Messaggi del 06/01/2012

L'amico degli animali

Post n°1557 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

hi si cela sotto questo nome,lettori miei?Isaia Martellacci,ecco chi!
L'infame è tornato a S.Tobia dopo un lungo periodo di silenzio e stavolta ha aperto un ambulatorio veterinario.
Personalmente non affiderei a Isaia neanche il criceto imbalsamato di mio nonno Bartolomeo, ma i paesani,cretini cretini, hanno subito il suo fascino malevolo e mal glien'è incolto,come vedrete se avete la pazienza di leggermi
LUNEDI'- Cesarone aveva un grosso foruncolo sul posteriore. Isaia si è offerto di guarirlo con un infuso a base di erbe africane.
Risultato:Il toro ha sempre il foruncolo sul posteriore,ma ha preso una cotta tremenda per Maciste Trappoloni,assistente di Isaia.
MARTEDI'- Uno dei porcellini d'India di Dio ci scampi aveva mal di gola,e Isaia lo ha curato con succo di peperoncino.
Se al porcellino gratti l'orecchio sinistro diventa un accendino vivente.
MERCOLEDI'- Il cane dello Sgozzaloca aveva un dente cariato.Isaia voleva toglierlo con le tenaglie,il cane dissentiva.
Ne è nato un match estemporaneo di wrestling umano-canino e il dente alla fine è stato cavato.
Peccato che fosse un dente di Anatolio,e per giunta sano!
GIOVEDI'- Il pappagallo della Clementina aveva l'orticaria.Isaia lo ha curato con un unguento chegli ha fatto perdere tutte le piume in 30 secondi netti
VENERDI'- Il gatto della Sargenta è inappentente.Isaia gli ha dato un ricostituente e ora il gatto mangia in continuazione,ma l'Anarchico evita di stare solo in casa con lui:sostiene che il felino lo guarda in modo che non gli piace punto
SABATO- All'insaputa di Ireneo,Evaristo ha portato Belva da Isaia.
Da nero il cane è diventato bianco e scappa a razzo anche se uno respira
DOMENICA-Isaia voleva che Geppo gli portasse i cani per un controllo. Geppo,aiutato dall'Anarchico,Ireneo e Dio ci scampi, lo ha inseguito e quello ha fatto perdere le sue tracce
Sono passati dieci giorni.
Maciste Trappoloni vive barricato in casa perchè Cesarone se lo vede impazzisce.
I Trogoloni sono disperati
Il porcellino è diventata un'attrazione mondiale.
Il cane di Anatolio ha incubi terribili.Il padrone deve ospitarlo nel suo letto,tenergli la zampa e leggergli le fiabe (pare che adori "Il gatto con gli stivali")
Dario Argento ha scritturato il pappagallo della Clementina.
Il gatto ha azzannato l'Anarchico all'alluce e glielo ha quasi asportato;per evitare ulteriori attentati alla sua persona,il brav'uomo gli ha tolto tutti i denti.
Ireneo ha citato il fratello a Forum.
I paesani vogliono fare un monumento a Geppo,loro salvatore.
Isaia è tornato in Burundi,sostenendo che solo lì lui viene capito.
Ancora una volta ha giurato di non tornare più a S.Tobia.
Sperando sia vero stavolta, passo e chiudo

 
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Scrittrici dimenticate:Carolina Invernizio

Post n°1556 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Poteva anche capitare, nel corso di una storia, che gli occhi del protagonista cambiassero da neri a celesti, che un personaggio dato per defunto inopinatamente risorgesse o che l'assassino con una mano afferrasse alla gola la sua vittima e con l'altra - chissà come... - le sputasse in viso. Per dire che la qualità della scrittura e l'attenzione ai particolari non erano una priorità, almeno rispetto alla capacità di coinvolgimento della trama.
Per il resto, i libri di Carolina Invernizio (le cui capacità affabulatorie iniziano con la stessa data di nascita: gli atti comunali di Voghera testimoniano il 1851, ma lei raccontò sempre che era il 1858), avevano tutto ciò che serviva a farsi leggere da generazioni di fanciulle e donne di ogni ceto e classe sociale (e di nascosto anche a molti uomini, per la verità): drammi domestici a tinte forti, amori, gelosie, assassini, suicidi, pazzi, cattivi (di solito sempre milanesi... ), rocambolesche agnizioni, «candide nefandezze e timorate perversioni», colpi di scena tanto fulminanti quanto inverosimili, e - ingrediente irrinunciabile - una leggera ma saporita dose di sesso.
Scrittrice col passo del feuilleton e il gusto latinoamericano del racconto, la “Madamin” che fece fremere l'Italia umbertina segnò la via popolare alla narrativa di genere seguendo ispirazioni che la portavano a percorrere ora la strada del romanzo storico ora del giallo d'azione piuttosto che del thriller orrorifico o del dramma d'amore. In quarant'anni di domestica carriera, Carolina Maria Margaritta Invernizio da Voghera (stessa patria della famigerata casalinga arbasiniana a cui, profeticamente, i suoi libri si rivolgevano) scrisse 150 tra romanzi e racconti che tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento le assicurarono un successo travolgente e duro a morire viste le continue ristampe e addirittura, da parte di Einaudi, l'inserimento in una collana di classici (è appena uscito Il bacio di una morta nei tascabili): titoli come Odio di araba, Anime di fango, La vendetta di una pazza, La sepolta viva, Il treno della morte o Lara, l'avventuriera che per il “taglio” gotico, il contenuto a volte scabroso e un certo impudente sberleffo al conformismo piccolo-borghese dell'epoca, le valsero (onore? vergogna?) la messa all'Indice da parte del Vaticano.
Nume tutelare degli sceneggiatori di soap opera e sacra icona della letteratura sartinesca e portinaia, la Invernizio fu tanto amata dai suoi lettori (e dal suo editore, Salani, che fece una fortuna con i libri della collana «I romanzi di Carolina Invernizio») quanto snobbata dai critici. La staffilata più celebre che ricevette fu da Antonio Gramsci: «Onesta gallina della letteratura popolare». Un noto critico del tempo la definì «una brava quanto modesta scrittrice... una buona donnina di casa... una buona massaia... », e un altro ironizzò su «Carolina in servizio», per la sua popolarità fra le domestiche. Poi, per un lungo periodo dopo la sua morte (1916, Cuneo), il nome della prolifica scrittrice fu o taciuto o evocato come paragone di una cattiva letteratura: «alla Invernizio», appunto. D'altra parte, era lei la prima a riconoscere i propri limiti: «Se avessi potuto studiare sarei diventata una discreta scrittrice - rispose una volta a un intervistatore d'eccezione, tal Guido Gozzano - ma ho fatto solo la quinta, e allora... Potevo anche diventare una brava sarta».
Forse, se fosse nata in Inghilterra o in Francia, ha fatto notare qualcuno, oggi Carolina Invernizio sarebbe una grande scrittrice
Ma nacque a Voghera, e rimase - come la bollò Gian Pietro Lucini - «una impudente scombiccheratrice di carte». Eppure, Giovanni Papini, grande fustigatore letterario, avanzò un dubbio: «Una fortuna così lunga e vasta non può essere senza ragioni, n´ tutte le ragioni possono essere a disdoro della scrittrice o de' suoi fedeli». Lei si consolava con una punta di malizia: «Io ho dei critici un'allegra vendetta. Ch´ le mie appassionate lettrici e amiche sono appunto le loro mogli, le loro sorelle». Ieri come oggi.

 
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Scrittrici dimenticate:Ada Negri

Post n°1555 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Ada Negri nacque a Lodi il 3 febbraio del 1870. Le sue origini erano umili: suo padre Giuseppe era vetturino e sua madre, Vittoria Cornalba, tessitrice; passò l'infanzia nella portineria del palazzo dove la nonna, Peppina Panni, lavorava come custode presso la nobile famiglia Barni, legata un tempo al celebre mezzosoprano Giuditta Grisi, fino alla morte della quale era stata governante Peppina: sul rapporto tra Grisi e la sua famiglia, Ada costruirà il mito della propria infanzia. In portineria Ada passava molto tempo sola, osservando il passaggio delle persone, come descritto nel romanzo autobiografico Stella Mattutina (1921).

Ad appena un anno dalla nascita rimase orfana del padre, avvinazzato e avvezzo al canto, considerato, dunque, un peso dalla madre Vittoria: fu grazie ai sacrifici di questa, la quale cercò un guadagno sicuro in fabbrica, che Ada poté frequentare la Scuola Normale femminile di Lodi, ottenendo il diploma di insegnante elementare.

Il suo primo impiego fu al Collegio Femminile di Codogno, nel 1887. La vera esperienza d'insegnamento che segnò la sua vita e la produzione artistica, però, fu intrapresa a partire dal 1888, nella scuola elementare di Motta Visconti, paesotto in provincia di Milano nel quale Ada passò il periodo più felice della sua vita; al mestiere di maestra è legata e contemporanea l'attività di poetessa: fu in questo periodo che iniziò a pubblicare i suoi scritti su un giornale lombardo, il Fanfulla di Lodi.
In questo periodo compose le poesie poi pubblicate nel 1892 nella raccolta Fatalità: questo libro ebbe un grande successo, portando Ada ad acquistare grande fama, a tal punto che, su decreto del ministro Zanardelli, le fu conferito il titolo di docente per chiara fama presso l'Istituto superiore "Gaetana Agnesi" di Milano. Così si trasferì con la madre nel capoluogo lombardo.

A Milano entrò in contatto con i membri del Partito socialista italiano, anche grazie agli apprezzamenti ricevuti da alcuni di essi per la propria produzione poetica, nella quale è molto sentita la questione sociale. Tra loro ebbe un ruolo fondamentale il giornalista Ettore Patrizi, col quale ebbe intense relazioni epistolari; conobbe poi Filippo Turati, Benito Mussolini e Anna Kuliscioff (della quale ebbe a dire di sentirsi sorella ideale).

Nel 1894 vinse il Premio Milli per la poesia. Nello stesso anno uscì la sua seconda raccolta di poesie, Tempeste, meno apprezzata di Fatalità, nonché vittima di una forte critica da parte di Luigi Pirandello. In questo periodo la sua lirica si concentrò soprattutto su temi sociali ed ebbe forti toni di denuncia, tanto da farla definire la poetessa del Quarto Stato.

Le solitarie, frontespizio dell'edizione Treves del 1920

Il 1896 fu l'anno di uno sbrigativo e presto fallimentare matrimonio con Giovanni Garlanda, industriale tessile di Biella, dal quale ebbe la figlia Bianca, ispiratrice di molte poesie, e un'altra bambina, Vittoria, che morì a un mese di vita. Da questo periodo le sue vicende personali modificarono fortemente la sua poetica e le sue opere divennero fortemente introspettive e autobiografiche, come si vede in Maternità, pubblicata nel 1904, e Dal Profondo (1910).

La separazione con Garlanda avvenne nel 1913, anno in cui Ada si trasferì a Zurigo, dove rimase fino all'inizio della Prima guerra mondiale; da Zurigo scrive Esilio, pubblicato nel 1914, opera con evidente riferimento autobiografico, e la raccolta di novelle Le solitarie, pubblicata nel 1917, opera moderna ed attenta alle molte sfaccettature della tematica femminile. L'anno seguente esce Orazioni, raccolta di odi alla patria: gli anni della guerra avevano trasformato la passione civile in patriottismo, accompagnato all'avvicinamento alle posizioni mussoliniane.

La corda principale della sua poesia erano ormai i sentimenti e, avanzando gli anni, la memoria: nel 1919, lo stesso anno in cui moriva la madre Vittoria, da un'altra esperienza amorosa nasceva una nuova raccolta di poesie, Il libro di Mara, raccolta inusuale per la società cattolica e conservatrice di quell'epoca. Due anni dopo, nel 1921, anno del matrimonio della figlia Bianca, è la volta di Stella mattutina, romanzo autobiografico di successo.

Nel 1931 fu insignita del Premio Mussolini per la carriera; erano gli anni in cui Benito Mussolini ancora utilizzava i rapporti nati nel suo periodo socialista. Il premio consacrò Ada Negri come intellettuale di regime, tanto che nel 1940 fu la prima donna membro dell'Accademia d'Italia. Non rinnegò mai la sua adesione al regime[1].

Ma ormai la sua vita era permeata da profondo pessimismo, chiusa in se stessa e in una ritrovata religiosità che la portarono ad affondare in un progressivo oblio.

Morì nel 1945 e fu sepolta nel famedio di Milano. Il 3 aprile 1976 la sua tomba è stata traslata nell'antica Chiesa di San Francesco a Lodi.

 
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Scrittrici dimenticate:Vittoria Aganoor

Post n°1554 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

AGANOOR POMPILJ, VITTORIA (1855 - 1910)

La famiglia Aganoor è di nobili origini armene, passata in Persia nel XVII secolo. Nel 1813 il conte Abramo Aganoor sposa Maria Teresa Moorat, e dall'unione nascono tre figli: Giovanni, Virginia, Edoardo. Sono loro che metteranno radici in in Europa, dapprima a Parigi, e poi a Venezia (ma mantengono la nazionalità inglese). Edoardo sposa nel 1847 la milanese Giuseppa Pacini, istitutrice della sorella Virginia, a lui maggiore di quattro anni. Dall'unione nascono cinque figlie: Angelica, Maria, Elena, Vittoria (26 maggio 1855), Virginia. Edoardo non ha i nervi saldi, e un po' tutte le figlie ereditano in un modo o nell'altro le sue peculiarità, in special modo Maria, che morirà pazza. La famiglia abita una bella palazzina detta "casa degli Armeni" in Prato della Valle, a Padova. Vittoria è nevrotica e meteoropatica, dotata di carattere battagliero e ribelle, ma sarà l'unica a rimanere attaccata alla famiglia. Studia privatamente con l'Abate Giacomo Zanella (1820-1888) a Padova, in seguito a Napoli - dove la famiglia si trasferisce dal 1874 al 1884 - con Enrico Nencioni, redattore del Fanfulla della domenica. Qui frequenta De Gubernatis e Matilde Serao, Salvatore Di Giacomo, Onorato Fava, Francesco De Sanctis, ma riceve sempre le visite dell'Abate Zanella. E' in corrispondenza anche con Antonio Fogazzaro, Angiolo Orvieto, Neera, Eugenio Checchi (direttore del Fanfulla della domenica). Collabora a La Nuova Antologia, La gazzetta della domenica, Il corriere del mattino letterario. Nel 1884 esce una sua poesia, "Risveglio", sul Fanfulla della domenica ed ottiene subito la notorietà. Tuttavia la sua prima raccolta di versi, Leggenda eterna, uscirà solo nel 1900, dedicata alla madre, morta l'anno precedente. Le si attribuiscono alcuni amori giovanili (tra i quali anche un fidanzamento) e la frequentazione di personalità dell'ambiente letterario: Cesare Pascarella, Francesco Cimmino, Domenico Gnoli, Enrico Nencioni: la corrispondenza con quest'ultimo è firmata Fadette (Vittoria) e Landry (Nencioni). Ma è il rapporto con il conte Gnoli, alquanto controverso, di cui si parla nell'ambiente letterario. Gnoli è Bibliotecario della Biblioteca Vittorio Emanuele, poi direttore de La Nuova Antologia, poi Rivista d'Italia; si firma Dario Gaddi e inizia il carteggio con Vittoria nel 1898; al suo successivo disinteresse risponde con un nuovo pseudonimo, Giulio Orsini, pubblicando "Fra terra ed astri" dove chiaramente la figura femminile è Vittoria Aganoor: la quale, come tutti, ritiene che l'Orsini sia un giovane poeta nascente. Ma ormai Vittoria è irraggiungibile. Il 28 novembre 1901 infatti sposa a Napoli il marchese Guido Pompilj, deputato di Perugia e sottosegretario agli Esteri. Per i successivi nove anni Vittoria vive a Perugia (la coppia abita in piazza Danti, nel Palazzo Conestabile della Staffa), dove continua il suo percorso letterario, ma non solo: viaggia e tiene conferenze. Nel 1906 esce la poesia "Parabola" su Il Giornale d'Italia, anonima, e diventa un caso letterario: si tratta di una satira e nessuno pensa sia di una donna. Il 7 maggio 1910 una malattia incurabile la porta alla tomba; il marito dal dolore si spara un colpo di rivoltella sul suo cadavere il giorno seguente la sua morte. Le poesie di Vittoria Aganoor verranno ripubblicate in una raccolta completa da Le Monnier nel 1912.

 
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Eleonore la compagna di Robespierre

Post n°1553 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Si sanno poche cose su di lei: il carattere fiero è testimoniato dal soprannome di Cornelia, che richiama la madre dei Gracchi. Studiò pittura ma, per quanto dotata di un certo talento, non volle dedicarsi professionalmente a quest’arte.

Si dice che Éléonore sarebbe stata la fidanzata di Robespierre. In proposito, si hanno diverse opinioni: secondo la sorella Élisabeth, ella fu promessa all’Incorruttibile, che di lei avrebbe detto: «Anima virile, saprebbe morire come sa amare». Un membro del tribunale rivoluzionario, Joachim Vilate, sostenne che Éléonore era l’amante di Robespierre, affermazione contestata dal medico Joseph Souberbielle che frequentava spesso casa Duplay, il quale la definisce una vera e propria calunnia: «Essi si amavano molto, il loro matrimonio era stato deciso ma tra di loro non successe nulla che potesse far arrossire una vergine. Robespierre evitava, anzi impediva le conversazioni troppo libere. I suoi costumi erano puri».

Invece il convenzionale Monnel, nelle sue Memorie di un prete regicida, afferma che Éléonore e Robespierre erano segretamente sposati, e il loro matrimonio era stato organizzato da Saint-Just. Al contrario, la sorella Charlotte Robespierre scrive che Maximilien, «sommerso di lavoro com'era, interamente assorbito dalle sue funzioni di membro del Comitato di salute pubblica, poteva forse occuparsi di amori e di matrimoni?». E aggiunge che «per Éleonore non provava nulla: me lo ha detto più volte. Le assillanti richieste della famiglia, più che fargliela amare, servivano ad allontanarlo da lei».[1]

Uno dei suoi avversari alla Convenzione nazionale, Merlin de Thionville, sostiene causticamente che «è falso che egli abbia avuto l’onore di amare una donna, al contrario, egli le faceva l’onore di odiarlo» e Jules Michelet, nella sua Storia della Rivoluzione francese, rincara la dose: «A Robespierre, non ci sarebbe stato modo di dargli un’amante».

Éléonore Duplay fu arrestata alla caduta di Robespierre ma fu presto rimessa in libertà. Ella andò allora a rinchiudersi volontariamente in prigione per potervi assistere la sorella Élisabeth, che aveva sposato nel 1793 un amico di Robespierre, Philippe Le Bas e che era stata incarcerata con il figlio di sei settimane.

Éléonore Duplay è sepolta nel cimitero del Père Lachaise.

 
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Madame Roland

Post n°1552 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Marie-Jeanne "Manon" Philipon, better known as Madame Roland, was born in Paris sometime in 1754. The only surviving child of a master engraver, she was born into an age of reason and wit, the France of the philosophes. After spending the first two years of her life with a wet-nurse, Manon returned to her parents' middle-class household where she watched her father and his apprentices make decorated snuffboxes, jewel and watch cases, elaborate buttons, and picture frames. Taught to read at an early age, her intellectual curiosity was insatiable. She devoured books on virtually every subject including history, philosophy, poetry, mathematics, and religious works. From her mother, she learned the domestic duties of cooking and sewing. It was reading, however, that remained her greatest joy, and she spent the majority of her waking hours engaged in study. As she herself noted: "I need study as I need food." At the age of nine, Manon discovered Plutarch's Lives which made an indelible impression upon her. It was Plutarch, she later admitted, who made her a firm believer in the republican form of government.

Religion held a strong hold on the young girl who, at age 11, expressed an earnest desire to become a nun. Her parents agreed to a one-year trial and on May 7, 1765, she entered the Convent of the Ladies of the Congregation, in the Faubourg Saint-Marcel. Here, she met the Cannet sisters, Henriette and Sophie, who became her lifelong friends.

Convinced that the monastic life was not for her, Manon left the convent in the spring of 1776 to live for a year with her grandmother Philipon on the Ile Saint-Louis. It was during one of their infrequent social outings that Manon was introduced to Madame de Boismorel, a wealthy noble-woman who left an unfavorable impression on the young bourgeoisie. Madame Boismorel exhibited all of the pretentiousness and arrogance of the ancien regime aristocracy, and Manon maintained a critical and hostile attitude towards them for the rest of her life.

Upon her return home, Manon continued her extensive reading by making use of circulating libraries. Mastering Italian and with a good knowledge of English, she delighted in reading the works of English novelists and poets such as Fielding, Richardson, Pope, and Shakespeare. Voltaire became one of her favorite authors and, from the age of 14, she began to have serious doubts about her religion. She eventually chose to reject the staunch Catholicism of her childhood and instead relied on a sentimental form of deism. Nonetheless, she concluded that orthodox Christianity was useful and necessary for poor people in order to give them hope. Historian Gita May has concluded that "from her study of the philosophes, Manon came away a resolute optimist and a firm upholder of the dignity of the individual."

Her optimism was temporarily shattered by the death of her mother in June 1775. Estranged from her father, whose heavy financial speculations began to destroy his business, Manon kept to herself, spending more and more time alone. In 1776, at the age of 22, she resolved to remain a spinster for the rest of her life. Rejecting the young suitors her father suggested, she preferred the company of older men, with whom she could enjoy intellectual and social companionship without the burden of physical attraction. It was during this period that she first read Rousseau. Gita May asserts that "Rousseau … shaped her whole moral being and … determined her every important act both in her private and political life." In her Memoirs, Madame Roland discussed the philosopher's impact:

Rousseau … made the same impression on me as had Plutarch when I was nine… . Plutarch had predisposed me to become a republican; he had inspired in me the true enthusiasm for public virtues and liberty. Rousseau showed me the domestic happiness to which I had a right to aspire and the ineffable delights I was capable of tasting.

Of all her elderly companions, Manon had not yet chosen a suitor whom she could consider marrying until January 1776 when she was introduced to Jean-Marie Roland de la Platière, an inspector of Commerce and Manufactures at Amiens. Twenty years her senior, M. Roland was a thin, slightly stoop-shouldered man who dressed like a Quaker and whose angular, sharp features gave him a somewhat striking appearance. Roland appeared more respectable than seductive, and Manon appreciated his broad range of interests and gravity of mind.

Their courtship was lengthy and often stormy. Roland spent long periods without visiting or corresponding with her. In addition, Manon's father disliked him intensely while Roland's family were wary of allowing their son to marry a dowerless bourgeoisie. In spite of these objections, they became engaged in April 1779 and, after Roland's procrastination, were finally married on February 4, 1780. As a couple the Rolands made an interesting sight. He looked more like her father than her husband while she, with her dark hair and pale complexion, radiated youth and vigor.

For the first six months of their marriage they lived in Paris even though Roland's office was in Amiens. During this time, he came to rely more and more upon his wife's literary and intellectual talents. Madame Roland helped him edit his writings, becoming not only his secretary, but also his copyist, editor, researcher, proofreader, and, finally, coauthor. In Paris, she became acquainted with men of letters and scientists with whom she was to maintain lifelong friendships. Louis Bosc, a botanist, and François Lanthenas, a businessman, quickly became enamored of her lively wit and charming personality. It was with some regret that she left Paris for Amiens in the autumn of 1780. One year later, on October 4, 1781, she gave birth to the couple's only child Marie-Thérèse Eudora.

For the next four years, Manon's life remained uneventful. She continued to work along side her husband, providing him with invaluable assistance. In spite of her intellectual abilities and obvious talents, Madame Roland was no feminist. In a letter addressed to her friend Bosc she confessed:

I believe … in the superiority of your sex in every respect. In the first place, you have strength, and everything that goes with it results from it: courage, perseverance, wide horizons and great talents… . But without us you would not be virtuous, loving, loved, or happy. Keep therefore all your glory and authority. As for us, we have and wish no other supremacy than that over your morals, no other rule than that over your hearts … . It often angers me to see women disputing privileges which ill befit them…. [Women] should never show their learning or talents in public.

Her quiet life in Amiens was interrupted when she embarked on a trip to Paris in March 1784 in order to obtain a patent of nobility for Roland. They both believed that his long service of duty entitled him to recognition and respect. Unfortunately, her charm, intelligence, and perseverance did not win over the hostile attitudes which the officials held about her husband, although she did manage to obtain for him a transfer from Amiens to Lyon and a promotion to general inspector. After a brief trip to England in July 1784, the Rolands moved to his family home at Villefranche-sur-Saone. Much of their time, however, was spent at their country retreat, Le Clos, which Manon greatly admired and enjoyed. In spite of the abject poverty she encountered, she was content and serene.

This was not the situation in the rest of the country. The French monarchy had become increasingly unpopular from the mid-18th century, and revolutionary language was circulating in France after the revolt of the American colonies. By 1787, the royal treasury was bankrupt from the wars with Great Britain, and a disastrous harvest in 1788 caused food shortages and subsequent bread and grain riots. Louis XVI, in order to alleviate the crown's financial difficulties, summoned a meeting of the Estates General which had not met since 1614. The Third Estate, made up of mostly lawyers, doctors, engineers, and merchants, demanded double representation which the king and his finance officer, Jacques Necker, granted. It was a fatal move. The delegates, who had drawn up a number of grievances, or cahiers, were disappointed when the Estates General met on May 4, 1789, and the king failed to address their concerns. More important, he chose to ignore the question of whether the assembly would vote by order, which usually ensured the dominance of the privileged estates, or by head, which would give the Third Estate control. Disappointed by the king's reluctance to decide upon this issue, the Third Estate took a momentous step and proclaimed itself the National Assembly on June 17. The king finally intervened by locking the delegates out of their meeting hall but, defying his will, they met in a nearby tennis court and bound themselves by a solemn oath not to separate until they had drafted a constitution for France. The French Revolution had begun.

Madame Roland's complacent and quiet life in the country was disrupted when news of the events taking place in Paris reached her. From the outset of the Revolution, she and her husband supported the goals of the insurgents. Convinced that the revolutionary movement would only be successful if it abolished the monarchy, she continued to suspect the King of plotting with counterrevolutionaries which turned out to be true. Remaining in Lyon, Manon and her husband became correspondents for a revolutionary newspaper, the Patriote français published by Jacques-Pierre Brissot, a lawyer whom they had met in 1787 and who was currently an active leader of the revolutionaries. In November 1790, sympathizers of the Revolution dominated the municipal council of Lyon, and Roland was subsequently appointed an officer.

The city was in the midst of an economic crisis due to its exorbitant debt, and Roland was appointed to negotiate for a loan from the National Assembly. Accompanying her husband to Paris in February 1791, Madame Roland opened her first political salon at the Hôtel Britannique in the rue Guénégaud. Many of the leading revolutionary figures attended, including Brissot, Petion, Robespierre, Buzot and Thomas Paine. Unlike other hostesses, she did not choose to be the center of attention, refraining from speaking until the meetings were finished.

By August 1791, with her husband's mission nearing its end, they decided to return to Le Clos. Their residence was short-lived. On September 27, the Inspectorate of Manufactures was abolished and Roland was consequently deprived of his profession. Having served for nearly 40 years, he felt that he deserved a pension and, as a result, the Rolands returned to Paris in December 1791 where they immediately became embroiled once again in revolutionary politics.

Louis XVI had signed the constitution on September 14, 1791, and from the first meeting of the Legislative Assembly on October 1, the question of war dominated its mood and work. The strongest advocates for war came from a group later known as the Girondists, whose unofficial leader was Roland's friend and fellow journalist Brissot. In speeches to the assembly and to the radical Jacobin Club, the Girondists advocated war with Austria as a means of rallying popular support for the Revolution, testing the loyalty of the king, and suppressing counterrevolutionaries. In March 1792, Louis XVI appointed a new cabinet which included Roland as minister of the interior. One month later, on April 20, war against Austria was finally declared.

Madame Roland, who had already proved a worthy partner to her husband, was now virtually indispensable. She was often present when colleagues and friends brought up matters of state with her husband at home. Enjoying his fullest confidence, she wrote much of his correspondence and provided advice and support for his policies. With the reopening of her salon, Madame Roland found herself at the social and political center of the new government.

In spite of his earlier cooperation, Louis XVI became increasingly intractable by consistently refusing to endorse Girondist legislation. Military losses contributed to growing accusations that the king was secretly encouraging the Austrians. Distrust between the king and the government reached a climax in May 1792 when he vetoed three Girondist decrees. On June 10, Roland addressed a letter to the king, actually written by his wife, reprimanding him for his veto and encouraging him to become more patriotic. Madame Roland's dislike for the monarchy was clear: "I know that the stern language of truth is rarely welcomed by the throne, I know too that it is because truth is almost never heard there that revolutions become necessary."

Louis XVI not only ignored the letter but dismissed all of the Girondist ministers including Roland. His action led to an armed uprising of the Paris populace on June 20 and heightened anxiety throughout the country. Political excitement continued to increase until August 10 when a crowd of armed Parisians marched on the palace at the Tuileries, forcing the royal family to flee for protection to the National Assembly. The crowd, however, was in control, and the assembly had no choice but to suspend Louis XVI from his functions. As the monarchical constitution was clearly dead, they ordered elections for a new body, the National Convention. Roland and his colleagues were reappointed, and Danton was named minister of justice.

Madame Roland was once again in a position of influence as helpmate to her husband, although she fell increasingly under attack from Robespierre and his Jacobin allies. The Girondists were rapidly losing support in the French capital, and when the convention held its first meeting on September 21, 1792, the divisions were clear. On one side were the Girondists; on the other sat the Jacobin deputation from Paris which became known as the Mountain (Montagne) from the high seats it took at the back of the assembly. The rest of the deputies formed the Plain (Plaine) and were uncommitted to either faction.

The fate of the king led to a struggle for control of the convention itself. Roland became a favorite target of the opposition who accused him of royalist sympathies and secret correspondence. The slander directed against the Roland ministry included his wife who was summoned before the bar of the convention on December 7, 1792. After a dramatic defense of her politics, she was not only cleared of the charges brought against her but was voted honors of the session. Her husband was less successful. The convention voted in favor of the king's execution by a majority of one vote, and Louis XVI was guillotined on January 21, 1793. Roland handed in his resignation the following day.

Historians have debated upon the real reasons for Roland's decision to resign at this particular time and, until recently, were unaware of the personal crisis he and his wife were undergoing. Sometime before her husband's resignation, Madame Roland confessed to him her romantic attraction to the Girondist deputy from Evreux, François Leonard Buzot. Faced with a painful dilemma but realizing his dependence on her, Manon chose to remain with Roland. Thus, they continued to live and work together although their relationship was strained not only for personal reasons but by the uncertainty and growing danger of their political position.

In spite of repeated requests and petitions, they were prohibited from leaving Paris. Manon's sense of doom was realized when 21 Girondist deputies were expelled from the convention and arrested on May 31, 1793. Engineering her husband's escape, she did not elude the authorities. For the next five months, she spent her time in prison writing her Memoirs and her autobiography entitled An Appeal to Impartial Posterity. Throughout her imprisonment, she maintained a calm composure. After visiting Madame Roland in prison, an Englishwoman noted that:

She conversed with the same animated cheerfulness in her little cell as she used to do in the hotel of the minister…. She told me she expected to die; and the look of placid resignation with which she spoke of it, convinced me that she was prepared to meet death with a firmness worthy of her exalted character.

During her imprisonment she refused to agree to several plans for her escape; her fate was sealed when the Girondists, after a seven-day trial, were found guilty of counterrevolutionary activities and were executed on October 31, 1793. Madame Roland's trial before the Revolutionary Tribunal was set for November 8. Dressed in a gown of white muslin, she listened to witnesses against her but was forbidden to speak in her own defense. Pronounced guilty of a "horrible conspiracy against the unity and indivisibility of the Republic, and the liberty and safety of the French people," she was ordered to be executed that very afternoon. On a bleak, wintry November day, Madame Roland traveled in a cart to the foot of the guillotine in the Place de la Revolution. Mounting the platform, her eyes fastened on the artist David's statue of Liberty as she exclaimed, "Oh Liberty, what crimes are committed in thy name."

Her death produced a grievous sense of loss in the two men who loved her. Two days after hearing the news of his wife's execution, Roland left his sanctuary at Rouen and was later found impaled upon his sword cane. Buzot, also heartbroken, met a similar fate when his body was found on June 25, 1794, half-devoured by wolves.

 

 
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Madame Recamier

Post n°1551 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Madame Recamier was a celebrated French Beauty, considered by many asthe most beautiful and graceful woman of her day. Because of the brilliancy of her conversation, manners and the charm of her person she made her home a haven for men of education and genius.

Jeanne Francoise Julie Adelaide Recamier, usually known as Juliette, was born in Lyons on December 3, 1777 . Not much is known about her youth, but she was the daughter of a banker named Bernard, with whom she eventually moved to Paris . At the young age of fifteen, Juliette married Jacques Recamier, a wealthy banker much older than herself. In fact, he was three times her own age.

Her home was a place of rest for great men of her day. She was a hostess of great wit and beauty and her salon attracted prominent literary of political figures. To be invited to her house, one was assured of plenty of food and good company. To be invited to her salon meant you were somebody and that you would be rubbing shoulders with the great men of the day. Under the rule of the French directory and during the consulate and empire her salon was constantly visited by such distinguished people as Lucien Bonaparte, Moreau, Bernadotte, La Harpe, Benjamin Constant, and David. Her distinguishing traits were an extreme sweetness of disposition and tenderness of heart, whichobtained her the affection of all who knew her. It should be noted that she was quite unspoiled by the homage that she was paid because of her extraordinary beauty. Because of her temperament, there was never a scandal about all the men who were guests in her home.

Because her husband was financially ruined by Napoleon’s policies, the salon of Madame Recamier took on a form of opposition to the government and was eventually compelled by Napoleon to leave Paris . She resided for some time at Lyons , then with the celebrated Madame de Stael at Coppet, which featured her in her novel “Corinne”. It was here that she met Prince August ofPrussia who wanted to marry her, if her husband would consent to a divorce. He did consent, but Juliette would not desert him in his time of adversity.

She then went to Italy and did not again enter France until the fall of Napoleon, when she returned to Paris and reopened her salon. Because of further financial setbacks in 1819 , Juliette moved to a suite in the Abbaye-aux-Bois near Paris , but her house nevertheless continued to be the resort of eminent mend, among whom was the writer and statesman Vicomte Francois de Chateaubriand, who was her devoted admirer. Though she was not an author and wrote nothing herself, through her connections, including her friendship with Madame de Stael, she exercised considerable influence upon French literature.

For some years before her death, Juliette became blind. This affliction she bore with the most gracious serenity, never complaining of it except as it prevented her from giving attention to her friends.

 
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Madame Tallien

Post n°1550 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Giovanna Maria Ignazia Teresa Cabarrus (Madrid, 31 luglio 1773Chimay, 15 gennaio 1835) nota semplicemente come Teresa Cabarrus, fu una delle protagoniste della vita mondana francese della fine del Settecento: sposò il marchese di Fontenay, poi Tallien, (da qui il nome di madame Tallien) membro della Convenzione, quindi il conte di Caraman e infine il principe di Chimay.

Biografia [modifica]

Figlia di François Cabarrus fondatore della Banca di San Carlos nel 1782, fatto conte nel 1789 da Carlo IV di Spagna e di Maria Antonietta Galambert, figlia di un industriale francese stabilitosi in Spagna, Teresa venne cresciuta in Spagna, da una nutrice, fino all'età di tre anni, quando venne portata da suo nonno a Carabanchel. A dodici anni Teresa parlava perfettamente tre lingue: lo spagnolo, il francese e l'italiano.

François Cabarrus volendo rinforzare la sua posizione in Francia combinò il matrimonio della figlia con Jean Jacques Devin de Fontenay, che innamoratissimo la chiede in sposa. La famiglia Fontenay si era sollevata poco a poco; il padre del marito di Teresa era Presidente della corte dei Conti. Devin, possessore di immobili per circa un milione di livres, ed aspirando ad un titolo nobiliare, comperò subito dopo il matrimonio il titolo di Marchese sulla sua proprietà a Fontenay-aux-Roses.

Il matrimonio che venne celebrato il 7 febbraio 1788 si dimostrerà ben presto solo di facciata. La rottura definitiva avvenne quando il marito arrivò a mantenere una ragazza nello stesso palazzo dove viveva la moglie. L'occasione per riappacificare la coppia si ebbe il 2 maggio 1789 quando Theresa darà alla luce il suo primo figlio. Ma la nascita del figlio non impedì alla coppia De Fontanay di giungere, dopo tre anni, al divorzio. Durante la rivoluzione francese, Devin fuggì dalla Francia abbandonando suo figlio a Teresa, la quale, a sua volta, allontanandosi da Bordeaux, dopo il ritorno di Tallien a Parigi, lasciò il bambino nelle mani di un servitore.

Attiva sostenitrice delle nuove idee, durante il periodo del "Terrore" amica dei Girondini, venne arrestata con loro, ma rilasciata grazie a Jean-Lambert Tallien. Senza troppe illusioni infatti aveva scritto a Tallien, rappresentante in missione, per reclamare la sua libertà o interressarsi alla sua sorte. Egli l'ha già aiutata. Tallien sedotto dalla sua bellezza, la fece liberare e andò a dimorare da lei. Lei d'altro canto usò tutta la sua influenza per proteggere tutti quelli che pupoteva. Sotto l'influenza della sua passione amorosa, il proconsole usa meno severità nell'applicazione dei decreti del comitato di salute pubblica. La sua devozione le vale il nomignolo di Notre-Dame de Bon Secours.

A seguito di un ordine del Comitato di salute pubblica firmato da Robespierre, Teresa venne di nuovo arrestata e condotta alla prigione de La Force, poi alla prigione dei Carmelitani dove incontra la futura imperatrice Giuseppina. Sul punto di essere giudicata, vale a dire alla ghigliottina, Teresa inviò a Tallien queste parole: Muoio per appartenere ad un vile. Questa missiva determinò Tallien ad entrare nella congiura contro Robespierre ed a mostrarsi il 9 Termidoro alla Convenzione dove impedì al capo dei giacobini di prendere la parola. Liberata, Teresa venne nominata Notre-Dame de Thermidor dato che la rivoluzione del 9 Termidoro salvò la vita a molte persone.

Madame Tallien dipinta da François Gérard (1804).

Teresa sposò Tallien il 26 dicembre 1794 influenzandolo nel suo percorso politico durante la Convenzione Termidoiriana, ma lo abbandonò presto quando, giudicato sorpassato, venne estromesso dai Montagnardi e dai moderati. Tallien e Teresa ebbero una figlia, Thermidor Tallien (1795-1862) che sposerà il conte Felix de Narbonne-Pelet nel 1815.

Teresa non perdonò mai a Tallien i massacri di settembre del 1792, dei quali il marito era uno dei responsabili e dopo la strage a Quiberon, Teresa vide con disgusto l'uomo che le stava a fianco. Dirà ad un'amica: «Troppo sangue nelle mani di quest'uomo, non sono mai stata tanto disgustata da lui.» Teresa si separò da lui nel 1795: i due divorzieranno l'8 aprile 1802, dopo la nascita del terzo figlio.

Nel 1797 Teresa Cabarrus divenne amica di Hoche e di Juliette Récamier. Nello stesso anno, divenne l'amante di Paul Barras, da cui avrà un figlio che nacque il 20 dicembre 1797 ma morirà subito dopo esser venuto al mondo.

Nell'autunno 1798 Notre-Dame de Thermidor e il richissimo finanziere Ouvrard si incontrano durante una partita di caccia data al Castello di Grosbois. A partire da questa data Theresa sarà vista sempre più spesso accompagnata dal fornitore di armi. Dopo sei mesi, Ouvrard offrì alla sua nuova favorita una dimora presso la Rue de Babylone e la installò al castello di Raincy dove prensse alloggio nel 1799. Da questa unione nacquero quattro figli:

  • Clémence, nato il 1 febbraio 1800
  • Jules Joseph Edouard, il 19 aprile 180, il futuro dottore Jules Tallien de Cabarrus
  • Clarisse Gabriel Thérésa il 21 maggio 1802
  • Stéphanie Caroline Thérésa il 2 dicembre 1803.

Sotto il Direttorio Teresa fu la padrona incontrastata. Napoleone Bonaparte, al tempo ancora un giovane generale, si innamorò di Rosa di Beauharnais. Tallien e Barras furono i testimoni di nozze della coppia e anche Teresa fu presente alla cerimonia. Il colpo di stato del 18 Brumaio mise fine alla carriera politica di Teresa e Napoleone che un tempo l'aveva apprezzata molto non la fece ammettere a corte.

Cacciata dalla società ufficiale, Teresa Cabarrus divenne allora amica di Madame de Staël, nel cui salotto fece la conoscenza col principe di Chimay. I due si sposarono il 9 agosto 1805.

François Joseph de Riquet de Caraman divenne principe di Chimay dal 22 agosto 1805. Durante i loro venticinque anni di vita comune, la coppia ricevette numerosi musicisti come Daniel Auber, Rodolphe Kreutzer, Luigi Cherubini, Charles de Bériot o Maria Malibran, a Parigi e poi a Chimay, dove Teresa aveva una sua piccola corte.

La Principessa di Chimay fece un uso caritatevole della loro ricchezza. Teresa si trasformò in buona madre di famiglia, vegliando sui suoi nove figli nati da diversi amori. Con il principe di Chimay ebbe altri 3 Figli:

  • Joseph de Riquet de Caraman (1808-1865) diventerà il diciassettesimo principe di Chimay nel 1843
  • Gabriel Alphonse Ferdinand (1810-1886)
  • Maria Auguste Louise Thérèse Valentine (1815-1876)

Teresa morì al castello di Chimay il 15 gennaio 1835 e il suo ultimo sposo venne interrato con lei sotto la sacrestia della chiesa locale.

 
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Breviario tedesco (Brecht)

Post n°1549 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Quando chi sta in alto parla di pace
La gente comune sa
Che ci sarà la guerra.
Quando chi sta in alto maledice la guerra
Le cartoline precetto sono già compilate.
Quelli che stanno in alto
Si sono riuniti in una stanza
Uomo che sei per la via
Lascia ogni speranza.
I governi
Firmano patti di non aggressione.
Piccolo uomo,
firma il tuo testamento.
Sul muro c’era scritto col gesso:
vogliono la guerra.
Chi l’ha scritto
è già caduto.

 
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Libri dimenticati:Incontro al destino

Post n°1548 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Libro di Sandra Galland che racconta la prima parte della straordinaria vita di Giuseppina,prima moglie di Napoleone I,fino al suo matrimonio con lui

 
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Frase del giorno

Post n°1547 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

I morti non sono assenti,sono invisibili (S.Agostino)

 
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