Messaggi del 24/01/2012

Scrittori dimenticati:Eugene Sue

Post n°1714 pubblicato il 24 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Eugène Sue (Parigi, 26 gennaio 1804Annecy, 3 agosto 1857) è stato uno scrittore francese, noto soprattutto per i suoi romanzi d'appendice a carattere sociale: I misteri di Parigi (1842-1843) e L'ebreo errante (1844-1845).

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Biografia [modifica]

Il padre Jean-Joseph (1760-1830) era chirurgo della Guardia napoleonica, la sua madrina fu Giuseppina di Beauharnais e padrino suo figlio Eugène. Studiò al Liceo Condorcet: fu una gioventù dorata per il futuro scrittore, studente mediocre e turbolento, le cui avventure riempivano le cronache. Il padre lo fece allora viaggiare per toglierlo da un ambiente che non sembrava avere nulla da insegnargli: Eugène andò in Spagna nel 1823, poi nella Morea, in Grecia e ancora nelle Antille.

Dandy e viaggiatore, ereditò a 26 anni la fortuna paterna, fu amante di molte belle donne parigine e frequentatore assiduo del Jockey Club, esclusivo circolo snob del tempo. Dilapidata così l'eredità, si mise a scrivere per potersi guadagnare da vivere.

Nel 1829 esordì nel mondo letterario parigino con vari racconti d'ambientazione marinara che incontrarono subito il favore del pubblico. Si dedicò successivamente ad un'opera storica di grande impegno Histoire de la marine francaise cui non corrispose una adeguata accoglienza del pubblico.

In seguito ad una delusione sentimentale, si ritirò nella Sologne dove iniziò a scrivere romanzi che furono pubblicati a puntate sui giornali di Parigi e che lo resero famoso: Mathilde, le cui non velate ironie segnano una definitiva rottura con il mondo della capitale; Therese Dunoyer, Paula Monti e Le Morne au diable ebbero tutti un grande successo.

I suoi Les Mystères de Paris furono pubblicati a puntate nel Journal des débats suscitando un enorme interesse, tanto in Francia che all'estero.

Dopo la rivoluzione del '48 si orientò sempre più verso il socialismo, impegnandosi in una appassionata opera di propaganda politica. Nel 1850, candidato socialista, fu eletto deputato del dipartimento della Senna.

Dopo I Misteri di Parigi, Sue scrisse altri romanzi, tra i quali Le Juif Errant, nel 1845, Martin, l'enfant trouvé, nel 1846, e il lunghissimo Les Mystères du Peuple, ou Histoire d'une famille de prolétaires à travers les âges, storia di due famiglie che si sviluppa dal tempo dei Galli fino al 1848. Il progetto del romanzo risaliva ai mesi successivi la sconfitta della Rivoluzione del 1848: nel novembre 1849 il suo amico editore Maurice Lachâtre mise in vendita le prime dispense de I Misteri del popolo in abbonamento postale, per evitare problemi con la censura. Tuttavia, la pubblicazione fu fatta più volte sospendere e lo stesso Sant'Uffizio lo pose all'Indice. Quando, nel 1857, il romanzo fu finalmente completato e sembrava che potesse essere regolarmente pubblicato in volume, 60.000 esemplari furono sequestrati e tipografo ed editori condannati. Sembra che la notizia abbia contribuito a provocare la morte dello scrittore, già malato e in esilio in Savoia.

Sue era stato infatti costretto all'emigrazione a seguito del colpo di stato bonapartista del 1851: fu accolto ad Annecy, nella Savoia, malgrado l'opposizione del clero locale, grazie alla politica liberale del governo di Massimo d'Azeglio.

 
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Scrittori dimenticati:Alfred Doblin

Post n°1713 pubblicato il 24 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Nato a Stettino nella Pomerania prussiana da una famiglia di modeste condizioni, all'età di dieci anni rimase fortemente traumatizzato quando il padre abbandonò moglie e figli per scappare in America con una donna di vent'anni più giovane, lasciando la famiglia nell'indigenza. Con la madre si trasferì allora a Berlino, dove si laureò in medicina. Parallelamente alla sua attività di medico psichiatra, Döblin iniziò a collaborare nel 1910 con la rivista espressionista Der Sturm (La Tempesta) di Herwarth Walden, iniziando così la sua doppia vita di scrittore e medico.

Nel 1912 sposò Erna Weiss, da cui ebbe quattro figli. Arruolato nella Prima guerra mondiale, Döblin fece il medico militare soprattutto in Alsazia. Ritornato a Berlino, si trasferì nel quartiere di Lichtenberg, dove fu testimone oculare della rivolta del marzo 1919, divenuta poi tema del suo romanzo Novembre 1918. Risale a quel periodo la sua adesione al partito socialista.

Nel periodo berlinese Döblin redasse molti articoli (ad esempio recensioni teatrali e cinematografiche, ma anche sulla vita nelle strade della capitale), tra gli altri per il Prager Tagblatt (giornale praghese in lingua tedesca). Questi lavori tracciano spesso un quadro della vita quotidiana nella Berlino degli anni ruggenti della Repubblica di Weimar, e parte di essi confluirono nel celebre romanzo Berlin Alexanderplatz (1929), che oltre ad essere il suo capolavoro è entrato nella storia della letteratura per incarnare il primo e più significativo romanzo metropolitano (Großstadtroman) tedesco.

Nel 1933, nel momento di massima tensione antisemita che seguì l'avvento al potere di Adolf Hitler, Döblin si trasferì a Parigi, dove ottenne la cittadinanza francese; nel frattempo, in quanto autore di origine ebraica, le sue opere furono messe al bando in Germania. Nel 1940, anno dell'occupazione della Francia, riparò in Spagna e in Portogallo e da lì emigrò negli Stati Uniti, dove si convertì al cattolicesimo.

Nell'immediato dopoguerra fece ritorno in Germania, a Baden Baden, dove svolse attività di ispettore letterario nella zona di occupazione francese. Parallelamente fu editore del mensile letterario Das goldene Tor (La Porta d'Oro). Deluso dall'evoluzione politica del dopoguerra, nel 1953 Döblin fece ritorno in Francia, dove visse fino al 1956.

Alfred Döblin morì ad Emmendingen (vicino a Friburgo in Brisgovia) nel 1957.

 
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Scrittrici dimenticate:Grace Metalious

Post n°1712 pubblicato il 24 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

race Metalious (Manchester, New Hampshire, 8 settembre 192425 febbraio 1964) è stata una scrittrice statunitense.

Nata Marie Grace de Repentigny, inizia a scrivere già in giovane età. Prima dei vent'anni sposa George Metalious, laureato in sociologia e preside della scuola di Gilmanton.

La vita da casalinga di provincia le lascia il tempo di scrivere. Nel 1956 sceglie casualmente un agente letterario cui invia il testo del romanzo al quale lavorava da tempo. Si tratta di Peyton Place, diffuso in Italia col titolo I peccati di Peyton Place.

L'opera ottiene un grande successo di pubblico mentre la critica la disprezza. Il libro vende milioni di copie, anche all'estero, entrando così nel novero dei 16 maggiori “best-seller” della storia della cultura (cioè dei libri che han superato i 10.000.000 di copie in tutti i tipi di edizione).

Nella vicenda confluiscono sia aspetti autobiografici (la gioventú povera dell'autrice) sia ispirazioni dalla cronaca (alcuni anni prima una giovane uccise il patrigno che la violentava nella vicina località di Alton). La fittizia cittadina di Peyton Place pare esser la combinazione di due abitati del New Hampshire (nel nordest degli Stati Uniti): Gilmanton, dove abitava la Metalious e Laconia, la città più vicina delle dimensioni attribuite a Peyton.

Hollywood non perde tempo ed è pronta a trarne una pellicola con Lana Turner e Hope Lange, che esce nel 1957 (in Italia col titolo I peccatori di Peyton) ed amplifica la grande fama già raggiunta dal romanzo.

L'anno successivo Grace si rimette al lavoro e scrive "Ritorno a Peyton Place", un'opera meno densa di avvenimenti ma scritta meglio, che ha un successo inferiore al primo libro. Hollywood anche stavolta ne trae una pellicola, Ritorno a Peyton Place (1961, che ha meno successo anche perché nessuno degli attori del primo film è presente, dando così al pubblico l'idea di esser un prodotto scadente, nonostante la presenza di attori di vaglia quali Tuesday Weld e Mary Astor.

Nello stesso anno esce "La camicia bianca", terzo lavoro della Metalious, cui segue "Niente Eden per Adamo", nel 1963. Non hanno lo stesso successo di "Peyton Place", ed in Italia son tutti éditi dalla Longanesi.

Grace Metalious muore all'età di 32 anni per cirrosi epatica da alcolismo. È sepolta al cimitero del suo paese, Gilmanton. Sulla Metalious esiste una biografia in inglese scritta da Emily Toth.

 
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Scrittrici dimenticate:Anna Maria Ortese

Post n°1711 pubblicato il 24 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

onsiderata oggi dalla critica italiana e internazionale una tra le massime scrittrici del nostro Paese, Anna Maria Ortese nasce a Roma il 13 giugno 1914, figlia di genitori del Sud. Oreste, impiegato governativo, siciliano di genitori campano-calabresi e Beatrice Vaccà, napoletana di genitori romano-carraresi.

A partire da subito – il padre viene richiamato alle armi nel 1915 – Anna Maria vive una vita vagabonda e di grandi difficoltà economiche, che la porterà a cambiare, nel corso di 84 anni, trentasei residenze in dieci città diverse. La famiglia (la madre, la nonna, tre fratelli maggiori, e un gemello dell’Ortese), si trasferisce prima in Puglia, quindi a Portici. Da lì, alla fine della guerra, a Potenza, dove Oreste, reduce dal conflitto, è stato riassegnato. Da lì, nel 1925, a Tripoli (Libia), per una breve e insulsa avventura coloniale e quindi, nel 1928 a Napoli, nella casa che verrà descritta nel romanzo autobiografico Il porto di Toledo.

Gli studi di Anna Maria si sviluppano in maniera estremamente irregolare: abbandona la scuola per sostituirla con delle lunghe passeggiate. In compenso si occupa di svolgere i compiti dei fratelli e legge tantissimo.

Nel 1933, la morte del fratello, annunciata da una lettera dalla Martinica dove la nave di Emanuele Carlo, marinaio mercantile, aveva fatto tappa, la sprofonda nel dolore, da cui emerge scrivendo un testo che verrà pubblicato dalla rivista «Italia Letteraria», che la rivelerà al pubblico italiano come scrittrice promettente.

La collaborazione con la rivista continua sotto la direzione, in un primo tempo, di Corrado Pavolini e quindi di Massimo Bontempelli, che patrocinerà nel 1937 presso Bompiani l’esordio letterario di Anna Maria con la raccolta di racconti Angelici dolori. Lo stesso anno morirà il fratello gemello della scrittrice, ucciso in Albania dal proprio attendente. Atro dolore.

*

Bontempelli e la Masino le trovano un lavoro come correttrice di bozze al «Gazzettino» di Venezia. Nei suoi spostamenti, passa da Firenze e da Trieste, dove nel 1939 vince i Littoriali femminili di poesia, classificandosi anche seconda nella narrativa.

La guerra e la necessità di sopravvivere la portano in vagabondaggi sempre più frenetici su e giù per la Penisola («avevo attraversato tutta l'Italia in mezzo alla rovina e all'inferno»), che termineranno, alla fine del conflitto, nella vecchia casa di Napoli, semi-diroccata e già occupata da altri sfollati. Sono gli anni di una fame non metaforica ma reale, di lavori occasionali e anche di giornalismo, alla collaborazione con «Sud» e al rapporto con gli amici che la scrittrice ritrarrà nei suoi racconti-réportage. Sempre in movimento, a Roma frequenta il salotto di Maria Bellonci, dove conosce nuove persone e allarga il giro delle collaborazioni. I racconti che pubblica su «Milano-sera» vengono raccolti nel volume L’infanta sepolta (1950).

Collabora con il «Corriere di Napoli» abbastanza da sopravvivere e con «Il Mondo», dove pubblica nuovi racconti che descrivono la questione meridionale, guadagnandosi l’ammirazione del Presidente Luigi Einaudi, che le procura l’ospitalità per qualche mese da parte dell’Olivetti di Ivrea. Qui porta a termine gli ultimi racconti de Il mare non bagna Napoli, pubblicato da Vittorini ne I Gettoni della casa editrice Einaudi nel 1953. L’insistenza di Vittorini per pubblicare i nomi autentici dei personaggi che animano il racconto Il silenzio della ragione, scatenerà una polemica lunga e accesa con i suoi amici di un tempo. Anche gli ambienti dell’intelligentia legati all’allora Partito Comunista accolgono la prosa della Ortese come una critica nei loro confronti. Un viaggio a Mosca insieme con le donne del PCI si rivela disastroso, per l’atteggiamento ostile mostrato dalle compagne nei confronti della scrittrice. In compenso il libro si aggiudica il premio Viareggio (insieme a Novelle dal ducato in fiamme, di Gadda) e arriva anche il premio Saint Vincent per il giornalismo.

Nel 1958 pubblica il libro Silenzio a Milano, che rappresenta il bilancio della sua attività di giornalista sulle colonne dell’«Europeo» e dell’«Unità» e, nello stesso anno esce con Mondadori I giorni del cielo, un’antologia delle prime due raccolte di racconti.

In un solo mese, alla fine del 1960, imposta due libri di argomento milanese – Poveri e semplici, che uscirà per Vallecchi nel 1967, aggiudicandosi il Premio Strega, e Il cappello piumato e quindi, trasferitasi a Roma, scrive il romanzo L’iguana, che apparirà a puntate sulle pagine de «Il Mondo» (1963) e poi in libreria con Vallecchi nel 1965. Nel simbolismo allegorico del racconto, la scrittrice ancora una volta espone la propria posizione critica nei confronti della società, soprattutto verso quella parte più sensibile, pronta a perdersi dietro a facili entusiasmi sociali ma incapace di portare a termine alcunché di coerente.

*

Ancora con Vallecchi pubblica due raccolte di racconti – La luna sul muro (1968) e L’alone grigio (1969) – e quindi, in prospettiva di un trasferimento con Rizzoli, si appresta a scrivere quello che a lungo considererà la sua ultima fatica, il monumentale, autobiografico Il porto di Toledo – la stesura del quale impiegherà sei anni – e verrà pubblicato solo nel 1975.

    «A ritardare la sua fama è stata [...] la cecità della critica di fronte alle prime edizioni dei romanzi L’Iguana (1965) e Il porto di Toledo (1975), libri che pretendevano troppo anche da intellettuali all’epoca ammaliati da pesi letterari più leggeri. Gli editori invece la stimarono sin dall’inizio, e la Ortese li tradì metodicamente. Si impegnava con uno, ma intanto contrattava di nascosto con un altro, sempre in ansia di vendere le proprie opere al di sotto del loro vero valore. Sfilano così nella sua bibliografia tutti i nomi importanti: Bompiani, Einaudi, Laterza, Mondadori, Vallecchi, Rizzoli, Adelphi. Con devozione e con ammirevole pazienza gli editori aspettavano le opere promesse, desideravano vedere nuovi dattiloscritti che la Ortese con puntuale infedeltà faceva finire sulla scrivania di un altro.» Franz Haas, La Ortese nel porto di Adelphi in «Belfagor», LVIII, 2 (Firenze 2003)

Monumentale romanzo di formazione di cinquecento e più pagine, Il porto di Toledo è per molti versi assimilabile a La cognizione del dolore di Carlo Emilio Gadda, sia per le atmosfere di sapore ispanico che fin dal titolo pervadono il racconto, sia per il linguaggio elaborato, al limite dello sperimentalismo, sia per la capacità di sviscerare con una leggera ironia il più straziante dolore. Alla base la Ortese gioca con una vecchia fantasia di famiglia, contenente forse una punta di verità, che vuole il suo cognome derivare da “Ortez”.

«Per il suo romanzo peggiore [Poveri e semplici Ndr.] – scrive ancora Franz Haas – riceve nel 1967 il più grande premio letterario d’Italia, e quando esce nel 1975 la sua opera maggiore non viene recensita da nessun giornale del Paese.» (Descrizione del dolore, in «Linea d’Ombra», IX, 6, (Milano 1991).

L’impossibilità di trovare un alloggio decente, ancorché sufficientemente tranquillo per il lavoro di uno scrittore, il continuo assillo dei problemi economici, nonostante il successo raccolto da Il mare non bagna Napoli, la portano a trasferirsi da Milano a Roma e quindi ancora a Rapallo e finiscono con l’influire sul suo precario equilibrio nervoso.

Anche Il cappello piumato, scritto dieci anni prima, trova finalmente la via delle stampe per i tipi di Mondadori, nel 1979. Ma è solo a metà degli anni ‘80 che la vita di Anna Maria conosce una svolta, nell’incontro della scrittrice con l’editore Adelphi, presso il quale, su segnalazione di Pietro Citati, esce prima la ristampa de L’iguana (1986) e quindi la raccolta di racconti In sonno e in veglia (1987).

*

Nel 1991 esce ancora per Marcos y Marcos La lente scura, un libro di scritti di viaggio. Ma il successo arride alla scrittrice tardivamente. Nel 1993 la Ortese ha 79 anni. Quando appare Il cardillo addolorato, «il libro che dopo una lunghissima e dolorosissima stagione di silenzio le aveva dato quegli onori e riconoscimenti che le erano sempre mancati» (Elisabetta Rasy), è acclamato dalla critica e dal pubblico, che ne fa un bestseller.

E’ quindi la volta dell’ultimo romanzo della maturità di Anna Maria, Alonzo e i visionari (1996), e del libro-diario Corpo celeste (1997). Nello stesso anno la giuria del Campiello le assegna il premio alla carriera.

La casa editrice Empiria dell'editore Marisa Di Iorio pubblica intanto le sue raccolte poetiche: Il mio paese è la notte (1996) e La luna che trascorre (1998).

Il 10 marzo 1998 Anna Maria Ortese si spegne all’ospedale di Rapallo, in seguito a un collasso cardiocircolatorio, dopo aver passato gli ultimi mesi di vita nell’impegnativo e febbrile lavoro di riedizione de Il porto di Toledo, che esce di nuovo, postumo, lo stesso anno, per Adelphi.

Anna Maria Ortese è «[...] tra i pochissimi grandi scrittori italiani ad aver saputo praticare, volente o nolente, a livello altissimo, la professione del giornalista, dell'inviato; ha saputo raccontare l'Italia del suo tempo, e non solo l'Italia, come pochi altri nostri scrittori e pochissimi giornalisti» (Goffredo Fofi, Strade maestre. Ritratti di scrittori italiani, Donzelli, 1996)

La sua figura è ancora poco nota e studiata, rispetto alla validità e alla profondità della sua opera; questa spesso viene affiancata a quella della Morante, per la sua capacità di rappresentare situazioni che si avvicinano alla sensibilità neorealista dal punto di vista contenutistico, ma con un’elaborazione stilistica che l’avvicina molto di più al realismo magico dei maestri ispano-americani, con i quali il paragone forse sarebbe più calzante.

Lo stile della scrittrice si caratterizza per il suo sperimentalismo, per la sua costante ricerca estetica, senza tuttavia cedere alla tentazione di una forma ermetica o eccessivamente avanguardista. L’isolamento e la solitudine patiti lungo tutta la sua esistenza, insieme alle umiliazioni e ai lutti, nella vita privata come in quella letteraria, ne fanno un personaggio difficile e per tanti versi scomodo, capace di critiche e posizioni molto dure, in un Paese in cui la vita intellettuale è sempre stata caratterizzata dallo schieramento ideologico: se ciò ha fatto sì che ancora essa sia poco conosciuta dal grande pubblico dei lettori, non ha impedito alla sua opera di ottenere il meritato riconoscimento critico, benché ancora oggi Anna Maria Ortese sembri ottenere un maggior successo all’estero.

 
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Versi per nessuno (Carelli)

Post n°1710 pubblicato il 24 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Se un giorno, all'improvviso,
mentre l'anima è assorta,
udissi alla mia porta
lo squillo del tuo riso...
se, volti non invano
gli occhi alla soglia,
a un tratto
vedessi te nell'atto
di tendermi la mano,...
se al cuor che muto ascolta,
nel battito veloce
potesse la tua voce
sonar come una volta,...
se...

 
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Libri dimenticati:Il bosco delle storie perdute

Post n°1709 pubblicato il 24 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

E' un libro di esordio molto particolare, che va letto ,uno di quei libri di cui non vuoi anticipare nulla per non guastare il piacere di scoprirlo

 
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Frase del giorno

Post n°1708 pubblicato il 24 Gennaio 2012 da odette.teresa1958

Anche le formiche nel loro piccolo si incazzano

 
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