Messaggi del 08/11/2011

Affanno

Post n°1160 pubblicato il 08 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Fril correva lungo il viale.Si affannava per tutto quello che faceva.
- Ho innaffiato l’orto! Ho letto il giornale! Ho pulito la casa! Ho lavato la macchina!….-e così continuava a menzionare tutti i suoi compiti, senza mai darsi pace.
Ma quello che gli provocava più martirio era il pensare ai soldi. La polvere si alzava sotto ai suoi piedi, mentre correva, correva e correva:alla ricerca di guadagno. Sudava e si affaticava, senza mai un attimo di sosta, in un tormento continuo. Senza interruzione si domandava se le cose gli andassero bene, la preoccupazione lo assaliva per un nonnulla.
I suoi compaesani a volte lo canzonavano:
- Fril! Ma perché ti metti in apprensione per tutto? Nella vita non ci sono solo i soldi!- dicevano a lui.
Fril non se lo sapeva spiegare, ma ogni cosa lo metteva in ambascia. Era capace di trascorrere ore davanti ai suoi ortaggi, in pensiero perché non li vedeva crescere.
- Come sono inquieto!- si dava tortura, in un continuo supplizio.
Pensava alle sue cose, al danaro, alle ricchezze. La materialità stava per Fril davanti a tutto, e pensava poco, invece, ai suoi rapporti con il prossimo. La sera, mentre in paese i suoi compagni scherzavano e parlavano insieme, Fril stava a contare i guadagni giornalieri,pianificava gli affari del giorno successivo e rifletteva solo sui suoi beni.
Gli altri cantavano e lui se ne stava da una parte a pensare. I concittadini giocavano a carte, e lui elencava i numeri attinenti con i propri incassi.
I compagni ballavano, e Fril si angustiava domandandosi come sarebbero andati prossimamente i suoi affari.
- Chissà quanto intascherò dalla vendita del bestiame! Speriamo di vendere tutti i fiori che sto coltivando!- rifletteva.
Niente aveva più importanza, per Fril, del guadagno e del profitto: a lui interessavano solo i soldi, e non si dava preoccupazione di instaurare rapporti con il prossimo.
Le sue ricchezze, intanto, crescevano. Fril dovette persino costruire un grande deposito.
Navigava nell’oro, e aveva tante monete che ogni mattina faceva un bagno sguazzando tra talleri e dobloni. Si lasciava cadere in testa i denari, come fosse una doccia.
- Ma se qualcuno me li ruba?- si affliggeva Fril.
La sua vita divenne un continuo strazio. Pativa, pensando che un giorno sarebbero potuti venire i ladri.
- Niente ha valore per me se non i soldi!Se mi derubano ne morirei di dolore!- ponderava.
Costruì una palizzata. Poi mise un forte filo spinato. Attorno al deposito piazzò delle mine.
Voleva mantenere gli altri lontani dai suoi soldi.
Così si isolò sempre di più dal resto del mondo, ma la preoccupazione continuava.
La notte la trascorreva sveglio, per custodire le casseforti, in quanto la paura dei banditi era tanta. Preparò un cannone, e mise a difesa del suo malloppo persino dei feroci cani mastini.
Non si dava mai pace.
Tutta la sua vita ruotava intorno alla cupidigia e alla voglia di contare i soldi.
La cosa però non gli dava alcuna soddisfazione.
Gli uomini hanno bisogno del contatto con gli altri come del pane, e l’isolamento turbava assai l’animo di Fril.
I pini profumavano dolcemente di resina e lui non percepiva odori.
Gli uccelli cantavano melodiosi, e Fril non ne udiva il soave cinguettio.
Il sole scaldava tiepido, e il protagonista della nostra storia non avvertiva alcun conforto.
Quella mattina il cielo era particolarmente bello: le nuvole bianche rendevano allegro l’azzurro immenso.
Le rondini erano ormai giunte: era primavera.
Di lontano si sentivano i fanciulli giocare e ridere.
- Io sono tanto triste!- pensava Fril.
Cercò di consolarsi mangiando, ma era tanto tirchio che per risparmiare si cibava solo di pane secco.
La sua avarizia era tanta che persino nell’acqua lesinava.
C’erano i colori dei fiori a rendere spettacoloso il paesaggio, ma l’abitazione di Fril era contornata da rovi e spine, da lui piantati apposta per tenere lontani gli intrusi.
Ormai da giorni e giorni, non scambiava una parola con alcun essere umano.
Stava però cominciando a impazzire.
- Oh! Mie dolci monete! Vi amo tanto!- diceva al suo denaro.
Trascorreva ore e ore a lucidare gli spiccioli. Lavava le banconote e poi le stendeva ad asciugare. Contava e ricontava i quattrini dei suoi depositi, mai pago di felicitarsi per le sue ricchezze.
Nel cuore tuttavia era assai mesto.
Si mise in cima al poggio, a guardare il paese.
Di lontano si vedevano i muratori al lavoro. Gli uomini stavano faticando, ma intanto parlavano tra loro e si scambiavano idee e sentimenti.
Fril provò un moto di invidia verso questi uomini che si stancavano e svolgevano la loro professione.
- Quegli uomini faticano,ma almeno stanno insieme!- cominciò a riflettere Flirt, che si rodeva.
Gli operai portavano carrette di calce ed erano madidi di sudore.
Intanto Fril provava astio.
Passò il pastore, appoggiato al suo bastone.
Il pecoraio era intento a indirizzare il gregge, gli animali gli volevano bene, ed erano intorno a lui per farsi custodire.
- Provo gelosia anche per il mandriano!-si rese conto Fril.
Vide poi i ragazzi andare a scuola. Erano un gruppetto di pargoli, che camminavano stanchi verso le aule.
Anch’essi erano da odiare secondo Fril, perché potevano condividere insieme le ore della giornata, scambiando parole sui banchi.
Fril cominciò a provare un moto di vero sconforto.
Per un attimo sognò di diventare povero. Odiava tutti i suoi denari.
- Ho deciso!- disse a sera davanti al suo tozzo di pane secco.
Si indirizzò al deposito.
Cominciò a imballare le monete in alcuni poveri sacchi di iuta.Caricò dieci carri e vi legò i suoi buoi.
Poi, mentre ormai era buio si avviò in paese.
Aveva con sé tutto il suo patrimonio.
Quella notte si accorse per la prima volta della bellezza, e del fascino, del cielo stellato. Il cuore gli si apriva.
Fece il suo ingresso nella cittadina, diretto verso la piazza centrale.
- Venite gente! Venite! Vi regalo tutti i miei soldi!-
La gente cominciò ad accorrere. Tutti prendevano i soldi ringraziando e increduli.
Fu una gran festa.
Cominciarono a portare in trionfo Fril, che attorniato da tutte quelle persone si sentiva finalmente soddisfatto.
Lo fecero sedere a un tavolo. Tutti cominciarono a parlare e a scherzare con lui.
Fril rideva e si sollazzava della compagnia altrui.
L’aria era dolce.
Intanto bevevano orzo caldo e fumante, mentre si scambiavano parole ed emozioni.
C’era una gran felicità.
Fril aveva regalato tutto.
Adesso era povero, povero in canna, ma non si dava più pensiero e stava bene. Poteva godere della vicinanza degli altri.
I rapporti affettivi hanno un valore fondamentale.
Da quel momento Fril non fu mai più triste: ggni mattina si alzava sereno, andava coi muratori a lavorare, faticava e sgobbava,ma era sereno.
Dopo aver passato la vita a tormentarsi per mettere soldi in saccoccia, si stava rendendo conto di quanto avesse errato. Adesso si accorgeva di quanto era bello il mondo.
Apprezzava l’olezzo delle rose e la vista della volta azzurra. Gioiva nel vedere un bimbo sorridere e provava soddisfazione nell’aiutare i vecchi. Non mangiava più gallette secche ma pasti decenti.
Non era più avaro, ma quando poteva generoso.
Adesso la sua esistenza era totalmente mutata. I ladri non lo preoccupavano più. Anziché pensare ai soldi faceva il conto delle buone azioni compiute.
Quando aveva del tempo libero si recava in piazza e diceva agli altri:
- Non affannatevi! Non affannatevi! Cercate di capire cosa ha veramente valore!-

 
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Il piccolo fiore

Post n°1159 pubblicato il 08 Novembre 2011 da odette.teresa1958

In un luogo buio e lontano, un giorno nacque un piccolo fiore rosa.
Non nacque in un prato, in quel posto non esistevano prati. Nacque su una roccia grigia e fredda.
Era il più bello che fosse nato sulla terra. I suoi colori incantavano chi li guardava, purtroppo però in quel luogo non c’era nessuno che potesse guardarlo.
Lì abitavano solo ombre nere, il cielo era coperto di continuo da nuvole e aveva perso il suo azzurro. Le ombre parlavano tra di loro e si chiedevano cosa mai potesse fare un fiore colorato nella loro terra desolata.
Il fiorellino si sentiva solo, avrebbe voluto essere nero per essere come le ombre, per avere degli amici.
Le nuvole in cielo lo osservavano ogni giorno e provavano pena per lui. Le loro lacrime cadevano di continuo su quel regno e infatti lì non smetteva mai di piovere.
Un giorno una nuvola decise che avrebbe fatto qualcosa per lui. Partì per un lungo viaggio, in cerca di aiuto:
“Ho visto un piccolo fiore rosa nella terra del buio” diceva a tutti “è bellissimo, quando lo guardi il tuo cuore si colora, i tuoi pensieri diventano musica e i tuoi sogni ti prendono per mano per accompagnarti nel regno dove tutto si avvera. Però morirà se nessuno lo aiuta!”
Nessuno ascoltava veramente la nuvoletta:
“E’ pazza!” dicevano “non può nascere un fiore nel regno del buio, e’ impossibile!”
Ma la nuvola non si diede per vinta e continuò per giorni e giorni a raccontare quella storia e alla fine la notizia arrivò nel luogo dove viveva il sole, la luna e le stelle. La piccola nuvola fu convocata dal sole che voleva spiegazioni sul perché stesse divulgando queste notizie e si trovò al cospetto della stella più luminosa:
“Sua maestà” disse la nuvoletta “lei mi deve credere, un piccolo fiore rosa è sbocciato nel mio regno ma è sempre più solo, sempre più triste, morirà!”
“ Voglio darti retta, verrò con te e controllerò se ciò che dici è vero!”.
Venne chiamato il vento e con il suo aiuto il sole partì per la volta del cielo, verso quel regno oscuro. Le altre nuvole si aprirono al suo arrivo e un raggio di sole illuminò per la prima volta quella terra solitaria.
Tra le rocce grigie una macchia rosa brillava e i suoi colori emanavano calore, i suoi petali brillavano colpiti dalla luce solare. Era la prima volta che quel fiorellino conosceva la luce e il sole non aveva mai visto niente di più bello.
Si innamorarono di un amore eterno e così forte che anche la luna e le stelle, da chilometri di distanza, lo avvertirono e si recarono in quel luogo.
Da quel giorno la più bella creatura nata sulla terra non fu più sola. Tanti fiori nacquero intorno a lei e oscillarono con lei nel vento, furono accarezzati dal sole ogni giorno e la notte, ogni notte in cui il buio scese a fare da culla alla natura, le stelle e la luna crearono per lei i sogni più belli e incantati.


 

 
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La nuvoletta e il venticello

Post n°1158 pubblicato il 08 Novembre 2011 da odette.teresa1958

C’era una volta una nuvoletta, le piaceva tanto giocare per il cielo con un fresco venticello.
Insieme passavano tanto tempo a rincorrersi ma, il gioco che piaceva di più alla nuvoletta, era quando cavalcava il piccolo venticello.
Quando si stancavano, si fermavano a osservare il mondo dall’alto, da quella posizione vedevano tutto ma proprio tutto.
Intanto, qualcuno li stava osservando, era un forte vento un po’ invidioso.
La nuvoletta e il venticello continuavano a giocare e a osservare. Mentre osservavano, la nuvoletta vide dei piccoli bagliori di luce, incuriosita disse al venticello:
“Presto spingimi verso quel campo, voglio vederlo più da vicino”.
Appena fu vicina, uno spettacolo si aprì ai suoi occhi in tutta la sua bellezza. Un meraviglioso campo di fiori pieni di gocce di rugiada che, illuminate dai raggi del sole, scintillavano come pietre preziose.
In mezzo, un girasole si girava lentamente a guardare splendere il sole.
Quando fu vicina al girasole, la piccola nuvola con aria sbarazzina disse:
“Buongiorno, come va?”.
Il girasole fece fatica a girarsi verso la piccola nuvola, la sua attenzione era esclusivamente rivolta a guardare affascinato il sole, ma... distolse lo sguardo per un attimo e asciugandosi le goccioline di sudore rispose:
“Non potrei stare meglio, sono in ottima compagnia in questo bellissimo campo di fiori e posso bearmi a guardare la luce del sole".
Il venticello che aveva ascoltato tutto, senza esitazione scese sul campo di fiori e incominciò a girare intorno al girasole, rinfrescandolo con la sua dolce brezza.
Il girasole ringraziò il venticello per la sua generosità e disse alla piccola nuvola:
“Sei fortunata ad avere un compagno di giochi tanto generoso”.
Adesso il sole illuminava il campo di fiori con il girasole al centro, il venticello girava intorno al girasole e la piccola nuvola si era abbassata per rincorrere il venticello.
Che gioia vedere tanta allegria a tanta felicità, ma l’invidia, si sa, è sempre in agguato.
All’improvviso un vento feroce e invidioso cominciò a soffiare forte ma così forte che presto divenne una tromba d’aria e in pochi attimi rase al suolo il campo di fiori.
Un vero campo di morte!!!
Non appena la tromba d’aria si allontanò, il venticello provò a rianimare il girasole con la sua brezza, anche se l’unica cosa che gli riuscì fu quella di spargere i semi del girasole e degli altri fiori che erano caduti per terra.
Mai vista tanta cattiveria; del campo di fiori nulla era rimasto in piedi, l’allegria del venticello e della piccola nuvola si era trasformata in una profonda tristezza.
Adesso avevano soltanto il ricordo di quel bellissimo campo.
La piccola nuvola non poté trattenere le lacrime e si mise a piangere, e...pianse una pioggia di lacrime sul campo di fiori per una notte intera.
La nuvoletta e il venticello avevano perso completamente la voglia di giocare, ogni tanto il piccolo venticello provava a soffiare sulla piccola nuvola ma non riusciva a smuoverla.
Passato l’inverno, ai primi tepori della primavera, la piccola nuvola e il venticello si misero lentamente in cammino.
Dopo aver viaggiato senza una vera e propria meta, si ritrovarono a passare per il campo distrutto dalla tromba d’aria.
Quello che videro li lasciò a bocca aperta; il campo che era stato distrutto, adesso era pieno di erba e fiori di tutti i colori e una miriade di farfalle, attirate dalle gocce di rugiada, avevano improvvisato una danza fantastica. Inoltre non c’era più un solo girasole ma tanti piccoli girasoli che osservavano incantati il sole.
Erano stati proprio loro a fare il miracolo: il venticello aveva sparso i semi del girasole e degli altri fiori, mentre le lacrime della piccola nuvola li aveva innaffiati per una notte intera e così i semi del vecchio girasole avevano dato vita a numerosi piccoli girasoli.
La piccola nuvola e il fresco venticello di nuovo felici ritornarono a giocare con grande gioia, inventando un nuovo fantastico gioco: lo slalom speciale tra i paletti dei piccoli girasoli, mentre le farfalle continuavano a danzare.
E vissero felici e contenti!!!

 
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Bel canto a S.Tobia

Post n°1157 pubblicato il 08 Novembre 2011 da odette.teresa1958

ari lettori,finalmente abbiamo un teatro dell'opera!
Come spettacolo inaugurale era in programma la "Tosca",con interpreti di livello mondiale:la soprano bulgara Anastasia Strappamelova, il baritono russo Leonid Kankeroff e il tenore spagnolo Alonzo Damelaman.
Alla serata eran presenti anche i più bei nomi dell'aristocrazia fiorentina e il vescovo Orapronobis.
Tutto bene?Siamo a S.Tobia,lettori miei!
Ecco nei minimi dettagli la cronaca di quanto accaduto
PRIMO ATTO- La Galina è entrata in scena in mutande e saltabeccando come una tarantolata.
Pensando a un raptus di follia,la Marianna stava per chiamare la Lumiaris,quando dalle quinte è emersa la Fidalma che teneva per un orecchio l'Ermione.
La povera donna ha spiegato che la sua perfida figlia aveva scucito la parte inferiore dell'abito di scena e bersagliato l'abbondante posteriore del soprano con una cerbottana piena di spilli.
Solo allora la Galina si è accorta di essere com'era,e per la vergogna è svenuta,cadendo addosso al Damelaman.
La rappresentazione è ripresa dopo un quarto d'ora.
SECONDO ATTO-Mentre il Kankeroff,come da copione,stava per lanciarsi sulla Strappamelova,dall'ultimo palco in alto è arrivato un amo che ha agganciato la sua folta capigliatura,rivelando che il Kankeroff porta il parrucchino.
A quella vista tutti hanno avuto un attacco di riso isterico in simultanea
La Strascicotti è caduta dal suo palco,sulle ginocchia dello Sgozzaloca.
Il direttore d'orchestra è caduto sul pianoforte,rifilando al pianista polacco Solfamiesky una coperchiata terrificante sulle mani,che lo ha spedito su per aria fino alla cabina di regia,dove ha tramortito Asinonen con una capocciata.
Responsabile del macello Asmodeo Cuccurullo,che odia la lirica.
La fuga gli ha evitato una prematura dipartita.
TERZO ATTO- Mentre il Damelaman stava per essere fucilato,qualcuno ha lanciato 50 fumogeni.Tutti si sono dati alla fuga pensando ad un attentato terroristico.
Tornata la calma,Damelaman ha potuto morire in pace e la Strappamelova buttarsi da Castel San't Angelo...e incrinarsi l'osso sacro,perchè qualcuno aveva tolto i materassi per attutitre la caduta!
Si è poi scoperto che responsabile di affumicamento e attentato era Bernabò,che aveva deciso di dare il suo personalissimo contributo alla serata.
Sono passate due settimane.
I tre cantanti sono ricoverati nella clinica Luminaris.
La Strappamelova si crede Sanson e vuol ghigliottinare Asmodeo e l'Ermione;il Kankeroff pensa di essere Chaka Zulu e vuole impalarli;il Damelaman è in stato catatonico.
La Strascicotti sposerà lo Sgozzaloca.
Il direttore d'orchestra è scappato in Burundi per sfuggire al Solfamiesky.
L'Ermione,Asmodeo e Bernabò sono introvabili e ben per loro.
La mia cronaca finisce qui.Arrivederci alla prossima

 
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Se tu mi dimentichi (Neruda)

Post n°1156 pubblicato il 08 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Voglio che tu sappia
una cosa.

Tu sai com'è questa cosa:
se guardo
la luna di cristallo, il ramo rosso
del lento autunno alla mia finestra,
se tocco
vicino al fuoco
l'impalpabile cenere
o il rugoso corpo della legna,
tutto mi conduce a te,
come se ciò che esiste,
aromi, luce, metalli,
fossero piccole navi che vanno
verso le tue isole che m'attendono.

Orbene,
se a poco a poco cessi di amarmi
cesserò d'amarti a poco a poco.
Se d'improvviso
mi dimentichi,
non cercarmi,
ché già ti avrò dimenticata.

Se consideri lungo e pazzo
il vento di bandiere
che passa per la mia vita
e ti decidi
a lasciarmi alla riva
del cuore in cui ho le radici,
pensa
che in quel giorno,
in quell'ora,
leverò in alto le braccia
e le mie radici usciranno
a cercare altra terra.

Ma
se ogni giorno,
ogni ora
senti che a me sei destinata
con dolcezza implacabile.
Se ogni giorno sale
alle tue labbra un fiore a cercarmi,
ahi, amor mio, ahi mia,
in me tutto quel fuoco si ripete,
in me nulla si spegne né si dimentica,
il mio amore si nutre del tuo amore, amata,
e finché tu vivrai starà tra le tue braccia
senza uscire dalle mie.

 
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Libri dimenticati:Sarah

Post n°1155 pubblicato il 08 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Libro dedicato da Francoise Sagan a Sarah Bernhardt,
In poche pagine è concentrata tutta la vita,la passionalità e la personalità di questa grandissima donna

 
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Frase del giorno

Post n°1154 pubblicato il 08 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Ci vuol tutta la vita per imparare a vivere,tutta la vita per imparare a morire

 
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