Messaggi del 20/11/2011

Luca e le stelle cadenti

Post n°1251 pubblicato il 20 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Questa sera, amore mio, ti racconterò una bellissima storia di un bambino che abita dall’altra parte del mondo. Si chiama proprio come te.”
Luca sorrise contento. La mamma gli rimboccò le coperte e gli sussurrò dolcemente:
“Devi sapere, che mentre qui nel nostro paese, è inverno e cadono grossi fiocchi di neve, nel posto in cui si trova quel bimbo, anche se è Natale, fa caldo ed è estate. Infatti...” e la mamma iniziò a raccontare.
“Era una notte calda ed afosa. Si sentiva il canto delle cicale e dei grilli. Luca e suo padre, erano seduti nel giardino di casa, con gli occhi sperduti nel cielo stellato...
“Guarda papà! Ne ho vista una cadere! Chissà chi è quel bimbo fortunato che è riuscito a prenderla! Voglio anch’io una stella. Questo è il mio desiderio per Natale. ”
“Sai, il tuo è un sogno così grande e complicato, amore mio, che non potrà mai realizzarsi, le stelle devono restare lì dove le vedi,” gli disse il padre guardandolo con tenerezza.
Luca rispose prontamente: ”Ma io ho tanta voglia di averne una. Prima o poi, un’altra cadrà dal cielo, ed io sarò pronto ad accoglierla nella mia mano. Non vorrei che restasse una stella orfana. Io me ne prenderò cura.”
Il padre sorrise e disse: “Ascolta Luca, la luce di quella stella è così potente che è arrivata fin dentro il tuo cuore.”
“Sì sì... la sento solleticarmi con le sue punte luminose proprio qui” disse il bambino ridendo e battendo forte la manina sul petto. Poi domandò incuriosito:
“Ma come ha fatto ad arrivare fin dentro di me?”
“Perché mentre guardavi quella stella, la sua luce che viaggia nello spazio, ha attraversato in un batter d’ali i tuoi occhioni verdi illuminandoli ancora di più, poi, è scesa nel tuo cuore.”
Il piccolo non convinto però delle sue parole, indicò con il dito una stella qualsiasi, e rispose con euforia:
“Ma io vorrei toccarla, tenerla nella mia mano, e averla accanto quando mi addormento... Sì, proprio vicino al mio letto, così illuminerà la stanza ed io non avrò paura del buio!”
Il padre commosso dalle riflessioni acute del suo bambino lo strinse a sé per rincuorarlo, e gli accarezzò i capelli finché non si addormentò. Non sapeva, però, come far comprendere al figlio, che alcuni desideri sono così grandi da non poterli raggiungere perché irrealizzabili.
In quel mentre, si alzò un magico venticello, ed il piccolo sognò di volare nello Spazio, dove incontrò la Luna che aveva il viso incipriato di bianco. Era vestita a festa per l’occasione, infatti, indossava un abito nero impreziosito da luccicanti diamanti.
Il bimbo, all’ora, si svegliò di colpo e si accorse di essere nel suo letto. Si stropicciò gli occhi e incredulo, sorrise quando vide al suo fianco, posata sul comodino, una piccola stella che illuminava tutto ciò che era intorno.
La osservò attentamente perché era viva e si muoveva volando da un mobile all’altro. Il piccino pensò che la stellina era felice d’averlo incontrato perché volteggiava allegra nell’aria. Aprì, così, la manina e l’insetto vi si posò sopra.
“Oh! Come sei bella! Sapevo che prima o poi saresti caduta dal cielo, e saresti venuta da me per salutarmi.”
Quando il padre sentì che il bambino stava parlando aprì la porta, e l’insetto impaurito volò via dalla finestra socchiusa.
Il bimbo, quella notte, provò a contare tutte le stelle che erano cadute dal cielo nel suo giardino. Erano tante, ed erano lì, solo per lui. Così alla fine si riaddormentò, contento che il suo desiderio si era finalmente realizzato.
Anche il nostro Luca, quella notte, dopo il racconto della mamma, sognò tantissimo e nel suo sonno era felice perché era seduto su una delle renne di Babbo Natale, e la sua slitta, era piena di mille desideri scintillanti.

 
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Abelardo ed Eloisa

Post n°1250 pubblicato il 20 Novembre 2011 da odette.teresa1958

« Tutti si precipitavano a vederti quando apparivi in pubblico e le donne ti seguivano con gli occhi voltando indietro il capo quando ti incrociavano per la via [...] Quale regina, quale donna potente non invidiava le mie gioie e il mio letto? Avevi due cose in particolare che ti rendevano subito caro: la grazia della tua poesia e il fascino delle tue canzoni, talenti davvero rari per un filosofo quale tu eri [...] Eri giovane, bello, intelligente »
( Eloisa, Lettera ad Abelardo)

Abelardo ed Eloisa sono una coppia amorosa che fa parte dell'immaginario collettivo europeo, come Tristano e Isotta, Paolo e Francesca, Romeo e Giulietta, ma rispetto alle altre vicende ha un maggior fondamento storico. Lei era la più bella e colta tra le fanciulle di Parigi del XII secolo; lui era il più illustre tra gli studiosi della sua epoca. Tra di loro scoppiò un'ardente passione, dove si intrecciarono ragione e religione.

Indice [mostra
I protagonisti [modifica]

Pietro Abelardo, chierico e brillante insegnante di teologia, dal 1113 insegna in una scuola sul colle di Santa Genoveffa (Sainte Geneviève). Quando conosce Eloisa ha 39 anni.

Eloisa, nata nel 1099 nell'Ile de la Cité di Parigi (la città all'epoca conta circa ventimila abitanti). Adolescente, viene affidata al fratello di sua madre, il canonico Fulberto. Studia nel convento di Argenteuil con esiti straordinari. Attende con eccezionale impegno alle arti liberali (dalla grammatica alla retorica, fino alla geometria e all'astronomia), padroneggia il latino, il greco e l'ebraico. Pietro il Venerabile, il celebre Abate di Cluny, la più grande e importante abbazia d'Europa, scrive di lei che, studentessa, era "celebre per erudizione".

La vicenda [modifica]
Notre-Dame de Paris

La loro storia ha inizio nel 1116 nella capitale francese.

Eloisa che non ha ancora compiuto diciassette anni; suo zio Fulberto decide che la sua cultura sarebbe stata ulteriormente arricchita delle lezioni del più celebre maestro di Parigi, il bretone Abelardo che ha fondato una scuola ora famosa sulla collina di Sainte Geneviéve. È maestro di logica, filosofo e teologo (sembra che per primo abbia usato il termine "teologia"). Abelardo si innamora perdutamente della sua allieva. «Eloisa aveva tutto ciò che più seduce gli amanti» - scrive Abelardo, che per starle più vicino chiede addirittura di andare a pensione da Fulberto. Il canonico, ingenuamente, accetta con entusiasmo di avere sotto il suo tetto il maestro più insigne di Parigi quale insegnante della nipote.

Ben presto anche la fanciulla si arrende alla passione. «Col pretesto delle lezioni ci abbandonammo completamente all'amore, lo studio delle lettere ci offriva quegli angoli segreti che la passione predilige. Aperti i libri, le parole si affannavano di più intorno ad argomenti d'amore che di studio, erano più numerosi i baci che le frasi; la mano correva più spesso al seno che ai libri... il nostro desiderio non trascurò nessun aspetto dell'amore, ogni volta che la nostra passione poté inventare qualcosa di insolito, subito lo provammo, e quanto più eravamo inesperti in questi piaceri tanto più ardentemente ci dedicavamo a essi senza stancarci».

Abelardo ed Eloisa sorpresi da Fulberto (Jean Vignaud, 1819)

Se la passione di Abelardo era solo erotismo, per Eloisa era amore pieno e dedizione assoluta: «Al mio signore, anzi padre, al mio sposo anzi fratello, la sua serva o piuttosto figlia, la sua sposa o meglio sorella... ti ho amato di un amore sconfinato... mi è sempre stato più dolce il nome di amica e quello di amante o prostituta, il mio cuore non era con me ma con te».

Abelardo compone per Eloisa struggenti poesie d'amore che giungono all'orecchio dei suoi studenti e si diffondono in tutta Parigi, diventando popolarissime grazie "alla dolcezza delle parole e alla bellezza del ritmo musicale". Fulberto, aperti finalmente gli occhi, caccia subito di casa Abelardo. Ma Eloisa rimane incinta. Quando lo comunica, per lettera, ad Abelardo, questi decide di portarla via con sé. Approfittando di un'assenza di Fulberto, Abelardo rapisce Eloisa e la conduce al paese natale di Pallet, in Bretagna, ospitandola nella casa di famiglia. Qui, alla fine dell'anno 1116 partorisce un figlio, al quale viene dato il nome di Astrolabio (rapitore delle stelle).

Abelardo, sentendosi in colpa, decide di riparare il male che pensa di aver fatto a Fulberto. Si dichiara disposto a sposare Eloisa, a condizione che il matrimonio rimanga segreto per non danneggiare la sua carriera. Egli infatti non è solo docente, ma è anche chierico, perciò non può sposarsi.

Eloisa è contraria al matrimonio perché avrebbe danneggiato Abelardo: «quante lacrime verserebbero coloro che amano la filosofia a causa del matrimonio... cos'hanno in comune le lezioni dei maestri con le serve, gli scrittoi con le culle, i libri e le tavolette con i mestoli, le penne con i fusi? Come può chi medita testi sacri e filosofici sopportare il pianto dei bambini, le ninne nanne delle nutrici, la folla rumorosa dei servi? I ricchi possono sopportare queste cose perché hanno palazzi e case con ampie stanze appartate, perché la loro ricchezza non risente delle spese e non è afflitta dai problemi quotidiani».

Abelardo ed Eloisa in una miniatura del XIV secolo

Tuttavia, tornati a Parigi, Eloisa e Abelardo si sposano in presenza di Fulberto e di pochi amici, senza rivelare pubblicamente il matrimonio, ma presto la famiglia di Eloisa divulga la notizia. I due negano subito il fatto, ma per evitare scandali Abelardo manda Eloisa nel monastero di Argenteuil dove era stata educata. I parenti pensano che Abelardo abbia costretto Eloisa a farsi monaca per liberarsi di lei e decidono di vendicarsi: una notte, mentre Abelardo dorme nella sua casa, tre uomini lo aggrediscono e lo castrano. In seguito due di essi verranno catturati e, secondo la legge del taglione, accecati ed evirati a loro volta, mentre Fulberto, il mandante dell'aggressione, verrà solo sospeso dai suoi incarichi.

Da questo momento le loro strade si separeranno e i due amanti non si rivedranno mai più. Due drammi paralleli si svolgeranno insieme: Eloisa prende i voti e trascorre il resto della sua vita in convento; Abelardo, diventato eunuco, ritorna alla sua vita accademica ed ecclesiale. Eloisa avrà comunque un atteggiamento completamente diverso rispetto a quello del suo amato, il quale, nonostante due condanne da parte della Chiesa per le sue idee teologiche, godrà comunque la fama di grande maestro.

Abelardo compie un gesto di grande generosità verso le monache del chiostro di Argenteuil, tra cui è Eloisa, che sono state sfrattate dal vescovo di Saint Denis, donando loro un eremo che egli ha costruito con le sue mani usando canne e arbusti cui dà il nome di Paràclito (ossia Spirito Santo).

Quando Abelardo è ancora abate di Saint Gildas, in Bretagna, capita per caso nelle mani di Eloisa una sua lettera in cui narra a un amico le proprie sventure. Eloisa gli scrive ricordandogli i tempi della loro passione, che in lei non si è mai spenta, gli grida il suo amore che arde come allora. Gli ricorda: «Non ho voluto soddisfare la mia volontà e il mio piacere, ma te e il tuo piacere, lo sai bene». Abelardo rimane profondamente turbato, scosso da questa novità inattesa. Egli ormai trova conforto solo nei grandi successi nel campo culturale. Le risponde: «Io adesso sono circondato anche nell'anima», indicandole la preghiera come unico rimedio alla tempesta dei sensi.

Eloisa non si arrende. È ancora giovane (ha circa 35 anni) ed è presa dai ricordi che lei considera indimenticabili e carichi di passione: «Il piacere che ho conosciuto è stato così forte che non posso odiarlo». E pone ad Abelardo in maniera lacerante questa domanda: «Perché la sublimazione si dovrebbe raggiungere soltanto annichilendo i sensi e il sentimento d'amore che si prova verso un'altra persona?» Ma Abelardo è irremovibile: da abate qual è, le ricorda severamente il suo ruolo di badessa, invitandola a dedicarsi allo studio e alla preghiera. Eloisa questa volta obbedisce e, nella sua terza e ultima lettera dal Paràclito, promette che non parlerà mai più del passato e dei propri sentimenti ad Abelardo.

La tomba di Abelardo ed Eloisa al Père-Lachaise

Nell'autobiografia Historia calamitatum mearum, ovvero la prima delle sue lettere, Abelardo stesso riconosce le proprie colpe, dicendo che il suo incontro con Eloisa e la passione che ne conseguì fu la giusta punizione per la propria superbia, accresciutasi dalla gloria e dalla fama raggiunta con le lezioni che diventavano sempre più seguite: " … la ricchezza insuperbisce sempre gli stolti, le sicurezze terrene indeboliscono il vigore dell'animo, che si fa poi facilmente adescare dalle lusinghe dei sensi … la pietà divina mi richiamò a sé, umiliandomi perché ero superbissimo e avevo dimenticato che tutte le qualità di cui mi vantavo non mi appartenevano, ma erano doni divini".

Nei suoi ultimi anni Abelardo è ospitato nel convento di Cluny da Pietro il Venerabile. Da qui scrive a Eloisa, eletta badessa del Paràclito nel 1136: «Mi vedrai presto, per fortificare la tua pietà con l'orrore di un cadavere e la mia morte, ben più eloquente di me, ti dirà che cosa si ama quando si ama un uomo». Abelardo chiede all'amata di seppellire il suo corpo nel cimitero del Paràclito.

La notizia della sua morte, avvenuta il 21 aprile 1142, è data a Eloisa da Pietro il Venerabile: «Cara e venerabile sorella in Dio, colui al quale dopo il legame carnale, siete stata unita dal legame più elevato e più forte dell'amore divino, colui col quale e sotto il quale avete servito il Signore, questi... lo riscalda nel suo seno e nel giorno della sua venuta... lo custodirà per rendervelo con la sua grazia».

Una composizione di immagini della tomba dei due amanti
Tomba di Abelardo ed Eloisa (part.)

Sepolto dapprima nel vicino eremo di Saint-Marcel (una dipendenza dell'abbazia di Cluny), nel dicembre dello stesso anno è traslato nel suo Paràclito, dove Eloisa ne accoglie le spoglie. Alla sua morte, il 16 maggio 1164, anche Eloisa vuole essere sepolta nello stesso loculo: una romantica leggenda riferisce che le braccia del cadavere di Abelardo si aprissero nel momento della deposizione della moglie.

I resti dei due amanti, già inumati all'esterno del Paràclito sotto un rosaio, spostati ancora all'interno, furono più volte ispezionati. Una relazione medica riferisce dei due lunghi femori di Abelardo e del teschio rotondo di Eloisa. Il convento fu venduto nel 1792 (ora ne restano dei ruderi), rispettando la tomba: nel 1800 il loro feretro fu trasportato a Parigi nel cimitero del Père Lachaise e l'anno dopo fu costruita una cappella. Ancora spostati nel 1814 al tempo della restaurazione monarchica, alla fine del 1817 furono finalmente ricollocati nella stessa cappella dove tuttora riposano.

 
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E' proibito (Neruda)

Post n°1249 pubblicato il 20 Novembre 2011 da odette.teresa1958

È proibito
piangere senza imparare,
svegliarti la mattina senza sapere che fare
avere paura dei tuoi ricordi.
È proibito non sorridere ai problemi,
non lottare per quello in cui credi
e desistere, per paura.
Non cercare di trasformare i tuoi sogni in realta'.
È proibito non dimostrare il tuo amore,
fare pagare agli altri i tuoi malumori.
È proibito abbandonare i tuoi amici,
non cercare di comprendere coloro che ti stanno accanto
e chiamarli solo quando ne hai bisogno.
È proibito non essere te stesso davanti alla gente,
fingere davanti alle persone che non ti interessano,
essere gentile solo con chi si ricorda di te,
dimenticare tutti coloro che ti amano.
È proibito non fare le cose per te stesso,
avere paura della vita e dei suoi compromessi,
non vivere ogni giorno come se fosse il tuo ultimo respiro.
È proibito sentire la mancanza di qualcuno senza gioire,
dimenticare i suoi occhi e le sue risate
solo perche' le vostre strade hanno smesso di abbracciarsi.
Dimenticare il passato e farlo scontare al presente.
È proibito non cercare di comprendere le persone,
pensare che le loro vite valgono meno della tua,
non credere che ciascuno tiene il proprio cammino
nelle proprie mani.
È proibito non creare la tua storia,
non avere neanche un momento per la gente che ha bisogno di te,
non comprendere che cio' che la vita ti dona,
allo stesso modo te lo puo' togliere.
È proibito non cercare la tua felicita',
non vivere la tua vita pensando positivo,
non pensare che possiamo solo migliorare,
non sentire che, senza di te,
questo mondo non sarebbe lo stesso.
non sentire che, senza di te, questo mondo non sarebbe lo stesso.

 
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Libri dimenticati:Eleonora d'Aquitania

Post n°1248 pubblicato il 20 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Grandissima biografia di una donna che fu regina due volte e madre di due re,Riccardo Cuor di Leone e Giovanni SenzaTerra

 
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Frase del giorno

Post n°1247 pubblicato il 20 Novembre 2011 da odette.teresa1958

Neither forgive nor forget! (Mio nonno)

 
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