Messaggi del 10/02/2012

Scrittori dimenticati:Morton Thompson

Post n°1858 pubblicato il 10 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Morton Thompson (c. 1907 – July 7, 1953) was an American writer of newspaper journalism, novels and film screenplays. Amongst his works were a collection of journalistic memoirs called Joe, the Wounded Tennis Player, and the novels Not as a Stranger (which was turned into a film directed by Stanley Kramer) and The Cry and the Covenant. He was also the inventor of the Thompson Turkey. He was a friend of the writer Robert Benchley. His second wife, Frances Pindyck, a literary agent with the Leland Hayward Agency, represented Dashiel Hammett and Betty Smith, among others.

 
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Scrittori dimenitcati:Theodor Kroger

Post n°1857 pubblicato il 10 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Theodor Kröger (San Pietroburgo, 5 dicembre 1891Klosters-Serneus, 24 ottobre 1958) è stato uno scrittore tedesco.

Durante la prima guerra mondiale fu accusato in Russia di spionaggio a favore dei tedeschi e per questo fu condannato e internato per quattro anni in Siberia. Il libro Il villaggio sepolto nell'oblio narra delle vicissitudini della sua prigionia e venne tradotto in tutte le lingue del mondo designando il suo indiscusso capolavoro. Successivamente visse in Germania e in Svizzera dal 1945 ove morì nella cittadina di Coira nell'anno 1958. Le sue opere, oltre al già nominato romanzo autobiografico, rimangono: Alexa o la patria sul Don, Deserto dell'anima, Madonnina.

 
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Scrittrici dimenticate:Louise de Vilmorin

Post n°1856 pubblicato il 10 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Louise Lévêque de Vilmorin (4 April 1902 – 26 December 1969) was a French novelist, poet and journalist.

Born in the family château at Verrières-le-Buisson, Essonne, a suburb southwest of Paris, she was heir to a great French seed company fortune, that of Vilmorin. She was afflicted with a slight limp that became a personal trademark. Vilmorin was best known as a writer of delicate but mordant tales, often set in aristocratic or artistic milieu. Her most famous novel was Madame de..., published in 1951, which was adapted into the celebrated film The Earrings of Madame de... (1953), directed by Max Ophüls and starring Charles Boyer, Danielle Darrieux and Vittorio de Sica. Vilmorin's other works included Juliette, La lettre dans un taxi, Les belles amours, Saintes-Unefois, and Intimités. Her letters to Jean Cocteau were published after the death of both correspondents.

As a young woman, in 1923, she had been engaged to novelist and aviator Antoine de Saint-Exupéry. Vilmorin's first husband was an American real-estate heir, Henry Leigh Hunt (1886–1972). They married in 1925, moved to Las Vegas, Nevada, where Hunt's family owned extensive properties, and divorced in the 1930s. They had three daughters: Jessie, Alexandra, and Helena.

Her second husband was Count Paul Pálffy ab Erdöd (1890–1968), a much-married Austrian-born Hungarian playboy, who had been second husband to the Hungarian countess better known as Etti Plesch, owner of two Epsom Derby winners. Palffy married Louise as his fifth wife in 1938, but the couple soon divorced.

Vilmorin was the mistress of another of Etti Plesch's husbands, Count [Maria Thomas] Paul Esterházy de Galántha (1901–1964), who left his wife in 1942 for Vilmorin. They never married. For a number of years, she was the mistress of Duff Cooper, British ambassador to France. Louise spent the last years of her life as the companion of the French Cultural Affairs Minister and author André Malraux, calling herself "Marilyn Malraux".

Francis Poulenc literally sang her praises, considering her an equal to Paul Éluard and Max Jacob, found in her writing "a sort of sensitive impertinence, libertinage, and an appetite which, carried on into song [is] what I tried to express in my extreme youth with Marie Laurencin in Les Biches." (Ivry 1996)

 
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Scrittrici dimenitcate:Irène Nèmirovski

Post n°1855 pubblicato il 10 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

rène Némirovsky (Kiev, 11 febbraio 1903Auschwitz, 17 agosto 1942) è stata una scrittrice francese.

Nata in Ucraina, di religione ebraica convertitasi poi al cattolicesimo nel 1939, ha vissuto e lavorato in Francia. Arrestata dai nazisti, in quanto ebrea, Irène Némirovsky fu deportata nel luglio del 1942 ad Auschwitz, dove morì un mese più tardi di tifo. Anche il marito, Michel Epstein, che aveva cercato di farla liberare, verrà gasato nel novembre dello stesso anno al suo arrivo ad Auschwitz. Dal 2005 la casa editrice Adelphi ha iniziato a pubblicare le sue opere.

Indice [mostra
Biografia [modifica]

Irène Némirovsky, figlia di un ricco banchiere ebreo ucraino, Leonid Borisovitch Némirovsky, venne allevata dalla sua governante francese, che fece del francese quasi la sua lingua madre, non essendosi mai interessata a lei sua madre. Parlerà sia il russo che l'inglese. Nel 1913, la sua famiglia ottenne il permesso di trasferirsi a San Pietroburgo, che diventerà poi Pietrogrado. Nel gennaio del 1918 scapparono evitando la Rivoluzione Russa e trascorsero un anno in Finlandia. Nel luglio del 1919 si trasferirono in Francia dopo un breve soggiorno a Stoccolma. A Parigi, Irène Némirovsky risiede in un quartiere chic, nel XVI arrondissement. Una governante inglese si occupò della sua educazione. Superò l'esame di maturità nel 1919. Cominciò a scrivere in francese sin da quando aveva 18 anni e, nell'agosto del 1921, pubblicò il suo primo testo sul bisettimanale Fantasio. Nel 1923, la Némirovsky scrisse la sua prima novella l'Enfant génial (ripubblicata con il nome di Un enfant prodige nel 1992), che sarà pubblicata nel 1927. Riprese quindi i suoi studi ottenendo nel 1924 la laurea in lettere alla Sorbonne. Nel 1926 pubblicò il suo primo romanzo Le Malentendu.

Nel 1926, nel municipio del XVI arrondissement prima e poi alla sinagoga di Rue de Montevideo, Irène Némirovsky sposò Michel Epstein, un ingegnere russo emigrato, divenuto poi banchiere, da cui avrà due figlie: Denise nel 1929 ed Élisabeth nel 1937. Il contratto matrimoniale stipulato le permetterà di ottenere i diritti d'autore fin dalla pubblicazione delle sue opere. La famiglia Epstein si trasferì a Parigi, dove Irène scrisse dei dialoghi per Fantasio e pubblicò il suo primo romanzo Le malentendu.

Irène Némirovsky divenne celebre nel 1929 con il suo romanzo David Golder. Il suo editore Bernard Grasset, la proiettò subito nei salotti e negli ambienti letterari francesi. Lì incontrò Paul Morand, che pubblicherà presso Gallimard quattro delle sue novelle con il titolo Films parlés. David Golder fu adattato nel 1930 per il teatro ed il cinema (David Golder è interpretato da Harry Baur).

Ne Le Bal 1930 narra il passaggio difficile di un'adolescente all'età adulta. L'adattamento al cinema di Julien Duvivier rivelerà Danielle Darrieux. Di successo in successo, Irène Némirovsky diventa una ninfa della letteratura, amica di Tristan Bernard e di Henri de Régnier.

Nel 1933, abbandonò la casa editrice Grasset per Albin Michel e cominciò a pubblicare alcune novelle sul Gringoire.

Scrittrice francofona riconosciuta, membro totalmente integrato della società francese, ciò nonostante il governo francese le rifiuterà la nazionalità richiesta per la prima volta nel 1935.

Si convertì al cattolicesimo il 2 febbraio 1939 nella cappella dell'Abbazia di Sainte-Marie a Paris, scrisse per il settimanale di destra Candide, con il quale interromperà la collaborazione quando venne pubblicato il primo Statuto degli ebrei, nell'ottobre del 1940, mentre Gringoire, divenuto apertamente antisemita, continuerà a pubblicarla, ma sotto pseudonimo.

Vittime delle leggi antisemite varate nell'ottobre del 1940 dal governo Vichy, Michel Epstein non poté più continuare a lavorare in banca e a Irène Némirovsky fu proibito pubblicare. Dopo la primavera i coniugi Epstein si trasferirono a Issy-l'Évêque, nel Morvan, dove avevano messo al riparo nel settembre del 1939, le loro figlie. Némirovsky scrisse ancora diversi manoscritti. Fu considerata un'ebrea per la legge e dovette applicare la stella gialla sui suoi abiti. Le sue opere non furono più pubblicate. Solo Carbuccia, sfidando la censura, pubblicò le sue novelle fino al 1942. Il 13 luglio 1942, Irène fu arrestata dalla guardia nazionale francese. Michel Epstein mandò un telegramma il 13 luglio del 1942 a Robert Esménard e André Sabatier presso Albin Michel per chiedere aiuto:

« Irène partita oggi all'improvviso. Destinazione Pithiviers (Loiret). Spero che voi possiate intervenire urgenza stop Cerco invano telefonare »
(Jonathan Weiss, Irène Némirovsky biographie, p.191)

Fu subito trasferita a Toulon-sur-Arroux, dove rimase imprigionata due notti. Il 15 luglio, fu trasportata al campo d'internamento di Pithiviers. Némirovsky fu autorizzata a scrivere e spedì una cartolina a suo marito, in cui non si lamenta delle condizioni difficili. Fu deportata il giorno dopo a Auschwitz, dove venne trasferita nel Rivier (l'infermeria di Aushwitz in cui venivano confinati i prigionieri troppo ammalati per lavorare) per essere poi uccisa il 17 agosto 1942. Suo marito (così come André Sabatier e Robert Esménard) intraprese numerosi procedimenti per farla liberare, ma fu arrestato lui stesso nell'ottobre del 1942, deportato a Auschwitz assieme alla sorella e gasato al suo arrivo, il 6 novembre 1942.

Le sue due figlie salvarono alcuni documenti, e finirono sotto la tutela di Albin Michel e Robert Esmenard (che dirigevano la casa editrice) fino alla loro maggiore età.

Riscoperta di una scrittrice [modifica]

Dopo l'arresto dei loro genitori durante la guerra, Élisabeth e Denise Epstein si nascosero grazie all'aiuto di alcuni amici di famiglia, portando con loro i manoscritti inediti della loro madre, fra i quali Suite francese. Si tratta dei due primi tomi di un romanzo incompiuto, che doveva contarne cinque, avendo come cornice l'esodo del giugno 1940 e l'occupazione tedesca della Francia. Viene pubblicato in Francia nel 2004 dall'Edizioni Denoël. Questo romanzo ricevette il Prix Renaudot a titolo postumo, facendo eccezione al regolamento del premio che prevede la premiazione di soli scrittori viventi.

Le due figlie hanno conservato la memoria della loro madre, con diverse riedizioni. Nel 1992, sua figlia Élisabeth Gille, che ha diretto per le Edizioni Denoël la collezione Présence du futur, pubblica una biografia, Le Mirador.

Opere letterarie apparse in Italia [modifica]Opere non ancora apparse in Italia [modifica]

Presso le edizioni Le Livre de Poche nella collana "La Pochothèque" nel 2011 è uscita in due volumi la raccolta completa delle opere:

  • Oeuvres complètes, tome I, 1918 pp.
 
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Marcantonio Bragadin

Post n°1854 pubblicato il 10 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Figlio di Marco e di Adriana Bembo, dopo una breve esperienza come avvocato nel 1543, Bragadin si diede alla carriera marinara e ricoprì diverse cariche militari sulle galee veneziane.

Tornato a Venezia ebbe vari incarichi presso le magistrature cittadine finché, nel 1560 e nel 1566, fu designato come governatore di galea, senza che si presentasse l'occasione per assumere il comando delle navi.

Nel 1569 fu eletto capitano del Regno di Cipro e raggiunse Famagosta, per assumere il governo civile dell'isola, in vista del probabile scontro con la flotta ottomana.

L'assedio di Famagosta [modifica]

Nelle città più importanti l'introduzione dei cannoni rese necessaria la costruzione di mura secondo criteri scientifici affinché le stesse potessero resistere ai bombardamenti. Così anche a Famagosta Bragadin fece realizzare una serie di opere fortificate per munire di una solida difesa le mura del porto, fra cui il bastione Martinengo, eccellente esempio di fortificazione alla moderna, capace di fornire protezione alle mura da ambo i lati.

Il 1º luglio 1570 un primo contingente turco sbarcò nei pressi di Limassol ma venne respinto, ebbe invece successo il tentativo di gettare una testa di ponte nei pressi di Nicosia che permise lo sbarco, il 18 luglio, da circa 400 imbarcazioni, del grosso delle truppe.

L'esercito musulmano, al comando di Lala Kara Mustafa Pascià, arrivò così a contare tra le 70.000 e le 100.000 unità e 200 pezzi d'artiglieria.

Nicosia cadde in due soli mesi e la guarnigione fu massacrata. La testa del luogotenente del regno, Niccolò Dandolo, fu fatta recapitare a Bragadin, che si apprestò alla difesa della città.

La Battaglia di Famagosta, un lungo assedio alla città, ebbe inizio nel settembre dello stesso anno e continuò per mesi, durante i quali le mura vennero bersagliate senza tregua dal tiro delle batterie nemiche.

A comandare la difesa di Famagosta si trovavano il provveditore Marcantonio Bragadin, coadiuvato da Lorenzo Tiepolo, capitano di Pafo, e il generale Astorre Baglioni. Ai circa 6000 uomini della guarnigione veneta, si opponevano 200.000 armati, muniti di 1500 cannoni, appoggiati da circa 150 navi, che bloccavano l'afflusso di rifornimenti e rinforzi.

La resistenza degli assediati di Famagosta, andò al di là di ogni ottimistica previsione, data la disparità delle forze in campo, la scarsità degli aiuti dalla madre patria e la preparazione dell'esercito assediante, che proprio durante questo assedio sperimentò nuove tecniche di guerra.

L'intera cinta delle mura e la pianura esterna fu colmata di terra sino alla cima delle fortificazioni; un'innumerevole serie di gallerie si dipanava verso le mura ed al di sotto di esse verso la città, al fine di porre cariche esplosive per aprirsi una breccia.

Nel luglio del 1571 l'esercito ottomano riuscì ad aprire una breccia nelle mura della città e si incuneò nella cinta fortificata ma fu respinto a caro prezzo. Finiti i viveri e le munizioni, il 31 luglio Bragadin fu costretto a decretare la resa della città.

Gli storici discutono sul motivo del disimpegno della Serenissima rispetto alle promesse di inviare aiuti al Bragadin, da la Suda, sull'isola di Creta. Probabilmente vi fu, tra i Veneziani, chi deliberatamente preferì risparmiare risorse militari per poterne avere il comando nell'imminente scontro che già si andava prospettando.

Il martirio del governatore [modifica]

Nonostante il trattato di resa stabilisse che i militari superstiti potessero ritirarsi a Candia con i civili, il comandante turco Lala Kara Mustafa Pascià non osservò le condizioni pattuite. Bragadin venne imprigionato a tradimento e mutilato al viso (gli vennero mozzate ambedue le orecchie e il naso), quindi rinchiuso per dodici giorni in una minuscola gabbia lasciata al sole, con pochissima acqua e cibo. Al quarto giorno i Turchi gli proposero la libertà se si fosse convertito all'Islam, ma Bragadin rifiutò. Il 17 agosto del 1571, tratto già quasi esanime dalla prigionia e con gravi ustioni sul corpo, fu appeso all'albero della propria nave e massacrato con oltre cento frustate, quindi costretto a portare in spalla per le strade di Famagosta una grande cesta piena di pietre e sabbia, finché non ebbe un collasso. Fu quindi riportato sulla piazza principale della città incatenato a un'antica colonna e qui scuoiato vivo a partire dalla testa, anche se morì prima della fine della tortura. Le sue membra squartate vennero distribuite tra i vari reparti dell'esercito e la pelle, riempita di paglia e ricucita, venne rivestita delle insegne militari e portata a cavallo di un bue in corteo per Famagosta. Il macabro trofeo, insieme alle teste del generale Alvise Martinengo, del generale Astorre Baglioni, di Gianantonio Querini e del castellano Andrea Bragadin, venne issato sul pennone di una galea e portato a Costantinopoli. La pelle di Bragadin fu trafugata nel 1580 dall'arsenale di Costantinopoli da Girolamo Polidori, giovane marinaio veneziano; fu portata a Venezia e conservata nella chiesa di San Gregorio, poi in quella dei Santi Giovanni e Paolo, dove si trova ancora oggi. La fama del Bragadin si deve all'incredibile resistenza che seppe opporre all'esercito che lo assediò, dato il rapporto delle forze in campo, nonché all'orribile scempio cui fu sottoposto dopo la resa della sua città. Dal punto di vista militare, la tenacia ed il protrarsi della resistenza degli assediati capitanati dal Bragadin richiese un ulteriore impiego di forze da parte turca e tenne impegnati gli assedianti per un lungo periodo, tanto che la Lega Santa ebbe il tempo di organizzare la flotta che poi sconfisse quella ottomana nella battaglia di Lepanto.

 
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Famagosta 1571

Post n°1853 pubblicato il 10 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Famagosta e' difesa da settemila uomini e da 500 bocche da fuoco. Le fortificazioni, opera del celebre architetto Sammicheli, sono frutto delle piu' avanzate concezioni belliche: la cinta rettangolare delle mura, lunga quasi quattro chilometri e rafforzata ai vertici da possenti baluardi, e' intervallata da dieci torrioni e coronata da terrapieni larghi fino a trenta metri. Alle spalle le mura sono sovrastate da una decina di forti, detti "cavalieri", che dominano il mare e tutta la campagna circostante, mentre all'esterno sono circondate da un profondo fossato. La principale direttrice d'attacco e' difesa dall'imponente massiccio del forte Andruzzi, davanti al quale si protende, piu' basso il forte del Rivellino.
Per spaventare i difensori Mustafa' Pascia' invia a Famagosta, racchiusa in una cesta, la testa del governatore di Nicosia, Niccolo' Dandolo. Ma il Capitano Generale di Famagosta, Marcantonio Bragadin, di antico e nobile casato veneziano, non s'impressiona, respinge ogni intimidazione di resa e da' tutte le disposizioni necessarie per quella lunga ed eroica resistenza "che restera' sempre monumento di gloria negli annali militari". Bragadin ed i suoi uomini sono convinti che Venezia non li lascera' in balia del turco e che, prima o dopo, arriveranno i sospirati e promessi soccorsi.

Il 22 settembre 1570 il blocco di Famagosta e' completo, dopo che anche Creta e' caduta in mano agli ottomani. Un esercito di 200 mila uomini l'assedia per via terra, una flotta di 150 navi per via mare. I turchi hanno completato l'accerchiamento della citta' fino ad un tiro di cannone. Sulle alture circostanti millecinquecento cannoni ed alcuni obici giganteschi tengono sotto il loro micidiale tiro sia la fortezza che i quartieri cittadini; invano i veneziani cercano di salvare i piu' importanti monumenti e le chiese, ricorrendo a "travate di sostegno e cumuli di sacchetti di sabbia": tutto crolla o brucia irrimediabilmente e la popolazione, terrorizzata, si rifugia nella fortezza aggravando la gia' precaria situazione dei combattenti. Tra gravi privazioni e sofferenze - scarseggiano viveri e munizioni - passa cosi' l'inverno 1570.

Nella primavera del 1571 Mustafa' Pascia', che fino ad allora si e' illuso di far cadere Famagosta per fame, decide di passare all'offensiva. Cosi' all'alba del 19 maggio i millecinquecento cannoni turchi scatenano un bombardamento di potenza inaudita che si prolunga senza soste, notte e giorno, per millesettecentoventotto ore, sino alla fine della battaglia, con una tattica di demolizione sistematica delle postazioni difensive e di debilitazione psicofisica degli avversari che trovera' riscontro solo durante l'ultima guerra mondiale con il martellamento italo-tedesco di Malta e con quello americano su Pantelleria. Ma poiche' non bastano a piegare Famagosta le 170 mila cannonate sparate durante la battaglia, Mustafa' Pascia' passa alla "guerra delle mine", con un impiego di esplosivo talmente grande per quantita' e potenza da risultare senza precedenti.

I turchi scavano nottetempo lunghissimi cunicoli sotto il fossato e raggiungono cosi' le fondamenta dei forti, minandole con forti cariche di esplosivo. Vasti tratti di postazioni saltano improvvisamente per aria sotto i piedi dei veneziani, mentre i turchi attaccano selvaggiamente a piu' ondate. L'otto luglio cadono su Famagosta 5 mila cannonate: e' il preludio ad un ennesimo attacco generale che l'indomani si scatena, piu' massiccio che mai, contro il forte del Rivellino. Per arrestare i turchi, Bragadin non esita a dar fuoco alle polveri ammassate nei sotterranei della piazzaforte, sacrificando trecento soldati veneziani ed il loro comandante, Roberto Malvezzi. Con loro sotto le macerie del forte rimangono sepolti migliaia di ottomani.

A difendere Famagosta sono rimasti ormai solo duemila uomini, in gran parte feriti, debilitati dalla fame e dalle fatiche. Da tempo, esaurite le vettovaglie, militari e civili ricevono come razione giornaliera un po' di pane malfermo ed acqua torbida con qualche goccia di aceto. La situazione e' disperata, anche se finalmente la Santa Lega contro il turco e' stata sottoscritta, il 20 maggio, da tutti gli Stati interessati. Ma la flotta spagnola arrivera' a Messina, dove gia' si sono date appuntamento le altre navi alleate, solo alla fine di agosto, quando ormai Famagosta e' costretta a capitolare.

Il 29 luglio i difensori respingono un'altra terribile offensiva del nemico: decine di migliaia di turchi si alternano all'attacco che continua ininterrotto per oltre 48 ore, fino alla sera del 31. Per la prima volta, dopo 72 giorni, i cannoni ottomani finalmente tacciono; centinaia e centinaia di turchi giacciono sul campo di battaglia e sotto le mura della fortezza. Tra gli altri, lo stesso figlio primogenito di Mustafa' Pascia'. Questi, ignorando le misere condizioni degli assediati e preoccupato per le gravi perdite subite, offre ai veneziani patti insolitamente generosi ed onorevoli: se si arrendono, tutti avranno salvi vita ed averi, la popolazione sara' rispettata, chi lo chiedera' sara' trasportato in paese neutrale, onori militari per i vinti.

Marcantonio Bragadin non vuole nemmeno ricevere il messaggero turco e, presagendo quanto sarebbe accaduto in caso di resa, respinge sdegnosamente l'offerta. Ma la maggior parte degli ufficiali, dei soldati, la stessa popolazione invocano la fine di una battaglia troppo impari. Famagosta, abbandonata dalla madrepatria, non ha piu' alcuna speranza di salvezza: bisogna almeno salvare la vita ai superstiti e salvaguardare la popolazione civile. I rappresentanti dei cittadini, il Vescovo, i magistrati, appositamente convocati, optano tutti per la resa. Tanto piu' che al primo agosto rimangono solo munizioni per una giornata di fuoco, mentre i difensori ancora validi sono ridotti a settecento (in media uno ogni 50-60 metri del perimetro difensivo).

Cosi' il 4 agosto, dopo dieci mesi di assedio, i turchi possono entrare a Famagosta. Come Bragadin, che non volle firmare l'atto di resa, aveva previsto, i turchi non rispettano i patti. Mustafa' Pascia', esasperato per la morte del figlio e dalla mancata espugnazione di Famagosta, soprattutto dopo aver accertato l'esiguita' numerica dei veneziani, fa massacrare a tradimento tutti gli ufficiali e deportare come schiavi i soldati. Il colonnello Martinengo, l'unico che aveva avuto il coraggio di accorrere il 24 gennaio 1571 in soccorso di Famagosta a capo di un piccolo manipolo di soldati, e' impiccato per tre volte. Marcantonio Bragadin e' scuoiato vivo dopo tredici giorni di atroci torture: "... e lentamente staccarono dal suo corpo vivo la pelle, spogliandola in un sol pezzo, a cominciare dalla nuca e dalla schiena, e poi il volto, le braccia, il torace e tutto il resto ...". La pelle riempita di paglia e' esposta a guisa di trofeo sull'antenna piu' alta della nave di Mustafa' Pascia'.

I turchi lasciarono sotto le mura di Famagosta ben 80 mila uomini, quanti all'inizio avevano destinato alla conquista dell'intera Cipro; i veneziani circa seimila.

 
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Caterina Cornaro

Post n°1852 pubblicato il 10 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Caterina Corner, italianizzato in Cornaro (Venezia, 25 novembre 1454 – Asolo, 10 luglio 1510), fu regina di Cipro e Armenia dal 1474 al 1489.

Figlia del veneziano Marco Cornaro e di Fiorenza Crispo, apparteneva a una delle famiglie più ricche ed influenti della Serenissima, i Corner.
Indice

Caterina regina di Cipro

Venne educata in monastero a Padova fino all'età di 14 anni, quando fu prescelta tra le donne più in vista della Serenissima come sposa del re di Cipro e di Armenia Giacomo II di Lusignano, che sposò per procura il 30 luglio 1468. Le fu attribuito dal Senato veneto l'appellativo di "Figlia adottiva della Repubblica" onore mai tributato a nessuna donna prima di lei.

Solo nel 1472 la diciottenne Caterina venne condotta a Famagosta, sull'isola di Cipro, dove furono celebrate nozze sontuose. Un anno dopo il re morì lasciando la vedova incinta.

Una sommossa, scoppiata proprio a Famagosta, tentò di sostituire la Regina con l'erede legittima Carlotta, figlia di Giovanni II di Lusignano. Venezia intervenne indirizzando Caterina ad un consiglio di reggenza formato da suoi parenti veneziani. Cipro cadde quindi sotto l'influenza della Serenissima.

Decisi nel volersi liberare dal dominio veneziano, nella notte del 13 novembre 1473, un gruppo di nobili catalani, con l'approvazione del vescovo di Nicosia, irruppe nel palazzo Reale facendo strage tra i parenti della donna e rapendo il piccolo davanti ai suoi occhi. Venezia rispose inviando dieci galee agli ordini del Provveditore Vettor Soranzo. Le truppe da sbarco catturarono i nobili dissidenti al soldo del re di Napoli e del Duca di Savoia. Caterina continuò a regnare sotto la costante protezione della Repubblica di Venezia anche dopo la morte di suo figlio Giacomo III, avvenuta per febbri malariche nel 1474.
L'abdicazione e il ritorno a Venezia

Nell'ottobre 1488 fu scoperta un'altra congiura, ordita ancora dai nobili catalani. Venezia represse di nuovo la ribellione e decise di richiamare Caterina costringendola ad abdicare a favore della Repubblica. A seguito del suo rifiuto, fu minacciata che nel caso di disobbedienza sarebbe stata spogliata di tutti i privilegi e sarebbe stata trattata come ribelle. Il 26 febbraio 1489 avvenne l'atto ufficiale dell'abdicazione di Caterina in favore della Repubblica Veneta. Il 18 marzo, vestita di nero, la regina lasciò per sempre l'isola.

Venezia accolse la sua figlia in maniera trionfale. Arrivata da Cipro a San Nicolò al Lido, entrò il giorno seguente, il 6 giugno 1489, seduta sul Bucintoro accanto al doge Agostino Barbarigo, dopo la consegna formale della corona alla Serenissima in S.Marco, fu nominata domina Aceli (signora di Asolo), conservando tuttavia anche negli atti ufficiali il titolo e il rango di regina. Sul territorio di Asolo, Caterina aveva gli stessi poteri del doge. Unici limiti: non poteva far subire ai sudditi nessun onere o angheria e non poteva ospitare chi non fosse gradito al doge.
Signora di Asolo

Caterina richiamò alla sua corte artisti e letterati, tra cui Giorgione, Lorenzo Lotto, Pietro Bembo, che qui ambientò Gli Asolani. Nel 1509, all'avanzare delle truppe imperiali di Massimiliano I d'Asburgo, si rifugiò a Venezia. Ritornata nel suo castello e tra gli asolani che tanto l'amavano, fuggì di nuovo quando le truppe tedesche si affacciarono alle porte di Altivole.

Caterina Cornaro morì a Venezia il 10 luglio 1510 e venne tumulata nella Chiesa dei Santi Apostoli. Tale fu la folla che volle partecipare al rito funebre che i Provveditori fecero costruire un ponte di barche da Rialto a Santa Sofia per permettere un migliore deflusso.

La salma rimase solo pochi anni nella chiesa dei Santi Apostoli perché, a causa della costruzione della nuova chiesa, nel 1575 venne trasferita nella Chiesa di San Salvador, dove tuttora riposa.

 
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Kinzica de' Sismondi

Post n°1851 pubblicato il 10 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Kinzica de' Sismondi, giovane figlia di una nobile famiglia (alcuni dicono una principessa), appartiene alla storia della città di Pisa perché, secondo la leggenda, salvò la città dall'invasione dei saraceni di Mujāhid al-Āmirī, italianizzato in Musetto.

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La tradizione [modifica]

Si racconta che la giovane Kinzica, che quella notte non riusciva a dormire, fosse stata la prima ad accorgersi che i pirati stavano sbarcando furtivamente nel quartiere meridionale della città, che all'epoca era particolarmente sguarnita di uomini abili alla difesa. Subito prima che il borgo fosse messo a fuoco dai saraceni Kinzica riuscì a raggiungere i consoli della città, che, suonando con forza le campane della torre del Palazzo degli Anziani, riuscirono ad avvisare la popolazione.

A questo punto la leggenda diverge leggermente. Una versione vuole che, mentre la città si metteva in armi, i pirati, scoraggiati dal fallimento del loro attacco a sorpresa, si ritirassero velocemente al suono delle campane, che si amplificava nel silenzio della notte.

L'altra versione vuole che i cittadini pisani avessero combattuto aspramente gli invasori saraceni, con Kinzica stessa che nel cuore della battaglia li incitava a resistere. I pisani ottennero una schiacciante vittoria e tutti i saraceni furono uccisi. Il pirata Mujāhid (Musetto) non doveva evidentemente essere tra questi, perché le fonti storiche dicono che morì in altre circostanze.

Studi storici [modifica]

Secondo la leggenda, questo episodio si verificò nel 1004 o nel 1005, quando il grosso della flotta e dell'esercito della Repubblica di Pisa erano impegnati nella conquista di Reggio Calabria, sempre a danno dei saraceni.

Gli storici, tuttavia, osservano che l'aggressione saracena contro Pisa del 1004 (alcune fonti parlano del 1015) fu un completo successo per i pirati: i vecchi e i bambini rimasti in città furono trucidati; solo le donne vennero lasciate in vita e, comunque, molte di esse furono rapite e vendute come schiave. Sembra quindi poco probabile che questa aggressione corrisponda alla vicenda di Kinzica.

Se mai la vicenda di Kinzica fu reale, si ritiene che l'attacco di Mujāhid al-Āmirī a cui fa riferimento sia avvenuto diversi anni più tardi: più probabilmente nel 1016 se non addirittura nel 1024, e che l'assenza della flotta pisana si possa spiegare con le operazioni navali contro i saraceni (e proprio contro Musetto in particolare) che avvenivano in quel periodo per il controllo della Sardegna.

Toponomastica e etimologia [modifica]

Indipendentemente dalla leggenda, è accertato che, già all'epoca delle repubbliche marinare, uno dei tre quartieri in cui era suddivisa la città di Pisa si chiamasse proprio Kinzica. L'antico quartiere Kinzica, la zona mercantile sulla riva sinistra dell'Arno, che sarebbe stata attaccata dai pirati, corrisponde approssimativamente all'attuale quartiere di San Martino.

Kinzica è un nome di origine araba: storicamente è noto che il quartiere dei mercanti di Pisa fosse uno di quei rari luoghi di incontro per individui provenienti da diversi paesi, soprattutto dell'Oriente (arabi, parti, caldei). Sembra quindi ragionevole che Kinzica fosse figlia di una famiglia di mercanti di origini non italiane e che abitasse proprio nel quartiere attaccato dai pirati. Per questa ragione sarebbe stata tra le prime persone ad accorgersi dell'attacco notturno.

Onori tributati oggi a Kinzica [modifica]

Un'antica statua a lei dedicata è inserita nella facciata di Casa Tizzoni, una casa-torre situata nella centrale via San Martino. È in realtà un frammento di bassorilievo proveniente da un sarcofago romano del III secolo d.C., raffigurante una matrona romana o una musa. Il volto sarebbe stato rielaborato nel secolo XII e il rilievo gode perciò di una grande popolarità. Le è stata dedicata anche una strada, nel centro storico della città.

Kinzica è il personaggio più importante della sfilata storica e della Regata delle antiche repubbliche marinare, come per Venezia è Caterina Cornaro. Nella sfilata, l'eroina pisana viene presentata a cavallo, nel centro del corteo, circondata da sei damigelle e da un palafreniere, e scortata da otto tamburini e quattro alfieri. Curiosamente pare che anche un antico pasticcino pisano, riscoperto di recente, venisse chiamato "Kinzica".

Nel 2005 è stata posta una sua statua in bronzo, creata dal maestro Angelo Ciucci, in piazza Guerrazzi, proprio alle porte del quartiere di San Martino. [1]

 
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I cinque sensi (Garrett)

Post n°1850 pubblicato il 10 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Sono bellissime le stelle, lo so.
Mille colori divini hanno quei fiori,
ma io per essi non ho occhi, né amore.
Altra bellezza non vedo
nella natura,
che te, mio bene, solo te!
Divina è la voce che suona triste
tra i rami che rivestono l'albero,
ma io nemmeno dell'usignolo
che trilla sento la melodia,
né odo altra armonia
che te, mio bene, solo te!
L'aria che bacia i bei fiori respira
celeste incenso di profumi agresti.
Io non sento, l'anima mia non coglie,
non avverte né aspira
altro profumo fragrante
che te, mio bene, solo te!
Belli sono quei frutti saporiti,
prelibato il nettare del grappolo.
Ho fame e sete... assetato
affamato sono tanto...
ma di baci
tuoi, mio bene, di te!
Tenera al tocco è una zolla fiorita
morbida al petto mio che si distende,
ma chi, vicino a te, ricerca ansioso
un'altra carezza
o un altro piacere prova
che non sia tu, mio bene, solo tu?
A te tutti i miei sensi
accorrono fusi in uno solo.
Sento, odo, respiro,
in te, per te deliro.
Con te sta la mia morte,
a te la mia vita ho dato,
se giungerà la morte,
sarà un morire per te!

 
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James Bulger

Post n°1849 pubblicato il 10 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

L'omicidio di James Bulger (nato a Liverpool il 16 marzo 1990) fu un celebre caso che sconvolse l'Inghilterra nel 1993: il rapimento e l'uccisione di un bimbo di due anni di Kirkby, James Bulger, da parte di due ragazzini di soli 10 anni, Jon Venables e Robert Thompson (entrambi nati nell'agosto del 1982).

James scomparve dal centro commerciale New Strand a Bootle, dove si trovava con sua madre Denise, il 12 febbraio 1993 ed il suo corpo mutilato fu trovato sui binari di una linea ferroviaria a Walton il 14 febbraio. Robert Thompson e Jon Venables furono arrestati il 22 febbraio e posti in custodia.

Il 24 novembre 1993, i due ragazzini, allora undicenni, furono giudicati colpevoli dalla corte suprema di Preston.
Indice


* 1 Il rapimento
* 2 L'omicidio
* 3 L'interrogatorio
* 4 Il processo
* 5 Appello e rilascio
* 6 Controversie successive
* 7 Arte e cultura popolare
* 8 Curiosità
* 9 Note

Il rapimento

Pochi giorni dopo, l'insieme delle testimonianze e l'interrogatorio dei due bambini permise di ricostruire nei dettagli la vicenda.

Le immagini registrate dalla telecamera di sorveglianza del New Strand Shopping Centre a Bootle mostrarono i due rapitori, Jon Venables e Robert Thompson, osservare i bambini che passavano vicino all'entrata del negozio, selezionando un obiettivo. Quel giorno i due ragazzi avevano marinato la scuola, e si erano recati ai magazzini Strand, comprando caramelle, il pupazzo di un troll, alcune batterie elettriche per giocattoli, e un barattolo di vernice blu per modellismo, oggetti che in gran numero furono ritrovati sulla scena del crimine. Iniziarono poi a giocare sulle scale mobili del centro commerciale con dei soldatini trafugati dagli scaffali, finché non furono cacciati. Si recarono nel vicino McDonald's ed iniziarono a risalire ripetutamente le scale mobili, ma, ben presto, furono scacciati anche da lì.

Non sapendo come trascorrere il tempo, tornarono sui loro passi. A questo punto uno dei due (entrambi accusarono l'altro) disse: "Perché non prendiamo un bambino?" Secondo Jon, Robert disse di prendere un bambino e di portarlo in mezzo alla strada, per provocare un incidente. Dapprima, davanti ai grandi magazzini TJ Hughes, tentarono di attirare verso di loro un bambino di 2 anni che giocava con la sua sorellina, ma la madre, uscita dal negozio, recuperò il piccolo e li scacciò; li sentì dire "prendiamo uno dei due" .

Ritornarono quindi verso il New Strand Shopping Centre, dove James Bulger, un bimbo di due anni, si era recato insieme a sua madre Denise. La madre lasciò per un attimo il bambino da solo davanti alla porta del negozio, e quando tornò fuori, si accorse che il piccolo era scomparso. Aveva camminato fuori dal magazzino ed era stato catturato dai due ragazzi. Essi gli si erano avvicinati, gli avevano parlato per ottenere la sua confidenza, e poi, presolo per mano, l'avevano condotto fuori dal cortile. Questo momento fu catturato dalle telecamere a circuito chiuso alle 15:39.

I ragazzi condussero mano nella mano James Bulger per circa 4 chilometri. Nonostante il bambino piangesse e chiamasse la mamma, essi proseguirono sino ad un canale. Qui Robert (secondo la testimonianza di Jon) iniziò a scherzare sulla possibilità di gettarvi il piccolo. Poi uno dei due (ognuno accusò l'altro) prese per i piedi il piccolo e lo lasciò ricadere sulla testa, provocandogli una profonda ferita sulla fronte. Indi i due aggressori fuggirono e si nascosero poco lontano; ma siccome non sopraggiungeva nessuno ed il bimbo si stava allontanando dal canale, tornarono indietro e lo recuperarono. Si diressero nuovamente verso il paese. Jon coprì la fronte di James con il cappuccio del suo giubbotto per mascherare la ferita.

Mentre ritornavano dal canale, molte persone notarono il trio, ma nessuno li fermò, ritenendoli due bambini con il loro fratellino, nonostante molti avessero notato che James piangeva e che aveva un taglio sulla fronte. Un motociclista disse di aver visto i due ragazzini trascinare il bimbo contro la sua volontà; altri testimoni affermano che Robert gli tirò un colpo nelle reni per convincerlo a procedere. Arrivati ad un incrocio, il piccolo sfuggì dalle mani dei rapitori e corse quasi in mezzo alla strada chiamando la mamma, rischiando di farsi investire. Robert lo raggiunse e lo trascinò via. Molti motociclisti notarono il bambino che veniva tirato mentre puntava i piedi e si rifiutava di camminare.

Jon prese il piccolo James per le gambe, mentre Robert per il busto. Lo trasportarono sino al prato dinanzi un ristorante. Qui una donna anziana, notate le ferite di James, si avvicinò loro e chiese qual era il problema. "Non sappiamo chi sia, l'abbiamo trovato in fondo alla collina" risposero Jon e Robert fingendo di non conoscerlo.

La donna indicò ai ragazzi la più vicina stazione di polizia, ma si stupì nel notare che essi si dirigevano in direzione diametralmente opposta al punto da lei indicato. Gli gridò dietro, ma essi non si girarono.

Il trio continuò il suo viaggio, camminando giù per la collina e giungendo a County Road. Avevano percorso altre 2 miglia. Si fermarono in diversi negozi. Una donna li notò e chiese cosa stesse succedendo. Essi risposero di aver trovato quel bambino sperduto vicino ai grandi magazzini Strand, e di stare portandolo alla stazione di polizia. Un'altra donna, che portava in spasso il cane ed aveva ascoltato la conversazione, gli chiese come avevano fatto a finire da quelle parti dovendo arrivare da Strand alla stazione di polizia.

Jon rispose: "Beh, questo è la direzione che quell'uomo ci ha indicato". Gli fu chiesto dove abitavano; Robert stava per rispondere, ma Jon gli tolse la parola: "La stazione di polizia è nella strada di casa nostra". A quel punto, Robert lasciò andare la mano di James, come se volesse allontanarsi. Le due donne notarono che sembrava nervoso. Ma Jon riprese il controllo: "Tienigli la mano", disse. Robert immediatamente riprese la mano di James.

La donna più giovane, che trasportava un bambino, guardò James, che era ferito, e sembrava sconvolto. "Va tutto bene, figliolo?", chiese. Ma James non rispose. Jon insisteva che bisognava subito trasportarlo alla più vicina stazione di polizia; avrebbero pensato loro a prendersi cura di lui. Ma la donna sentiva che qualcosa non andava. Era ormai buio, e i due ragazzi non sembravano sinceri. Chiese all'altra donna di tenerle il bambino, ma questa si rifiutò, perché temeva la reazione del suo cane. I ragazzi si allontanarono. La donna più giovane gridò loro se erano sicuri di conoscere la strada. Jon indicò davanti a sè: "Seguiremo questa strada, signora".

Entrarono in un negozio. Robert chiese al gestore dove avrebbero potuto comprare caramelle per il loro fratellino. Il negoziante notò i tagli e le ferite di James. Si fermarono poco più tardi in un negozio di animali, e rimasero per un po' ad osservare gli acquari. Il gestore notò che era un po' strano il modo in cui Robert teneva James, rifiutando di lasciargli andare la mano.

Fuori, un incendio divampava lungo la strada. I bambini rimasero ad osservarlo per un po', poi si allontanarono nel forte traffico di Church Road West. Incontrarono altri due ragazzini, con un paio di manette giocattolo, che per scherzo minacciarono di usare su Robert e Jon. I due ragazzini notarono il piccolo ferito. "Chi è?" chiesero. Robert rispose che si trattava del fratello minore di Jon, e che loro lo stavano riportando a casa.

Jon, Robert e James proseguirono ancora per un po', e si trovarono davanti all'entrata della stazione ferroviaria Walton & Anfield su Walton Lane, una piccola stazione pressoché in disuso. Tornarono indietro lungo la strada principale e si infilarono in un vicolo, da cui riemersero subito dopo. Erano le 17:30 ed il sole era ormai tramontato. La stazione della polizia era alla loro destra, la casa di Robert alla loro sinistra. Ma i due ragazzi decisero di tornare verso la ferrovia, evitando la stazione di polizia. In tutto, durante la loro lunga passeggiata, erano stati visti da 38 persone, che poi avrebbero testimoniato qualche giorno dopo, e su cui si sarebbero appuntate diverse polemiche, poiché nessuno era intervenuto.

Mentre si dirigevano verso la ferrovia, Jon strappò il cappuccio dal giubbotto di James e lo gettò fra gli alberi. Esso era servito a nascondere le ferite di James; Jon, a quel punto, lo ritenne evidentemente non più necessario.
L'omicidio

I fatti stabiliti dal processi mostrano che, nei pressi della stazione ferroviaria, uno dei ragazzi tirò la vernice blu, acquistata quella mattina, sulla faccia di James. Essi lo colpirono con dei mattoni, con dei sassi e con una sbarra d'acciaio pesante 10 kg . Uno (o entrambi) dei due ragazzi lo prese a calci, e Tohmpson diede una pedata così forte al viso del piccolo che l'impronta della sua scarpa vi rimase stampata, venendo ritrovata giorni dopo dall'analisi forense. Quindi gli abbassarono i pantaloni ed uno dei due ragazzi (o entrambi) maneggiò i suoi genitali (come risultò dall'autopsia). Furono ritrovate accanto al suo cadavere le pile stilo acquistate da Strand; si ritenne che fossero state infilate nel retto del piccolo, ma ad una più accurata analisi, oggi si è dimostrato che gli furono messe in bocca.

James subì fratture al cranio dovute all'utilizzo della sbarra d'acciaio. Tuttavia, secondo Alan Williams, il medico forense che esaminò il caso, James soffrì tante ferite che è impossibile stabilire quale sia stata quella fatale.

Prima di lasciarlo, i ragazzi depositarono Bulger, ancora vivo, sui binari ferroviari, coprendo la sua testa con sassi, nella speranza che un treno lo investisse e la sua morte sembrasse accidentale. Dopo che gli assassini ebbero abbandonato il luogo del delitto, il corpo del piccolo fu tranciato in due da un treno .

Due giorni dopo, il 14 febbraio, il corpo mutilato di Bulger fu ritrovato; il medico forense verificò che era morto prima del sopraggiungere del treno.

Quando si chiarirono le circostanze della morte, i tabloid denunciarono le persone che avevano visto James Bulger che veniva trascinato per la città e non erano intervenute, come i "38 di Liverpool" (si parlò di un effetto Kitty Genovese). Sul luogo dell'omicidio tutte le famiglie locali depositarono fiori in memoria di James, ed una rosa fu depositata anche da Robert Thompson (non ancora indagato).

Il crimine scatenò un'ondata di rabbia a Liverpool. La famiglia di un ragazzo che fu interrogato, ma successivamente rilasciato, fu costretta a cambiare città. La fine delle ricerche avvenne quando una donna, che credette di riconoscere nelle immagini della telecamera dei grandi magazzini due ragazzini locali, contattò la polizia, che arrestò i due sospetti. La giovane età dei ragazzi scioccò gli investigatori. Le prime notizie sulla stampa e le informative della polizia avevano parlato genericamente di "due giovani" (suggerendo che i due ragazzi fossero adolescenti), essendo difficile dedurre la loro età dalle confuse immagini della telecamera di sorveglianza.
L'interrogatorio

Thompson e Venables si accusarono l'un l'altro dell'omicidio. La condotta dei due ragazzini, durante l'interrogatorio, risultò diversa: Thompson rimase sostanzialmente freddo, piangendo solo occasionalmente e in maniera poco credibile e negando sempre qualsiasi addebito, affermando anzi (quando non poté più negare di essere presente sulla scena del crimine) di aver tentato di salvare James da Venables, descritto come uno psicolabile; Venables fin dall'inizio ebbe una reazione isterica piangendo ininterrottamente, e fu molto difficile condurre a termine l'interrogatorio; era molto preoccupato dal giudizio di sua madre. Quando sia il padre che la madre gli dissero che avrebbero continuato a volergli bene lo stesso, egli saltò in braccio a sua madre e sospirò: "Io l'ho ucciso. Direte a sua madre che mi dispiace?" ("I did kill him. What about his mum, will you tell her I'm sorry?"). In brevissimo tempo iniziò ad ammettere i crimini, tradendosi e aggiungendo nuovi particolari alla sua narrazione. Affermò che l'idea e la messa in atto del crimine era stata di Thompson e che lui si era limitato a partecipare in maniera passiva (ad esempio, ammise di aver tirato dei sassi su James, ma disse di aver tirato solo pietre leggere e lisce, e di aver di proposito mancato il bersaglio, mentre Thompson aveva materialmente ucciso il bimbo; negò tutte le altre accuse).

I test forensici verificarono che entrambi i ragazzi avevano i vestiti sporchi di vernice blu, la stessa ritrovata sul cadavere; entrambi avevano sangue sulle loro scarpe; il sangue sulla scarpa di Thompson fu attribuito a Bulger dai test del DNA.

Entrambi i ragazzi attribuirono al compagno l'omicidio, e affermarono di essersi sporcati toccando James nel tentativo di salvarlo dall'altro. Thompson fece notare agli investigatori di avere un fratellino della stessa età di James Bulger: "Se avessi voluto uccidere un bambino, avrei potuto uccidere lui". Affermò che anche gli insegnanti potevano testimoniare che il peggiore fra lui e Venables era il compagno. Disse agli investigatori di aver portato un fiore sul luogo del delitto perché "James sapeva che ho fatto quel che potevo per aiutarlo". Ma l'analisi del cadavere mostrò sul viso di Bulger l'impronta della scarpa di Thompson.

Jon Venables affermò che Robert Thompson era "più una ragazza che un ragazzo" e che si succhiava il pollice; sottintese che era stato lui ad abbassare i pantaloni a James. Disse che tutti i suoi guai erano iniziati quando l'aveva conosciuto e che i suoi genitori non volevano che lo frequentasse.

Indagini sulle famiglie dei due bambini rivelarono che Thompson, figlio di un'alcolista, era stato ripetutamente violentato dal padre e che aveva avuto rapporti simili col fratellino, mentre Venables, figlio di genitori divorziati, entrambi con un passato di depressioni patologiche, aveva un fratello maggiore e una sorella minore con problemi comportamentali. Il fratello soffriva di labbro leporino e studiava in una scuola speciale, in cui studiava anche la sorella, affetta da handicap. Venables era cresciuto con la sensazione di essere trascurato ed aveva subito continue prese in giro dagli altri bambini a causa delle deformazioni dei fratelli, ed anche a causa del suo strabismo. A scuola era stato di continuo oggetto di bullismo. Aveva conosciuto Thompson a scuola, dopo che entrambi erano stati bocciati; da allora si era trasformato lui stesso in un bullo, affrontando però sempre bambini più piccoli di lui e sempre in presenza dell'amichetto (perché era "troppo pauroso" per assalire ragazzi della sua età o "per fare cose cattive" senza l'approvazione di Robert). Poiché i due ragazzi, soprattutto Venables, disturbavano lo svolgersi delle lezioni, gli insegnanti avevano preso ad isolarli. Con il passare del tempo i due avevano iniziato a marinare la scuola sempre più spesso e a vivere sulla strada; la cosa aveva molto irritato i genitori di Venables che avevano proibito al figlio di rivedere Thompson. Il padre l'aveva chiuso in casa per un periodo, ove egli aveva trascorso tutto il suo tempo libero a guardare in TV film noleggiati dal genitore, in particolare film dell'orrore.
Il processo

Nei giorni successivi all'arresto, i ragazzi furono chiamati solo "Bambino A" (Thompson) e "Bambino B" (Venables). Alla chiusura del processo, il giudice ritenne che i loro nomi potevano essere rivelati (in ragione dell'entità del crimine e del suo effetto sull'opinione pubblica), ed essi furono identificati con lunghe descrizioni del loro background sociale e delle loro vite. Lo shock del pubblico aumentò dopo la diffusione (posteriore alla chiusura del processo) di foto segnaletiche scattate durante l'interrogatorio. Le foto mostravano due bambini spaventati e molti non riuscivano a credere che un simile crimine potesse essere stato perpetrato da due persone così giovani.

5000 manifestanti stazionarono davanti alla Corte di South Sefton durante la prima apparizione dei ragazzi dinanzi alla corte. I genitori degli accusati furono costretti a trasferirsi sotto falso nome a causa delle minacce di morte.

Il processo vero e proprio ebbe luogo a Preston: fu condotto come un processo di adulti, con gli accusati sullo scranno separati dai loro genitori. Entrambi i ragazzi sedevano di fronte alla giuria su una sedia rialzata (per consentirgli di vedere oltre lo scranno progettato per adulti) con due assistenti sociali ai loro fianchi. Alcuni giornali contestarono il comportamento dei difensori.

Questi aspetti furono criticati dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, la quale affermò che i due ragazzi non avevano ricevuto un giusto processo.

I ragazzi, che non testimoniarono in propria difesa, furono giudicati colpevoli e condannati alla prigionia in un carcere minorile. Il Lord Capo di Giustizia, Lord Taylor of Gosforth, giudicò successivamente che la coppia avrebbe dovuto trascorrere almeno 10 anni in custodia. Ciò fu contestato dalla Law Lords, che giudicò "illegale" per il Segretario aver deciso una sentenza minima per colpevoli al di sotto dei 18 anni d'età.

Nell'ottobre del 2000, il Capo di Giustizia Harry Woolf ridusse la sentenza minima di due anni, in ragione della buona condotta in carcere e per il rimorso mostrato negli anni della detenzione, ripristinando la sentenza originaria di 8 anni minimi di detenzione.
Appello e rilascio

Nel 1999,gli avvocati di Venables e Thompson fecero appello al Tribunale Europeo dei Diritti dell'Uomo, affermando che il processo ai loro assistiti non era stato legale, dal momento che essi erano troppo giovani per essere giudicati da una corte per adulti. Lamentarono che l'atmosfera di eccessiva tensione aveva reso impossibile un equo processo. La Corte rispose favorevolmente.

Nel giugno del 2001, dopo 6 mesi di revisione, i ragazzi furono giudicati non più una minaccia per la pubblica sicurezza e poterono essere rilasciati, essendo scaduto nel febbraio di quell'anno il tempo minimo di detenzione. Il segretario David Blunkett approvò la decisione, ed essi furono rilasciati poche settimane più tardi, sotto identità segreta in base ad un programma stile "protezione di testimoni". Essi vivono sotto una "licenza a vita", che consente la loro immediata incarcerazione qualora dovessero rivelarsi nuovamente dei pericoli pubblici. Inoltre, è stato loro vietato di incontrarsi.
Controversie successive

Il Manchester Evening News nominò l'istituto di sicurezza nel quale i ragazzi erano stati detenuti, violando l'ingiunzione di segretezza rinnovata nel 2001. Nel dicembre di quell'anno, il giornale fu costretto a pagare 30.000 sterline di risarcimento alla corte e ricevette una multa di 120.000 sterline.

Il Guardian rivelò che entrambi i ragazzi si erano diplomati durante la loro detenzione. Il giornale riportò anche che la famiglia di Bulger aveva chiesto un esame per verificare se Thompson fosse uno psicopatico, citando la sua mancanza di rimorsi durante l'interrogatorio e il processo. La sua scarsità di reazioni emotive all'epoca dei fatti, in stridente contrasto con Venables, era però stata ampiamente analizzata dagli psicologi. Al momento del rilascio, sia Thompson sia Venables avevano perso ogni traccia del loro forte accento scouse.

Nessuna significativa azione o pubblicazione contro Thompson e Venables è stata compiuta dal loro rilascio. Tuttavia, la madre di Bulger, nel 2004, ha affermato di aver ricevuto una fonte anonima che le aveva consentito di localizzare Thompson. Dopo averlo visto, era rimasta "paralizzata dall'odio", e le era stato impossibile confrontarsi con lui

Nel 2007, fu ingiunto ad una rivista non britannica di non rivelare le nuove identità di Thompson e Venables.

Nel giugno del 2007, un videogioco basato sulla serie TV Law & Order, fu ritirato dai negozi in Gran Bretagna perché contenente la famosa immagine di Venables mano nella mano con Bulger dinanzi ai grandi magazzini Strand, proveniente dalle telecamere di sorveglianza. La famiglia della vittima protestò per la cosa.

Nell'agosto del 2009 una emittente televisiva utilizzò un vero documentario sul caso per pubblicizzare il suo programma City Homicide. L'uso del documentario fu criticato dalla madre di Bulger e l'emittente si scusò.
Arte e cultura popolare

 
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Libri dimenticati:Boy A

Post n°1848 pubblicato il 10 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

La storia dell'omicidio di James Bulger,che nel '92 sconvolse l'Inghilterra.Di recente anche Elisabeth George ha scritto un libro ispirato a questa storia,"Questo corpo mortale"

 
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Frase del giorno

Post n°1847 pubblicato il 10 Febbraio 2012 da odette.teresa1958

Non è la morte a essere brutta.E' il compito a non essere assolto (Dialoghi con l'angelo)

 
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