Messaggi del 19/11/2011

Le stagioni

Post n°1246 pubblicato il 19 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Quel giorno Pablo voleva ritrarre l’autunno. La tela bianca davanti a lui sembrava la sua mente in quel momento, sgombra da ogni idea precisa, per lasciare campo libero all’istinto, come una finestra aperta.
Quando iniziò a dipingere, le immagini uscirono dal suo cervello come acqua rovesciata da un bicchiere. La figura che si andava delineando sul quadro era certo bella, ma anche in un certo senso vuota. Quel bosco autunnale era di una tristezza infinita. Gli alberi erano già quasi completamente vuoti delle loro foglie, che si radunavano in uno spesso tappeto ai loro piedi, già rinsecchite. Il cielo, di un grigio invernale, faceva da tetto a quell’immagine di solitudine silenziosa. Pablo gettò via il pennello, mancava qualcosa, si vestì e in quella calda giornata di primavera uscì di casa…….
In una casa non lontana, Vincent, osservava la tela vuota davanti a sé. Era l’inverno l’immagine che aveva in mente e la stava delineando cercando di immergervisi, dimenticando il caldo e il sole che c’erano intorno a lui.
La punta del pennello imbevuta di colore, tracciava velocemente figure sul bianco, ma quello che si andava creando era, sì un’immagine invernale ma….gli alberi spogli sembravano artigli rinsecchiti che incombevano su una terra ormai morta e dura. L’atmosfera silenziosa usciva a tutta forza dal quadro e potevi quasi sentire il vento freddo dell’inverno, guardando quell’immagine, potevi avvertire la solitudine avvolta da quel cielo plumbeo…..tutto giusto in realtà! Però mancava qualcosa!
Vincent gettò il pennello e, in quella calda giornata di primavera, uscì di casa.
Avrebbero potuto essere anche loro un’immagine da ritrarre, se ci fosse stato un terzo pittore e li avesse visti seduti su quella panchina, sotto quel pesco in fiore. Vincent osservava la natura intorno a sé, sembrava quasi volesse carpire dalla primavera un’immagine invernale. Pablo guardava nel vuoto. Fu Vincent a iniziare a parlare:
“Lei è un pittore, vero?”
“E lei come fa a saperlo?”
“Beh, intanto sono un pittore anch’io e poi una macchia sui pantaloni di un colore così particolare fa pensare! Un imbianchino non mi sembra, per cui…”
“Ha ragione, dipingo, anche se non sempre sono sicuro di quello che sono!” rispose Pablo.
“La vedo triste…alla sua età…non che l’età determini gli stati d’animo, però dispiace vederla così!”
“Quando si arriva a più di quarant’anni e l’unico amore che gira per casa sono pennelli, colori e tavolozze, si è giustificati penso!”
“Come poterle dar torto, però voglio raccontarle una cosa. Vede, alla sua età, io ero seduto su questa panchina in una giornata come questa e ero solo. Ad un tratto, dove e’ seduto lei, si sedette una bellissima giovane. Iniziammo a parlare, così per caso e negli anni a seguire continuammo a sederci insieme sulla panchina della vita. Le stagioni si susseguirono intorno a noi e su quella panchina costruimmo una famiglia. Ora sono papà e nonno . Anita, così si chiamava mia moglie, riempì la mia vita e il mio cuore d’amore. Ora lei non c’è più, è rimasta solo in alcuni ritratti che ho in casa e io, come lei, ho riversato il mio amore su pennelli e tela. Cerco di riprodurla anche adesso ma lei è come se anche nei quadri non ci fosse più anche se la sua immagine è ben fissa sulla tela. Tutto ha perso significato e il futuro è come la tela su cui inizio a dipingere, vuota!”.
“Beh, però la sua vita non è vuota. Io penso che tutto l’amore che Anita le ha dato, potrebbe riempirle anche i giorni che verranno. In una giornata in cui il sole ha risplenduto dalla mattina al tramonto, durante la sera il calore non abbandona le cose! E poi non dimentichi che una parte di lei, vive nelle persone che la circondano!”
Vincent sorrise poiché, anche se era ancora molto triste, si rese conto che quell’uomo aveva illuminato sensazioni già presenti ma nascoste nel buio, aprendo uno spiraglio nella finestra del suo cuore.
Pablo sorrise poiché nella vita di Vincent aveva visto qualcosa di fantastico, che avrebbe potuto ancora far parte della sua.
Ritornarono alle rispettive case. Pablo si mise davanti alla tela. Cominciò a dipingere e il suo paesaggio autunnale si animò, comparvero due bambini intenti a raccogliere castagne e un sole tenue ma caldo fece la sua comparsa a illuminare di rosso la natura....quando qualcuno busso' alla porta.
Vincent guardò con tristezza il suo paesaggio invernale. Quando iniziò a dipingere alcuni fiocchi comparvero nel cielo e tutto si coprì di soffice neve mentre un’allegra famiglia stava costruendo un bellissimo pupazzo di neve e sullo sfondo li attendeva una baita illuminata all’interno.….e doveva essere un camino a illuminarla, perché una delle immagini disegnate sul muro dal fuoco, si proiettò nella sua mente e un sorriso, in realtà mai dimenticato, fece la sua comparsa.

 
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Fortezze ma non di pietra

Post n°1245 pubblicato il 19 Novembre 2011 da odette.teresa1958

A volte basta un raggio di sole)
C'era una volta un sovrano potente. Sapeva che il numero dei giorni che gli restavano da vivere diminuiva inesorabilmente. Che cosa sarebbe diventato il suo bel impero, quando sarebbe stato costretto ad abbandonarlo con tutti i nemici che lo circondavano da ogni lato? Che avrebbe potuto fare il giovane principe, quel figlio troppo giovane e inesperto che il sovrano aveva avuto, ahimè, in tarda età? Dove poteva rifugiarsi? Chi lo avrebbe protetto? Questi pensieri tormentavano il vecchio re, tanto che un giorno disse al principe:
«Figlio mio, io non regnerò più per molto tempo e ignoro ciò che accadrà dopo la mia morte. Ci sono molti nemici intorno al trono. Ho tanta paura per l'impero che ho costruito e anche per te. Morirei tranquillo se sapessi che hai un rifugio sicuro che ti protegga in caso di pericolo. Per questo ti consiglio di andare per il regno e di costruire fortezze in tutti gli angoli possibili, per tutti i confini del paese».
Obbediente, il giovane si mise immediatamente in cammino. Percorse tutto il Paese, per monti e per valli, e dove trovava il posto conveniente, faceva costruire grandi fortezze solide e imponenti.
Le fortezze sorsero nelle profondità delle foreste, nelle valli più nascoste, sulla sommità delle colline, nei deserti, in riva ai fiumi e sui fianchi delle montagne. Questo costò molto denaro, ma il principe non badava a spese: erano in gioco la sua vita e il suo trono.
Dopo un certo tempo, il giovane ritornò nel palazzo del re suo padre. Stanco, dimagrito, ma soddisfatto d'aver portato a termine il compito, corse a presentarsi dal padre.
«Ebbene, figlio mio, com'è andata? Hai fatto ciò che io ti avevo detto?" gli domandò il re.
«Sì, padre», rispose il principe. «In tutto il paese si innalzano fortezze imprendibili: nei deserti, sulle montagne, nel profondo delle foreste».
Ma il vecchio re, il più potente che la storia abbia mai conosciuto, invece di congratularsi con il figlio per tutti i suoi sforzi, scuoteva la testa come in preda ad un forte dispiacere.
«Non è questo, figlio mio, che avevo in mente io. Devi tornare indietro e ricominciare», disse. «Le fortezze che tu hai costruito non ti proteggeranno assolutamente in caso di pericolo: tu sarai solo e non per quei muri e quelle pietre potrai sfuggire alle imboscate e alle trappole dei tuoi nemici. Tu devi costruirti dei rifugi nel cuore delle persone oneste e buone. Devi cercare queste persone, e guadagnarti la loro amicizia: soltanto allora saprai dove rifugiarti nei momenti difficili. Là dove un uomo ha un amico sincero, là trova un tetto sotto cui ripararsi».
Il principe si rimise in cammino. Non più per i deserti, i dirupi, le foreste selvagge, ma per andare verso la gente, tra loro, per costruire dei rifugi come immaginava suo padre, il vecchio re pieno di saggezza.
E questo richiese molti più sforzi e fatiche.
Ma il principe non li rimpianse mai.
Perché, quando dopo un certo tempo il vecchio sovrano si spense e lasciò questo mondo, il principe non aveva più nessun nemico da temere.

Un giorno, una giovane donna ricevette una dozzina di rose con un biglietto che diceva: "Una persona che ti vuole bene».
Senza però la firma.
Non essendo sposata, il suo pensiero andò agli uomini della sua vita: vecchie fiamme, nuove conoscenze. Oppure erano stati la mamma e il papà? Qualche collega di lavoro? Fece un rapido elenco mentale. Infine telefonò a un'amica perché l'aiutasse a scoprire il mistero.
Una frase dell'amica le fece all'improvviso balenare un'idea.
"Di', sei stata tu a mandarmi i fiori?".
"Sì".
"Perché?".
"Perché l'ultima volta che ci siamo parlate eri di umor nero. Volevo che trascorressi un giorno pensando a tutte le persone che ti vogliono bene".
E tu, quante fortezze hai costruito oggi?



di Bruno Ferrero

illustrazione di Mariarita Brunazzi degli amici del forum di pinu

 
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I Caldi e Morbidi

Post n°1244 pubblicato il 19 Novembre 2011 da odette.teresa1958

'era una volta, nel paese della fantasia, il villaggio di Raggio di Sole e di Luna Splendente.
Nel villaggio tutti vivevano felici e contenti perché ogni abitante, grande o piccino, aveva con sé un sacchetto di caldi e morbidi, e quando s'incontravano se li scambiavano.
I caldi e morbidi erano cosine piccole come il pugno chiuso di un neonato; di colore verde e avevano una proprietà: quando venivano regalati all'altro, egli si sentiva tutto caldo e morbido.
Le persone erano soddisfatte della vita che conducevano e godevano di ottima salute .
Tutti tranne la strega che viveva in cima alla montagna e si lamentava che nessuno andava da lei per comprare delle pozioni magiche.
Un giorno si travestì da persona per bene e scese al villaggio.
Nel bosco incontrò Raggio di Sole che spaccava la legna, si scambiarono un saluto, e chiese informazioni circa lo stile di vita del villaggio.
Tutti stavano bene grazie ai caldi e morbidi e allora la strega fece un'osservazione:
"Ma non avete mai pensato che possono finire?"
Detto questo, se ne andò e Raggio di Sole rimase in silenzio, perplesso perché questo dubbio non gli era mai venuto in mente.
Riprese il suo lavoro e poi s'incamminò per tornare a casa.
Vide da lontano suoi figli: giocavano in giardino con i figli del vicino e si scambiavano i caldi e morbidi. E gli tornarono in mente le parole della strega.
Dopo cena, quando i piccoli già dormivano, Raggio di Sole e Luna Splendente si ritirarono nella loro stanza e iniziarono a scambiarsi i loro caldi e morbidi.
Ricordandosi nuovamente delle parole della signora incontrata nel bosco, Raggio di Sole ne parlò a Luna Splendente e insieme concertarono di parlare ai bambini l'indomani.
Immaginatevi lo stupore dei bambini quando si sentirono dire :
"Bambini, da questo momento in poi, fate attenzione ai caldi e morbidi, perché possono finire!"
Ma si sa, come tutti i bambini , continuarono a farlo di nascosto dei grandi.
La voce si sparse nel villaggio, di porta in porta, e tutti, tranne i più piccini, cominciarono a essere avari di caldi e morbi, fino al giorno in cui, per la prima volta, un abitante cominciò a sentirsi male, poi un altro ancora e ancora un altro; anche i bambini iniziarono ad ammalarsi e un uomo morì.
La gente del villaggio, seriamente preoccupata, si rivolse alla strega per le sue pozioni magiche e lei che li aspettava da tempo, diede i loro freddi e ruvidi.
Come del tutto simili ai caldi e morbidi, erano differenti per il colore, arancione, e quando venivano dati a una persona la facevano sentire tutta fredda e ruvida, ... ma non moriva.
La gente del villaggio imparò così a strutturare il proprio tempo scambiandosi pochi caldi e morbidi sempre con la paura di vederli finire e tanti freddi e ruvidi per non morire.
Le notizie si sparsero per la vallata e così un bel giorno arrivò al villaggio un mercante: vendeva caldi e morbidi di plastica, del tutto simili a quelli autentici, per forma e colore, solo che quando venivano dati ad una persona, non la facevano sentire né bene né male...
I saggi del villaggio si riunirono e stabilirono leggi con le quali indicavano le regole per lo scambio dei freddi e ruvidi e dei caldi e morbidi, di plastica e autentici.
Un giorno, una bellissima signora scese dal vento e si rivolse ai bambini:
"Siete pallidi e malaticci. Cosa vi succede? "
I piccoli le raccontarono tutto l'accaduto e allora la fata, perché era proprio una fata, prima di andarsene li rassicurò:
"Bambini, la verità è che i caldi e morbidi, quelli autentici, non finiscono mai. Più ne dai gratuitamente, più il sacchetto che hai con te ne è pieno."
Non si sa esattamente come andarono a finire le cose al villaggio di Raggio di Sole e di Luna Splendente. Se vinsero i grandi con le loro paure e le loro leggi, o i bambini che naturalmente sapevano la verità.


Inviata da Avian degli amici del Forum di Pinu

 
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Canzone disperata (Neruda)

Post n°1243 pubblicato il 19 Novembre 2011 da odette.teresa1958

La canzone disperata

Emerge Il tuo ricordo dalla notte in cui sono.
Il fiume congiunge al mare il suo lamento ostinato.
Abbandonato come le banchine all'alba.
È l'ora di partire, oh abbandonato!
Piovono sul mio cuore fredde corolle.
Oh sentina di macerie, feroce covo di naufraghi!
In te si accumularono le guerre e i voli.
Da te spiegarono le ali gli uccelli del canto.
Tutto hai inghiottito, come la lontananza.
Come il mare, come il tempo.
Tutto in te fu naufragio!
Era l'ora felice dell'assalto e del bacio.
L'ora dello stupore che splendeva come un faro.
Ansia di timoniere, furia di palombaro cieco,
torbida ebbrezza d'amore, tutto in te fu naufragio!
Nell'infanzia di nebbia la mia anima alata e ferita.
Esploratore perduto, tutto in te fu naufragio!
Ti attaccasti al dolore, ti aggrappasti al desiderio.
Ti abbatté la tristezza, tutto in te fu naufragio!
Feci indietreggiare la muraglia d'ombra, andai oltre il desiderio e l'atto.
Oh carne, carne mia, donna che amai e persi,
te, in quest'ora umida, evoco e canto.
Come un bicchiere ospitasti l'infinita tenerezza,
e l'infinito oblio ti frantumò come un bicchiere.
Era la nera, nera solitudine delle isole,
e lì, donna d'amore, mi accolsero le tue braccia.
Era la sete e la fame, e tu fosti la frutta.
Era il dolore e la rovina, e tu fosti il miracolo.
Ah donna, non so come hai potuto contenermi
nella terra della tua anima, nella croce delle tue braccia!
Il mio desiderio di te fu il più terribile e breve,
il più inquieto ed ebbro, il più avido e teso.
Cimitero di baci, c'è ancora fuoco nelle tue tombe,
ancora bruciano i grappoli sbecchettati dagli d'uccelli.
Oh la bocca mordicchiata,
le membra baciate ,oh i denti famelici, oh i corpi intrecciati.
Oh l'amplesso folle di speranza e di vigore
in cui ci congiungevamo e ci disperavamo.
E la tenerezza, lieve come l'acqua e farina.
E la parola appena iniziata sulle labbra.
Quello fu il mio destino e con esso viaggiò il mio
desiderio,con esso crollò il mio desiderio, tutto in te fu naufragio!
Oh sentina di macerie, in te tutto crollava,
quale dolore non esprimesti, quali onde non ti affogarono.
Di caduta in caduta ancora fiammeggiasti e cantasti.
In piedi come un marinaio a prua della nave.
Ancora fioristi in canti, ancora straripasti in correnti.
Oh sentina di macerie, pozzo aperto e amaro.
Pallido palombaro cieco, sciagurato fromboliere,
esploratore perduto, tutto in te fu naufragio!
È l'ora di partire, l'ora fredda e dura
che la notte ferma su ogni orologio.
Il cinturone rumoroso del mare cinge la costa.
Sorgono stelle fredde, emigrano neri uccelli neri.
Abbandonato come le banchine all'alba.
Solo l'ombra tremante si ritorce tra le mani.
Ah più in là di qualsiasi cosa.
Ah ben più in là.
È l'ora di partire.
Oh abbandonato!
 
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Libri dimenticati:Il re del mondo

Post n°1242 pubblicato il 19 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Bellissimo libro di Remnick che racconta sì la vita di Cassius Clay,ma anche quella dei suoi avversari Floyd Patterson e Sonny Liston,il Tyson degli anni Sessanta

 
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Frase del giorno

Post n°1241 pubblicato il 19 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Se è vero che le bugie hanno le gambe corte,allora molte persone dovrebbero camminare col culo

 
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