Messaggi del 06/12/2011

Eugenia Litta Bolognini

Post n°1343 pubblicato il 06 Dicembre 2011 da odette.teresa1958

Una moglie per le occasioni ufficiali e una donna per la quotidianita' . La passione del re per una bella duchessa ricorda quella del presidente francese per la signora Pingeot TITOLO: Eugenia e Umberto I. Come Anne e Mitterrand Ma la regina Margherita quando scopri' la relazione non volle piu' avere rapporti con il marito - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - Non soltanto in casa Mitterrand. Anche in Casa reale, precisamente Casa Savoia. Muore il presidente francese e tutto il mondo assiste in televisione al patetico, civile spettacolo delle sue due famiglie . quella ufficiale e quella privata . insieme dietro la bara, accomunate dal dolore. C' e' una moglie "di rappresentanza", Danielle, e una moglie della quotidianita' , Anne Pingeot, e ognuna ha sempre saputo dell' altra. Il doppio menage e' proceduto per anni in silenzio. Mai visto prima? In Tv forse no; nella vita c' e' almeno una vicenda quasi simile, risale a oltre cent' anni fa. Figlio di Vittorio Emanuele II, Umberto di Savoia, principe ereditario, ha ventiquattro anni quando il 22 aprile 1868 sposa Margherita, sua prima cugina. Un matrimonio d' amore? Neanche a pensarci: suo padre gli ha mandato un telegramma a Milano, dove vive, di autoritaria franchezza: "Vieni, ti ho trovato la moglie". Lui va, obbediente. Sa che si tratta di un obbligo di Stato e si trova di fronte quella parente bionda, bellina, diciassettenne, con cui ricorda vagamente di aver giocato qualche volta da piccolo. Le chiede garbatamente di sposarlo, lei accetta orgogliosa, e' tutto combinato. Andranno a vivere a Napoli, al termine di un viaggio propagandistico attraverso l' Italia, per far conoscere al popolo la futura regina, abilissima nel conquistarsi la simpatia della gente. Dopo un anno nascera' un figlio, battezzato col nome del nonno, e restera' il solo, a causa di complicazioni insorte durante il travagliato parto di Margherita. Fine del matrimonio "ufficiale". L' altro, il matrimonio dell' amore, e' gia' in corso da anni, da quando, durante un ballo di carnevale a Milano, Umberto ha incontrato la donna del suo destino, Eugenia Bolognini Attendolo Sforza, moglie del duca Giulio Litta Visconti Arese. Uno splendore: alta, di forme scultoree, con un fisico sensuale, i serici capelli neri spartiti in due bande, gli occhi di un profondo blu notturno, i gesti e lo sguardo di chi sa di avere il mondo ai suoi piedi. E' entrata nel salone in una toilette audacissima, da togliere il fiato, le mani e il collo ornati di sfolgoranti gioelli valutati . allora . oltre dieci milioni. E' stato il colpo di fulmine. Il principe ha diciotto anni, la duchessa venticinque; sette di piu' . La differenza d' eta' non conta, resteranno insieme tutta la vita. Una passione che li ha travolti dal primo istante, lui abbagliato dalla bellezza, lei . forse . dall' ambizione di conquistare il figlio del re. La massima delle conquiste d' una donna non propriamente virtuosa: ha gia' fatto perdere la testa a mezza Milano, Marco Praga e Arrigo Boito sono pazzi di lei, Balzac resta incantato quando gliela presentano e si sussurra che lo stesso Vittorio Emanuele, prima del figlio, sia sceso su quel terreno. Questa e' la condizione sentimentale di Umberto quando conduce all' altare la moglie "ufficiale", ben deciso a non rinunciare neppure per un istante al suo legame. Di cui Margherita verra' a sapere prestissimo, dopo la nascita del figlio: decidendo di scegliere da quel momento il ruolo di "sposa bianca", ossia nessun rapporto intimo, mai piu' e inappuntabile interpretazione pubblica (non privata) dei suoi doveri di rappresentanza. Eugenia si e' rassegnata alle nozze dell' amante, dopo essersi resa conto dell' impossibilita' di sposarlo e dopo averne ottenuto la promessa d' essere lei la vera moglie, anche alla reggia, al di la' delle finzioni dell' ufficialita' . Insomma, le due donne hanno sempre saputo e hanno accettato i loro difficili ruoli. Non si puo' nemmeno dire che si siano spartite lo stesso uomo, perche' Umberto e' vissuto in pratica con Eugenia, letto cene e vacanze, more uxorio; specie da quando Margherita lo ha colto in flagrante a Monza con l' amante. Ma chi e' questa femme fatale destinata ad entrare dalla porta di servizio nella storia d' Italia, dove le bellissime cortigiane non mancano certo? Eugenia, milanese, aveva sposato a diciotto anni il ricchissimo duca Litta Visconti Aresa, con splendido palazzo in corso Magenta e villa principesca a Vedano al Lambro, piu' anziano di lei di quindici anni. Un signore discreto, pronto a uscire silenziosamente di scena, senza scandali, quando si accorge d' avere per moglie l' amante del principe ereditario. A Umberto, lei cade subito tra le braccia: prima incontri furtivi a palazzo o in villa, poi nella garonnie' re di via Cernaia, senza nascondersi, tanto quella passione reale diventa presto pubblica. Ne parlano tutti a Milano e un giornaletto pettegolo, "Il gazzettino rosa", si diverte a insinuare di un incontro della duchessa con l' erede al trono, interrotto per il sopraggiungere di un altro spasimante. Margherita vive la sua vita separata, tacitamente consenziente, affascinante in pubblico, circondata in privato da una corte di aristocratici internazionali e di letterati illustri, poiche' posa da intellettuale (ha fatto innamorare il poeta Giosue' Carducci, divenuto per lei da repubblicano monarchico). Marito e moglie vanno in visita dall' imperatore Francesco Giuseppe a Vienna, ricevono a Roma il Kaiser di Germania, danno grandi feste al Quirinale, passano in carrozza tra gli applausi della folla, che sono tutti per lei. La loro intimita' si ferma li' , mai varcheranno insieme la soglia della camera da letto. La sera, Umberto siede a tavola con la moglie, senza toccare cibo. Alla fine si alza, s' inchina e si trasferisce a casa di Eugenia, dove passera' la notte (tranne quando interverra' qualche capriccio, si chiami Vincenza di Santa Fiora o contessa Mimi' Cesarini Galli Hercolani). A Monza, la coppia reale va in vacanza nella splendida villa. Lui non cambia i suoi programmi. Eugenia accorre a Vedano al Lambro e Umberto, nel frattempo divenuto re, ha fatto aprire un vialetto attraverso i parchi delle due ville, per il quale la sera raggiunge l' amica in attesa. Lei e' stata anche dama d' onore della regina, ma Margherita le ha fatto intendere che una posizione del genere non e' il massimo del buon gusto. Si raccontava che, informata dall' amante delle sue future nozze, Eugenia le abbia subite impegnandolo a mantenerle "bianche". Non era vero, e lo provo' la nascita di Vittorio Emanuele. "Bianche" lo divennero da allora, senza rumore, cosi' come senza rumore la duchessa Litta mise al mondo un figlio di Umberto, amatissimo da entrambi i genitori e disperatamente pianto quando la morte se lo porto' via bambino. Anche di questo Margherita era al corrente e anche questo accetto' , pietosa verso quella coppia in lacrime su una piccola tomba di Monza. Tra Umberto ed Eugenia non vi sarebbe stata una Mazarine, soltanto un bambino perduto: e proprio quella perdita rese ancora piu' forte un legame in cui, col passare del tempo e con la volubilita' del re, i sette anni di differenza avrebbero dovuto incidere negativamente. Mentre invece non accadde. Probabilmente anche Margherita ebbe qualche affaire sentimentale, peraltro comprensibile nella sua situazione. Per esempio con il valdostano barone Peccoz, caduto fulminato ai suoi piedi da un infarto, durante una passeggiata in montagna. E si sussurro' , sul finire della vita, di una debolezza per il bell' autista Gino Cariolato. Chiacchiere e in ogni modo niente di simile al rapporto tra il marito ed Eugenia, che duro' fino al fatale 29 luglio 1900, quando a interromperlo sanguinosamente sopraggiunsero a Monza i colpi di rivoltella dell' anarchico Bresci, venuto dall' America per uccidere il re. Umberto aveva segnato il suo destino decorando il generale Bava Beccaris per avere domato ferocemente la "rivoluzione" di Milano, ossia un moto di gente affamata che chiedeva pane. I proiettili di Bresci lo colsero alle dieci di sera. Il re aveva cinquantasei anni, aveva regnato per ventidue, il suo matrimonio "bianco" era durato trentadue, il suo legame con Eugenia trentotto. Margherita, vedendolo trasportato a braccia dai suoi ufficiali, si precipito' gridando: "Fate qualcosa, salvate il re". Ma era inutile. Quando capi' , disse: "Hanno ucciso te, che amavi tanto il tuo popolo. Questo e' il piu' gran delitto del secolo". Resto' l' intera notte accanto al cadavere, in preghiera. Di prima mattina ebbe un gesto regale. Mando' a chiamare Eugenia Litta nella sua villa di Vedano al Lambro e la fece entrare nella stanza dove giaceva l' uomo per tanti anni amato, lasciandola sola con lui. Salvo poi inginocchiarlesi accanto.

 

 
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Una sera del 1821...

Post n°1342 pubblicato il 06 Dicembre 2011 da odette.teresa1958

Una sera del 1821 un piccolo principe dormiva nella culla. La sua balia si addormentò sulla sedia e lasciò cadere una candela. In breve, scoppiò un incendio. Il piccolo principe fu strappato alle fiamme grazie al coraggio della donna, che portò in salvo il bambino.

Quel neonato, minacciato dal fuoco, sarebbe poi diventato il primo Re dell'Italia unita, con il nome di Vittorio Emanuele II.

La favola è a lieto fine, ma la realtà - forse - è un po' diversa.

Il fatto si svolse a Firenze, in un palazzo del Granduca di Toscana Ferdinando III di Lorena, nonno materno di Vittorio Emanuele. Secondo qualcuno il bambino morì in quel rogo notturno e fu sostituito con un coetaneo, figlio di un macellaio, che teneva banco di fronte alla residenza granducale di palazzo Pitti. Il commerciante si chiamava Tonaca e in quel 1821 diventò improvvisamente ricco, rinnovando e allargando la bottega.

Questa strana, silenziosa e costosa adozione, per uno scherzo del destino avrebbe escluso dal più grande onore dei Savoia (il trono del Regno d'Italia) il vero principe reale Ferdinando di Genova, secondogenito di Carlo Alberto e Maria Teresa di Lorena.

Il pettegolezzo diventò più credibile grazie ad un vero o presunto memoriale di Francesco Crispi, statista molto vicino ai grandi di casa Savoia.

Ma quali sono i retroscena della presunta sostituzione? Vittorio Emanuele era nato nel 1820. Suo padre, Carlo Alberto di Savoia Carignano, era in quel momento destinato alla successione del Re di Sardegna Carlo Felice, suo lontano parente, che non aveva discendenza maschile. Tanto il Re, quanto le potenze estere sospettavano Carlo Alberto per le sue (vere o presunte) simpatie liberali, mettendo in discussione il passaggio dello scettro alla linea dei Carignano. Dopo l'incendio di Firenze, la mancanza di eredi maschi avrebbe ridotto ulteriormente le prospettive di Carlo Alberto.

 

Carlo Alberto
Vittorio Emanuele
Carlo Alberto, re di Sardegna
Vittorio Emanuele II, re d'Italia

A sostegno dell'ipotesi della sostituzione del neonato sta anche la grande differenza di statura (fisica e morale) tra i due che si considerano padre e figlio. Carlo Alberto era alto e colto; Vittorio Emanuele, basso, dai gusti semplici e dai modi camerateschi. Oltre la retorica del risorgimento e al di la del mito del Re Galantuomo, c'è la verità di amanti da lui scelte nel popolo (la più celebre è 'la bella Rosina'), di cacce e bagordi senza stile.

Una conferma dei sospetti sembrò venire dopo. Umberto I, figlio di Vittorio Emanuele II (e forse nipote di un macellaio) sposò Margherita di Savoia, figlia di quel Ferdinando duca di Genova, secondogenito di Carlo Alberto che aveva titolo per essere Re.

In questo modo, tornò sul trono la stirpe dei Savoia?

 

 
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Anna Giustiniani

Post n°1341 pubblicato il 06 Dicembre 2011 da odette.teresa1958

LA NASCITA

Anna nasce a Parigi la mattina del 9 agosto 1807, da Maddalena Corvetto e dal barone Giuseppe Schiaffino. Donna Maddalena è figlia del famoso economista genovese Luigi Corvetto,che riveste il titolo di consigliere dell'impero. Anche il padre di Anna è addetto alla corte napoleonica, sicché la piccola si trova subito immersa nel clima d'una grande epopea. Caduto Napoleone però la famiglia Schiaffino è costretta a fare ritorno a Genova e Anna, ormai abituata alla corte parigina ne soffre molto.

L' EDUCAZIONE

Sulle prime è affidata alle cure della zia Anna Littardi, nobildonna di vasta cultura e dal carattere singolare. Successivamente si occupano di lei insigni precettori francesi che le impartiscono un'educazione assai raffinata. Tuttavia fin da bambina mostra di preferire il cucito. Il vero educatore di Nina, come era chiamata da tutti, ,è il nonno Luigi che la conduce nei musei della città.

L'INCONTRO CON STEFANO GIUSTINIANI

Appena diciannovenne Nina è presentata a uno dei più illustri rappresentanti della nobiltà veneziana, il marchese Stefano Giustiniani, la cui famiglia regna sull'isola di Chio. Stefano è un giovane di ventisei anni, compassato, di media statura e tarchiato. Nutre sentimenti reazionari e Nina, abituata al clima della "nouvelle noblesse" napoleonica, sente assai lontano da sé quel giovane. La sorte vuole però che Stefano la chiedesse in sposa e che i genitori di lei acconsentano, soprattutto la madre che vuole che la figlia abbia, almeno dal punto di vista economico, una vita tranquilla. I coniugi Giustiniani hanno presto due figli, Teresa e Giuseppe. La loro vita scorre tranquilla, ma in realtà Nina è angosciata e depressa.

LA CREAZIONE DI UN SALOTTO

Decide su suggerimento della zia di creare un salotto che la riporti ai giorni della spensieratezza. Ella si mostra diversa dalle nobildonne dell'aristocrazia genovese, abituate a non esporsi e a dipendere ognuna dal marito.

L'INCONTRO CON IL CONTE DI CAVOUR

Tra i divani del salotto della giovane marchesa Giustiniani spicca per cultura e capacità dialettica un giovane robusto e prestante dall'aria furba: Camillo Benso conte di Cavour. Il suo spirito e la sua intelligenza iniziano ad attrarre Anna, ma non si può ancora parlare d'amore fra i due.

L'ARRESTO DI CAVOUR

Il 5 marzo 1831 Cavour è arrestato, accusato da Carlo Felice di cospirazione politica. La partenza del conte, spiegata in una lettera, è un duro colpo per Nina che si sente come spaesata, rilevando implicitamente il suo interesse. Alla morte di Carlo Felice si presenta in teatro per più sere con abiti sgargianti, così che cominciano a parlare di lei come d'una donna che ha perso il senno per quel giovane rivoluzionario. I parenti le impongono di trasferirsi nella villa di Recco, per non gettare cattiva luce su Stefano. Nella solitudine decide di occuparsi della cospirazione patriottica, anche per la grande amicizia che lega la famiglia paterna a Mazzini. Entra infatti in una setta carbonara e ne diviene "giardiniera". Si dedica alla raccolta di denaro necessario a stampare manifesti di propaganda sovversiva.

LA RELAZIONE CON CAVOUR

Camillo dopo un anno torna a Genova, ma ormai la fiamma si è spenta, mentre Anna continua a soffrire per questo amore. Intanto però la sua attività mazziniana continuava e insieme a Bianca Milesi e suo marito raccoglie fondi per la Giovine Italia. Siccome ormai il suo nome figura nelle liste di proscrizione si trasferì a Milano. Motiva la richiesta del passaporto con l'esigenza di consultare specialisti per i forti dolori che le attanagliavano le gambe. Tuttavia raggiunge presto Torino, attratta da un luminare della scienza medica, Francesco Rossi, che potrebbe finalmente guarirla. Stefano non si oppone a questa nuova richiesta della moglie e il 14 giugno del '34 arrivano a Torino, senza sapere che il professor Rossi è anche il medico di casa Cavour. La notte del 24 giugno finalmente, dopo che segretamente ha scritto a Camillo, Anna e il conte si incontrano di soppiatto nell'albergo dove la marchesa soggiorna, mentre Stefano è momentaneamente assente. Riprendono la relazione interrotta e si rivedono frequentemente nei giorni successivi, approfittando di altre assenze del marchese. Il marito si accorge che qualcosa di strano stava accadendo e impone alla cameriera di consegnargli tutta la corrispondenza segreta della marchesa per creare dissapori fra i due amanti. Infatti incomincia a manomettere le lettere e ritardarne l'invio. Trascorrono così alcuni mesi in cui i due amanti fanno anche progetti di fuga insieme, ma Cavour, volubile e poco sensibile, si innamora di un'altra donna, e perde i contatti con Anna. Ormai la passione si è spenta; si vedono per l'ultima volta a Voltri nel castello dei Giustiniani, soltanto per scambiarsi i loro ritratti con dedica.

IL TENTATO SUICIDIO E LA PAZZIA

Ora Anna risiede a Genova in un modesto caseggiato e non ancora trentenne ha assunto già l'aspetto di un'anziana signora. Vive in solitudine, condannata anche dal padre e dalla madre che la scongiurano di stare lontana da Cavour e di ravvicinarsi al marito. Anna, in questo stato, si sente attrarre dall' idea del suicidio. Una sera dopo aver scritto alcune righe sul suo diario beve del veleno, ma la morte desiderata non sopraggiunge, anche se il veleno ha ugualmente effetti dannosi sulla sua salute mentale. Con la scomparsa del padre per un'epidemia di colera, riesplode in Anna il desiderio del suicidio che ritenta il primo gennaio del '38, ma senza l'esito sperato, e nella notte tra il 23 e il 24 aprile del '41 si getta dalla finestra della sua camera, in coincidenza dell'anniversario del primo incontro con Cavour. Il salto di undici metri non basta a stroncare all'istante la vita di Anna che deve aspettare alcuni giorni prima di spirare.

LA MORTE

Per i suoi resti non ci fu posto nella tomba del marito, che volle con sé la seconda moglie, né in quella paterna, né in quella del nonno tanto amato. Le sue spoglie sono state composte nella chiesa dei Cappuccini a Genova.

LA LETTERA DI CAVOUR

Questa è la lettera che Cavour scrive ad Anna per giustificare la sua improvvisa partenza:

"L' anno scorso, avendo io vivamente disapprovato in Genova i famosi decreti di Carlo X, la polizia mi segnalò come persona sospetta e pericolosa e non è da ascriversi a colpa del suo capo, il colonnello Cassio, se non fui allora mandato in un forte come carbonaro. Al mio ritorno a Torino, a forza di commentare i miei discorsi e di interpretare sfavorevolmente ogni mia azione, mi fecero credere un clubista ed un anarchico e non già quello che ero, cioè un giovane che prendeva viva parte agli avvenimenti presenti ed esprimeva le sue idee con franchezza sovente imprudente. Fui additato ai miei compagni e all'esercito come persona da evitarsi, capace del più nero e più turpe delitto il tradimento." [5 marzo 1831]

IL DIARIO

È qui riportata una pagina del diario di Anna:

"La mia vita è così passata! E io, Nina, tanto giovane la trovo lunga, troppo lunga questa vita che non è che un sogno. Mio Dio, se sento l'amore che è in me! Sono le quattro del mattino. Io, io chi? Cosa? Perché? Lo saprò mai? Potrò mai rendermene perfettamente ragione? Io so che due occhi, una fronte cara mi hanno fatto augurare a me stessa l'anestetizzazione, mi hanno fatto completamente dimenticare la mia esistenza personale, avrei voluto che tutto quello che ho di vita fosse consumato in uno sguardo - che significa questo? Perché per me la mia felicità risiede in un altro? E perché quest'altro è Camillo? Camillo! Ah Camillo!"

 

 
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Il dolore (Jozsef)

Post n°1340 pubblicato il 06 Dicembre 2011 da odette.teresa1958

Il dolore è un postino grigio, silenzioso,
col viso asciutto, gli occhi d'un azzurro chiaro,
dalle sue spalle fragili pende
la borsa, il vestito è scuro e consumato.
Nel suo petto batte un orologio
da pochi soldi; timidamente sguscia
di strada in strada, si stringe ai muri
delle case, sparisce in un portone.

Poi bussa. E ha una lettera per te.

 
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Messaggio di tenerezza (Anonimo)

Post n°1339 pubblicato il 06 Dicembre 2011 da odette.teresa1958

Questa notte ho fatto un sogno,
ho sognato che ho camminato
sulla sabbia accompagnato
dal Signore e sullo schermo della
notte erano proiettati tutti
i giorni della mia vita.
Ho guardato indietro ed ho visto che
ad ogni giorno della mia vita proiettato
nel film apparivano orme sulla sabbia:
una mia e una del Signore.
Così sono andato avanti, finché
tutti i miei giorni si esaurirono.
Allora mi fermai a guardando indietro;
notando che in certi posti
c'era solo un'orma...
Questi posti coincidevano con
i giorni più difficili della mia vita:
i giorni di maggior angustia, di maggiore
paura e di maggior dolore...
Ho domandato allora:
<Signore, Tu che avevi detto che
saresti stato con me in tutti i giorni
della mia vita, ed io ho accettato
di vivere con te, ma perchè
mi hai lasciato solo proprio in quei
momenti peggiori della mia vita?>
Ed il Signore rispose:
<Figlio mio, Io ti amo e ti dissi
che sarei stato con te durante tutta
la camminata e che non ti avrei lasciato
solo neppure per un attimo,
e non ti ho lasciato...
i giorni in cui tu hai visto solo
un'orma sulla sabbia,
sono stati i giorni in cui
ti ho portato in braccio>

 
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Libri dimenticati: I Dukay

Post n°1338 pubblicato il 06 Dicembre 2011 da odette.teresa1958

Bellissimo libro di Lajos Zilahy,racconta la storia di una famiglia di nobili dell'impero austroungarico.Fra tutti i personaggi del libro spiccano in particolare il capofamiglia,il conte Istvan,spietato coi familiari e guadente,e le figlie Kristina,condizionata dalla nascita e morte di un figlio illegittimo quando era adolescente, e Zia,che sarà quella che per vivere la sua vita metterà in discussione tutto il suo retaggio

 
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Frase del giorno

Post n°1337 pubblicato il 06 Dicembre 2011 da odette.teresa1958

L'uomo non è del tutto colpevole,perchè non ha cominciato la storia,nè del tutto innocente,perchè la continua (Camus)

 
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