Messaggi del 02/02/2012

Scrittori dimenitcati:Barbey d'Aurevilly

Post n°1789 pubblicato il 02 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Jules-Amédée Barbey d'Aurevilly (2 November 1808 – 23 April 1889) was a French novelist and short story writer. He specialised in mystery tales that explored hidden motivation and hinted at evil without being explicitly concerned with anything supernatural. He had a decisive influence on writers such as Auguste Villiers de l'Isle-Adam, Henry James and Marcel Proust.


Jules-Amédée Barbey — the d'Aurevilly was a later inheritance from a childless uncle — was born at Saint-Sauveur-le-Vicomte (Manche) in Lower Normandy. In 1827 he went to the Collège Stanislas de Paris. After getting his baccalauréat in 1829, he went to Caen University to study law, taking his degree three years later. As a young man, he was a liberal and an atheist, and his early writings present religion as something that meddles in human affairs only to complicate and pervert matters. In the early 1840s, however, he began to frequent the Catholic and legitimist salon of Baroness Amaury de Maistre, niece of Joseph de Maistre. In 1846 he converted to Roman Catholicism.

His greatest successes as a literary writer date from 1852 onwards, when he became an influential literary critic at the Bonapartist paper Le Pays, helping to rehabilitate Balzac and effectually promoting Stendhal, Flaubert, and Baudelaire. Paul Bourget describes Barbey as an idealist, who sought and found in his work a refuge from the uncongenial ordinary world. Jules Lemaître, a less sympathetic critic, thought the extraordinary crimes of his heroes and heroines, his reactionary opinions, his dandyism and snobbery were a caricature of Byronism.
Barbey d'Aurevilly is buried alongside the castle of Saint-Sauveur-le-Vicomte.

Beloved of fin-de-siècle decadents, Barbey d'Aurevilly remains an example of the extremes of late romanticism. Barbey d'Aurevilly held extreme Catholic opinions, yet wrote about risqué subjects, a contradiction apparently more disturbing to the English than to the French themselves. Barbey d'Aurevilly was also known as a dandy artisan of his own persona, adopting an aristocratic style and hinting at a mysterious past, though his parentage was provincial bourgeois nobility, and his youth comparatively uneventful.


Inspired by the character and ambience of Valognes, he set his works in the society of Normand aristocracy. Although he himself did not use the Norman patois, his example encouraged the revival of vernacular literature in his home region.

Jules-Amédée Barbey d'Aurevilly died in Paris and was buried in the cimetière de Montparnasse. During 1926 his remains were transferred to the churchyard in Saint-Sauveur-le-Vicomte.
Works

 
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Scrittori dimenticati:Antonio Beltramelli

Post n°1788 pubblicato il 02 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

rasferitosi a Roma, pur senza mai lasciare del tutto né Forlì né la Romagna, divenne un apprezzato giornalista. Corrispondente del Corriere della Sera dal 1907 al 1910, viaggiò in varie nazioni.

Nel 1912, cominciò a pubblicare a Forlì, con Francesco Nonni, il periodico Il romanzo dei piccoli.

Nel 1913, fu testimone alle nozze di Arnoldo Mondadori con Andreina Monicelli.

Ardente nazionalista, sostenne l'ingresso dell'Italia nella prima guerra mondiale, aderendo poi al Fascismo.

Nel 1921 fondò e poi diresse il mensile (in seguito quindicinale) Giro Giro Tondo, della Mondadori, nel quale pubblicò sotto diverse abbreviazioni e sigle; con lui collaborava l'illustratore Bruno Angoletta. L'idea ebbe inizialmente molto successo, anche all'estero, tanto che Beltramelli pensava di farne una rivista di respiro internazionale, che potesse unire tutti i bambini d'Europa[1]. Purtroppo, il prosieguo dell'esperienza non fu all'altezza delle aspettative, quanto alle vendite. La rivista confluì quindi nel Giornalino della domenica (1925).

Nel 1923, ottenne un grande successo con la sua biografia di Mussolini, intitolata L'uomo nuovo.

Nel 1925 fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali fascisti, redatto da Giovanni Gentile.

Nel 1929 fu nel primo gruppo di nominati nell'Accademia d'Italia.

Si spense nel 1930 a 51 anni.

 
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Scrittrici dimeniticate:Rosamond Lehmann

Post n°1787 pubblicato il 02 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Lehmann, Rosamond (1901-1990), scrittrice britannica. Nel 1927 pubblicò il primo romanzo, Risposte nella polvere, che descrive il conflittuale passaggio della protagonista, soprattutto sul piano della sessualità, dalla fanciullezza alla maturità di donna. Seguì, nel 1930, Una nota in musica, romanzo sull'omosessualità. Del 1932 è Invito al valzer, mentre Tempo d'amore (1936) tratta i temi del naufragio del matrimonio, dell'adulterio e dell'aborto. L'analisi dell'animo femminile nel rapporto con la famiglia e gli uomini, spesso rappresentati negativamente, viene proseguita nel romanzo The Ballad and the Source (1944), scritto con notevole abilità tecnica. Intanto Rosamond Lehmann stessa aveva vissuto l'esperienza di due matrimoni e di una relazione con il poeta C. Day-Lewis. Nel 1953 uscì The Echoing Grove, storia di due sorelle legate allo stesso uomo. Traduttrice, oltre che romanziera, tradusse dal francese Les enfants terribles di Jean Cocteau nel 1955. La morte della figlia per poliomielite, nel 1958, fu per lei un dolore devastante, che la spinse a compiere un viaggio spirituale nel tentativo di scoprire che 'la morte non estingue la vita'; questa ricerca è al centro della sua opera autobiografica, The Swan in the Evening: Fragments of an Inner Life (1967), e del suo ultimo romanzo, The Sea-Grape Tree (1976).

 
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Scrttrici dimenticate:Diodata Roero Saluzzo

Post n°1786 pubblicato il 02 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Figlia di Jeronima Cassotti e Luigi Saluzzo (fondatore con Giuseppe Luigi Lagrange della Società Scientifica Torinese (1758) e generale), all'età di 12 anni inizia a comporre poesie e per esse molti illustri dei suoi tempi come Ugo Foscolo, Giuseppe Parini, Vittorio Alfieri e Vincenzo Monti si congratularono .

Studiò con Carlo Denina, Silvio Balbis, e l'Abate Valperga di Caluso continuò la sua attività letteraria a 20 anni con un poema epico in ventiquattro canti e in ottava rima dal titolo Amazzoni e successivamente il suo poemetto Rovine, per cui ebbe elogi di Alessandro Manzoni e venne posta ad esempio nel suo genere da Luigi Di Breme. Diventata membro dell'Accademia dell'Arcadia (dove venne chiamata Glaucilla Eurotea) e dei Pastori della Dora nel 1799, a venticinque anni sposò il conte Massimiliano Roero di Rovello. Il matrimonio vide presto la sua fine per la precoce morte del marito, dopo tre anni di vita coniugale.

Tornando a scrivere compose Erminia, Tullia e Ipazia ovvero della filosofia e, nel 1823, la tragedia storica Il castello di Binasco. Morì, debilitata anche per le cattive notizie ricevute, il 24 gennaio 1840. Grazie ai suoi fratelli le poesie vennero raccolte e pubblicate postume.

 
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Federico II e le sue donne

Post n°1785 pubblicato il 02 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

 

Federico II ebbe quattro mogli: le prime tre gli furono imposte dalla ragion di Stato ben rappresentata dai papi, mentre amò sinceramente l’ultima con la quale visse un rapporto avvolto dal mistero, sotteso fra storia e leggenda.

In realtà le mogli di Federico furono utili solo per fornire qualche erede legittimo alla Casa di Svevia, in aggiunta ai più numerosi bastardi; ma nessuna di loro riuscì a giocare un ruolo politico apprezzabile, schiacciate dalla personalità del marito ed oltre tutto sempre chiuse nei palazzi dorati della Corte.

Costanza d’Aragona

Federico sposò Costanza d’Aragona quando aveva 15 anni, nel 1209. Al matrimonio fu quasi costretto da Innocenzo III che aveva esercitato su di lui la tutela richiesta dalla madre, Costanza d’Altavilla, in punto di morte. Con questa iniziativa il pontefice intendeva affiancare al giovane e recalcitrante delfino della Casa di Svevia una donna religiosissima, affidabile, molto più anziana di lui, in grado di indirizzarlo sulla via dell’obbedienza verso l’autorità romana: si sbagliava di grosso.

Il camaleuco di Costanza D'Aragona, Palermo tesoro della cattedrale.

Corona o camaleuco di Costanza D'Aragona,

(da F. Daniele, "I Regali Sepolcri del Duomo di Palermo riconosciuti ed illustrati", Napoli 1784, ed. cons. 1859).

Federico accettò l’imposizione obtorto collo e non modificò la sua vita. Dall’unione nacque Enrico VII, un uomo che assunse nei confronti del padre atteggiamenti di vivace competitività quindi di aperta sfida; morì forse suicida mentre era prigioniero nelle carceri imperiali. Costanza morì nel 1222. 

 

Jolanda di Brienne 

 Le nuove nozze di Federico con Jolanda (o Isabella) di Brienne furono paternamente sollecitate da Onorio III in vista della VI Crociata in Terra Santa.

La giovane infatti era figlia del cattolicissimo Giovanni, un valoroso crociato che le avrebbe lasciato in eredità la Corona di Gerusalemme: un titolo di scarso valore patrimoniale ma utile per il successo della nuova spedizione. Anche Federico ambiva fregiarsi del nuovo il titolo, ma per motivi un po’ diversi: egli considerava la corona un elemento determinante per concludere l’impresa con un accordo diplomatico, dimostrando che era possibile affermare la fede pacificamente, senza spargimento di sangue. L’unione fu benedetta il 9 novembre 1225 nel duomo di Brindisi, ed ebbe un avvio decisamente difficile.

Il matrimonio tra la giovane Jolanda di Brienne e Federico II, dalla cronica del Villani.

Jolanda aveva allora 13 anni; era immatura, bruttina, poco all’altezza di figurare accanto ad un trentenne colto, avviato alla gloria. Giusto la prima notte di matrimonio, Federico trovò il modo di consolarsi: e lo fece con la cugina della moglie, Anais, una dama di compagnia ventenne, procace, disinibita, tutto sommato un bocconcino da buongustai. Venuto a conoscenza dell’increscioso fatto, Giovanni di Brienne si rivolse al pontefice che si guardò bene dal disturbare Federico ed evitò lo scandalo limitandosi ad indennizzare il deluso padre con un remunerativo incarico presso la Corte romana.

Jolanda diede al marito due figli — Corrado IV e Margherita — e morì nel 1228, a soli 16 anni, per postumi da parto.

 Isabella d’Inghilterra 

Isabella era la sorella di Enrico III d’Inghilterra. Fu Gregorio IX a caldeggiare le nozze nel 1235 per consentire all’imperatore di avvicinarsi ai ricchi guelfi germanici che nemmeno lui riusciva a controllare ed ai potentati d’oltre manica. In realtà l’obiettivo fu raggiunto solo in parte; prima che Federico potesse complicare da par suo i rapporti familiari con la corona inglese, il quadro delle operazioni diplomatiche e militari si spostò in Italia, né si ridussero le pretese dei nobili tedeschi.

Dolcissimo lo sguardo di Isabella d'Inghilterra dagli occhi cerulei, terza moglie dell'Imperatore svevo. dal dipinto, detto "Il trionfo della morte" esistente nella chiesa rupestre di Santa Margherita, presso Melfi.

Isabella fu madre di Enrico detto Carlotto, morto in giovanissima età; e calerà nella tomba nel 1241, in pieno conflitto del marito con Gregorio IX.

 

Bianca Lancia

 Bianca Lancia, della famiglia dei conti di Loreto, fu l’unica donna che riuscì a conquistare veramente il difficile cuore di Federico. I due si conobbero nel 1225, pochi mesi dopo lo sfortunato matrimonio con Jolanda di Brienne: fu un reciproco colpo di fulmine.

Miniatura medievale che ritrae l'augusta coppia, Codex Palatinus Germanicus 848 (Codex Manesse).

Non potendo convolare a giuste nozze, i due mantennero una relazione clandestina ma tutt’altro che segreta, tanto che da essa nacquero due figli, forse tre: Costanza, Manfredi, alcuni dicono Violante.

Secondo una leggenda che ci è stata tramandata da padre Bonaventura da Lama e ripresa dallo storico Pantaleo, durante la gravidanza di Manfredi Federico tenne rinchiusa l’amante in una torre del castello di Gioia del Colle. Desiderio di riservatezza, capriccio, gelosia? Il Bonaventura propende per quest’ultima, anche se l’aspetto del figlio, somigliantissimo al padre, smentirà ogni più lieve dubbio; ma, come noto, il sospetto di infedeltà ha sempre reso gli uomini ciechi, prepotenti, irrazionali. Resta il fatto che la sensibile principessa non poté resistere all’umiliazione; vinta dal dolore, si tagliò i seni e li inviò all’imperatore su di un vassoio assieme al neonato. Dopo di che, conclude il cronista, "passò ad altra vita". Da quel giorno, ogni notte, nella torre del castello detta ora Torre dell’Imperatrice si ode un flebile, straziante lamento: il lamento di una donna offesa che protesta all’infinito la propria innocenza.

Se questa è leggenda, la storia è un po’ più controversa ma non meno toccante. Secondo alcuni nel 1246 Federico — nel frattempo vedovo della terza moglie Isabella — si trasferì da Foggia al castello di Gioia del Colle dove trovò l’amante assai sofferente. La donna gli chiese allora di legittimare i tre figli nati dal loro amore, unendosi a lei con un regolare matrimonio: cose che avvenne e che consentì a Bianca di essere per pochi giorni un’imperatrice.

Secondo la Chronica di fra’ Salimbene da Parma, il matrimonio avvenne invece in punto di morte dell’imperatore, quindi alla fine del 1250: ma ai nostri occhi la sostanza non cambia.

 
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Costanza d'Altavilla

Post n°1784 pubblicato il 02 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

 

Spesso le madri dei personaggi anche illustri, grandissimi, sono trascurate dalla storiografia: una sorta di odioso antifemminismo scientifico? Non diremmo: certo una dimenticanza grave, che può impedire la comprensione di taluni fatti che traggono origine nell’infanzia e che, specie nel Medio Evo, contavano molto, più di oggi.

È questo il caso di Costanza, la madre di Federico II: una donna molto interessante, della quale riteniamo indispensabile farne un cenno.

Costanza Hauteville — Altavilla, figlia di Ruggero II primo re di Sicilia e di Beatrice di Rethel, nasce forse a Palermo nel 1154, l'anno della morte di suo padre; e trascorre l'adolescenza negli ambienti della multietnica Corte siciliana.

All'età di 12 anni vede una donna, la regina Margherita, succedere a suo fratello Guglielmo I come tutrice del piccolo Guglielmo II. Fino al raggiungimento della maggiore età del secondo Guglielmo (1171) è dunque una donna a reggere il regno normanno, e già in precedenza una Altavilla, Matilde sorella di Ruggero, aveva recitato un ruolo importante nella storia del Sud, essendo, forse inconsciamente, causa non secondaria della dura guerra civile fra il fratello e il marito Rainulfo.

 

Il matrimonio di Costanza d'Altavilla con Enrico di Svevia, miniatura tratta dal codice Chigi.

 

In altra occasione abbiamo visto come sia stato determinante il matrimonio di Costanza con Enrico VI — figlio primogenito di Federico I Barbarossa — per l'acquisizione dell'Italia meridionale da parte della Casa sveva. Se nel 1186 non si fosse celebrato questo matrimonio o se Guglielmo II avesse avuto un erede, l’Impero germanico non avrebbe messo le mani sul Regno. Evidentemente, negli ambienti di corte, questo importante intreccio dinastico fu visto nell'ottica di dare comunque un erede normanno al trono di Sicilia.

 

Della giovane Costanza si sa poco. I documenti superstiti non sono sufficienti a delinearne la figura, che fu certamente quella di una donna "laica", se così si può dire, non avviata alla vita monastica, come vuole una leggenda ripresa da Dante (Paradiso, III). Morto Guglielmo (1189) senza eredi diretti, Costanza si ritrova a governare la Sicilia con il marito Enrico. Deve subito affrontare le rivendicazioni dei baroni che avevano eletto nel regno il nipote naturale Tancredi di Lecce. Qui vediamo Costanza protagonista della lotta, tanto da dover affrontare la prigionia a Salerno.

Costanza, incoronata imperatrice del Sacro Romano Impero a Roma nel 1191, complice l'affermazione di Enrico VI e la nascita di Federico a Jesi nel 1194, può finalmente tornare a Palermo come madre e regina di Sicilia.

Quando muore Enrico VI, nel 1197, è Costanza a governare il regno, e riesce a controllarlo nonostante le forti tensioni fra i tedeschi, posti dal marito nei punti chiave dello stato, ed i funzionari normanni.

Prima di morire, l'anno successivo, Costanza lascia tutore del figlio papa Innocenzo III. Con questa mossa, ella assicura la sopravvivenza del figlio e la sua folgorante carriera nel regno di Sicilia e nell'Impero.

 
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Il Re Travicello (Giusti)

Post n°1783 pubblicato il 02 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Al Re Travicello
piovuto ai ranocchi,
mi levo il cappello
e piego i ginocchi;

lo predico anch'io
cascato da Dio:
oh comodo, oh bello
un Re Travicello!

Calò nel suo regno
con molto fracasso;
le teste di legno
fan sempre del chiasso:

ma subito tacque,
e al sommo dell'acque
rimase un corbello
il Re Travicello.

Da tutto il pantano
veduto quel coso,
«È questo il Sovrano
così rumoroso? »

(s'udì gracidare).
«Per farsi fischiare
fa tanto bordello
un Re Travicello?

Un tronco piallato
avrà la corona?
O Giove ha sbagliato,
oppur ci minchiona:

sia dato lo sfratto
al Re mentecatto,
si mandi in appello
il Re Travicello».

Tacete, tacete;
lasciate il reame,
o bestie che siete,
a un Re di legname.

Non tira a pelare,
vi lascia cantare,
non apre macello
un Re Travicello.

Là là per la reggia
dal vento portato,
tentenna, galleggia,
e mai dello Stato

non pesca nel fondo:
che scienza di mondo!
che Re di cervello
è un Re Travicello!

Se a caso s'adopra
d'intingere il capo,
vedete? di sopra
lo porta daccapo

la sua leggerezza.
Chiamatelo Altezza,
ché torna a capello
a un Re Travicello.

Volete il serpente
che il sonno vi scuota?
Dormite contente
costì nella mota,

o bestie impotenti:
per chi non ha denti,
è fatto a pennello
un Re Travicello!

Un popolo pieno
di tante fortune,
può farne di meno
del senso comune.

Che popolo ammodo,
che Principe sodo,
che santo modello
un Re Travicello!

 
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Libri dimenticati:La sposa normanna

Post n°1782 pubblicato il 02 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

La storia di Costanza d'Altavilla,sposa per forza e madre di FedericoII di Svevia

 
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Frase del giorno

Post n°1781 pubblicato il 02 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Usque tandem? (Cicerone)

 
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