Il labirinto
blog diarioMessaggi del 06/11/2011
Ricordate Pippipù,la moglie africana di Dio ci scampi?
Si è trovata così bene a S.Tobia che ha deviso di restarci ed ha anche trovato qualcuno che per lei ha fatto cose da pazzi,che ora mi accingo a narrarvi.
LUNEDI'- A casa Capricorni,dove risiede Pippipù,sono arrivati solo oggi 389 mazzi di fiori,uno diverso dall'altro.Ogni singolo fiore era stato spruzzato con l'esclusivo profumo francese "Pisch du chat n 5"
Non si sa chi abbia mandato i fiori
MARTEDI'- Pippipù va pazza per la cioccolata.Beh,adesso ne ha almeno per dieci anni.Oggi sono arrivate 1343 scatole di cioccolatini.La generosa ciccionazza ha regalato due scatole ad ogni famiglia di S.Tobia,ma anche così ce ne sono ancora tante.
L'identità del donatore è rimasta ignota.
MERCOLEDI'- Fin dall'infanzia Pippipù voleva un porcospino di peluche,ma non ha mai potuto coronare il suo sogno.
Il misterioso corteggiatore ha provveduto:a casa Capricorni sono arrivati tre enormi scatoloni di cartone,pieni all'inverosimile di porcospini di peluche diversi l'uno dall'altro.Non vi dico la gioia di Pippipù
GIOVEDI'- Pippipù è una fan sfegatata del neomelodico Aniello Pummarò.
L'anonimo le ha fatto arrivare cd e dvd in quantità industriale,una gigantografia con dedica personalizzata e.dulcis in fundo, un introvabile biglietto in prima fila per il prossimo e attesissimo concerto a Prato del cantante.
Per la gioia Pippipù è svenuta.
VENERDI'- Pippipù adora l'alta moda,ma la sua stazza le impedisce di vestirsi come vorrebbe.
Oggi a casa Capricorni è arrivato un intero guardaroba di elegantissimi abiti dell'atelier di Elvira Taripijo,e la stessa stilista si è presentata a S.Tobia proponendole di essere il testimonial della sua nuovissima linea per donne "over 200" (kg,si intende).Pippipù è al settimo cielo.
SABATO- A casa Capricorni è arrivato un grandissimo pacco regalo.Quando Pippipù lo ha aperto,si è trovata faccia a faccia col corteggiatore misterioso:si trattava di Be'erino,miracolosamente sobrio,che le si è inginocchiato davanti e l'ha chiesta in moglie.La ciccionazza ha accettato con entusiasmo.
DOMENICA- Accompagnati da tutto il paese,i promessi sposi sono partiti per Las Vegas.
Sono passate due settimane.
Tutti aspettano il ritorno degli sposini per festeggiare degnamente il matrimonio.
E su questa nota lieta passo e chiudo
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l Mago Ascanio era tanto vecchio quanto saggio e girava continuamente il mondo col suo maestoso carro volante, alla cui guida vi erano due grandi aquile.
Un giorno passò da una vecchia villa disabitata; si fermò e volle visitarla. La polvere e le ragnatele erano dappertutto e i mobili erano consumati dai tarli.
Il Mago pensò di ridarle vita e, pronunciata la formula magica, subito i mobili cominciarono a splendere, la polvere e le ragnatele sparirono, alle uscite dei balconi comparvero tende pregiate di broccato, sui tavoli negli ampi saloni apparvero tovaglie ricamate e servizi di piatti e posate in cristallo e argento.
Il Mago Ascanio, molto soddisfatto della sua opera, pensò anche di porre nel salone principale un grande albero di Natale, visto che mancava solo una settimana a questa grande ricorrenza. L’albero grandissimo contava decine e decine di palline colorate e luccicanti.
Ascanio pensò così di metterle alla prova; ebbe un’idea e quindi disse loro:
“Sta per avvicinarsi il Natale e ho pensato di farvi un regalo; la notte di Natale passerò di qui e con la mia bacchetta magica metterò dentro a ciascuna di voi una pietra preziosa che io stesso sceglierò”.
Ascanio se ne andò, lasciando le palle dell’albero incuriosite. Quasi al vertice vi era un’enorme palla di un bel rosa vivo, lucente più delle altre, la quale conscia della sua bellezza, cominciò a pavoneggiarsi e a dire alle sue vicine:
“Sicuramente il Mago mi assegnerà la pietra più bella; io la merito perché sono posta più in alto rispetto a tutte voi e poi basta guardarmi per vedere che sono anche la più bella”.
Le altre palline si guardavano tra loro infastidite e tacevano.
Venne dunque la notte di Natale e ogni pallina colorata ebbe la sua gemma, come Ascanio aveva promesso. La mattina dopo tutti gli addobbi dell’albero si svegliarono e con essi anche le palline; ebbene, la loro gioia fu immensa quando ciascuna si trovò dentro una gemma: alcune avevano avuto un rubino, altre uno zaffiro, altre ancora una ametista o una giada o un’acquamarina. Ma ancora più grande fu la meraviglia della grande palla posta in alto, la quale si ritrovò vuota. Stava per urlare di rabbia quando arrivò il Mago, che parlò a tutte dicendo:
“Ho voluto mettervi alla prova; sapevo che qualcuna di voi, trovandosi più in alto e vedendosi più grande di tutte le altre, avrebbe ostentato la sua bellezza pretendendo di essere premiata. Questo purtroppo succede spesso anche tra gli esseri umani, che non hanno il dono dell’umiltà; essi sanno solo vantare pregi che a volte non hanno nemmeno, ma dentro sono molto molto poveri”.
Morale: “Generalmente chi è presuntuoso è vuoto dentro”.
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Questa è la storia di Giada
Fata non innamorata
che avendo rifiutato Krifau
foglia e scoglio diventò,
ma Candida aiutò la sua protetta
e fu così che venne fatta vendetta.
C’era un tempo e c’è ancora, visto che alcuni esseri sono immortali, una Fata bella da togliere il fiato. Veniva corteggiata da tanti Maghi, però non voleva metter su famiglia. Diceva spesso alla madre:
- Le fate non si sposano. Devono girare il mondo per aiutare gli esseri umani con le loro magie.
Il suo nome era Giada e al collo aveva sempre appesa, come portafortuna, la giada imperiale, pietra di grande valore dal colore verde smeraldo regalatole da sua madre pochi giorni dopo la nascita.
Il Mago Krifau, orgogliosissimo e feroce, si era invaghito di lei ed era disposto a tutto pur di conquistarla. Avvenne dunque che a una festa tra Fate e Maghi, la nostra protagonista aveva persino rifiutato di ballare con lui e quando lui aveva insistito con aria di superiorità, la Fata si era inviperita e gli aveva gettato addosso quel poco di vino rosso che le era rimasto nel bicchiere e che stava gustando. Krifau, ovviamente arrabbiatissimo aveva incassato senza proferir parola, ma la sera stessa si era recato dal vecchio Mago Telet e gli aveva raccontato l’accaduto. L’amico Mago, potentissimo nelle magie, volendo dimostrare che nonostante la vecchiaia ancora era valente, aveva preso una piccola bacchetta tra le migliaia che aveva e dandola a Krifau aveva detto:
- Falle toccare questa e la tua bella si trasformerà in foglia.
Al che Krifau aveva risposto, digrignando i denti giallognoli:
- Oh vendetta, già ti assaporo!
Il giorno dopo si era recato nei pressi della casa di Giada e appena lei era uscita, le aveva detto mieloso:
- Giada, dolcissima creatura, accetta questo mio dono.
Giada pensò che era proprio un gran testardo; in più non si fidava di lui, perciò aveva tirato dritto, senza nemmeno guardarlo. Ma egli le disse mieloso:
- E’ solo un dono che ti farà diventare più brava nelle tue magie. Non chiedo nulla, prendilo in segno di riconciliazione; vedi, io non ti porto alcun rancore.
E Giada c’era cascata. Appena toccata la bacchetta, era diventata una foglia di edera e si era ritrovata in un grande giardino pieno di verde. Krifau, con i suoi occhi da demonio, aveva gioito ed era scappato per andare da Telet e sapere da lui dove si trovava Giada e questi, facendogli guardare nel suo grande Libro degli Eventi, glielo aveva fatto vedere. Ora Giada, foglia d’edera, tremava al vento appesa a uno stelo.
Quel giardino circondava una fattoria; il figlio del fattore aveva appena quindici anni e già amoreggiava con una sua coetanea. Il ragazzo ogni pomeriggio prima di incontrarsi con la sua fidanzatina, strappava per lei uno stelo di edera e glielo portava.
Così fece anche quel pomeriggio, ma subito dopo lo strappo, udì una fievole voce femminile che diceva:
- Io so che mi hai strappata per la tua innamorata. E siccome il tuo è un gesto d’amore, appena le darai lo stelo io ti dirò chi sono.
Il ragazzo guardò tutte le foglie e poi ne vide una che sbatteva forte. Pensò: “Possibile che io abbia sentito parlare una foglia? Eppure a tavola non bevo vino”. Tuttavia si avviò verso il luogo dell’incontro con la ragazza e quando la vide le diede un bacio e poi l’edera come sempre; ed ecco che quella foglia nelle mani di lei, cadde a terra e si trasformò…in una Fata! Giada raccontò a entrambi la sua vicenda e poi ringraziò il ragazzo e fuggì via per andare a tranquillizzare sua madre.
Ma la cattiveria, si sa, non ha limiti. Nel Libro degli Eventi Telet aveva visto tutto e mandò a chiamare Krifau. Questi inferocito, chiese al vecchio un’altra magia. Telet pensò molto e poi disse:
- La trasformerò in scoglio. Ma devi sempre usare la bacchetta che ti darò.
Krifau replicò:
- Impossibile! Ormai non si fiderà più di me.
E Telet:
- Metti la bacchetta alla finestra della sua casa. Quando si affaccerà la toccherà.
E Giada felice di esser tornata a casa, la mattina dopo aprì la finestra e vide la bacchetta. Essendo una Fata, venne attratta da essa e la prese in mano. Subito si ritrovò scoglio in mezzo al mare. L’acqua si confuse con le sue lacrime. Chi l’avrebbe liberata ora? Ci voleva un altro atto d’amore; ma chi sarebbe passato di là e che cosa avrebbe fatto di amorevole?
Giada per sua fortuna conosceva anche lei una Fata più anziana, di cui era la pupilla. Il suo nome era Candida e anche lei possedeva il Libro degli Eventi. In realtà da molto tempo non lo guardava, perché suo figlio si era ammalato e lei lo aveva assistito senza curarsi di niente altro. Quando però egli si riprese, la madre pensò di andare a guardare il Libro, dimenticato nella libreria e tutto impolverato. Quando vide Giada trasformata in scoglio, pianse assai; poi studiò un modo per liberarla: ci voleva per l’appunto un gesto d’affetto. Candida sapeva che tutti i giorni un pescatore di sua conoscenza si recava con la barca in mare; andò a bussare a casa di costui che viveva con la moglie e il suo bimbo di appena un anno. Candida lo salutò, accolta festosamente dal pescatore, al quale si rivolse così:
- Ti piacerebbe dare a tua moglie un vestito nuovo da far invidia alle sue amiche?
Egli fu molto franco e le rispose:
- Tu Fata Candida metti il dito nella piaga. Sai bene che siamo poveri e mia moglie porta gli stessi vestiti da tre anni. Io non posso comprarle nemmeno una sciarpetta da mettere quando fa freddo. La Fata gli spiegò il suo piano. Doveva recarsi in mare insieme alla moglie il giorno dopo con vestiti stupendi che lei stessa gli avrebbe fornito. Avrebbe dovuto fermare la barca sullo scoglio in mezzo al mare sfumato di rosa e salire su esso; poi avrebbe regalato alla moglie quei vestiti, segno del suo amore per lei. E lo scoglio alla vista di ciò, sarebbe diventato ciò che era prima: una deliziosa Fata.
Il pescatore accettò e riferì tutto alla moglie, che fu anche lei ben contenta di ricevere dei vestiti nuovi. Giada, una volta liberata dalla terribile magia, corse subito stavolta da Candida e le si buttò quasi in ginocchio per ringraziarla. Candida le disse che doveva assolutamente liberarsi di Krifau; quel meschino avrebbe continuato a perseguitarla altrimenti, ma come fare? Bisogna sapere che anche i Maghi sono immortali, a meno che non vengono anch’essi trasformati in esseri mortali. E Candida, dopo essersi lambiccato il cervello per molto tempo, esultante disse a Giada:
- Bene, bene. Ci sono! Fa’ in modo di incontrarlo e digli che accetti finalmente di diventare sua moglie, che quello che hai sofferto ti ha convinta. Dagli questo anello – e la Fata Candida le mostrò un grosso anello in argento – dicendogli che tu per prima glielo metterai al dito, se lui vuole essere il tuo sposo. L’anello trasformerà il caro Krifau in un fagiano e lo porterà nel bosco qui vicino. Mio figlio va sempre a caccia e siccome questo uccello avrà una bianca macchia sulla testa, sarà facile riconoscerlo; appena lo vedrà mio figlio, gli sparerà e tu ti sarai definitivamente liberata di lui.
La nostra Giada non se lo fece ripetere due volte. Accettò, perché convinta che il crudele Mago le avrebbe reso la vita insopportabile. Candida prima di darle l’anello lo immerse in un liquido nero e pronunciò la formula magica.
Giada poi lo prese e se ne tornò a casa. La sera dopo aspettò il Mago nei pressi di casa sua; egli quando la vide sbigottì: che cosa ci faceva là? Non doveva essere in mezzo al mare? La Fata se ne accorse, ma fece finta di nulla, gli disse ciò che Candida le aveva consigliato e gli mostrò l’anello. Krifau sorrise, anche se il suo era più un ghigno di soddisfazione. Porse la mano senza nemmeno rispondere, per dimostrare che accettava l’anello il quale avrebbe dovuto suggellare il fidanzamento. Ma, ahi per lui, quando Giada glielo infilò, Krifau si ritrovò tra i cespugli nel bosco trasformato in fagiano. Quando Giada corse dalla Fata Candida, lei aveva già aperto il suo Libro degli Eventi sul quale visto tutto. Diede dunque disposizioni al figlio, come aveva promesso alla sua pupilla.
Il Mago Telet, che nel frattempo si era ammalato, non aveva visto nulla e non aveva potuto intervenire. Invece il figlio della cara Candida andò a caccia qualche giorno dopo e cercò il fagiano con la macchia bianca sulla testa; lo vide tra i cespugli e lo uccise con un colpo di fucile, mentre Candida e Giada con il Libro degli Eventi aperto, assistevano a tutto. Il ragazzo era stato pregato dalla madre di non prendere il fagiano morto, ma di lasciarlo là; Candida aveva sentenziato:
- Chi ha il cuore velenoso ha anche carni velenose. La trasformazione e la morte non fanno cessare la cattiveria.
Giada, alla morte dell’uccello, si era sentita sollevata. Aveva abbracciato forte la sua protettrice ed era tornata dalla madre tutta contenta.
Nota: Krifau, leggi Krifò (alla francese)
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C'era una volta un branco di ochine che andavano in Maremma a far le uova. A mezza strada una si fermò.
- Sorelle mie, devo lasciarvi. Ho bisogno di far subito l'uovo, fino in Maremma non ci arrivo.
- Aspetta! - Trattienilo! - Non ci lasciare!
Ma l'ochina non ce la faceva piú. S'abbracciarono, si salutarono, promisero di ritrovarsi al ritorno, e l'ochina s'inoltrò in un bosco.
Ai piedi d'una vecchia quercia fece un nido di foglie secche e depose il primo uovo. Poi andò in cerca d'erba fresca e acqua límpida per desinare. Tornò al nido a tramonto di sole e l'uovo non c'era piú.
L'ochina era disperata.
Il giorno dopo, pensò di salire sulla quercia e fare il secondo uovo tra i rami, per metterlo in salvo. Poi scese dall'albero tutta contenta e andò a cercare da mangiare come il giorno prima. Al ritorno l'uovo era scomparso.
L'ochina pensò: "Nel bosco dev'esserci la volpe, che si beve le mie uova ".
Andò al paese vicino e bussò alla bottega dei fabbro ferraio.
- Signor fabbro ferraio me la fareste una casina di ferro?
- Si, se tu mi fai cento coppie d'uova.
-Va bene, mettetemi qui una cesta, e mentre voi mi farete la casina, io vi farò le uova.
L'ochina s'accoccolò e ogni martellata che il fabbro dava sulla casina di ferro, lei faceva un uovo. Quando il fabbro ebbe dato il duecentesimo colpo di martello, l'ochina scodellò il duecentesimo uovo e saltò fuori dalla cesta.
- Signor fabbro ferraio, ecco le cento coppie d'uova che le avevo promesso.
- Signora ochina, ecco la tua casina finita.
L'ochina ringraziò, mise la casa in spalla, se la portò nel bosco e la posò in un prato. "Questo è proprio il posto che ci vuole per i miei ochini; qui c'è l'erba fresca da mangiare e un ruscello per fare il bagno ". E tutta soddisfatta si chiuse dentro per fare finalmente le sue uova in pace.
La volpe intanto era tornata alla quercia e non aveva trovato piú uova. Si mise a cercare per il bosco, finché non capitò in quel prato e trovò la casina di ferro.
" Scommetto che c'è dentro l'ochina ", pensò, e bussò alla porta.
- Chi è?
- Sono io, la volpe.
- Non posso aprire, covo le uova.
-Ochina, apri.
- No, perché mi mangi.
-Non ti mangio, ochina, apri. Bada, ochina, che se non apri subito, Monto sul tetto, Faccio un balletto, Ballo il trescone, butto giú casa e casone.
E l'ochina:- Monta sul tetto, Facci un balletto, Balla il trescone, non butti giú né casa né casone.
La volpe saltò sul tetto e patapún e patapàn cominciò a saltare in tutti i sensi. Ma sí! Piú saltava piú la casa di ferro diventava solida. Tutta impermalita la volpe saltò giú e corse via, e l'ochina le rideva dietro a crepapelle. Per un po' di giorni la volpe non si fece vedere, ma l'ochina nell'uscire era sempre prudente. Le uova s'erano schiuse ed erano nati tanti ochini.
Un giorno, si sente bussare.
- Chi è?
- Sono io, la volpe.
- Cosa vuoi?
-Sono venuta a dirti che domani c'è la fiera. Vuoi che ci andiamo insieme?
- Volentieri. A che ora vieni a prendermi?
-Quando vuoi.
-Allora vieni alle nove. Piú presto non posso, devo badare ai miei ochini.
E si salutarono da buone amiche. La volpe già si leccava i baffi, sicura di mangiarsi l'oca e i suoi ochini in due bocconi. Ma l'oca la mattina dopo s'alzò all'alba, diede da mangiare agli ochini, li baciò, raccomandò loro di non aprire a nessuno e andò alla fiera.
Erano appena le otto, e'la volpe bussava alla casina di ferro.
- La mamma non c'è, - dissero gli ochini.
- Apritemi! - ordinò la volpe.
- La mamma non vuole.
La volpe disse fra sé: " Vi mangerò dopo ", e forte: - Quant'è che la mamma è andata via?
- E' uscita stamattina presto.
La volpe non stette a sentir altro: via di corsa.
La povera ochina, dopo aver fatto le sue spese, stava tornando a casa, quando vide arrivare la volpe di corsa, con la lingua fuori. " Dove mi metto in salvo? " Alla fiera aveva comprato una gran zuppiera. Mise il coperchio per terra, ci s'accovacciò sopra, e si tirò addosso il recipiente rovesciato.
La volpe si fermò.
- Guarda che bell'altaríno! Voglio dire una preghiera .
S'inginocchiò, pregò davanti alla zuppiera, ci lasciò un marengo d'oro come offerta, e riprese la sua corsa. L'ochina mise pian piano la testa fuori, raccolse il marengo, riprese la zuppiera e filò a casa a riabbracciare gli ochini.
Intanto la volpe girava per la fiera, guardava sotto i banchi senza riuscire a trovare l'ochina. " Eppure per strada non l'ho incontrata, dev'essere ancora qui ", e ricominciava il giro. La fiera era finita, i venditori riponevano le merci non vendute, disfacevano i banchi, ma dell'ochína la volpe non trovava traccia. " Anche stavolta me l'ha fatta! " Mezzo morta di fame tornò alla casetta di ferro e bussò.
- Chi è?
- Sono io, la volpe. Perché non m'hai aspettata?
- Faceva caldo. E poi pensavo d'incontrarti per strada.
- Ma che strada hai fatto?
- Ce n'è una sola.
-E come mai non ci siamo viste?
- Io t'ho vista. Ero dentro all'altarino...
La volpe era rabbiosa. - Ochina, aprimi.
- No, perché mi mangi.
- Bada, ochina, Monto sul tetto, Faccio un balletto, Ballo il trescone, Butto giú casa e casone.
E l'ochina:- Monta sul tetto, Facci un balletto, Balla il trescone, Nun butti giú né casa né casone.
Patapún e patapàn, salta e risalta, la casa di ferro diventava sempre piú forte. Per molti giorni la volpe non si fece piú vedere. Ma una mattina si senti bussare.
- Chi è?
-Sono io, la volpe, apri.
- Non posso, sono occupata.
- Volevo dirti che sabato c'è il mercato. Vuoi venire con me?
-Volentieri. Passa a prendermi. Dimmi l'ora precisa, che non succeda come per la fiera. Diciamo le sette, prima non posso.
- D'accordo, - e si lasciarono da buone amiche.
Il sabato mattina, prima di giorno, l'oca ravviò le penne degli ochini, dette loro l'erba fresca, raccomandò di non aprire a nessuno, e parti. Erano appena le sei quando arrivò la volpe. Gli ochini le dissero che la mamma era già partita, e la volpe si mise a correre per raggiungerla.
L'ochina era ferma davanti a un banco di poponi quando vide in lontananza la volpe che arrivava. A scappare non faceva piú a tempo. Vide in terra un popone grosso grosso, ci fece un buco col becco e ci entrò dentro. La volpe prese a girare per tutto il mercato in cerca dell'ochina. " Forse non è ancora arrivata ", si disse, e andò al banco dei poponi per scegliersi il piú buono. Dava un morso all'uno, assaggiava l'altro, ma la buccia era sempre troppo amara e li scartava tutti. Alla fine vide quello grosso grosso posato in terra. " Questo si che dev'essere buono! " e gli diede un morso piú forte che agli altri.
L'ochina che proprio da quella parte aveva il becco, si vide aprire una finestrino e sputò fuori.
-Puh! Puh! Com'è cattivo! - esclamò la volpe, e fece rotolare via il popone. Il popone rotolò giú per una scarpata, si spaccò contro una pietra, l'ochina saltò fuori e corse a casa.
La volpe, dopo aver girato per il mercato fino al calar del sole, andò a bussare alla casina di ferro.
- Ochina, hai mancato di parola, non sei stata al mercato.
- Sí che c'ero. Ero dentro quel popone grosso grosso.
-Ah, me l'hai fatta un'altra volta! Adesso apri!
- No, perché mi mangi.
- Bada, ochina, Monto sul tetto, Faccio un balletto, Ballo il trescone, Butto giú casa e casone.
E l'ochina:- Monta sul tetto, Facci un balletto, Balla il trescone, Non butti giú né casa né casone.
Patapún, patapàn, ma la casa di ferro non si scuoteva neanche piú.
Passò del tempo. Un giorno la volpe tornò a bussare.
- Via, ochina, facciamo la pace. Per dimenticare il passato, facciamo una bella cena insieme.
- Volentieri, ma non ho nulla di tuo gusto da offrirti.
-A questo penso io; tu penserai a cuocere e ad apparecchiare.
E la volpe cominciò ad andare e venire ora con un salame, ora con una mortadella, o un formaggio, o un pollo, tutte cose che rubava in giro. La casina di ferro ormai era piena zeppa di roba. Venne il giorno fissato per la cena. La volpe per aver piú appetito non mangiava da due giorni: ma lei, si sa, non pensava alle mortadelle o ai formaggi, pensava ai bei bocconi che si sarebbe fatti dell'oca o degli ochini.
Andò alla casa di ferro e chiamò: - Ochina, sei pronta?
-Sì, quando vuoi venire tutto è pronto. Devi però adattarti a passare dalla finestra. La tavola apparecchiata arriva fino alla porta e non la posso aprire.
- Per me è lo stesso. Tutto sta ad arrivare alla finestra.
-Butto giú una corda. Tu infila la testa nel cappio e io ti tiro su.
La volpe che non vedeva l'ora di mangiarsi l'ochina mise la testa nel cappio, ma non s'accorse che era un nodo scorsoio. Piú tirava, piú il nodo stringeva; piú sgambettava, piú soffocava. Restò strozzata, con gli occhi spalancati e la lingua ciondoloni. L'ochina ancora non si fidava; perciò la lasciò andar giú di colpo: cadde in terra stecchita.
-Venite, ochini, - disse allora aprendo la porta, - venite a mangiare l'erba fresca e a fare il bagno nel ruscello .
E gli ochíni finalmente uscirono di casa starnazzando, svolazzando, rincorrendosi.
Un giorno l'ochina sentí un batter d'ali e un gridío. Era l'epoca del ritorno delle oche dalla Maremma. " Fossero le mie sorelle! " Andò sulla strada e vide venirne un branco, con dietro tutti gli ochini nuovi nati. Si fecero tante feste, da buone sorelle, e l'ochina raccontò loro le sue traversie con la volpe. Alle sorelle piacque tanto la casina che andarono tutte dal fabbro ferraio a farsene fare una ciascuna. E anche adesso, non so dove, in un prato, c'è il paese delle ochine, tutte nelle casettine di ferro, al sicuro dalla volpe.
fiaba dalla Toscana
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Perch'i' no spero di tornar giammai,
ballatetta, in Toscana,
va' tu, leggera e piana,
dritt'a la donna mia,
che per sua cortesia
ti farà molto onore.
Tu porterai novelle di sospiri
piene di dogli' e di molta paura;
ma guarda che persona non ti miri
che sia nemica di gentil natura:
ché certo per la mia disaventura
tu saresti contesa,
tanto da lei ripresa
che mi sarebbe angoscia;
dopo la morte, poscia,
pianto e novel dolore.
Tu senti, ballatetta, che la morte
mi stringe sì, che vita m'abbandona;
e senti come 'l cor si sbatte forte
per quel che ciascun spirito ragiona.
Tanto è distrutta già la mia persona,
ch'i' non posso soffrire:
se tu mi vuoi servire,
mena l'anima teco
(molto di ciò ti preco)
quando uscirà del core.
Deh, ballatetta mia, a la tu' amistate
quest'anima che trema raccomando:
menala teco, nella sua pietate,
a quella bella donna a cu' ti mando.
Deh, ballatetta, dille sospirando,
quando le se' presente:
«Questa vostra servente
vien per istar con voi,
partita da colui
che fu servo d'Amore».
Tu, voce sbigottita e deboletta
ch'esci piangendo de lo cor dolente
coll'anima e con questa ballatetta
va' ragionando della strutta mente.
Voi32 troverete una donna piacente,
di sì dolce intelletto
che vi sarà diletto
starle davanti ognora.
Anim', e tu l'adora
sempre, nel su' valore
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Delicatissimo romanzo di Marguerite Steen,la storia di una donna che si annulla per amore di un uomo e poi lo perde
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Inviato da: RicamiAmo
il 01/08/2014 alle 18:11
Inviato da: Dolce.pa44
il 26/07/2014 alle 18:22
Inviato da: do_re_mi0
il 23/04/2014 alle 18:01
Inviato da: odio_via_col_vento
il 14/04/2014 alle 20:57
Inviato da: Krielle
il 23/03/2014 alle 04:38