar su la seggiola. Era uno spazzolone nero, girante.

- Finito? - domandai.

- Eh, no, signore: volevo vedere... Perché, sa? da questa parte. . .

Lo guardai in faccia:

- Avete forse dato qualche altro colpetto di forbice arrischiato?

- No, signore - s’affrettò a rispondermi. - Conseguenza del primo, sa? Credevo di poter rimediare... Ma vedo... vedo con dispiacere che non ce la facciamo più neanche a spazzola, sa!

- E allora come? - feci io, frenando a stento la rabbia, per paura che quegli non si mettesse a ridere vedendomi la faccia che già a quell’ora aveva dovuto combinarmi.

- Possiamo provare... ecco, sì; a punta di forbice... Tanto l’estate è ormai vicina... Le sarà comodo, vedrà... Vuole?

- Voglia o non voglia, - gli risposi sbuffando, - non potete mica riattaccarmi i capelli che mi avete già portati via. Sbrigatevi piuttosto, senza stare a guardar fuori.

- Ma che! Si figuri... Un momento, e avremo finito.

Zac, zac, zazàc. Questa volta mi addormentai davvero.

Quanto si protrasse ancora la mia tortura? Non saprei dirlo. Forse ore e ore: un’eternità! So che a un certo punto mi destai di soprassalto, al rumore d’un pajo di forbici scaraventate sul pavimento, e vidi il barbiere che si buttava sul divanuccio con la faccia tra le mani. - Che è stato? - gli urlai. Quegli scoprì il volto lacrimoso:

- Signore! Io non so... non mi è mai capitata una cosa simile... Ho la jettatura addosso, oggi... Mi perdoni, mi compatisca... Non so dov’abbia il capo... cioè, lo so benissimo: ho la moglie malata a casa... soprapparto...

Io mi portai istintivamente le mani alla testa... Nuda! Scorticata!

- E che m’avete fatto? - gridai, e mi guardai le mani.

- Nulla! nulla! - gemette quello. - Non tema! Ma non ci resta più che da radere, signore... Mi perdoni!

Scattai in piedi, furibondo; me gli avventai contro, sul divanuccio, con un pugno levato:

- Miserabile! Ti sei preso giuoco di me?

Ma, in quella, mi scoprii nell’altro specchio punteggiato dalle mosche, e restai pietrificato, col pugno sospeso e quell’accappatojo bianco che mi rappresentava a me stesso come una fantasima d’assassinato.

- Pietà... pietà... - gemeva quello dal divanuccio, tutto tremante.

Mi strappai d’addosso l’accappatojo; afferrai il cappello e scappai via, imprecando. Il cappello mi sprofondò su la nuca. Mi parve un’offesa mortale. Fui per rientrare nella botteguccia, feroce dalla rabbia. Ma mi cacciai in una vettura, per non commettere un delitto, e via a casa.
Manco a dirlo! La mia amante, guardando dalla spia, non mi volle aprire.

- Grazie, cara! - le gridai. - Hai ragione: non son più io! Ti saluto per sempre, cara!

E ridiscesi a precipizio la scala, esplodendo non so più quanti sternuti di fila

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 

Dopo Auschwitz (Amichai)

Post n°995 pubblicato il 14 Ottobre 2011 da odette.teresa1958

Dopo Auschwitz non c’è teologia:
dai camini del Vaticano si leva fumo bianco,
segno che i cardinali hanno eletto il papa.
Dalle fornaci di Auschwitz si leva fumo nero,
segno che gli dei non hanno ancora deciso di eleggere
il popolo eletto.
Dopo Auschwitz non c’è teologia:
le cifre sugli avambracci dei prigionieri dello sterminio
sono i numeri telefonici di Dio
da cui non c’è risposta
e ora, a uno a uno, non sono più collegati.

Dopo Auschwitz c’è una nuova teologia:
gli ebrei morti nella Shoah
somigliano adesso al loro Dio
che non ha immagine corporea né corpo.
Essi non hanno immagine corporea né corpo.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 

Libri dimenticati:Il valzer incompleto

Post n°994 pubblicato il 14 Ottobre 2011 da odette.teresa1958

Vienna,veglione di Carnevale.
Un modesto impiegato incontra una misteriosa dama velata,con cui balla solo un valzer che cambierà la sua vita.
La misteriosa dama infatti è Elisabetta d' Austria,moglie di Francesco Giuseppe.
Fra loro nasce una sotria epistolare,un carteggio stranissimo,che si protrarrà per anni

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 

Frase del giorno

Post n°993 pubblicato il 14 Ottobre 2011 da odette.teresa1958

Quando hai paura ricordati che gli altri hanno più paura di te

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 

Senza titolo

Post n°992 pubblicato il 14 Ottobre 2011 da odette.teresa1958

E il dolore è arrivato.Me lo aspettavo,ma non mi aspettavo questa sua zampata prepotente e lacerante,che mi scuote fin dentro l'anima.
Sto male.
Male come speravo di non stare ,male come non credevo di stare.
Finchè ero occupata,finchè trovavo uno sfogo,non lo sentivo,ma adesso mi occupa tutta,come un esercito nemico impietoso.
Vorrei pensare che passerà,vorrei pensare che tornerai,ma non ho nè la forza o la voglia di pregare nè la forza o la voglia di sperare.
In questo momento sono solo un immenso gomitolo di sofferenza.
Eduardo dice :"Ha da passà a nuttata"ma questa notte non passa mai.
Ci son dentro da due anni.Ogni tanto mi sembra di vedere una luce,ho l'illusione dell'alba,poi puntualmente ripiombo nelle tenebre,e ogni volta è un po' peggio dell'altra.Stavolta davvero non so come ne uscirò.

 
Condividi e segnala Condividi e segnala - permalink - Segnala abuso
 
 
 

Archivio messaggi

 
 << Ottobre 2011 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
31            
 
 

Cerca in questo Blog

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 4
 

Ultime visite al Blog

giovirocSOCRATE85comagiusdott.marino.parodisgnudidavidamoreeva0012lutorrelliDUCEtipregotornacrescenzopinadiamond770cdilas0RosaDiMaggioSpinosamaurinofitnessAppaliumador
 

Ultimi commenti

Ciao, serena serata
Inviato da: RicamiAmo
il 01/08/2014 alle 18:11
 
Ciao per passare le tue vacanze vi consigliamo Lampedusa...
Inviato da: Dolce.pa44
il 26/07/2014 alle 18:22
 
Buon pomeriggio.Tiziana
Inviato da: do_re_mi0
il 23/04/2014 alle 18:01
 
i gatti sono proprio così.:)
Inviato da: odio_via_col_vento
il 14/04/2014 alle 20:57
 
questi versi sono tanto struggenti quanto veritieri. Ciao e...
Inviato da: Krielle
il 23/03/2014 alle 04:38
 
 

Chi può scrivere sul blog

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963