Messaggi del 18/12/2011

Miss over a S.Tobia

Post n°1421 pubblicato il 18 Dicembre 2011 da odette.teresa1958

Eh,sì cari lettori!Ancora una volta la nostra sindachessa preferita èriuscita a stupirci con la sua inventiva,indicendo il primo concorso "Miss S.Tobia over 50".
Le intenzioni erano ottime ma come sempre i risultati sono stati catastrofici.
Non mi credete? leggete un po'!
Alla finalissima,disputatasi due settimane fa,sono arrivate in 6:la Cesira,la Bradamante,la Sargenta,la Taide e dulcis in fondo la sorella maggiore (e ahimè nubile)del dottor Scannacipolle,Euridice.
Giudici erano la Marianna,il sindaco di S.Giosuè Battichiodo,Cuccurullo e,in veste di presidente,Ludwig Asinonen.
Oltre al titolo era in palio un soggiorno di due mesi nell'esclusiva beauty farm "Belli scheletriti"di Montecatini.
Inziato lo spettacolo sono cominciati non a cadere ma a diluviare gli asini.
La Cesira,prima finalista,si presentava con l'aria di Rosina del Barbiere di Siviglia.Tutto è andato fino al "Sarò una viperasarò!"
Con un tempismo perfetto un ignoto le ha lanciato addosso un'enorme biscia d'acqua che le è atterrata in testa.Urlando a più non posso la disgraziata ha cominciato a saltabeccare scompostamente qua e là,finchè non è rotolata giù dal palco,travolgendo e tramortendo il povero Maciste Trappoloni.
Quando è tornata la calma è toccato alla Patacon che si è cimentata nella morte del cigno.
Per poco non èandata in scena lamorte sua:finita su una buccia di banana misteriosamente atterrata sul palco,la Marietta si è esibita in un involontario triplo salto mortale acrobatico,travolgendo il Battichiodo e la Marianna.
I tre hanno formato un groviglio umano che è stato possibile sciogliere solo dopo mezz'ora.
Lo spettacolo è ripreso con la Sargenta che proponeva la danza del ventre.
Peccato che l'ignoto ci abbia rifatto,buttando sul palco una pantegana king size!
Nel tentativo di fuggire l'odalisca ruspante si è ritrovata,non si sa come nuda bruca,scatenando l'ilarità del pubblico,Manco a dirlo chi rideva più forte era l'Anarchico,che si è fatto venire una colica.
La pantegana ,spaventata a morte,si è rifugiata fra le sottane della Marianna,facendola cadere in deliquio.Dopo oltre un'ora,è stata catturata.
Sul palco è arrivata la Taide,che si esibiva nella Sonata al chiar di luna.
L'ignoto ha spalmato il piano di supermastice e la poveraccia c'è rimasta attaccata ,tanto che è dovuta uscir di scena insieme al piano
A questo punto Telesforo ha cominciato a pensare che qualcosa non tornava (meglio tardi che mai,eh?)Ha quindi fermato tutto,chiamato i suoi uomini e iniziato un'indagine.
E' stato allora che si è verificato il colpo di scena.
Dalle quinte è sbucato un losco figuro col passamontagna,prontamente bloccato dall'Asinonen.
E chi era,se non Bernabò,che aveva causato tutto quel pandemonio per far vincere mammina sua (ovviamente all'oscuro di tutto)?
Il titolo è quindi andato alla Scannacipolle,che per l'emozione ha perso la favella.
Sono passate due settimane.
La Cesira si esprime a singhiozzi.
Maciste e la biscia sono inseparabili,per la gioia dei parenti del Trappoloni.
La Patacon e la Taide sono ricoverate nella clinica Luminaris.una vuole uccidere tutti i cigni col FLIT,l'altra vede pianoforti carnivori con la faccia di Bernabò.
Il Battichiodo ha denunciato la Marianna per tentato omicidio.
La Sargenta ha ingaggiato un killer che la renda vedova.
L'Anarchico,travestito da donna,si è rifugiato in un monastero di monache di clausura ai piedi dell'Aspromonte.
Ireneo ha adottato la pantegana che ora vive beata con Belva,Cagliostro,la gatta e quell'associazione a delinquere che il pretone si ostina a chiamare micini.
La Bradamante ha tentato di uccidere il figlio facendogli mangiare di seguito 79 megateglie di pastone del porco.
Bernabò è in ospedale in prognosi riservata.
L'Euridice e il direttore della beauty farm,dottor Piermaria Saltimbocca ,colti da colpo di fulmine reciproco,si sposeranno il mese prossimo.
Con questa appendice rosa passo e chiudo



 

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Il conte Ugolino

Post n°1420 pubblicato il 18 Dicembre 2011 da odette.teresa1958

La bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator, forbendola a’ capelli del capo ch’elli avea di retro guasto

Con queste parole Dante Alighieri inizia il canto XXXIII dell’Inferno, dedicato quasi completamente alle tragiche vicende che portarono alla morte del Conte Ugolino della Gherardesca, lasciato morire di fame coi figli e i nipoti per ordine dell’Arcivescovo Ruggieri che lo aveva accusato ingiustamente di tradimento.

Ugolino (1220 – 1289), figlio di Guelfo della Gherardesca, conte di Donoratico, nacque nella prima metà del Duecento da una nobile famiglia, padrona di vasti feudi nella Maremma ed in Sardegna. Sebbene di famiglia tradizionalmente ghibellina, nel 1275, si accordò col genero Giovanni Visconti per portare al potere a Pisa il partito Guelfo.

torre della muda pisaScoperta la congiura fu bandito, ma tornò a Pisa l’anno seguente riacquistando autorità e prestigio. Dopo la sconfitta dei Pisani nella battaglia della Meloria nel 1284, assunse la signoria del comune col titolo di Podestà. Nel 1288, la parte ghibellina insorse sotto la guida dell’Arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini e delle famiglie Gualandi, Sismondi e Lanfranchi. Ugolino, accusato di tradimento perché considerato responsabile della sconfitta della Meloria, venne rinchiuso - senza processo - insieme a due figli e due nipoti nella Torre della Muda o della Muta, così denominata perché in quel luogo i colombi viaggiatori vi mutavano il piumaggio. Proprio nella torre, successivamente detta “della fame”, dopo alcuni mesi di prigionia, Ugolino ed i suoi discendenti furono lasciati morire di fame nel febbraio del 1289. La leggenda racconta che Ugolino, durante le prigionia, si sia cibato di carne umana cosi, lo stesso Dante Alighieri nel XXXIII canto della Divina Commedia, lo condanna a rodere - per l’eternità - il cranio dell’Arcivescovo Ruggieri, suo principale accusatore.

La torre in cui Ugolino morì sorgeva nell’attuale Piazza dei Cavalieri e del suo impianto architettonico sono ancora visibili dei frammenti nella sezione distaccata della biblioteca della Scuola Normale Superiore. Il processo a Ugolino fu celebrato - per la prima volta - nel 1989, in una suggestiva ricostruzione storica in Piazza dei Cavalieri. In quell’occasione il conte fu assolto da tutti i capi di imputazione a suo carico.

Nel 2001, ad opera dell’equipe condotta dal Prof. Francesco Mallegni, ordinario presso il Dipartimento di Scienze Archeologiche dell’Università di Pisa, su incarico del Comune e della Provincia di Pisa, una volta individuata la sepoltura del Conte e dei suoi parenti presso la Chiesa di San Francesco dei frati minori di Pisa, si sono iniziati gli studi per procedere alla ricostruzione dei tratti somatici del volto e per il riscontro del DNA fossile

 
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Alice Perrers

Post n°1419 pubblicato il 18 Dicembre 2011 da odette.teresa1958

Alice was a hustler. She came from nowhere (there are theories starting her off as a tiler’s daughter in Essex, or a gentleman’s daughter in Hertfordshire, and many others). She was born at about the time the Black Death got to England, in 1349, but she was the type to survive. By the middle of the 1360s she’d already found a niche at court, serving Edward III’s Queen, Philippa, as a lady in waiting. Before the Queen quite knew where she was, Alice was in the King’s bed too. And that was only the beginning – because the Queen soon died, and there was so much more than an old man’s love that Alice was now finding she wanted.

The royal mistress with an eye to the main chance – pretty, witty, and out to get rich from her dalliance with a crowned lover – is a stereotype who’s been cropping up in the history books for hundreds of years. For 645 years, to be precise – since 1365, when Edward III was first lured into the bed of this young woman sharp enough to realise that she might get far more than sex, or a royal bastard to comfort her in her old age, out of her elderly widower.

Alice Perrers wrote the script many other royal mistresses have followed, or tried to follow, throughout the centuries since. Yet, to this day, it’s unlikely that any of her more famous successors have done better than Alice at milking her royal connections for financial gain.

She rose with dizzying speed, not only through the King’s favour but through her own dazzling business acumen, to become, for several years, one of the richest and most influential people in England. At the height of her fortune (and infamy), Alice Perrers owned more than 50 manors around England, controlled public policy, ran the royal palaces, nursed her senile lover, sat in the King’s seat in the law courts to issue legal judgements, and traded with sophistication in debt papers with the merchants of London – and was also, on the side, helping herself to the wealth of both Court lords and City merchants, raiding the coffers intended to fund England’s long-running war with France. The monkish chroniclers of the day couldn’t wait to get down on paper the shocking rumours that she was, at the same time, somehow finding the energy to sneak her merchant step-daughters into the royal chambers for three- and four-in-a-bed sex romps.

It took a corruption trial at the time of Edward’s death to call a halt to her various activities. Yet, even without her royal protector to save her, Alice still had the wit to wangle herself out of the threat first of burning and then of exile. It took time and fast talking, but she even got back a good part of her property. Eventually she also won a pardon. She spent her final two decades back in Essex, pursuing the rest of her lost estates in court. She never got back all the wealth of her glory days, but her chirpy never-say-die attitude seems to have endeared her to the next king. Edward’s grandson, Richard II, invited her back to the royal court she’d once “ruled” and never quite left several times in her last years.

If she’d lived in a more female-friendly age, Alice Perrers might have managed a glittering (and less dishonest) career of her own, one that would have rivaled those of our driven, go-getting female contemporaries, from Cherie Blair to Nicola Horlick. It was Alice’s tragedy – though one she never let get her down – that she was born several centuries too soon for her business abilities to find a legal outlet, or her quick wits to be properly appreciated. Still, becoming a royal mistress proved a good second best.

 
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I poeti lavorano di notte (Merini)

Post n°1418 pubblicato il 18 Dicembre 2011 da odette.teresa1958

poeti lavorano di notte
quando il tempo non urge su di loro,
quando tace il rumore della folla
e termina il linciaggio delle ore.

I poeti lavorano nel buio
come falchi notturni od usignoli
dal dolcissimo canto
e temono di offendere Iddio.

Ma i poeti, nel loro silenzio
fanno ben più rumore
di una dorata cupola di stelle.

 
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Libri dimenticati:La figlia della tigre

Post n°1417 pubblicato il 18 Dicembre 2011 da odette.teresa1958

Seguito di "Una bambina",raccconta il seguito della storia fra Torey,maestra di sostegno,e Sheila,ora adolescente

 
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Frase del giorno

Post n°1416 pubblicato il 18 Dicembre 2011 da odette.teresa1958

I sogni muoiono all'alba

 
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